Voci dal Transatlantico/15. “Se si apre la crisi di governo, Mattarella ci porta a votare”. Prima data utile, il 9 giugno

Voci dal Transatlantico/15. “Se si apre la crisi di governo, Mattarella ci porta a votare”. Prima data utile, il 9 giugno

8 Marzo 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

Rottura sulla Tav, crisi di governo, elezioni anticipate subito dopo le Europee è il timing che le forze di opposizione, e il Colle, vagliano in ore convulse

 

Transatlantico_Montecitorio

Il Transatlantico di Montecitorio detto “il Corridoio dei Passi Perduti”

 

“Se il governo Conte cade e si apre la crisi di governo, Di Maio e Salvini non potranno fare altro correre verso le elezioni anticipate, perché dopo la rottura sulla Tav nulla potrebbe fermarli. Mattarella, a quel punto, anche se a malincuore, non potrebbe che portare il Paese al voto perché un’altra maggioranza, in Parlamento, non avrebbe i numeri per nascere. E i nostri big che sono in collegamento tra loro ipotizzano già la data che starebbe vagliando anche il Colle: il 9 giugno”. La fonte parlamentare – e, dunque, non certo quirinalizia – raccolta in un pomeriggio in cui il Transatlantico di Montecitorio, come quello di Palazzo Madama, è deserto, ma non per questo – ci spiega – non mancano, in queste ore, i contatti ad altissimo livello tra le ‘eminenze grigie‘ dei leader dei due principali partiti oggi all’opposizione, Pd e Forza Italia, espone un ragionamento che sa tanto di fantapolitica, ma non fa una piega. Rottura sulla Tav, crisi di governo, elezioni anticipate subito dopo le Europee è il timing che le forze di opposizione, e il Colle, vagliano in ore convulse.

Certo, lo scontro sulla Tav può finire in un bicchiere d’acqua…

 

di maio salvini

Di Maio e Salvini

 

Certo, magari non succederà nulla. Magari è solo una classica tempesta in un bicchiere d’acqua. Magari, dopo due giorni di pausa di riflessione, Di Maio e Salvini si renderanno conto che le ‘ragioni’ per continuare a stare insieme sono maggiori, e di gran lunga, di quelle per separarsi in modo traumatico. Insomma, ‘magari’, lunedì prossimo, 11 marzo, i bandi della società Telt per costruire l’Alta velocità Torino-Lione partiranno, un modo per dire (i 5Stelle) che sono, comunque, ‘revocabili’, da qui a sei mesi, e un modo per dire (la Lega), che comunque vanno avanti, si troverà e tutti – nel governo Conte e nella maggioranza gialloverde – dormiranno sonni tranquilli e vivranno felici e contenti. Almeno fino al 26 maggio, quando si terranno quelle elezioni europee che entrambi i contraenti del contratto – ed entrambi da mesi, per la verità – vedono come la (definitiva) resa dei conti dentro la maggioranza di governo per stabilire non solo ‘come’ ma ‘se’ andare avanti insieme.

Qui un articolo che spiega i termini dell’attuale scontro nel governo sulla TavNEW! Tav, crisi di governo a un passo, ma “sospesa”. Di Maio e Salvini allo scontro finale pronti anche a tornare al voto

Ma ‘se’ si aprisse la crisi di governo, la maggioranza implode

 

Montecitorio

Crisi di Governo?

 

Ma ‘se’ – “e sottolineo se” direbbe Mina – il braccio di ferro in corso tra i due vicepremier, Salvini e Di Maio, sulla Tav dovesse non trovare una, peraltro difficilissima, soluzione che soddisfi entrambi – il che si saprà, appunto, entro lunedì prossimo al massimo – allora una cosa è certa: si aprirebbe, anche formalmente, la crisi di governo. Una crisi di governo, dunque, non solo ‘tecnica’ e riguardante il dissidio di fondo sul caso Tav, ma ‘politica’ perché coinvolgerebbe (e, dunque, travolgerebbe) l’assetto e la composizione della maggioranza gialloverde, facendola esplodere. 

Il Colle – sostengono, si badi bene, non fonti del Quirinale, in queste ore, ma fonti parlamentari, in particolare quelle che riguardano i due principali partiti di opposizione (Pd e FI) – si troverebbe, sin da subito, davanti all’impossibilità di far nascere una nuova maggioranza dentro il Parlamento.

 

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Gli interni del Palazzo del Quirinale

 

Infatti, sia che il Capo dello Stato – ricevute le dimissioni da parte del premier, Giuseppe Conte, che ovviamente resterebbe in carica con la consueta formula di rito, quella del “disbrigo degli affari correnti”, per tutta la durata della crisi e, anche, ovviamente, in caso di voto anticipato – si volesse rivolgere verso l’ex coalizione di centrodestra, sia che volesse guardare verso l’ex coalizione di centrosinistra, nessuno avrebbe – neanche lontanamente e neanche con l’appoggio di un numero di transfughi di questo o quel partito – i numeri per far nascere una nuova maggioranza, nelle aule parlamentari. E anche un ipotetico governo Pd-M5S, di cui molto si è tornato a parlate, basato su un’alleanza da contrattare in pochi giorni, se non ore, potrebbe in alcun modo vedere la luce.

 

Sia Zingaretti che Berlusconi puntano sulle elezioni anticipate

 

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Nicola Zingaretti, governatore del Lazio e segretario del Pd

 

Una manciata di senatori renziani basterebbe a farlo fallire, ma in ogni caso il nuovo segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che questo ‘particolare’ lo conosce bene, ha già fatto sapere, e direttamente al Capo dello Stato, in un colloquio informale, che la sola strada maestra che vede davanti al Paese, è, appunto, il voto anticipato. Non sarà certo Zingaretti, neo-eletto segretario, a togliere le castagne dal fuoco a un Movimento 5 Stelle in rotta e allo sbando, in totale caos, quindi inaffidabile. Anzi, non vedrebbe l’ora di toglier voti di ex elettori di sinistra che, oggi ‘delusi’ dall’M5S, tornerebbero al Pd.

 

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Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia

 

D’altro canto, Silvio Berlusconi ha già annunciato, e non è certo un caso che lo abbia detto proprio ieri, mentre lo stato di crisi tra M5S e Lega era al punto più alto del diapason, che “se si tornasse al voto sarebbe Salvini il nostro leader”. Un’offerta difficile da rifiutare, per Salvini, che pagherebbe – di sicuro – lo scotto della crisi di governo, nelle urne – ma che avrebbe un’occasione irripetibile, davanti a sé: diventare il ‘capo’ di un nuovo centrodestra con l’assenso, e il riconoscimento, dei suoi alleati, a partire dal Cavaliere, senza neanche doversi prendere la fatica di ‘svuotare’ FI o tenere a bada FdI: ci penserebbero, al posto suo, gli elettori. Per Berlusconi, poi, sarebbe l’occasione di una rivincita storica: dimostrare, in un colpo solo, che i ‘verdi’ sono unfit a governare (“incapaci” li chiama) e che Salvini e la Lega possono aspirare a governare davvero solo se tornano ‘a casa’. 

 

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I vertici dell’M5S: Casaleggio padre e figlio, Beppe Grillo, Luigi Di Maio

Certo, per l’M5S, andare a votare subito è lo scenario peggiore che si potesse pensare, ma Di Maio – davanti a una interruzione così fulminea della legislatura (un anno) – avrebbe buon gioco a ri-ottenere la designazione a ‘capo’ politico del Movimento, violando la regola del tetto dei due mandati, e anche a garantire, di fatto, la ricandidatura di tutti i suoi, perché potrebbe sventolare le bandiere identitarie dell’M5S.

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Salvini e la Tav

A partire, ovviamente, da quella No-Tav, causa scatenante della crisi. Per i suoi oppositori interni, dai dissidenti a Roberto Fico, non ci sarebbe tempo e modo per scalzarlo e dovrebbero far buon viso a cattivo gioco, accodandosi, ancora una volta, al suo carro. 

Le urne per Mattarella: una scelta dolorosa, ma forse necessitata

 

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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

 

Per Mattarella la decisione sarebbe difficile e dolorosa. Chiudere una legislatura dopo appena un anno sarebbe un record, nella storia della Repubblica, e probabilmente lo vivrebbe come un fallimento personale. Ma, in cuor suo, il Capo dello Stato sa di averle provate tutte, come ha dimostrato la più lunga crisi della storia repubblicana, quella del marzo-maggio 2018 che ha portato, alla fine, proprio alla nascita dell’inedita maggioranza gialloverde. Sarebbe del tutto assurdo e impensabile, cercare di ‘tenere in vita un morto’, come si dice con disprezzo nei corridoi di Montecitorio, e anche Mattarella pensa di aver ‘già dato’, nell’inventarsi maggioranze ‘alternative’.

 

A settembre non si vota: bisogna fare la manovra economica 

 

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Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel suo studio al Quirinale

 

Dovrebbe rassegnarsi a mandare il Paese al voto anticipato, dunque, Mattarella. A una condizione ben precisa, però. Il Capo dello Stato – e questo punto tutti gli osservatori e i frequentatori del Colle lo sanno e lo ribadiscono da diversi mesi – ha sempre fatto capire ai principali attori politici, di governo e non solo, che possono togliersi dalla testa l’idea che il nostro Paese possa andare a votare mentre il governo (“qualsiasi governo”) dovrà scrivere la Legge di Stabilità, la prossima manovra economica, cioè, che inizia a essere ‘lavorata’ a partire dal mese di settembre in poi.

Vero è che il quadro macro-economico che viene contenuto nel Def, va presentato subito, entro aprile-maggio e licenziato, cioè votato dal Parlamento, entro il mese di giugno, ma quella è, appunto, la ‘cornice’. Poi, i numeri veri, arrivano in autunno e la prossima manovra economica, qualsiasi governo la prepari e vari, parte da un quadro disastroso. Servono almeno 32 miliardi per disinnescare gli aumenti dell’Iva e delle accise, le famose ‘clausole di salvaguardia’. Poi ne servirebbero altrettanto per dare fiato all’economia, per far ripartire gli investimenti e i consumi, cioè la ripresa, seppur timida e stentata, che – tutti sperano – arrivi. 

 

giovanni tria ministro delleconomia

Giovanni Tria, titolare del dicastero dell’Economia

 

Un compito da far tremare le vene nei polsi a chiunque e che molti, peraltro, già oggi, nella Lega come nei 5Stelle, non vorrebbero affrontare, allontanando da sé “l’amaro calice”. Non si può certo pensare, in ogni caso, di fare una manovra economica di così vasta portata e impegno nel bel mezzo di una campagna elettorale. Serve un governo in carica, già rodato, e dotato di una solida e robusta base parlamentare.

 

mattarella

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

 

Mattarella ha quindi, almeno su questo punto, già mandato ‘l’avviso ai naviganti’ e anche da diversi mesi: “scordatevi di votare in autunno. Se volete votare è subito, altrimenti restate abbracciati, al governo, fino al 202’”, è stato il senso del messaggio, recapitato anche in modo ruvido. “L’Europa attende i nostri conti già ballerini e non farà sconti, i mercati e lo spread ballano e impazzirebbero, l’Italia, senza più lo scudo della Bce di Draghi, entrerebbe in una crisi finanziaria ed economica peggiore del 2008” è il senso dei ragionamenti che si fanno sul Colle più alto.

 

Non resta che la soluzione di votare subito. Il 26 maggio? No, il 9 giugno

 

 

simboli partiti elezioni 2018

I Simboli dei Partiti in lizza per le elezioni

 

L’unica soluzione, dunque, per il Capo dello Stato, per quanto amara, sarebbe quella di votare a giugno, e anche il prima possibile. I mesi di luglio e agosto sono, ovviamente, esclusi: non si è mai votato, a memoria d’uomo, in mesi così avanzati e caldi, a scuole chiuse e famiglie pronte per le vacanze. Inoltre, sciogliere le Camere subito, in modo fulmineo, a metà marzo, offre i canonici poco più di 45 giorni per i comizi elettorali (il range va dal minimo di 45 al massimo di 60 giorni).

 

Elezioni europee 2019

#EUElections2019

 

Il problema è che, il 26 maggio, ci sono le elezioni europee, che si celebreranno in tutti e 28 i Paesi dell’Unione. Votare lo stesso giorno – cioè ‘accorpare’ i due voti – è possibile tecnicamente, ma non è mai successo. I sistemi elettorali sono molto diversi: un proporzionale con le preferenze per le Europee e un mix di collegi e liste bloccate per le Politiche in base alla legge elettorale vigente, il Rosatellum.

E, inoltre, le due competizioni rischierebbero, sovrapponendosi lo stesso giorno, di indurre l’elettore in confusione. Nel 1979 si votò per entrambe le elezioni, ma a distanza di due settimane: peraltro, ai tempi, per le Politiche si votava sull’arco di due giorni, alle Europee in un giorno solo. Insomma, anche oggi, andrebbe così. Elezioni europee il 26 maggio e politiche il 9 giugno, quando si dovrebbe tenere anche il primo turno di una (importante) serie di elezioni amministrative. Elezioni, invece, più ‘prossime’ alle Politiche, meno confondibili, e che permetterebbero anche un risparmio, per lo Stato.

 

Una veduta del Quirinale

Una veduta del Quirinale con i Corazzieri a cavallo

 

Non è, ovviamente, una scelta che il Colle prenderebbe a cuor leggero, quella di sciogliere le Camere e di mandare il Paese alle urne anticipate, per di più subito, ma davanti alla crisi dell’attuale maggioranza sarebbe la sola possibile. Entro lunedì, o pochi giorni dopo, si saprà cosa succederà.

 


NB: Questo articolo è stato scritto in forma originale per questo blog il 8 marzo 2019