Mattarella è “sconcertato”. I due paletti conficcati al cuore di Salvini e le possibili mosse davanti alla crisi

Mattarella è “sconcertato”. I due paletti conficcati al cuore di Salvini e le possibili mosse davanti alla crisi

26 Aprile 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

Il Colle è sempre ‘preoccupato’, ma stavolta più del solito…

 

IL presidente Mattarella

Il Presidente Mattarella

 

Il Colle, si sa, è sempre “preoccupato”. Per la ‘tenuta’ del governo. Per la ‘tenuta’ dei conti pubblici. Per la ‘tenuta’ dell’immagine e il prestigio dell’Italia sullo scenario internazionale. La cosa, in sé, non farebbe neppure notizia. Solo che i motivi di ‘preoccupazione’ del Colle, già forti e consistenti quando il governo gialloverde è nato, ormai quasi un anno fa (il ‘compleanno’ del governo Conte coincide, per i casi della Storia, con la tradizionale festa della Repubblica, il 2 giugno), sono aumentati, in questo anno, in modo esponenziale.

 

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Il Palazzo del Quirinale, veduta notturna

 

Ora, però, al Quirinale, si è raggiunto il livello di guardia. E i consiglieri del Presidente, che ne riflettono sempre bene l’umore, si dicono “sconcertati”, oltre che “preoccupati” dall’alto tasso di conflittualità interna che ha la polemica tra Lega M5S.

 

I tanti motivi di preoccupazione del Colle

 

Conte Di Maio

Conte e Di Maio

 

Prima il caso Tav. Poi il caso ‘decreto crescita’, approvato “salvo intese”, intese che tardano, da mesi, ad arrivare. Il caso ‘Salva Roma’. Il caso Libia. Il caso Def, scritto come se, per il governo, non ci fosse un domani. Il caso Legge di Stabilità, cioè la manovra economica d’autunno, che non si sa bene ‘quale’ governo riuscirà ad approvare. E il caso Siri, ovviamente, con i 5Stelle che chiedono le dimissioni del sottosegretario ai Trasporti e Salvini che lo difende a spada tratta, al di là di ogni ragionevole dubbio. Un ‘caso’, quest’ultimo, che potrebbe esplodere tra le mani di Conte – che si appresta, spinto da Di Maio, a chiederne e ottenerle le dimissioni – fino a arrivare a una ‘vera’ e propria crisi di governo. Al Colle si ha la netta impressione che i due ‘apprendisti stregoni’, Salvini e Di Maio, non riescano più a controllare e tenere a bada le tensioni e le contraddizioni che essi stessi producono ogni giorno. 

 

Ma si aprirà davvero, dopo le Europee, la crisi di governo?

 

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Il simbolo delle Elezioni Europee del 2019

 

Il Colle, dunque, è “sconcertato e preoccupato”. Non sa neppure lui se, dopo il 26 maggio, giorno delle elezioni europee, si aprirà davvero la crisi di governo e se, a settembre o a ottobre, si andrà a votare in modo anticipato. E quale governo, e con quale maggioranza, scriverà la prossima manovra economica. Questi i dubbi e domande che assillano il Colle.

Tutti interrogativi che, per ora, restano senza risposta. Il Quirinale, però, non è inerte né, ovviamente, potrebbe esserlo. In soli due giorni Mattarella ha piantato due ‘paletti’ non da poco, rispetto alla ‘crisi’ che vive il governo, la maggioranza e il sistema politico, paletti conficcati al cuore di Salvini

Il 25 aprile del Colle. “Basta con le parole di tutela e ordine”

 

mattarella vittorio veneto

Mattarella a Vittorio Veneto: «25 Aprile, celebriamo il ritorno dell’Italia alla libertà»

 

Il primo è stato il messaggio in occasione del 25 aprile. Mattarella lo ha festeggiato a Vittorio Veneto in modo, per lui, inusuale. Fingendo di parlare delle pagine più fosche e drammatiche della storia patria, il Capo dello Stato ha inviato un messaggio che parla dell’oggi.

Detto e sottolineato che “molti italiani, donne e uomini, giovani e anziani, militari e studenti, di varia provenienza sociale, culturale, religiosa e politica maturarono la consapevolezza che il riscatto nazionale sarebbe passato attraverso una ferma e fiera rivolta morale, innanzitutto morale, contro il nazifascismo” e che è nato anche così, in Italia, “il movimento della Resistenza”, Mattarella non si limita a ‘festeggiare’ il 25 Aprile come festa nazionale e data ‘fondante’ della “nuova Italia (“il 25 aprile vede la luce l’Italia che, ricollegandosi agli alti ideali del Risorgimento, riprende il suo posto nelle nazioni libere e democratiche”), ma usa termini durissimi contro le parole di odio che serpeggiano nei nostri tempi. Parole che, da sole, fanno fischiare le orecchie a Matteo Salvini.

 

Salvini

Matteo Salvini

 

“La storia insegna – dice Mattarella – che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva. La Resistenza, con la sua complessità, è un fecondo serbatoio di valori umani e civili: ci insegna che, oggi come allora, c’è bisogno di uomini fieri e liberi che non chinino la testa di fronte a chi, con la violenza, con il terrorismo, con il fanatismo religioso vorrebbe farci tornare a epoche oscure”. “Ordine” e “tutela” sono le parole d’ordine ‘negative’ che Mattarella disprezza e addita alla pubblica esacrazione. Quelle di Salvini, cioè, in pratica.

 

Le puntuali osservazioni alla legge sulla legittima difesa

 

legittima difesa

legittima difesa

 

Ma non basta. Oggi, infatti, è arrivato il secondo uppercut, sempre diretto al volto del ministro dell’Interno Salvini. Il Quirinale ha, infatti, sì firmato la legge sulla legittima difesa, così tanto voluta dalla Lega, ma lo ha fatto con una lettera di accompagnamento che ne rileva le molte criticità.

 

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Il presidente del Senato Elisabetta Maria Casellati

 

Il presidente della Repubblica ha promulgato la legge recante “modifiche al codice penale e in materia di legittima difesa”, ma allegandovi una lettera inviata ai presidenti del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, della Camera, Roberto Fico, e al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Lettera di osservazioni in cui evidenzia le sue perplessità su almeno tre articoli di legge.

In sostanza, le ‘criticità’, per Mattarella, sono almeno due: il ruolo dello Stato non può venire meno perché deve essere lo Stato a tutelare “incolumità e sicurezza” dei cittadini nella sua “primaria ed esclusiva responsabilità”: in buona sostanza, esiste già la Polizia di Stato e il cittadino non può farsi giustizia da solo. Inoltre, il “grave turbamento” della persona offesa – punto cardine decisivo della legge sulla legittima difesa – non può essere valutato in modo “emotivo”, ma deve essere “effettivo”: il giudice, cioè, deve basarsi caso per caso e su un “contesto concreto”. Altrimenti, chiunque, per non finire sotto processo per “eccesso di difesa” potrebbe invocare un troppo generico “grave turbamento”. Insomma, per Mattarella, la difesa non può sempre essere “legittima”. 

Due criticità su tre articoli, il 2, il 3 e l’8, di una legge che a Mattarella, di fatto, non piace, ma che ha ‘dovuto’ promulgare. Se non lo avesse fatto, si sarebbe aperto un conflitto istituzionale tra Quirinale e governo e il Parlamento avrebbe, molto probabilmente, ri-approvato la legge così com’è, sconfessando apertamente il ruolo del Colle.

Mattarella aveva già seguito le stesse modalità sul decreto Sicurezza, sempre a prima firma Salvini: una lettera di accompagnamento scritta nell’ottobre 2018 che ne sottolineava, anche in quel caso, le diverse criticità. Senza contare la lunghissima lettera scritta dal Capo dello Stato il 23 marzo scorso sulla legge che istituiva la Commissione d’inchiesta sulle Banche: qui, l’obiettivo erano più i 5Stelle che la Lega, ma anche in questo caso, Mattarella fece ‘le pulci’ al governo, e anche pesantemente.  

 

La ‘dottrina’ Napolitano: le criticità devono restare agli atti

 

Giorgio Napolitano

Giorgio Napolitano

 

Seguendo, almeno sotto questo punto di vista, la ‘dottrina’ inaugurata dal suo predecessore, Giorgio NapolitanoMattarella intende, dunque, ‘lasciare un segno’ – scritto e pubblico – una ‘messa agli atti’ delle sue perplessità su testi che, di fatto, non condivide nell’impianto e nella lettera, ma che – essendo la potestà del Parlamento sovra-ordinata ai suoi stessi poteri – non può ‘non’ promulgare.

 

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M5S e Lega

 

Mattarella, cioè, non ha né potrebbe ovviamente una pregiudiziale ostilità verso Salvini, o i 5Stelle, ma non può far passare sotto silenzio leggi che non gli piacciono e, appunto, lo dice (o, meglio, lo scrive) nella formula di rito dei Presidenti della Repubblica che lo hanno preceduto: una ‘lettera’ di accompagnamento che ne evidenzia i suoi dubbi e criticità. Lettera che, appunto, resta agli atti. 

 

Un Presidente ancora a lungo nel pieno dei suoi poteri

 

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Il capo dello Stato, Sergio Mattarella

 

Ricordiamo anche, e non en passant, che Mattarella, eletto nel 2015, è nel pieno dei suoi poteri presidenziali: il suo mandato scadrà nel 2022 e il ‘semestre bianco’, quello in cui il presidente della Repubblica diventa ‘un’anatra zoppa’ è di là da venire. Il suo ruolo e le sue scelte futuro erano, cioè, e sono decisivi, se mai si aprirà la crisi. E’ lui che decide se rinviare un governo dimissionario davanti alle Camere, per verificare se gode ancora della loro fiducia. E’ lui che può chiedere al qualcuno di ‘esplorare’ se, in Parlamento, esistano maggioranze alternative possibili. E’ lui che può decidere, se non vi sono maggioranze alternative praticabili, di interrompere in modo traumatico (cioè dopo appena due anni) la legislatura e chiamare il Paese a elezioni politiche anticipate, sciogliendo le Camere. E’ lui, quindi di fatto, che decide quantomeno in che mese si devono tenere le seguenti e nuove elezioni, anche se poi la decisione sulla data del voto la prende il governo. 

 

Cosa farà, davanti alla possibile crisi di governo, Mattarella?

 

Governo Conte

Foto di gruppo durante il giuramento del Governo al Quirinale, Roma, 1 giugno 2018. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

 

Cosa farà, dunque, se si aprirà davvero la crisi di governo, il Capo dello Stato? Implausibile pensare che non provi prima a verificare se l’attuale maggioranza è ancora in piedi e che non provi a formare, comunque, un nuovo governo sulle basi della stessa maggioranza attuale gialloverde.

Ma se questo tentativo dovesse subito naufragare, non gli resterebbe altro che sciogliere le Camere e indire, appunto, nuove elezioni. Sì, ma quando? Prima dell’estate è impossibile. Anche se la crisi di governo si aprisse subito, il 27 maggio, cioè il giorno dopo le elezioni europee, non ci sono i tempi tecnici per andare a votare entro fine luglio (tra 45 e 70 giorni è il periodo di tempo per indire i comizi elettorali). La prima finestra utile, dunque, si apre da metà settembre in poi e si chiude, di fatto, entro metà ottobre.

Infatti, entro il 30 ottobre, la legge di Stabilità va inviata alla Ue a Bruxelles (e già la nota di variazione al Def va approvata, a maggioranza assoluta, entro il 30 settembre). Mattarella è, ovviamente, molto restio a mandare il Paese alla urne mentre si deve aprire la sessione di Bilancio (la legge di Stabilità va approvata entro e non oltre il 31 dicembre per evitare l’esercizio provvisorio dei conti dello Stato), ma è altresì difficile pensare che cerchi di formare un governo ‘di minoranza’(come sarebbe stato, per capirci, il governo Cottarelli che aveva pensato di incaricare prima che si chiudesse il contratto di governo tra Lega M5S).

Ci spiegava un costituzionalista cattolico molto vicino alle sensibilità del Colle, Marco Olivetti, che “i casi di governi di minoranza, che pure ci sono stati, nella storia della Repubblica, hanno sempre segnato la fine della legislatura. Erano governi ‘ponte’ per arrivare, in modo ordinato, alle urne. Non può essere diversamente. Un governo di minoranza, privo di base parlamentare, non può reggere a lungo se non per il tempo di arrivare a nuove elezioni”.

 

La strada obbligata se tutto precipita: le elezioni anticipate

 

salvini di maio mattarella

Matteo Salvini, Luigi Di Maio e Sergio Mattarella

 

Dunque, anche se ovviamente a malincuore, Mattarella – ove le contraddizioni e i conflitti tra Salvini Di Maio diventassero irrisolvibili e insanabili – manderebbe il Paese al voto in autunno, tra metà settembre e metà ottobre, pur sapendo di esporre l’Italia a una forte instabilità finanziaria. Resta, agli atti, la “preoccupazione” e lo “sconcerto” del Colle davanti agli attori principali della crisi che la stanno “gestendo malissimo”. Mattarella non si fida più di loro. E desidera un quadro politico chiaro e soluzioni ‘ordinate’.

Salvini e Di Maio, stavolta, sono avvertiti. Estote parati, gli manda a dire il Colle, il cui faro resta “il bene del Paese, il suo prestigio e la sua credibilità interna e internazionale”.

 


 

NB: Questo articolo è stato scritto in forma originale per questo blog il 26 aprile 2019