Zingaretti pensa al futuro per il dialogo con M5S, ma rischia grosso alle regionali. Il peso delle inchieste in Calabria e Umbria

Zingaretti pensa al futuro per il dialogo con M5S, ma rischia grosso alle regionali. Il peso delle inchieste in Calabria e Umbria

9 Maggio 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

Zingaretti guarda ‘solo’ alle elezioni europee…

 

elezioni europee

Elezioni Europee

 

“Il Pd è un partito rinato stanco”. Il giudizio così tranchant è del leader dell’M5S, Luigi Di Maio, ma potrebbe avere un fondo di verità. Nicola Zingaretti ha puntato tutte le sue carte sul risultato delle elezioni europee, ma si è come ‘dimenticato’ le elezioni amministrative, presenti e future, che si svolgeranno lo stesso giorno, il 26 maggio, in Piemonte e in quasi 3800 comuni italiani, e quelle di novembre che vedranno, sicuramente, al voto la Calabria e l’Emilia-Romagna e – ma il condizionale è d’obbligo – l’Umbria. Regioni dove, almeno per quanto riguarda la Calabria e l’Umbria, come già era successo in Basilicata, le inchieste giudiziarie stanno schiantando la classe dirigente dem locale. Insomma, dopo aver perso, nell’ordine, l’Abruzzo, la Sardegna e la Basilicata (e, prima ancora, Molise e Friuli), il Pd rischia di perdere anche le poche regioni che ancora governa. Senza dire che, nel 2020, si vota anche in Toscana e Salvini non vede l’ora di far cadere quest’ultimo ‘fortino rosso’.

 

Il Pd ritornerà a Casal Bruciato, desolata periferia di Roma

 

Virginia_Raggi

Rifiuti Roma. Virginia Raggi a Piazza Pulita (La 7): “Salvini attacca per coprire le indagini su Siri”

Poi, si capisce, Zingaretti sa bene che, anche in una campagna per le Europee (e, ovviamente, anche e soprattutto, in una campagna elettorale per le elezioni amministrative), i temi local sono altrettanto importanti di quelli global. E così ecco che annuncia – come ha fatto ieri – che “A Casal Bruciato riapriremo la sezione del Pd. Non si può andare in questi quartieri solo quando esplode la protesta (quella dell’altro giorno dei neofascisti contro i rom e contro la sindaca Raggi, ndr.), come ha fatto pure giustamente la sindaca Raggi; bisogna starci 365 giorni all’anno, tornare nei luoghi dove la vita, se non ci sono politica e servizi, può provocare questi istinti”.

E, sul possibile risultato del suo partito alle Europee, Zingaretti afferma: ”È l’unico simbolo, quello della nostra lista unitaria per le Europee, che se vince chiude questa fase politica e manda a casa questo governo. Credo sarà oltre il 20%, lo raggiungeremo questo risultato”.

Nel caso cadesse il governo, secondo Zingaretti “tocca ai cittadini italiani, dopo quello che è accaduto non c’è ricetta economica e sociale che possa funzionare senza un pronunciamento”. Insomma, niente governi ‘tecnici’ o ‘istituzionali’, per il Pd, ma rapido ritorno alle urne. 

 

piazza grande zingaretti

Libro di Zingaretti Piazza Grande

 

Certo, la campagna per le Europee ha un valore fondante, per il nuovo Pd di Zingaretti. Ieri sono uscite diverse anticipazioni del suo libro (l’ennesimo, per un leader dem: si sono già esercitati, sul tema, Renzi e Gentiloni, Letta e Calenda…): edito da Feltrinelli, s’intitola Piazza Grande ed è una silloge di interventi prodotti durante la campagna per le primarie (vinte) dal segretario e dai suoi.

 

zingaretti di maio

Zingaretti e Di Maio

 

A dirla tutta, non contiene particolari novità o notizie eclatanti. Tranne una riflessione che, ormai, è entrata nelle corde del nuovo Pd: “I 5Stelle, privi di una vera classe dirigente, sono destinati presto a scomporsi. I loro elettori un po’ vireranno a destra, un po’ andranno nell’astensionismo, altri saranno costretti a guardare a noi” dice Zingaretti sulla scorta del suo maestro di sempre, Goffredo Bettini. 

 

Il Pd e i 5Stelle hanno programmi economici “gemelli”?

 

Programmi Gemelli

Il Pd e i 5Stelle hanno programmi economici “gemelli”

 

Ergo, “la crisi dei 5Stelle ci interroga e, a certe condizioni, rappresenta un’occasione”. Certo, Zingaretti premette di non voler fare “da stampella” a un loro eventuale governo (non in questa legislatura, almeno), ma “occorre trovate le parole giuste, dimostrare un sincero interesse per la loro sorte e uno sforzo di comprensione delle ragioni che sono state alla base delle scelte illusorie che hanno compiute, passando dalla propaganda autocelebrativa a una battaglia ideale e culturale”.

La stoccata all’ultima stagione renziana (quella dei ‘popcorn’) è tra le righe, ma molto evidente. Il reddito di cittadinanza “non va deriso”, sul salario minimo – tema sul quale proprio oggi il Pd ha organizzato una conferenza stampa in Senato per presentare la propria proposta di legge, concordata con i sindacati, a differenza di quella dei 5Stelle – “bisogna accettare la sfida”, la patrimoniale “non è un’idea bislacca” e via così. Del resto, solo pochi giorni fa il Foglio pubblicava un’intera pagina per dimostrare, con validi argomenti, che i programmi di Pd e M5S“sono gemelli”.

L’analisi di Daniela Preziosi: il Pd oscilla tra destra e sinistra…

 

pierre moscovici

Pierre Moscovici, il francese commissario economico della Ue

 

Certo, il Pd manda, da questo punto di vista, segnali contraddittori. “Da una parte – scriveva oggi Daniela Preziosi in una puntuale analisi delle sue su il manifesto – c’è un Pd che porta come suo testimonial Pierre Moscovici, il francese commissario economico della Ue, socialista rigorista, che oggi però si presenta come sponsor della flessibilità a favore dell’Italia e avverte che il suo successore «sarà meno flessibile di me». Dalla stessa parte il presidente del Pd Paolo Gentiloni, che martedì ha fatto da spalla alla corsa dell’europarlamentare Roberto Gualtieri, teorico delle compatibilità, che consiglia il premier spagnolo Sanchez, socialista, di abbandonare la sinistra di Unidas podemos e allearsi con i centristi Ciudadanos.
Dall’altra parte c’è un Pd che tenta di ridarsi un’anima sociale, prova a sfidare i 5 stelle, che modera i toni sul reddito di cittadinanza e punta su una sua versione del salario minimo. E tifa per l’accordo fra Psoe e la sinistra spagnola, e che propone un rapporto stretto fra Pd e le sinistre mediterranee, portoghesi, greche e naturalmente spagnole”.

 

Daniela Preziosi

Daniela Preziosi

 

C’è un «problema», dunque, dentro il Pd – continua la Preziosi sul manifesto – E i nodi al pettine arriveranno subito dopo il 26 maggio. Ieri a Roma, in un’assemblea alla presenza del segretario Nicola Zingaretti, il suo (ex) braccio sinistro Massimiliano Smeriglio ha preso la questione alla larga, ma neanche troppo: «I socialisti spagnoli hanno vinto con un programma chiaro», ha spiegato, «al centro c’è la ridistribuzione della ricchezza e delle opportunità, la lotta all’austerità, il salario minimo, la tassazione sulle transazioni finanziarie alle imprese sopra un miliardo di capitale, una tassazione del 4 per cento sui redditi sopra i 300mila euro». Quanto al «campo» del «nuovo Pd», per Smeriglio non è quello della Francia di Macron ma quello «del Portogallo di Costa, della Spagna di Sanchez, della Grecia di Tsipras.

 

Macron_Francia_En_Marche!

Il presidente francese Macron e il suo movimento politico “En marche!”

 

“Zingaretti – conclude la Preziosi – si barcamena, prova a tenere in equilibrio la barra della lista che ha voluto aperta al centro e a sinistra, da Calenda – e Gentiloni – alla sinistra di Smeriglio e Pisapia. Nel suo libro, uscito proprio ieri (Piazza Grande), non propone la patrimoniale, «in Italia ci sono altre strade». Ma la difende dagli sberleffi anche dei suoi: «Non è un’idea bislacca partorita da menti estremiste. Roosvelt, per dare una spinta concreta all’economia americana e ristabilire una coesione e una fiducia nel suo paese devastato dalla crisi economica, impose alle grandi ricchezze un prelievo fiscale fi oltre l’80 per cento». Oggi Zingaretti presenterà al Senato la proposta dem di salario minimo che oggettivamente è un passo in direzione dei 5 stelle”.

 

Andrea Marcucci

Andrea Marcucci

 

“Stando però ben attento – nota la Preziosi – a non urtare la sensibilità dell’ultrarenziano Andrea Marcucci che gli starà a fianco. E restando guardato a vista dalla Cgil, che sulla prima versione della proposta di legge dem aveva fatto scattare il semaforo rosso. Ma che il Pd debba «ridarsi un’anima sociale» ormai è senso comune fra i zingarettiani della prima e della seconda ora. Ne è convinto Cesare Damiano, ex ministro del lavoro del secondo governo Prodi, che ha collaborato al nuovo testo sul salario minimo: «Sui temi sociali il Pd ha dato un’impressione di indifferenza e questo ha contribuito a costruire la sconfitta nel 2018», ammette. «Proprio su questi temi, con il reddito di cittadinanza o quota 100, i 5 Stelle e la Lega hanno generato una parte consistente del proprio consenso. La realizzazione delle misure ha, poi, mostrato tutti i limiti dell’azione del governo», «Ma fare una opposizione aprioristica non sui contenuti di queste misure sociali ci ha impedito di proporre soluzioni alternative e percepite valide dal Paese”.

 

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Nicola Zingaretti quando era presidente della Provincia di Roma

 

Morale, Zingaretti pensa di trattare, in futuro, l’M5S come il Pci trattava il Psi: ‘compagni che sbagliano’ ma che vanno riportati ‘sulla retta via’ in nome di una ‘unità’ (ai tempi “delle sinistre”, oggi delle nuove sinistre?) che – nella prossima legislatura, si capisce, non in questa – possa portare a un nuovo ‘contratto di governo’ stipulato, stavolta, tra simili (Pd e M5S) e non diversi (Lega e M5S).

 

La doppia inchiesta giudiziarie in Calabria sul dem Oliverio

 

Oliverio

Mario Oliverio

 

Tutto bello, tutto giusto (si fa per dire…), ma per supporre che diventi anche fattibile, il Pd deve, prima di ogni cosa, superare i 5Stelle nel risultato delle urne, alle Europee, e soprattutto deve dimostrare di essere ancora un partito robusto, in salute e attrattivo nelle elezioni amministrative.

E qui il problema si fa assai complesso, per il nuovo Pd. Prendiamo il caso della Calabria. Il presidente di regione, il dem Mario Oliverio, è finito in una nuova inchiesta – dopo essere stato già indagato per corruzione e messo agli arresti domiciliari (provvedimento poi annullato dalla Corte di Cassazione) a causa dell’inchiesta “Terre desolate”, fatti risalenti al dicembre del 2018 – del procuratore antimafia Nicola Gratteri. L’accusa è traffico illecito di influenze, frodi e turbativa d’asta.

 

Nicola Adamo

 

Oliverio è indagato insieme all’ex consigliere regionale Nicola Adamo (Pd) e al sindaco di Cosenza Mario Occhiuto (Fi). In questo caso, i “favori” (presunti) di politici compiacenti avrebbero formato una vera ‘cupola’, secondo l’accusa, con alcuni raggruppamenti di aziende e riguarderebbero gli appalti della metropolitana Cosenza-Rende, il nuovo ospedale di Cosenza e il museo Alarico.

 

Mario Occhiuto

Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto indagato per bancarotta fraudolenta

 

“Mi si contestano scelte politiche e/o tecniche, cui si ‘abbinano’ ipotesi di reato, alcune operate nel 2014, cioè precedentemente al mio insediamento alla guida della Regione”, protesta il governatore Oliverio, ancora in sella – “ma sono quanto mai certo che, anche in questa occasione, nessun giudice condividerà una simile impostazione accusatoria, che intravede sospetti di reato in normali condotte di natura politica. Questo ennesimo avviso di garanzia mi porta profonda amarezza”.

 

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La bandiera del Pd

 

Al di là dell’impianto accusatorio – tutto da provare e da molti osservatori ritenuto “fragile” – la tegola, per il Pd, è devastante, anche perché a novembre, in Calabria, si vota. Il centrodestra punta tutto sul sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, a sua volta finito nell’inchiesta “Passepartout”, e ha buone ragioni per credere di stracciare il centrosinistra, ormai alle corde e devastato dalle accuse contro Oliverio. Ma, nel centrodestra, ha velleità di correre per la Regione anche la deputata di Fratelli d’Italia Wanda Ferro e i litigi tra Forza Italia e il suo plenipotenziario locale, la deputata azzurra Jole Santelli, contro Lega FdI si sono fatti sempre più urticanti, in queste settimane. 

 

logo pd calabria

Caso Calabria nel PD

 

Il Pd, formalmente, rivendica di essere “sempre in prima linea contro ogni forma di opacità e mancato rispetto delle regole”, ma – riferiscono fonti parlamentari dem – non c’è alcuna ‘blindatura’ da parte del partito verso Oliverio. Si faranno valutazioni nei prossimi giorni, ma – sottolinea un big del partito – non è affatto escluso che il ‘caso Calabria’ possa ricalcare il ‘caso Umbria’, cioè la richiesta secca di dimissioni del governatore. “Vedremo – dice un parlamentare – certo lì c’erano degli arresti, qui solo degli avvisi di garanzia”. “Mi sembrerebbe strano – afferma invece un altro esponente del Pd – che ci siano due misure diverse. Certo, è sempre sbagliato generalizzare, ma non dobbiamo sottovalutare nulla”. Permangono comunque le resistenze e le divergenze, nel Pd nazionale, sulla strategia da adottare. Le decisioni sono state lasciate agli organismi regionali, ma nei prossimi giorni si “valuteranno le carte” – sottolinea un’altra fonte – e “si deciderà il da farsi”.

In ogni caso, al momento, non si nasconde che “non c’è alcuna linea ufficiale”. Tutto questo mentre, ovviamente, l’M5S attacca a testa bassa, a partire da Di Maio: “Il Pd faccia dimettere Oliverio”.

Umbria, Marini si dimette, il Consiglio regionale le resiste…

 

Catiuscia Marini

Dimissioni Marini

 

Non va meglio in Umbria. La governatrice uscente, la dem Catiuscia Marini, aveva annunciato, anche formalmente, le sue dimissioni, dopo un forte pressing di Zingaretti, ma la riunione del Consiglio regionale umbro si è risolta, ieri, in una farsa. L’aula doveva decidere sulle dimissioni delle Marini – che ha detto “voglio uscire a testa alta da questa vicenda”, cioè il suo rinvio a giudizio per una pesante storia di raccomandazioni e favori, la cd. “Sanitopoli” umbra – ma ha preferito “aggiornare la discussione” con 11 voti favorevoli e otto contrari (cioè tutte le opposizioni) per “approfondire il dibattito”, come recita la mozione presentata e approvata dal capogruppo in consiglio regionale dem, Gianfranco Chiacchieroni (nomen omen), che ha pure presentato una mozione a favore della Marini. La mozione, appoggiata da tutti i gruppi di centrosinistra (Pd, Art. 1, LeU, etc.) invita la Marini a “recedere dalle dimissioni” e sarà discussa entro il prossimo 18 maggio.

 

chiacchieroni

Gianfranco Chiacchieroni

 

“Un grave errore politico”, ovviamente, per le opposizioni. Come, del resto, dar loro torto, stavolta? Il Pd umbro, ormai in stato comatoso, sembra preda di una ‘commedia degli equivoci’. Certo è che, presto o tardi, in Umbria si dovrà tornare a votare (a novembre, probabilmente, con Calabria ed Emilia) e anche qui il destino del Pd appare segnato: dopo aver perso centri cittadini già importanti alle amministrative del 26 maggio si vota a Perugia, Todi, Foligno e altri centri: il centrodestra è già pronto a farla da padrone e a prendere, quando sarà, probabilmente a novembre, anche la Regione.

Conclusione (amara): il Pd dovrebbe pensare un po’ di più a non perdere, definitivamente, le ultime ‘roccaforti rosse’ che ancora governa e un po’ meno a futuribili intese con l’M5S.


 

NB: Questo articolo è stato pubblicato l’8 maggio 2019 sul sito di notizie Tiscali.it e qui ampliato