La riforma Fraccaro taglia il numero dei parlamentari, ma è una cattiva riforma. Ecco perché

La riforma Fraccaro taglia il numero dei parlamentari, ma è una cattiva riforma. Ecco perché

10 Maggio 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

“Chiedete a Ceccanti…”. La noia del deputato semplice per una riforma costituzionale che pure tocca la sua viva carne….

 

Il Transatlantico di Montecitorio

Il Transatlantico di Montecitorio

 

“Mah, non so, chiedete a Ceccanti…”. In un Transatlantico di Montecitorio distratto dalla polemica del giorno tra Salvini e Di Maio – dove l’urgenza primaria è recuperare il trolley per prendere l’agognato treno o aereo per tornare a casa, dai propri affetti, e dove il dramma che si prospetta è “dover tornare lunedì a votare, che non c’è mai Aula, di lunedì, e io invece avevo un sacco di cose da fare…” – se provi a chiedere come si struttura la riforma costituzionale che, in teoria, potrebbe cambiare volto all’Italia, la risposta del deputato medio è, appunto, “chiedete a Ceccanti…”.

Stefano Ceccanti, cattolico democratico oggi fa il deputato dem ma, fino a ieri, era un brillante professore accademico, esperto di diritto costituzionale. Accompagnato dal suo zainetto, il povero Ceccanti cerca giornalisti cui spiegare quanto male possa fare al Paese una ‘schiforma’ del genere.

 

Un argomento, le riforme, di cui non importa a nessuno…

 

Andrea Fabozzi

Andrea Fabozzi

 

Il problema è che i giornalisti – al netto di Andrea Fabozzi del manifesto, che ne segue da mesi gli sviluppi e le votazioni con assiduità, capacità e intelligenza rara, e di pochissimi altri – sono distratti, appunto, dalla polemica del giorno (il caso Siri, la cannabis, i migranti, etc.) e nessuno ha voglia di cimentarsi con le ‘noiose’ riforme. Riforme che, sempre in teoria, porterebbero il Paese a trovarsi davanti un taglio secco di parlamentari (da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato, compresi gli eletti all’Estero (da 18 a 12): in totale, esultano i 5Stelle, “345 poltrone in meno” rispetto alle attuali 945 e “un risparmio”, tema sempre caro ai 5Stelle, di “500 milioni”.

Stanno davvero così le cose, al netto del fatto che servono – dopo la seconda lettura di ieri della Camera (la seconda su quattro) altri due (e forse tre) passaggi parlamentari prima che la riforma ‘Fraccaro’ (Riccardo, dal cognome del ministro alle Riforme proponente, ovviamente dell’M5S)?

 

L’altro pacchetto Fraccaro: il referendum propositivo

 

referendum

 

Insieme a questa ‘radicale’ modifica, che intreccia i percorsi parlamentari tra Camera e Senato per ‘fare prima’, al Senato arriverà a breve, sempre in seconda lettura, la riforma dell’articolo 71 della Costituzione che prevede che una proposta di legge di iniziativa popolare, presentata da almeno cinquecentomila cittadini, debba essere approvata dalle Camere entro diciotto mesi dalla sua presentazione (pacchetto di riforma, questo, su cui il Pd, a differenza che sul taglio dei parlamentari, non si è opposto, ma astenuto, perché  “sono state accolte le nostre richieste”).

Altrimenti, ove cioè la proposta di legge popolare ‘non’ venga esaminata nei tempi previsti (18 mesi), su di essa può essere indetto un referendum popolare che avrà, però, un quorum ‘approvativo’ molto basso (del 25%), a differenza del referendum abrogativo, il cui quorum è fissato al 51%.

In pratica, sarebbe possibile, da parte dei cittadini, spingere o addirittura ottenere che alcune leggi – quelle su cui sono state raccolte le 500 mila firme – vengano approvate bypassando le Camere. Riforme radicali, appunto, di cui si parla poco, o quasi per nulla, ma che svuoterebbero, di fatto, il potere del Parlamento e della democrazia rappresentativa.

Infatti, il ‘combinato disposto’ delle due riforme Fraccaro sono il risultato di quella “democrazia diretta”, obiettivo primario dei 5 Stelle, entrati in Parlamento per “aprirlo come una scatoletta di tonno”. “E poi, magari, buttare via, con la scatoletta, la democrazia rappresentativa, visto che il superamento del Parlamento è un tema che affiora spesso nei progetti del giovane Casaleggio, regista e tutore dell’azione politica grillina”, commenta la collega Claudia Fusani sul sito Tiscali.it.

 

I 5Stelle festeggiano, ma c’è assai poco da festeggiare…

 

Claudia Fusani

La giornalista Claudia Fusani

 

Ora, al netto del fatto che il parere di Ceccanti è ‘di parte’ (sotto, alla fine di questo articolo, pubblico una bella intervista che gli ha fatto, per il sito Tiscali.it, la collega Claudia Fusani), resta il punto.

La riforma costituzionale “è” una cosa importante, anche se non frega nulla a nessuno perché, si sa, i problemi del Paese sono sempre “altri” e anche al netto del fatto che persino i pentastellati, che si fregiano del ‘merito’ di stare portandola ‘a dama’, se ne sono, di fatto, anche loro disinteressati. Ieri, in teoria, dovevano ‘festeggiare’ il “taglio dei parlamentari” (le famose ‘poltrone’) fuori dal Parlamento, ma hanno preferito evitare perché troppi sono i guai che hanno in casa e al governo.

 

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Il vicepremier Luigi Di Maio nei panni di ‘mister Sincerità’

 

Per Luigi Di Maio, che ama parlare di ‘soldi’ e non di qualità della democrazia, la riforma equivale “a un risparmio di mezzo miliardo a legislatura” (falso). Il leader pentastellato non manca di attaccare il Pd, ‘reo’ di aver votato contro: “Mentre gli altri parlano, il Movimento 5 Stelle va avanti. Passo dopo passo, non ci fermiamo”, garantisce. Per il ministro Riccardo Fraccaro oggi “il Parlamento raggiunge una tappa storica”. E mette in chiaro: “Con i 5 Stelle al governo il cambiamento e’ reale”.

 

Riccardo Molinari

Il Capogruppo Leghista alla Camera Riccardo Molinari

 

Il capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, ricorda, invece, che la riforma è nel contratto di governo ma, osserva, c’è “un tema di rappresentanza da tenere in considerazione soprattutto per le aree più marginali del Paese e credo che, a fronte del taglio dei parlamentari, con la legge elettorale si dovranno trovare le giuste compensazioni per garantire tutte le aree dei territori”, tirando in ballo il contestuale (e, come vedremo, necessario, ma scritto male) rimaneggiamento dell’attuale legge elettorale, il Rosatellum, per adattarlo al meglio al nuovo numero degli eletti.

Ma è ora di analizzare la riforma costituzionale in essere e cercare di individuare punti forti e deboli.

 

Cosa è e come è strutturata la ‘riforma Fraccaro’

 

Riccardo Fraccaro

Riccardo Fraccaro

 

La riforma costituzionale della maggioranza (5Stelle ‘gaudenti’, leghisti ‘silenti’) che taglia di oltre un terzo il numero di deputati e senatori ha dunque, ieri, compiuto un importante passo avanti.

La Camera ha approvato il testo, in seconda lettura, confermando quello trasmesso dal Senato.

Si tratta, come si diceva, della prima delle due letture conformi prevista per le riforme costituzionali. La seconda potrebbe essere varata definitivamente entro l’autunno, prima cioè che inizi la sessione di bilancio (il 15 ottobre) che preclude l’esame di ogni altro provvedimento di legge. “Una tappa storica” esulta, appunto, il ministro Fraccaro, che può rallegrarsi del fatto che il testo sia stato sostenuto non solo da M5s e Lega, ma anche da FI e FdI (310 i sì finali), mentre ad opporsi è stato solo il centrosinistra (Pd, Leu, +Europa, Civica Popolare, più la Svp, con 107 no). Significativa è stata anche la compattezza di Lega e M5s che su altri temi hanno sempre una dialettica accesa.

 

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Roberto Calderoli (Lega), correlatore del ddl riforme al Senato

 

Poco entusiasmo, invece, quello mostrato da parte della Lega (fatta eccezione per Roberto Calderoli che rivendica la potestà stessa della norma), anche se gli alleati di governo dei 5Stelle non vengono meno all’impegno assunto e votano compatti a suo favore.

 

Il dibattito in Aula scorre via senza entusiasmo…

 

Vittoria Baldino

Vittoria Baldino M5S

 

Il ddl riduce i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. La maggioranza, guidata dal ministro Fraccaro, sottolinea che il taglio di 345 parlamentari porterò un risparmio di spesa e renderà più agile e snello il lavoro parlamentare. Nella sua dichiarazione di voto finale Vittoria Baldino (M5s) sostiene che un numero inferiore di parlamentari porta “maggiore autorevolezza e responsabilità” come dimostra il fatto che negli Usa i senatori di ciascuno Stato sono solo 2.

Tesi appoggiate da FdI mentre FI vota a favore ma con Francesco Paolo Sisto solleva una serie di caveat, analoghi alle critiche del Pd, che lo spinge a dire che nella decisiva lettura parlamentare l’assenso degli azzurri dovrà essere conquistato: “il nostro è un sì, ma condizionato”.

Pd, Leu e il centrosinistra evidenziano invece altri aspetti, suffragati dalle critiche dei molti costituzionalisti ascoltati nelle audizioni, quasi tutti contrari alla riforma Fraccaro.

 

Le critiche del Pd mentre, invece, FI e FdI votano a favore

 

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Il logo ufficiale del Pd

 

E’ vero – sostiene il Pd – che si taglia il numero complessivo dei parlamentari ma lo si fa mantenendo il “bicameralismo perfetto” (vuol dire che Camera e Senato fanno le stesse cose, in soldoni). L’Italia è l’unica Repubblica parlamentare ad averlo: era meglio un unica Camera politica di 500 deputati e un Senato delle Regioni, come prevedeva la riforma Boschi, sostengono nel Pd, forse dimentichi del fatto che, quando Renzi propagandava la ‘sua’ riforma, i manifesti elettorali per il referendum costituzionale contrabbandavano un “taglio di poltrone” che, allora, non c’era (c’era, però, la differenziazione delle funzioni tra le due Camere, principio sacrosanto e ora abbandonato).

 

Pd e LeU attaccano Fico: “Non sei imparziale”

 

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Il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico

 

Pd e Leu, che pure si sono astenute sull’introduzione del referendum propositivo, restano così fortemente contrari alla riforma per come è concepita. In particolare, Pd e Leu hanno evidenziato il rischio che i partiti che prenderanno, alle elezioni, non più del 7% potrebbero non riuscire a costituire un gruppo parlamentare, riducendo così la rappresentatività dell’intero sistema politico.

La discussione sulla riforma è stata accompagnata da duri scontri in Aula tra il Pd e il presidente  della Camera, Roberto Fico, a causa della dichiarata inammissibilità di una ventina di emendamenti ritenuti estranei alla materia (alcuni erano sulla possibilità di ampliare il voto ai 18 enni per eleggere il Senato, tema contenuto anche in una proposta ad hoc dei 5 Stelle). I dem sono arrivati a definire “non imparziale” Fico, ‘colpevole’ di favorire la maggioranza.

Il taglio dei parlamentari “è uno spot elettorale dannoso”, afferma il costituzionalista dem Stefano Ceccanti. Per Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, si tratta, addirittura, di “un primo passo verso una deriva autoritaria”. Contrario alla riforma anche Riccardo Magi di +Europa, secondo cui il vero obiettivo dei gialloverdi è sancire “la fine del Parlamento”. “Lo spirito con cui si lavora sulla Costituzione non può essere quello della ‘dittatura della maggioranza”, sostiene Leu con il suo capogruppo alla Camera, Federico Fornaro.

 

La compressione ‘di fatto’ dei partiti minori

 

Fornaro

Federico Fornaro

 

La parallela riduzione di eletti nelle due Camere, in effetti, di fatto comprimerà i partiti minori, non solo quelli di centrosinistra (LeU, Sinistra italiana, etc.), ma anche FdI o FI (almeno secondo gli attuali sondaggi) che faticheranno a entrare in Parlamento (specie al Senato) e a formare propri gruppi autonomi, come dimostra, numeri alla mano, lo stesso Fornaro, esperto (se non vero ‘mago’) dei sistemi e leggi elettorali. Stefano Ceccanti (Pd) parla di “taglio casuale numerico” solo per averne in cambio uno “spot elettorale”, mentre Riccardo Magi (+Europa) rimprovera i colleghi della maggioranza di non essere stati liberi nel decidere, accusa mossa anche da Simone Baldelli (FI), uno dei quattro azzurri a votare contro in dissenso dal proprio gruppo, cioè contro la riforma.

 

Manca però almeno per ora, in Aula, la maggioranza assoluta

 

Maggioranza assoluta

Maggioranza assoluta

 

Forza Italia, si diceva, – pur con diverse defezioni in disaccordo dalla linea del gruppo – approva la riforma, e pure Fratelli d’Italia. Ma è proprio l’ampia maggioranza trasversale a non ‘reggere’ di fronte all’evidenza del pallottoliere: i sì si fermano a quota 310 (107 i contrari), numeri che, se mai si dovessero ripetere in occasione della quarta ed ultima lettura da parte della Camera, non consentirebbero alla riforma di venire approvata, in quanto sarà necessaria la maggioranza assoluta (316 deputati), mentre per evitare il referendum confermativo occorrere la maggioranza dei due terzi. I gialloverdi, tra deputati che non partecipano al voto e in missione, ‘perdono’ 81 voti (12 i leghisti e 13 i grillini che risultano assenti ‘ingiustificati’). Sulla carta, infatti, sommando i numeri dei quattro gruppi (M5S, Lega, FI, FdI) che hanno votato a favore della riforma il totale sarebbe dovuto essere di 407 sì (o poco meno, considerando le assenze fisiologiche o i deputati ‘in missione’).

Morale, se la maggioranza gialloverde vorrà davvero approvare, in via definitiva, la riforma costituzionale targata Fraccaro converrà che si presenti, all’approvazione finale del testo, a ranghi compatti, altrimenti potrebbe anche non farcela.

 

L’iter della riforma: le quattro letture obbligatorie per prassi

 

La Camera

La Camera dei Deputati

 

La procedura (cioè la Costituzione) prevede che la riforma sia esaminata, dopo tre mesi ,nuovamente dalle due Camere, il che non accadrà prima del 9 agosto: devono trascorrere , infatti, necessariamente tre mesi, come prevede l’articolo 138 della Costituzione. Le Camere però non potranno modificare la riforma, nella doppia lettura finale, ma solo approvarla o respingerla.

Al Senato la riforma potrebbe essere esaminata già da ora (la precedente lettura si è conclusa il 7 febbraio), ma la terza lettura del Senato arriverà solo dopo le Europee, perché le Camere si fermeranno entrambe nei 15 giorni prima delle elezioni, mentre la Camera dovrebbe rivotare il testo non prima di settembre. A quel punto, se FI e FdI confermassero il loro appoggio, non ci sarebbe spazio per il referendum confermativo e, dalla prossima legislatura, la riforma diventerebbe realtà. Chi si oppone spera che M5s e Lega rompano il contratto e la riforma “non veda mai la luce”, come ha detto Magi. Pronostico politico, peraltro, assai ragionevole e probabile, ma poi smentito dai fatti.

 

Il Rosatellum: l’assurda distribuzione regionale degli eletti

 

Rosatellum_dummies

Il sistema elettorale Rosatellum “for dummies”

 

A complicare le cose ci si mette, tanto per cambiare, la legge elettorale. Non a caso, una ‘leggina’ di adeguamento della legge elettorale vigente è ancora in corso di approvazione (voto finale lunedì).

La riforma approvata dalla Camera, infatti, andrà ‘modellata’ sull’attuale sistema elettorale, il Rosatellum, un mix di collegi proporzionali plurinominali (63%) e di collegi maggioritari uninominali (37%), che già sfalsa la rappresentanza, rispetto a un sistema proporzionale puro, con i collegi. 

Inoltre. la riforma Fraccaro avrà anche importanti ripercussioni geografiche che distorceranno ancora di più la rappresentanza, favorendo sostanzialmente le regioni più popolose (dove, in ogni caso, i collegi, specie al Senato, diventeranno enormi, se non ‘monstre’), a scapito delle regioni più piccole che vedranno la loro rappresentanza, se non azzerata, quantomeno ridotta al lumicino.

Fatte salve, ovviamente, le regioni a Statuto speciale e quelle che hanno, al loro interno, minoranze linguistiche e culturali costituzionalmente garantite, ma pure loro, in parte, a rischio rappresentanza.

 

Regioni dItalia

Regioni d’Italia

 

Le altamente probabili critiche delle Regioni, specie le più piccole

 

Certamente, in ogni caso, la riforma Fraccaro sarà oggetto di critiche da parte delle Regioni che potrebbero avere da ridire su una riduzione della rappresentanza che garantisce di meno le varie composizioni territoriali e, soprattutto, i diritti delle minoranze o, nella fattispecie, di centri minori.

Ovviamente, la variazione percentuale è simile, ma non uguale, per tutte le regioni e naturalmente non tocca la piccolissima Valle d’Aosta che, avendo già oggi un solo parlamentare, non potrebbe scendere a zero. L’altra regione piccola, il Molise, perderà invece un parlamentare su tre.

“In questo modo sarà compromesso un equilibrio che finora ha assicurato un’equa rappresentanza di tutti i gruppi linguistici” obietta, per esempio, la Svp – partito regionalistico che fa il pieno di voti in Alto-Adige – partito che ha votato contro la riforma.

Ma ecco un confronto del numero dei deputati e dei senatori attualmente eletti in ciascuna circoscrizione elettorale e quelli che verranno eletti se la riforma che taglia i parlamentari verrà approvata anche nella seconda lettura. Infine, da notare, anche la netta e secca riduzione dei collegi e dei seggi degli italiani eletti all’Estero che – eletti, va ricordato, con le preferenze – dovranno cercarsi i loro voti in collegi giganteschi che potrebbero comprendere interi continenti

 

CAMERA – (numero attuale/ numero futuro/ variazione %):

 

Piemonte: Piemonte 1: 23 – 15 (-34,8%). Piemonte 2: 22 – 14 (-36,4%).

Lombardia: Lombardia 1: 40 – 25 (-37,5%). Lombardia 2: 22 – 14 (-36,4%). Lombardia 3: 23 – 14 (-39,1%). Lombardia 4: 17 – 11 (-35,3%).

Veneto: Veneto 1: 20 – 13 (-35,0%). Veneto 2: 30 – 19 (-36,7%).

Friuli Venezia-Giulia: 13 – 8 (-38,5%).

Liguria: 16 – 10 (-37,5%).

Emilia-Romagna: 45 – 29 (-35,6%).

Toscana: 38 – 24 (-36,8%).

Umbria: 9 – 6 (-33,3%).

Marche: 16 – 10 (-37,5%).

Lazio 1: 38 – 24 (-36,8%) – Lazio 2: 20 – 12 (-40,0%)

Abruzzo: 14 – 9 (-35,7%).

Molise: 3 – 2 (-33,3%).

Campania: Campania 1: 32 – 20 (-37,5%). Campania 2: 28 – 18 (-35,7%).

Puglia: 42 – 27 (-35,7%).

Basilicata: 6 – 4 (-33,3%).

Calabria: 20 – 13 (-35,0%).

Sicilia: Sicilia 1: 25 – 15 (-40,0%). Sicilia 2: 27 – 17 (-37,0%).

Sardegna: 17 – 11 (-35,3%).

Valle d’Aosta: 1- 1 (0,0%).

Trentino-AA: 11 – 7 (-36,4%).

Estero: 12 – 8 (-33,3%).

Totale Camera dei Deputati Italia: 630 – 400 (-36,5%).

SENATO – (numero attuale/ numero futuro/ variazione %):

 

Piemonte: 22 – 14 (-36,4%).

Valle d’Aosta: 1 – 1 (0,0%).

Lombardia: 49 – 31 (-36,7%).

Trentino-AA: 7 – 3+3 (-14,3%).

Veneto: 24 – 16 (-33,3%).

Friuli Venezia-Giulia: 7 – 4 (-42,9%).

Liguria: 8 – 5 (-37,5%).

Emilia-Romagna: 22 – 14 (-36,4%).

Toscana: 18 – 12 (-33,3%).

Umbria: 7 – 3 (-57,1%).

Marche: 8 – 5 (-37,5%).

Lazio: 28 – 18 (-35,7%).

Abruzzo: 7 – 4 (-42,9%).

Molise: 2 – 2 (-0,0%).

Campania: 29 – 18 (-37,9%).

Puglia: 20 – 13 (-35,0%).

Basilicata: 7 – 3 (-57,1%).

Calabria: 10 – 6 (-40,0%).

Sicilia: 25 – 16 (-36,0%).

Sardegna: 8 – 5 (-37,5%).

Estero: 6 – 4 (-33,3%).

Totale Italia Senato: 315 – 200 (-36,5%).

 


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Il costituzionalista e deputato del Pd Stefano Ceccanti

L’intervista a Stefano Ceccanti (Pd) di Claudia Fusani, pubblicata il 10 maggio 2019 sul sito di notizie Tiscali.it

 

Stefano Ceccanti è professore universitario, costituzionalista e deputato del Pd. In dichiarazione di voto ieri pomeriggio ha parlato di “taglio casuale numerico” e ha attaccato il presidente della Camera, Roberto Fico, responsabile di un “grave strappo procedurale”, avendo bocciato e dichiarato inammissibili una serie di emendamenti correttivi della proposta di riforma Fraccaro arrivata e uscita blindata alla seconda approvazione della Camera.

 

Il Pd ha votato contro questa riforma che in apparenza sembra semplificare l’iter approvativo delle leggi producendo anche un notevole risparmio. Perché?

“Perché non siamo d’accordo nel trattare la Costituzione come uno spot elettorale, per di più impedendo di discutere e votare alcuni emendamenti. Se la riduzione dei parlamentari non è collegata al superamento del bicameralismo ripetitivo, si confermano cioè le stesse funzioni e le doppia fiducia per Camera e Senato, o col monocameralismo o con un bicameralismo che raccordi Parlamento e autonomie, abbiamo a che fare solo con uno spot. Le altre democrazie o sono monocamerali oppure la prima Camera ha un numero di eletti più alto e la seconda rappresenta le regioni per cercare di ridurre i conflitti tra Stato e Regioni. Qui invece abbiamo a che fare con tagli lineari solo numerici. Tutto sbagliato”.

 

Ridurre i parlamentari era un pezzo della riforma Boschi. Allora andava bene e oggi no?

Maria Elena Boschi e Matteo Renzi

Maria Elena Boschi e Matteo Renzi

“Perché appunto stava in un disegno organico che teneva conto di tutte le questioni. Basti pensare a come sarebbe meglio gestibile la questione del regionalismo differenziato con un Senato delle Autonomie anziché solo con trattative politiche come oggi. In questo modo si vuole cambiare poco e male”.

 

I 5 Stelle parlano di “adeguamento” e non di riforma costituzionale. Minimizzano? E perché?

“Se si parla di adeguamento bisognerebbe capire a quali esigenze. Un vero adeguamento dovrebbe puntare a evitare maggioranze diverse e a ridurre i conflitti con le autonomie. Qui invece ci si adegua solo alla demagogia”.

 

In un relativo silenzio e in pochi mesi siamo già a metà del percorso di riforma costituzionale. Che tempi immagina? E riuscirà il doppio pacchetto a diventare legge?

“Da qui in poi i margini di recupero sono inesistenti perché nelle letture successive si può solo dire Sì o No. Questo era il momento di pensare bene a ciò che si faceva. E non è successo. In teoria a primavera 2020 queste riforme possono essere legge se avranno i numeri in Parlamento. Se invece si arrivasse al referendum, servono 5 mesi in più”.

 

Per come procede la legislatura, sempre più in bilico, e visti i numeri ieri in aula, anche queste riforme sembrano destinate a un buco nell’acqua. Veniamo alla seconda riforma costituzionale in cantiere. Al Senato andrà presto in seconda lettura la modifica del referendum (articolo 71). È stata definita “un’arma in mano 500 mila professionisti della firma”. Basteranno infatti quelle firme per far approvare una legge dal Parlamento. Che effetti possono avere, queste due modifiche lette insieme?


Se quel testo non viene corretto, rischia di svuotare il Parlamento. Perché un conto era – ed è – dire che si raccolgono firme su un progetto e poi, se il Parlamento va nella stessa direzione, bisogna essere soddisfatti dell’averlo stimolato e orientato, come proponevamo noi. Altra cosa è dire che si va comunque al referendum sul testo a prescindere dalle mediazioni trovate in Parlamento. Sono due riforme che, così congegnate, colpiscono il Parlamento. Devo dire, però, che almeno sul referendum si era discusso introducendo modifiche fondamentali ad esempio sulle materie e sul quorum. Stavolta non ci è stato consentito nemmeno questo, usando l’ammissibilità in modo selvaggio, lesivo del diritto di emendamento dei parlamentari. Lo svuotamento del Parlamento è stato anticipato dalla prassi”.

 

Un colpo di stato soft?

“Io non so se sia il caso di scomodare il concetto di colpo di Stato. Dico solo che non siamo in una situazione normale né per il rispetto delle regole costituzionali e parlamentari vigenti né per gli effetti concreti delle riforme. Mi sembra che ci sia un’eccessiva sottovalutazione anche da parte di molti costituzionalisti”.

 

Furbo o saggio aver diviso due riforme costituzionali che potevano essere fatte insieme? Di sicuro in questo modo per l’opinione pubblica è più difficile coglierne il senso generale.

“Noto anzitutto una confusione voluta tra riforme chirurgiche ed omogenee…”.

 

Nel dibattito parlamentare c’erano i 5 Stelle, la Lega è sembrata molto distratta: ha insistito molto con il concetto di “interventi chirurgici” forse per bloccare emendamenti e correttivi?

 

“Questa confusione, infatti, serve a dichiarare inammissibili emendamenti che invece lo sarebbero per evitare la brutta figura di votare contro. Se io presento un emendamento che cambia di più, ad esempio una sola Camera di 500 eletti, si può dire che non c’entra con una riforma chirurgica che porta la Camera a 400 e il Senato a 200? Evidentemente è un imbroglio. Va valutato poi che riforme anche omogenee e non troppo chirurgiche hanno comunque effetti di sistema che vanno attentamente valutati. In questi casi o non lo sono stati a sufficienza oppure ci si è basati su un’ideologia antiparlamentare”.

 

Il concetto della democrazia diretta, così caro ai 5 Stelle da dare il nome al dicastero del ministro per i Rapporti col Parlamento Fraccaro, è antitetico a quello della rappresentanza?

“Niente esclude che la democrazia diretta possa essere un correttivo parziale di quella rappresentativa. Come lo è stato in gran parte il referendum abrogativo. Altra cosa è, invece, costruire regole e strumenti come se essi dovessero sostituire la democrazia rappresentativa, come ancora accade con l’attuale testo sul referendum”.

 

Tra gli obiettivi fondativi del Movimento 5 Stelle c’è lo svuotamento del Parlamento e la disintermediazione tra popolo ed esecutivo. E’ quello che sta accadendo?

“Non giudico le intenzioni, giudico i testi. I due in discussione, referendum e spot elettorale sul numero dei parlamentari, vanno nella direzione negativa che lei enuncia”.

 

Entrambe queste riforme si stanno realizzando nella generale indifferenza di professori e costituzionalisti che ai tempi della riforma Renzi erano invece tutti i giorni su tv e giornali. 

“L’ho notato anch’io… Non saprei identificare le cause. Forse è facile attivarsi quando si trova un capro espiatorio in un avversario politico, magari in fase di consenso calante. Ma non dovrebbe accadere questo”.

 

Perché a margine della riforma c’è una legge elettorale che la rende subito applicabile?

“Perché vogliono dimostrare, per le Europee, che loro saranno pronti nel giro di un anno, qualora si dovesse andare a votare. Lo giudico un eccesso di zelo, anche perché paradossalmente la leggina arriva prima della riforma costituzionale a cui è legata. Cambiare i numeri dei parlamentari cambia comunque la legge, anche se apparentemente l’impianto resta il medesimo. In particolare, si gonfiano i numeri dei collegi uninominali con varie centinaia di migliaia di elettori rendendo nullo il senso del collegio, il rapporto diretto tra eletti ed elettori. Ma anche qui prevale l’esigenza di uno spot immediato oltre a un’ideologia antiparlamentare”.

 


 

NB: Questo articolo è stato scritto in forma originale per questo blog il 10 maggio 2019