Renzi ‘come back’. Tra appelli al voto e Comitati civici, Renzi pensa a una ‘Margherita 2.0’ con i cattolici

Renzi ‘come back’. Tra appelli al voto e Comitati civici, Renzi pensa a una ‘Margherita 2.0’ con i cattolici

23 Maggio 2019 1 Di Ettore Maria Colombo

Renzi ‘come back’. L’ex premier è tornato sulla scena

 

Matteo renzi come back

Matteo Renzi Come Back

 

“Noi (usa il pluralia majestatis, ma intende dire ‘io’, ndr.) siamo la quintessenza della lealtà, molto più di quello che qualcuno pensasse di noi. Abbiamo subìto un fuoco amico pazzesco, ma siamo qui a dire votate Pd, perché siamo leali con noi stessi”. Matteo Renzi come back, è tornato, e lo si era capito, ormai, da giorni.

 

amintore fanfani

Amintore Fanfani

 

Il ‘Rieccolo’, definizione che Indro Montanelli affibbiò ad Amintore Fanfani, lo chiamano i suoi avversari. Ieri si è presentato a Roma, al Tempio di Adriano, per tirare la volata alle candidature di Simona Bonafè Nicola Danti, due renzianissimi di provata fede candidati dal Pd nella circoscrizione Centro, per le elezioni europee.

 

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L’ex ministro Calenda, promotore dell’appello “Siamo Europei”

 

Ma nei giorni scorsi ne aveva fatte, di iniziative, una dietro l’altra, già ben due: una a Milano, con Carlo Calenda – capolista dem nel Nord Est ma con il suo logo, quello di ‘Siamo europei’ e in piena fase di auto-promozione e auto-glorificazione di sé (alla Renzi prima maniera, per capirsi) – iniziativa che serviva a sponsorizzare la candidatura di una ‘calendiana’, l’economista Irene Tinagli. E una a Roma, dove Renzi aveva raccolto i suoi (ex) giovani, i Millennials, da lui messi dentro la Direzione e poi fatti fuori da Zingaretti, per parlare di Europa e di massimi sistemi, ma in realtà – anche in quel caso – per aiutare sempre gli stessi, Bonafé Danti.

 

Gli applausi scroscianti per Radio radicale

 

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Il Logo di Radio Radicale

 

Non c’è che dire, l’ex premier ed ex leader del Pd è in palla, oltre che in forma, ed è tornato a far parlare di sé. Ieri, al tempio di Adriano, c’era il tutto esaurito: i renziani romani si erano dati appuntamento da tempo per applaudire e anche solo per poter ‘vedere’ il loro beniamino.

 

Giachetti in ospedale: è in sciopero della fame per salvare Radio Radicale

Giachetti in ospedale: è in sciopero della fame per salvare Radio Radicale

 

In realtà, l’applauso più scrosciante è stato per un fedelissimo della prima ora, Roberto Giachetti, che da giorni è in sciopero della fame (motivo per cui è finito anche in ospedale) di protesta al fine di salvare Radio radicale, messa in crisi (la convenzione con lo Stato è decaduta da ieri) causa l’ottusità del governo (e, in particolare, del sottosegretario all’Editoria, Vito Crimi) che ha deciso di tapparle la bocca, come sta cercando di fare con molti altri giornali, a partire dal quotidiano il manifesto, tagliando le sovvenzioni.

 

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Il giornalista Massimo Bordin

 

Commosso e partecipe, peraltro, l’applauso che Renzi ha ‘tirato’ ricordando agli astanti la figura di Massimo Bordin, per una vita conduttore della migliore rassegna stampa italiana, Stampa&Regime, che su Radio radicale andava in onda e che è scomparso da poco.

 

Renzi contro tutti: Salvini, Di Maio e Conte

 

MATTEO RENZI

Matteo Renzi

 

Tutti, però, si aspettavano che Renzi parlasse di politica e, soprattutto, del suo (?) Pd e lui non ha deluso le attese. “Abbiamo a che fare con un presidente del Consiglio che è la somma di tutte le incompetenze, che è impalpabile sui dossier internazionali. E tanta è la spocchia che parla di sé in terza persona” dice Renzi (che lo fa a sua volta…). Siamo “alla dittatura dell’incapacità”, incalza, e “se uno non sa la differenza tra garantismo e giustizialismo, visto che Conte ha detto che per lui pari sono, vuol dire che non solo non sei in grado di fare il premier ma neanche di fare il professore”.

 

Conte-Salvini-Di Maio

 

Renzi, però, è sicuro che “Lunedì prossimo (cioè il giorno dopo le elezioni europee, ndr.) non succederà niente al governo. Questi i posti non li lasciano… Il momento del redde rationem arriverà quando ci sarà da fare la legge di bilancio”.

 

Renzi e Zingaretti

 

D’altra parte, a differenza di Zingaretti – che le elezioni anticipate le ‘sogna’ – Renzi non le vuole: troppo presto per i suoi progetti futuri che prevedono uno sganciamento, seppur ‘dolce’, dal Pd. E, paradossalmente, Zingaretti potrebbe persino convenire, sul punto. E’ stato proprio l’ex segretario dem, tempo fa, a parlare di una – nuova – ‘divisione dei compiti’: un centro (Renzi?) che si allea alla sinistra (Zingaretti) per ottenere il massimo risultato (prendere più voti possibili) con il minimo sforzo (due partiti invece che uno, modello sempre citato da tutti quello di Ds e Margherita). Insomma, un modo per rinverdire l’antico e amato schema che, una volta, a sinistra funzionava: marciare divisi per colpire uniti.

 

Tornerà lo schema della divisione tra Ds e Margherita?

 

Renzi e Giachetti

 

A far capire che aria tira, tra i renziani, ci pensa il solito Giachetti, uno che non le manda a dire e che, soprattutto, dice sempre quello che Renzi pensa ma che non può dire. “Noi siamo diversi. Abbiamo perso le primarie ma siamo in prima fila” – si accalora – a fare campagna per il Pd“ anche se non condividiamo alcune cose. Vedere Speranza e Bersani nei manifesti sotto il simbolo del Pd mi fa venire i brividi”, dice Giachetti.

 

Pier Luigi Bersani

 

Figurarsi leggere che Bersani – come molti altri, a sinistra, da Massimo Cacciari in giù – vuole ‘stanare’ i 5Stelle, una volta caduto l’asse con la Lega che regge ancora le sorti del governo – per provare a farci un governo insieme o un’alleanze alle future Politiche.  

 

Massimo Cacciari

 

In ogni caso, le parole di Giachetti suonano come una scudisciata, alle orecchie di Zingaretti, che proprio ai candidati di Mdp – ma anche alla Boldrini e a Pisapia, tutti esponenti che col Pd avevano rotto, quando comandava Renzi– ha aperto le porte candidandoli col Pd.

 

Zingaretti un po’ liscia il pelo a Renzi, un po’ lo attacca…

 

Lilli Gruber

Lilli Gruber

 

Zingaretti, in serata, si presenta negli studi di Otto e mezzo, da Lilli Gruber: un po’ prova a rintuzzare le critiche dei renziani, un po’ prova a lisciare il pelo allo stesso Renzi. Da un lato, rispetto all’intervista con cui l’ex leader diceva di ‘immaginare’ un ‘nuovo’ centrosinistra moderato e che, dunque, sia più di centro e meno di sinistra, si inalbera: “Questi schemi senza contenuti e credibilità contano poco. Serve una classe dirigente credibile, e intorno a essa bisogna organizzare un campo di forze, e poi serve un leader che ascolta, mette insieme ed è molto determinato”.

 

Serve una classe dirigente credibile

Serve una classe dirigente credibile

 

Dall’altro lato, però, Zingaretti liscia il pelo a Renzi: “Considero l’intervista di Renzi (si riferisce a quella rilasciata ieri al direttore del Quotidiano nazionale, ndr.) un mio grande successo personale. Se guardiamo al dibattito congressuale, è la posizione che ponevo da tempo, mettere fine alla stagione dell’autosufficienza”. “Poi vedremo – continua Zingaretti – chi e come, ma ci sarà la possibilità di raccogliere anche parte di un elettorato moderato che non sta in un centrodestra egemonizzato da Salvini. Tutti devono fare conti con una straordinaria mobilità dell’elettorato che premia le scelte più credibili” conclude. 

 

Ma cosa ha in mente, davvero, Matteo Renzi?

Cosa ha in mente, davvero, Matteo Renzi?

Cosa ha in mente, davvero, Matteo Renzi?

 

Insomma, Renzi Zingaretti, per ora, ancora ‘si studiano’. Ma la domanda è sempre la stessa: cosa ha in mente Matteo Renzi? Una nuova forza politica centrista, alleata con il Pd, ma che guardi anche al di là dei confini del centrosinistra “storico”o una nuova – impossibile – scalata al Pd per riprenderselo e farlo sterzare da una linea ‘corbyniana’ su una linea’ blairiana’? La seconda ipotesi potrebbe perdere improvvisamente quota dopo le europee. Contrariamente a quanto l’ex premier lascia intendere nell’intervista a QN, infatti – intervista in cui parla esplicitamente di una riorganizzazione del centrosinistra in vista delle politiche e di elezioni che si vincono al centro, “le sue parole – assicurano i suoi – non preludono (almeno non ancora…) a una fuoriuscita dal partito”.

 

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Il simbolo delle Elezioni Europee del 26 maggio maggio 2019

 

Il punto di svolta saranno i giorni successivi al 26 maggio, quando si determinerà il futuro del governo e, ovviamente, anche della legislatura. Renzi non scommette sul voto anticipato già in autunno, come sembra, invece, voler fare e sperare Zingaretti che ha – tra le altre cose – l’urgenza di cambiare una formazione parlamentare, quella attuale, modellata ancora da Renzi, quando era segretario, per cambiarla radicalmente con truppe tutte e solo a lui fedeli. Per l’ex premier, infatti, un rinnovo rapido del Parlamento sarebbe una sciagura: non avrebbe tempo per costruire una nuova forza politica e uscirebbe dalle liste compilate dal nuovo segretario con una rappresentanza molto ridimensionata, all’interno dei futuri gruppi parlamentari.

 

Se cade la legislatura, cambiano le mosse, se non cade no…

 

“Se il governo riuscisse a mangiare il panettone, infatti, Renzi sarebbe ben lieto di portare lo champagne”

“Se il governo riuscisse a mangiare il panettone, infatti, Renzi sarebbe ben lieto di portare lo champagne” – Rudt Francesco Calvi

 

Questo scenario è l’unico che può metterlo in difficoltà. “Se il governo riuscisse a mangiare il panettone, infatti, Renzi sarebbe ben lieto di portare lo champagne”, scrive giustamente Rudy Francesco Calvo sull’Huffington Post.  “Innanzitutto – continua Calvo – perché rimane convinto che tenere incatenati al potere Lega e M5S farebbe male soprattutto a loro (è la famosa teoria dei pop corn…), oltre che all’Italia. Dopo, perché da parte sua cambierebbe l’atteggiamento nei confronti di Zingaretti”.

 

Luigi Zanda

Luigi Zanda

 

“Finora siamo stati fin troppo leali – dicono i renziano – ma dopo le europee non garantiremo più quella unità interna di cui ha goduto finora il segretario”. Le ferite accumulate in questi mesi sono state taciute in nome della campagna elettorale, ma non sono state di certo dimenticate: la promessa (non mantenuta) di una gestione unitaria del partito, la questione umbra e il presunto ammiccamento al giustizialismo, la valorizzazione di esponenti della maggioranza interna che Renzi vede come fumo negli occhi (Orlando, Gentiloni, Franceschini, ma su tutti Zanda). Temi che saranno messi sul tavolo una volta acquisito il risultato elettorale, che non sarà di certo secondario.

 

Renzi pone con malizia l’asticella del Pd al 25% dei voti

 

Renzi pone con malizia l’asticella del Pd al 25%

Renzi pone con malizia l’asticella del Pd al 25%

 

L’asticella del 25% posta dall’ex premier nell’intervista a Repubblica lo scorso 11 maggio è apparsa a tutti elevata. Certo è che, se Zingaretti arriverà anche poco al di sotto di quella soglia, e soprattutto davanti ai Cinque Stelle, difficilmente potrà essere attaccabile, dai renziani e non. Discorso diverso se, invece, il Pd si attesterà intorno al 21-22%, finendo sotto l’M5S e anche con un’affluenza che alle Europee è genericamente più bassa che alle Politiche. Nell’entourage renziano si preferisce guardare ai numeri assoluti: “Se la lista larga messa in piedi da Zingaretti metterà insieme tra i 6 e i 7 milioni di voti– sono i calcoli che vengono fatti dei renziani, anche in questo caso con malizia – il risultato non sarà molto diverso di quello del 2018, sommando i consensi di Pd, cespugli vari e almeno una parte di LeU”. Un dato ‘basso’, troppo basso, che sarà fatto notare.

La sua strategia, dunque, Renzi la deciderà solo dopo il voto. Bisognerà vedere i tempi di una eventuale crisi di governo, come si è detto, ma anche la tenuta di Zingaretti e l’atteggiamento che manterrà nei confronti della minoranza.

 

Anche con Calenda “competition it’s competition”…

 

calenda renzi

Calenda e Renzi

 

Poi ci sono le scelte di Carlo Calenda, che i renziani vedono scalpitare per farsi un partito tutto suo, anche se lui smentisce questa ipotesi, ovviamente ‘collegato’ al Pd.

Tra l’ex ministro e il suo ex premier la competizione non è ancora aperta. A unirli c’è soprattutto il veto nei confronti di una possibile alleanza con il M5S, anche solo nella prossima legislatura, che invece non appare più come un tabù, per Zingaretti, come filtra, ormai, dal Nazareno.

Per il momento, Renzi si limita a tenere d’occhio Calenda, cui riconosce una grande abilità comunicativa. Se sarà lui il primo a tentare una fuga in avanti verso la nascita di un altro partito, poco importa, ma se le cose dentro il Pd dovessero precipitare, sarà meglio tenerselo buono. Renzi è rimasto molto colpito, da questo punto di vista, da un sondaggio fatto dal Foglio che parla, addirittura, di un 10% come possibile risultato di gradimento, tra gli elettori, fatto dalla ‘premiata coppia’ Renzi&Calenda (ipotesi smentita, soprattutto dal secondo, ma suggestione interessante).

D’altra parte, Calenda non gode (o, almeno, non ancora) di una struttura organizzativa solida. I comitati di “Siamo Europei” registrati sul sito sono meno di cento, concentrati soprattutto nel Nord-Est e praticamente assenti al Sud, ha fatto di conto, sempre ieri, Rudy Francesco Calvo.

I comitati civici di Renzi e il possibile asse con i cattolici

 

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Il logo dei “Comitati di Azione civile – Ritorno al Futuro”

 

Quelli renziani, i comitati “Ritorno al futuro”, invece, sono già più di 800 e ben distribuiti in tutta la Penisola. Messi in piedi da Ivan Scalfarotto e Sandro Gozi, ma ora presi in mano dalle sapienti redini di Ettore Rosato, dei comitati “Azione civile – Ritorno al Futuro” fanno parte molti elettori dem, ovviamente, ma anche persone orientate a scegliere +Europa o in rapida uscita da Forza Italia e non soddisfatti dall’assenza di una offerta politica, sul mercato elettorale, di una forza politica centrista e moderata, magari anche collegata al Vaticano e alla Cei, sempre più insofferenti e a disagio verso Salvini e la Lega.  

 

Vaticano e la Cei, sempre più insofferenti, verso Salvini e la Lega

Vaticano e la Cei, sempre più insofferenti, verso Salvini e la Lega

 

Da quest’altro punto di vista si stanno muovendo, e già da tempo, molti ‘fermenti culturali’ nell’area dei cattolici – moderati e ‘non’ progressisti – che hanno intenzione di riprendere in mano le antiche bandiere del cattolicesimo sturziano e degasperiano impegnato in politica. Quello, per capirsi, che diede vita al PPI prima e alla storica Dc poi. Sono molti i gruppi che si stanno dando da fare.

 

MoviMovimento Cristiano Lavoratori

Logo Movimento Cristiano Lavoratori

 

C’è l’Mcl, che ha scelto di impegnarsi al fianco di Forza Italia, in queste elezioni europee, ci sono le Acli (tradizionalmente vicine al Pd e al centrosinistra), c’è Azione cattolica, la Fuci, Cl (da sempre in ottimi rapporti con Renzi), ma anche movimenti nuovi. Come quello di ‘Agire politicamente’, che fa capo ai professori dell’Università Cattolica di Milano, Stefano Zamagni (economista) e Lorenzo Ornaghi (politologo), ma anche quello della ‘Rete bianca’. Tutti più o meno ‘ispirati’ dai vescovi e, in particolare, dalla nuova spinta a ‘tornare a pensare in grande’ che chiede loro il presidente della Cei, monsignor Gualtiero Bassetti

 

Il caso Moro

Il caso Moro

 

Una ‘rete’ che due ex deputati dem, i cattolici Lucio D’Ubaldo Beppe Fioroni, stanno portando in giro per l’Italia da mesi con la ‘scusa’ di parlare del ‘caso Moro’ o dell’eredità di don Luigi Sturzo.

Movimenti che, appunto, potrebbero collegarsi a Renzi e ai suoi ‘comitati civici’ in una specie di ‘Margherita 2.0’ che potrebbe avvalersi anche della probabile diaspora che subirà, dopo il voto, Forza Italia, sempre come fuoriuscite azzurre sul lato cattolico-moderato.

 

Anche i renziani ancora dentro il Pd fanno le loro mosse

 

Una forza imponente, quindi, quella dei comitati e dei movimenti cattolici che vogliono tornare a impegnarsi – e a contare – in politica che potrebbe essere mobilitata al momento opportuno. In caso di elezioni politiche, ovvio. Nel frattempo, a giugno, i comitati civici renziani animeranno un evento nazionale sulle fake news, la prima data da segnare in agenda per capire le mosse di Renzi.

 

La corrente Lotti-Guerini, si chiama Base Riformista

La corrente Lotti-Guerini, si chiama Base Riformista

 

Seguirà, dal 5 al 7 luglio, l’assemblea nazionale di “Base riformista”, la componente guidata da Luca Lotti e Lorenzo Guerini, che si è sganciata, in via definitiva, dall’area Martina, che pure aveva appoggiato alle primarie, e che si riunirà a Montecatini Terme, facendo sentire la sua voce di maggioranza relativa dentro i gruppi parlamentari di Camera e Senato. All’incontro ci sarà, come invitato, anche Zingaretti, ma soprattutto ci sarà lui, ‘Matteo’.

 

Le idee sul futuro di Renzi e i renziani

Le idee sul futuro di Renzi e i renziani

 

Infine, dal 18 al 20 ottobre, ecco che arriva il tradizionale appuntamento con la Leopolda. Per allora, le idee sul futuro di Renzi e renziani saranno sicuramente più chiare. A seconda che si voti o meno. 

 


 

NB: Questo articolo è stato scritto in forma originale per questo sito il 23 maggio 2019