Opposizione in cerca di autore. Pd, FI, FdI e le loro ansie. Viaggio verso le elezioni europee (II puntata)

Opposizione in cerca di autore. Pd, FI, FdI e le loro ansie. Viaggio verso le elezioni europee (II puntata)

22 Maggio 2019 2 Di Ettore Maria Colombo

Continua il nostro piccolo viaggio – in tre puntate – sulle elezioni europee e sulle aspettative che i diversi partiti hanno verso elezioni che potrebbero, addirittura, mettere in crisi il governo e la maggioranza gialloverde e precipitare il Paese verso urne anticipate, forse in autunno.

La prima puntata di questo ‘viaggio’ verso le elezioni europee è stata pubblicata ieri, 21 maggio 2019, sempre su questo blog, riguardava i ‘piccoli’ partiti, tutti a rischio di non superare lo sbarramento del 4%, ed è rintracciabile cliccando qui

La terza e ultima puntata di questo ‘viaggio’ verso le elezioni europee è stata pubblicata il 22 maggio 2019, sempre su questo blog, e riguarda i due partiti della coalizione di governo, Lega e M5S. E’ rintracciabile a questo link: Lega e M5S si giocano il futuro del governo sulle rispettive percentuali. Viaggio nelle elezioni europee (III puntata – fine)

Il sistema elettorale è proporzionale per tutti i Paesi della Ue

(repetita iuvant…)

La prima cosa da dire è sul sistema elettorale in vigore. Il sistema di voto italiano – ogni Paese dei 28 membri Ue si sceglie il suo, ma comunque deve essere un sistema di base proporzionale mentre, come si sa, in molti Paesi della Ue, quando si vota alle Politiche, vigono sistemi maggioritari – ricalca quello in uso nella Prima Repubblica: si tratta, cioè, di un sistema perfettamente proporzionale, e con recupero dei voti su scala nazionale, che vede la presenza delle preferenze (da una a tre), prevede una soglia di sbarramento nazionale abbastanza alta, fissata al 4% dei voti validi, ma solo se presi sull’intero territorio nazionale, e l’obbligo dell’alternanza di genere nell’uso delle preferenze: chi dà due preferenze deve scegliere un uomo e una donna, chi ne dà tre deve scrivere i nomi di due uomini e una donna, o si due donne e un uomo. Invece, se si votano due o tre candidati dello stesso genere, il voto resta comunque valido, ma la sola preferenza buona è la prima. Da notare che, in molti Paesi Ue, non si vota con le preferenze, ma con le liste bloccate.

 

Il Pd punta al 25% ma i problemi in casa dem sono tanti…

 

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Nicola Zingaretti

 

Non si può dire che il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, non si stia spendendo al massimo. Gira come una trottola per l’Italia, suda e si sgola, è persino dimagrito perché mangia poco e va avanti a colpi di succhi d’arancia. Del resto, il risultato del Pd alle elezioni europee è dirimente non solo per il suo partito, ma anche per lui: si tratta, cioè, di un ‘mega-sondaggio’ sulla sua persona e la sua linea, dopo la vittoria alle primarie e il suo insediamento. Le elezioni locali in Sardegna, Abruzzo e Calabria sono andate male (nel senso che il Pd le ha perse tutte e tre), ma in quel caso può dire che si tratta di scelte pregresse alla sua gestione e che, quindi, lui personalmente non ne ha colpa.

 

Le aspettative sul risultato dem. Liste fatte con il bilancino

 

 

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Il simbolo delle elezioni europee del 2019

 

Ma alle Europee sarà diverso. Il risultato del Pd– buono sopra il 20%, molto buono vicino al 25%, ottimo se supera i 5Stelle, pessimo intorno al 20%, devastante sotto – verrà imputato a lui. Le liste sono state composte con nomi buoni, anche se non altisonanti (lo scienziato Battiston, il pm antimafia Roberti, etc.), il bilancino tra le correnti è stato rispettato al meglio (renziani, zingarettiani, orlandiani, franceschiniani, giovani turchi, etc.), il Pd si è ‘aperto’ a movimenti e partiti che se ne erano andati lontani dal Pd (Pisapia in nome di Campo progressista, Furfaro per l’area Boldrini, un paio di ex dem per Mdp – Articolo 1), ma non è riuscito ad agganciare né Più Europa né i Verdi né la Sinistra (alla sua sinistra) che si presentano tutti da soli.

Zingaretti ha ha compiuto anche dei forti gesti simbolici, come visitare molti luoghi di sofferenza sociale: quello più forte è stato riaprire un circolo dem a Casal Bruciato, estrema periferia romana dove i rom e gli immigrati sono odiati e circondati dal razzismo, se non direttamente presi a botte.

 

Tutti i guai e gli infortuni del Pd

 

Il Pd, però, sta vivendo un momento difficile. I sondaggi – riservati, dato che non si possono pubblicare – dicono che non sfonda e che l’obiettivo di superare l’M5S non è più a portata di mano anche perché i 5Stelle stanno ‘coprendo’ tutto il terreno politico che va dal centro alla sinistra.

 

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La crisi di risorse del Pd che toglie il sonno al tesoriere Luigi Zanda

 

Inoltre, ci sono messi anche gli infortuni (le due proposte di legge del tesoriere dem, Luigi Zanda, sul finanziamento pubblico ai partiti, proposta non ritirata da Zanda, e quella che equipara lo stipendio dei parlamentari italiani a quelli europei, ritirata da Zanda ma difesa da Zingaretti), proposte che hanno causato pesanti attacchi mediatici da parte dei 5Stelle. Ciliegina sulla torta, lo scoop del Fatto quotidiano sul fatto che l’ex ministro DcPaolo Cirino Pomicino, avrebbe offerto i suoi servigi (e i voti suoi e dei suoi amici napoletani) al Pd di Zingaretti. Insomma, un quadro desolante, per il Pd, e appunto, una campagna elettorale per le Europee mai decollata. 

 

Decapitate le giunte regionali Democrat di Umbria e Calabria

 

Sul fronte interno, Zingaretti è riuscito, dopo molto penare, a far dimettere la governatrice dell’UmbriaCatiuscia Marini – ma non il governatore della CalabriaMario Oliviero a sua volta finito sotto indagine dalla magistratura.

Matteo Orfini

Matteo Orfini

 

Tutto è bene quel che finisce bene, si potrebbe dire, ma la vicenda Umbria si porta con sé molti veleni, nel Pd. I Giovani turchi, il cui leader è Matteo Orfini, hanno criticato Zingaretti per non essere stato ‘chiaro’ e i renziani hanno cercato di difendere, fino all’ultimo, la Marini, scaricata, invece, dagli zingarettiani. In Umbria si tornerà a votare presto (a novembre, con Emilia-Romagna e Calabria) o al più tardi nel 2020 (a marzo) e il Pd rischia di perdere un’altra roccaforte rossa. Anche la Calabria, di fatto, il Pd la dà già per persa come pure molti comuni dove si voterà il 26 maggio insieme alle Europee e il Piemonte, dove pure Chiamparino è dato, nei sondaggi, in risalita.

 

“Il Rieccolo”. Torna sulla scena politica Matteo Renzi…

 

Riecco matteo renzi

Riecco Matteo Renzi

 

Come se non bastasse, ecco che – sulla scena politica – ricompare Matteo Renzi, in carne e ossa, spesso chiamato in causa dai suoi avversati (Salvini Di Maio) come forma di insulto reciproco (“Sei come Renzi” si rinfacciano i due). In fondo non se n’era mai andato, Renzi, ma ora è tornato. Del resto, l’uomo è così: non riesce a fare Cincinnato, a star lontano dalla pugna, specie se sente “odore di sangue”. L’ex leader promette “lealtà” al nuovo segretario e poi, però, forse maliziosamente, fissa molto alta l’asticella del risultato del Pd alle Europee: “il 25%”, dice Matteo Renzi, che è molto distante dal 18,7% preso da lui alle Politiche (e, quindi, sarebbe un successone), ma anche dai sondaggi che, pur vietati, girano e che vedono il Pd fermo al 21-22%. E se il 25% non arriva? Renzi potrà sfoderare un suo classico “ecco, avete visto? Non ero io il problema del Pd…”.

 

Renzi e Comitati Civici

Renzi e Comitati Civici

 

Insomma, ‘senza di me’ il partito non recupera, sarà – anzi, in parte già è – il mantra dei renziani dentro e fuori il Pd. Poi, in due giorni, sono arrivati tre appuntamenti che hanno visto Renzi come unico e indiscusso protagonista. Il primo si è tenuto sabato scorso e ha visto Renzi ritirare fuori dalla naftalina un progetto a cui aveva creduto molto, la reunion dei giovani Millennials. Il secondo è stata una reunion di due star singole (Renzi Calenda) e si è tenuta lunedì scorso a Milano (ma i due hanno smentito di stare pensando di fondare un nuovo ‘partito’ insieme). Il terzo vedrà Renzi impegnato oggi, a Roma, con i candidati renziani (Simona Bonafé e Nicola Danti) impegnati nella corsa per le Europee e alcuni parlamentari dem di stretta osservanza (Ascani, Nobili, Giachetti).

 

Qui un articolo che parla del ritorno in campo di Renzi e del lavoro dei Comitati civici “Azione civile – Ritorno al Futuro” nati in suo nome

L’ex leader tira la volata sì, ma solo ai candidati renziani

 

Matteo Renzi con Nicola Zingaretti

Matteo Renzi con Nicola Zingaretti

 

Insomma, spazio per esponenti dem che non siano in odore di renzismo, negli incontri di Renzi, proprio non ce n’è. “Siamo stati insultati, sparati alle spalle. Hanno creato le condizioni per mandare al governo questi scappati di casa”, ricorda, “ma noi come rispondiamo? Con la lealtà. Perché noi abbiamo voglia di futuro e -insiste – c’è ancora da giocare la partita di ritorno”. Quella, cioè, delle Politiche. E “la partita di ritorno sta per cominciare”, assicura Renzi. Ma se le cose precipitano e si va verso la crisi, l’ex-premier è d’accordo con Zingaretti: “Non esiste un piano B per il governo”. Poi conferma di “essere orgoglioso” di non aver fatto l’accordo con i 5 Stelle, dopo le elezioni, accordo che i maggiorenti (da Orlando Franceschini) del Pd, e oggi sostenitori di Zinga, invece, volevano.

Per Renzi e Zingaretti “se c’è la crisi, dopo c’è solo il voto”

 

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio

 

“Se c’è la crisi di governo, dopo c’è solo il voto anticipato” avrebbe detto anche Zingaretti, a Mattarella, in un colloquio riservato, e lo stesso concetto ripete in pubblico. Nessuna tentazione di ‘inciucio’ con i 5Stelle, dunque. Almeno non in questa legislatura. I numeri, peraltro, ci sono solo sulla carta: al Senato dieci renziani basterebbero a far morire un governo Pd+M5S ancor prima di nascere. Nella prossima si vedrà, quien sabe?,ma oggi ci sono le Europee, alle porte.

Ecco perché Zingaretti ha chiamato a raccolta tutto il Pd per il rush finale di una corsa che traguarda il 26 maggio per le elezioni Politiche, e presentato il suo ‘Piano Italia’ economico. Già nel titolo suona un po’ come un programma elettorale e, a spulciarlo, si vede che il presupposto da cui Zingaretti parte è che, appunto, il governo Lega-M5s avrà vita breve, ma non brevissima: reggerà, probabilmente, all’impatto con le Europee, scommettono i dem, per collassare in autunno, davanti una manovra economica ‘lacrime e sangue’. E così il Pd, per non farsi trovare impreparato, mette nero su bianco il suo programma economico incentrato su crescita, redistribuzione della ricchezza, creazione di posti di lavoro. Non resta che aspettare il risultato delle elezioni per sapere come andranno le cose, per il Pd, e se Zingaretti avrà vinto la sua prima scommessa politica ed elettorale. 

Forza Italia, alle Europee, si gioca l’intero suo futuro

 

Silvio Berlusconi e Antonio Tajani

Silvio Berlusconi e Antonio Tajani

 

Forza Italia, alle Europee, si gioca ‘la partita della vita’. Silvio Berlusconi lo sa bene e perciò – nonostante i ben due interventi ospedalieri che ha subito in un mese – è tornato in campo più forte e convinto, oltre che spavaldo, che mai, onnipresente in tutte le trasmissioni tv possibili. Certo, c’è il coordinatore azzurro, nonché presidente dell’Europarlamento uscente, Antonio Tajani a tirare la carretta, ma tutti, nel partito, sanno che “non basta” e che “quando Silvio scende in campo è tutt’altra cosa”.

Dopo il primo crollo, quello delle Politiche (14%), Forza Italia deve almeno restare ancorata intorno al 10% dei voti perché, se scendesse sotto quella cifra, vorrebbe dire che non è più necessario – come già teorizza la Meloni e pensa Salvini– allearsi con gli azzurri per vincere le prossime elezioni politiche: insomma, nascerebbe un polo sovranista e i berluscones dovrebbero solo adeguarsi alla realtà. I segnali, per ora, sono pessimi: al Nord Est sondaggi interni la danno a percentuali da brivido, FI è debole al Centro e al Nord Ovest, il partito regge, e i candidati – forti di buoni pacchetti di preferenze – anche solo al Sud e nelle Isole.

 

Giovanni Toti con Giorgia Meloni

Giovanni Toti con Giorgia Meloni

 

Gli azzurri lo schiaffo della Meloni (“nascerà un polo sovranista senza FI”) non l’hanno prese bene, ma il partito resta assediato all’esterno da Lega FdI e, all’interno, dal governatore ligure Giovanni Toti. Lo stesso Berlusconi non lo considera più “uno dei nostri” e sa bene che non aspetta altro che il crollo di FI gli dia il destro per fuggirsene altrove.

 

Le alleanze ‘neo-centriste’ di Forza Italia per tirare su voti

 

Movimento popolare di Maurizio Lupi

Movimento popolare di Maurizio Lupi

 

Berlusconi vuole restare saldamente ancorato all’area del centrismo, sia in Europa, dove è diventato uno dei più fieri araldi del PPE(e della ex nemica Merkel), che in Italia. Tajani, a suo nome, ha stretto accordi politici tutta in questa direzione: con il Movimento popolare di Maurizio Lupi (ciellino ed ex Ncd-Ap, oltre che ministro nei governi Letta-Renzi), con l’Udc di Lorenzo Cesa, che è stato candidato, e con l’Mcl di Carlo Costalli, movimento associativo cattolico molto forte e radicato nel territorio che ha dato indicazione di votare, in massa, i candidati azzurri. Basterà? Solo il voto potrà dirlo. Certo è che il 12% sarebbe rivendicato come un successo, il 10% la tenuta, sotto c’è il flop.

 

Fratelli d’Italia e la Meloni ora ‘pensano in grande’

 

Fratelli d'Italia

Fratelli d’Italia

 

Fratelli d’Italia – che fino all’altro ieri lottava e aveva come suo unico obiettivo quello di superare l’asticella del 4% – da qualche tempo ha alzato mira e pretese. Dalle parti della Meloni parlano persino di “sorpasso probabile, se non imminente”, sugli azzurri, almeno in alcune circoscrizioni, e la stessa leader di FdI ha dato un’intervista eloquente in cui parla di “polo sovranista”, composto da Lega+FdI, “senza FI” che, come in Sicilia, “fa l’inciucio con il Pd”.

Con una sapiente regia nella compilazione delle liste (il bisnipote del Duce, Mussolini, come esponenti dell’area dei Conservatori e Riformatori italiani, legati a Raffaele Fitto) e una campagna elettorale aggressiva, oggi Fratelli d’Italia è quotata molto oltre il 4% dei voti e veleggia sul 5-6%.

 

salvini meloni

La Meloni vuole riagganciare Salvini

 

La Meloni punta a ‘sganciare’ gli azzurri dal centrodestra per ‘riagganciare’ Salvini e, al massimo, inglobare il possibile – ma ormai quasi certo – movimento di azzurri delusi dalla gestione Tajani del partito e che, guidati dal governatore ligure Giovanni Toti, potrebbero costituire loro la ‘terza gamba’ di un polo davvero ‘sovranista’ e ‘nazionalista’ che punti, alle prossime Politiche, a governare da solo, cioè senza i 5Stelle (ovviamente) ma anche senza Forza Italia. Un sogno, per ora, o un’ambizione troppo alta, forse, che solo il risultato delle urne alle europee chiarirà se è davvero realizzabile.

 


 

NB: Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2019 sul sito di notizie Tiscali.it