Salvini inizia a sentirsi sotto assedio. Anche nella ‘leninista’ Lega affiorano i dubbi. Le mosse di Maroni e Bossi
27 Aprile 2019Sommario
Quella di ieri è stata una giornata ‘no’ per il ‘Capitano’ della Lega
Ieri, per Matteo Salvini, è stata una giornata ‘no’. Il caso Siri cresce di gravità perché le intercettazioni in mano alla Procura di Roma ‘inguaiano’ il senatore e i rapporti con i 5Stelle sono, ormai, “ai materassi”. L’ex leader leghista, Bobo Maroni, finge di difendere Salvini, ma in realtà lo attacca e, soprattutto, mette nel mirino il potente sottosegretario della Lega Giancarlo Giorgetti. Mattarella bacchetta pesantemente il leader leghista sulla sua legge manifesto, la legittima difesa.
Il settimanale L’Espresso getta nuova luce sui ‘soldi’ della Lega. Non i 49 milioni su cui indaga la procura di Genova, ma altre ‘donazioni’ arrivate da alcuni ‘amici’ del leader per tre milioni occulti attraverso il tesoriere del partito, Centemero E così, Salvini inizia a sentirsi anche lui sotto assedio.
Il malumore dei governatori del Nord, intanto, monta…
I governatori del Nord (quello veneto, Luca Zaia, e quello lombardo, Attilio Fontana, mentre quello friulano, Massimiliano Fedriga è il solo davvero ‘allineato’ perfettamente alle posizioni del ‘Capitano‘) stanno iniziando a perdere la pazienza, davanti alla tanto sospirata autonomia regionale: serve, oltre all’intesa tra Stato e Regioni, che i 5Stelle continuano a ostacolare, un voto del Parlamento che, per ora, è stati rimandato sine die per l’ostilità manifesta dell’M5S e quella, silenziosa, del Colle.
Senza dire del fatto che, il 25 aprile, Zaia e Fontana si sono fatti vedere, e fotografare, accanto al Capo dello Stato per le celebrazioni di quella ‘Liberazione‘ che Salvini ha snobbato e, di fatto, disertato, andando a Corleone. Inoltre, i governatori ‘nordisti’ sono quelli che più chiedono a Salvini di “staccare la spina” al governo perché “Di Maio ci porta a fondo. Meglio tornare col centrodestra”.
Persino dentro un partito, il suo, che sembrava – e, in realtà, era e resta – ‘leninista’, iniziano a sentirsi diversi scricchiolii. Da anni, contro Salvini, non volava mai una mosca, nel partito.
Ma da mesi i ‘mondi’ produttivi, imprenditoriali e sociali del Nord sono entrati in fibrillazione, sulla Tav e il reddito di cittadinanza, e non solo, stanchi di un’alleanza con gli ‘anti-produttivisti’ dell‘M5S.
Maroni vuole creare una nuova Lega ‘padana’. I bossiani pure
Una parte di quei consensi sta cercando di raccoglierli e intercettarli proprio Maroni il quale punta a creare un movimento ‘autonomista’ e ‘nordista’ che sia sì federato e alleato ma anche distinto e distante dalla Lega.
Inoltre, anche i fedelissimi di Bossi – ancora convalescente dopo l’incidente in cui è caduto a casa propria, mesi fa, ma che sta riacquistando le forze e presto tornerà a farsi sentire – stanno rialzando la testa. I bossiani (tra cui il cuore della ‘vecchia guardia’ padana: Francesco Speroni e Mario Borghezio, espulso all’ultimo momento dalle liste alle Europee) sognano, non appena il ‘vecchio leone’ dell’Umberto tornerà in forze, di ‘secedere’ da una Lega che vivono come non più ‘padana’ (la loro) ma ormai ‘romana’.
Una nuova/vecchia Lega, in realtà, c’è già. Si chiama “Grande Nord” e l’ha fondata Roberto Bernardelli, tra i precursori della Lega lombarda insieme ‘al Bossi’, coadiuvato da altri ex leghisti ‘padani’ duri e puri (Arrighini, Reguzzoni, Martini, Rossi, tutti ex parlamentari di vecchie legislature della Lega targata Bossi).
Anche loro sono in attesa, ovviamente, che ‘il Senatur’ sciolga i suoi ultimi dubbi e, nonostante sia gravato da alcuni processi e da uno stato di salute malfermo, dia a loro la sua ‘benedizione’.
L’attacco, sottile ma pesante, di Maroni a Giorgetti
Ma l’attacco più pesante e insieme più sottile portato a Salvini è stato quello che Roberto Maroni, ex ministro dell’Interno ed ex leader leghista, ha lanciato ieri con un’intervista alla Stampa. Maroni finge di difendere Salvini e Siri (“Non si deve dimettere”), ma in realtà tira un fendente contro il vero alter ego di Salvini, nella Lega, il potente sottosegretario di palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti.
La “vera crisi”, per Maroni, può arrivare non dal caso Siri, ma proprio “dall’assunzione del figlio di Arata (accusato di aver preso mazzette da un imprenditore colluso con la mafia insieme a Siri, ndr.) da parte di Giorgetti”. “Non se ne parla” – aggiunge malizioso Maroni – “perché Di Maio sa che parlare di Siri è una cosa, invece parlare di Giorgetti metterebbe davvero a rischio il governo”.
La replica di Giorgetti e il ‘rischio Renzi’ per Salvini
Giorgetti – che Di Maio detesta da sempre e che anche con lo stesso Salvini ha rapporti alterni e, a volte, burrascosi – gli risponde subito a tono: “Maroni gufa un po’, sta solo cercando di rientrare in gioco, non credo di essere un problema per il governo”, assicura. Ma proprio Speroni ricorda che “Giorgetti, anche ai tempi di Bossi, è potentissimo ed è sempre stato l’uomo delle nomine”. Insomma, se affonda l’uno, affonda anche l’altro.
Del resto, Giorgetti – sempre più insofferente all’alleanza di governo con i 5Stelle, che lo detestano – è il principale sostenitore della necessità di ‘rompere’ l’alleanza di governo, da parte della Lega, e affrontare elezioni anticipate in mare aperto mentre è, paradossalmente, proprio Salvini quello che frena, timoroso di passare per il leader che, rompendo il patto di governo, costringerebbe il Paese a correre verso elezioni anticipate. Anche perché, come ripete spesso ai suoi, “io non ho nessuna intenzione di tornare ad allearmi con FI“.
Eppure, Salvini e Giorgetti simul stabunt, simul cadent al governo come nel partito. Se il governo e la maggioranza dovessero davvero andare in pezzi, anche la Lega ‘leninista’ di Salvini potrebbe incrinarsi.
NB: Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2019 sulle pagine di Quotidiano Nazionale