Alleanze: Il Pd ‘tenta’ i 5Stelle: “fermiamo Salvini nelle regioni”

Alleanze: Il Pd ‘tenta’ i 5Stelle: “fermiamo Salvini nelle regioni”

30 Agosto 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

Governi giallorossi anche nelle Regioni?
Il Pd propone ai 5Stelle alleanze dappertutto,
a partire dalle ‘regioni rosse’

appetito mangiando

Ora dobbiamo accordarci anche per le Regionali e pensare a come fermare Salvini anche sui territori” è il messaggio recapitato, in questi giorni di crisi di governo, dal Pd ai 5Stelle. L’appetito vien mangiando e, soprattutto,  nel Pd ‘ci tengono’ al governo del territorio e degli enti locali (anche perché, dopo la sconfitta alle politiche del 2018, in pratica solo quello era rimasto, in mano ai dem) e così, neppure è ancora nato, il governo giallorosso, che al Nazareno già si pensa – e si parla – di alleanze con i 5Stelle nelle regioni presto al voto. Soprattutto nelle cosiddette regioni ‘rosse’.

 

Il Pd ‘tenta’ i 5Stelle: “fermiamo Salvini nelle regioni”

 

fermare salvini

“Fermiamo Salvini nelle regioni”

 

Le trattative sono già iniziate, regione per regione, e gli ‘ami’, da parte del Pd, già lanciati, verso i 5Stelle. I quali, però, fanno orecchie da mercante, per ora, e attendono che il governo giallorosso nasca, si consolidi, sviluppi la sua forza e durata, per poi, casomai, aprire eventuali ‘tavoli’, regione per regione, e discutere di alleanze. Il che vorrebbe dire, peraltro, far cadere l’ultimo tabù del Movimento, quello che prevede di ‘andare da soli’ sempre e comunque, anche a costo di perderle sempre e ovunque, le elezioni amministrative.

piattaforma_Rousseau_M5S

La Home Page della Piattaforma Rousseau dell’M5S

Tabù, in realtà, però, già di fatto caduto: sulla piattaforma Rousseau si è già votato, a luglio scorso, e (molto pochi) iscritti hanno già dato il loro ‘sì’ alla “sperimentazione di alleanze con liste civiche, in alcuni casi, su proposta del capo politico” (cioè Luigi Di Maio, ndr.).

Ignazio Corrao

Ignazio Corrao

 

Non si fa cenno ai ‘partiti’, dunque, ma una finestra di possibilità è stata aperta, sulle alleanze.
Ignazio Corrao, oggi capogruppo uscente degli europarlamentari pentastellati e, ieri, tra i referenti pentastellati per gli enti locali, sembra, però, chiudere ogni possibile spiraglio: “Non penso che alleanze di questo tipo tra noi e il Pd si possano fare, sui territori ci combattiamo da anni” spiegava, l’altro giorno, al Fatto Quotidiano, ma poi sospirava: “Certo, se il Pd facesse liste elettorali con persone perbene sarei contento, da cittadino…”. Una sorta di ‘desistenza’, almeno, rispetto ad alcune liste o candidati in alcuni regioni diventa quindi ipotizzabile, se non direttamente fattibile.

 

Zingaretti apre ufficialmente il cantiere delle ‘alleanze’ con l’M5S

 

Zingaretti apre ufficialmente in cantiere delle ‘alleanze’

Zingaretti apre ufficialmente in cantiere delle ‘alleanze’

 

Dentro casa dem, invece, si cerca di fare di necessità virtù e si ragiona sulla base della realpolitik. Quella che insegna, da sempre, che “il nemico del mio nemico è un mio amico”. Non a caso, Zingaretti – che governa la regione Lazio con la ‘stampella’ di un paio di consiglieri eletti con la destra e che gode della sostanziale ‘astensione attiva’ dei 5Stelle, capeggiati da Roberta Lombardi, una delle esponenti più convinte nell’aprire i giochi, a livello nazionale, per il governo giallorosso. 

E, guarda caso, proprio dai pentastellati laziali che guidano la (finta) opposizione al governo regionale di Zingaretti arriva più di un segnale di appeasement: l’ipotesi che i grillini entrino, addirittura, in giunta, a questo punto non si può escludere. 

Roberta Lombardi

Roberta Lombardi

Del resto, la giunta regionale, se l’opposizione non fosse così debole e comprensiva, cadrebbe perché, appunto, si regge su pochi voti di scarto.

In ogni caso, Zingaretti, tornando al quadro nazionale, ha preso subito la palla al balzo e, durante il discorso alla Direzione dem, riunita alla Camera, l’altro ieri, ha fatto un passaggio poco ripreso e sottolineato dai media, ma molto importante, proprio rispetto alle prossime elezioni regionali: “Davanti a noi abbiamo elezioni difficili in regioni diverse e dobbiamo fare ogni sforzo per costruire in ciascuna di queste realtà l’offerta politica e programmatica più credibile anche, naturalmente, sul versante delle alleanze che il nuovo quadro politico potrà favorire, ma che comunque andranno costruite e verificate sempre sul primato di valori e programmi condivisi”.

franceschini

Dario Franceschini

 

Un lungo giro di parole per dire quello che Dario Franceschini, un mese fa, ha detto, papale papale, in un’intervista al Corsera, ben prima persino di Matteo Renzi: “Bisogna fermare Salvini. Ergo, bisogna allearsi con l’M5S al prezzo di farci un governo insieme. Ergo, bisogna cercare di estendere questa nuova alleanza anche alle Regionali”.

 

La lunga serie di sconfitte subite dai dem alle Regionali

 

birilli caduti

Come birilli sono cadute, le regione del Pd

 

Inoltre, il Pd – ormai a guida Zingaretti – viene da una lunga serie di sconfitte alle regionali patite a cavallo tra il 2018 e il 2019. Come birilli sono cadute, una dietro l’altra, prima il Friuli Venezia-Giulia e il Molise, poi l’Abruzzo, dopo ancora la Sardegna e, infine, la Basilicata, ma anche il Trentino Alto-Adige (o, meglio, le due regioni autonome di Trento e Bolzano) e, prima ancora, la Sicilia.

In contemporanea alle Politiche del 4 marzo 2018 solo il Lazio, dove si era ricandidato l’attuale segretario, Nicola Zingaretti, aveva retto l’urto delle destre. Infatti, in ognuna delle regioni citate sopra, si è sempre verificata, nelle urne, la vittoria del centrodestra in formazione ‘tipica’ (Lega+FI+FdI+Udc+liste locali+movimenti autonomisti), non certo la vittoria dei candidati dell’M5S, terzi ovunque, vittoria del centrodestra contro candidati – uscenti o nuovi che fossero – del Pd.

Nicola_Zingaretti_Pd_Lazio

Il presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti (Pd)

 

E così, una dopo l’altra, il centrodestra ha conquistato il Molise, il 22 aprile 2018, con Donato Toma (FI), il Friuli Venezia-Giulia, il 29 aprile 2018, con Massimiliano Fedriga (Lega), la Provincia autonoma di Trento con Maurizio Fugatti (Lega), il 21 ottobre. Mentre, nel 2019, il controtesta si è imposto in Abruzzo, il 10 febbraio, con Marco Marsilio (FdI), in Sardegna, il 24 febbraio, con Christian Solinas (Pd’Az), in Basilicata, il 24 marzo, con Vito Bardi (FI) e, infine, in Piemonte, il 26 maggio, con Aberto Cirio (FI).

Se si pensa, poi, che il centrodestra governa già, da anni, la Lombardia (con Attilio Fontana, Lega), il Veneto (con Luca Zaia, Lega) e la Liguria (con Giovanni Toti, FI, da poco uscito dal suo ex partito e molto vicino alla Lega) e che la Sicilia è governata, dal 2017, da Nello Musumeci, leader di un movimento locale (Sicilia bellissima), vicino sia alla Lega come a Forza Italia, si vede come il Nord è diventato un ‘lago’ verde-azzurro, Sud e Isole sono più in mano al centrodestra che al centrosinistra e il Centro Italia un mare ‘verde’ potrebbe, incredibilmente, diventarlo.

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Elezioni regionali

 

Nel Pd – quando si pensava ancora che il governo gialloverde sarebbe, sia pur tra vari scossoni, andato avanti – ci si preparava ad affrontare una sfida improba. Con la Lega che andava a gonfie vele nei sondaggi e nei voti reali (le elezioni europee) e nonostante il calo drastico dell’M5S, il Pd e il centrosinistra apparivano in affanno praticamente ovunque, a partire dalle ‘regioni rosse’.

 

Fino a ieri lo scenario, per il Nazareno, era da incubo…

Roma palazzo del bufalo 03 largo del nazareno

Largo del Nazareno, ove ha sede il PD

 

Uno scenario da incubo, fino a ieri, per il Nazareno, che rischiava non solo di vedersi sfilare il ‘triangolo rosso’ (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria) ma anche quel po’ di potere locale che, ancora, gli rimaneva in mano. E c’era già chi, nel partito, affilava i coltelli: “Se Zingaretti perde le prossime regionali e, soprattutto, l’Emilia, non ha scampo: si deve dimettere e noi ci riprendiamo il partito…”.

Parole che, ovviamente, venivano da bocche renziane, le quali non vedevano l’ora, presupponendo che il governo giallorosso non sarebbe caduto, di vendere cara la pelle: o di andarsene dal Pd in una assai probabile scissione oprovare a disarcionare il segretario imputandogli una serie di sconfitte, alle amministrative, in terre e regioni dove la sinistra storica governa, ininterrottamente, da 70 anni.

Matteo Renzi

Matteo Renzi

Infatti, tra fine anno e metà dell’anno prossimo (molto probabilmente ai primi di giugno del 2020), vanno al voto una serie di importanti regioni italiane: si rinnovano i governatori e i consigli regionali in Emilia-Romagna, Umbria, Calabria, Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia. Le prime tre entro fine anno (ma, molto probabilmente, in Emilia si voterà a gennaio del 2020), l’Umbria il 27 ottobre e la Calabria in una data ad oggi ancora incerta ma entro il novembre 2019.

 

In Umbria il tempo è poco, ma il Pd ci prova lo stesso

Catiuscia_Marini_Umbria_Regionali

La ormai ex presidente dell’Umbria, Catiuscia Marini, festeggia la sua vittoria alle Regionali del 2009

 

Come si diceva, la prima regione in ordine temporale che andrà al voto è l’Umbria, il 27 ottobre. La ex governatrice, Catiuscia Marini (area Giovani Turchi) si è dimessa, dopo averci pensato e ripensato varie volte (decisamente troppe), a causa di uno scandalo della Sanità che ha travolto il Pd locale (arrestati e ora ai domiciliari segretario regionale e un assessore), il quale è stato commissariato dal Nazareno nella persona di Valter Verini, veltroniano e, a sua volta, umbro.

walter verini

Valter Verini

 

E proprio Verini – che ha iniziato un ‘giro dell’Umbria’ città per città, paese per paese, nel disperato tentativo di recupare una situazione che sembrava, ormai, compromessa – ha mandato, in questi giorni, il suo primo segnale di fumo: “Il dialogo con l’M5S, a prescindere da quello che succede a Roma, è aperto”. Poi, da fine dicitore, prova a metterla ‘in bella copia’: “in Umbria non stiamo parlando di una trattativa tra partiti, ma dell’incontro su un progetto civico e sociale (il suo, ndr.) già avviato”. Dai 5Stelle, per ora, mancano risposte ufficiali, ma il caso Umbria – come quello della Calabria – crea seri imbarazzi: “Come facciamo ad allearci con il Pd in Umbria e Calabria con i guai giudiziari che ha avuto in quelle regioni?” è la domanda, per ora priva di risposta, di molti nel M5S.  

Donatella_Tesei_Salvini

Donatella Tesei in compagnia di Matteo Salvini

 

In ogni caso, il Pd il candidato alle regionali non lo ha ancora ufficializzato, anche perché non ce l’ha, ma – in nome del fantomatico ‘civismo’  – potrebbe concordarlo con i 5Stelle puntando su un nome terzo della famosa ‘società civile’ per battere il centrodestra che ha candidato una donna leghista, Donatella Tesei, bella presenza e assai sveglia, sindaco di Montefalco, per il centrodestra. 

 

In Calabria non si farà nulla, ma tanto la regione è data per persa

Calabria

In calabria non si farà NULLA

 

Anche in Calabria si dovrebbe votare il 27 ottobre (ma non è detto che non si produca uno slittamento a novembre), ma qui la situazione è molto più complessa e assai delicata. Il governatore uscente, Mario Oliverio, sognava di ricandidarsi a dispetto dei santi: travolto da vari scandali e da ben due inchieste, ancora tarda a dimettersi dalla carica e da mesi punta i piedi senza voler sentire ragioni, anche se è pure finito agli arresti domiciliari (l’accusa è di peculato).

stefano graziano

Stefano Graziano

 

E anche in Calabria è arrivato un commissario per ‘rinnovare’ il partito: è il dem campano Stefano Graziano che, con la sua aria paciosa, si è però mostrato inflessibile: “serve un forte rinnovamento”, dice, mentre su possibili alleanze con i 5Stelle Graziano spiega, in un’intervista al Quotidiano del Sud, che “è presto per dire se sono possibili. Attendiamo gli sviluppi della crisi di governo“.

Insomma, anche in Calabria il Pd è – ancora oggi – senza un candidato ufficiale e il centrodestra – peraltro diviso tra chi punta su Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza e azzurro, oltre che, a sua volta, finito in guai giudiziari, e chi su Wanda Ferro, parlamentare di Fratelli d’Italia – è in pole position per fare man bassa e vincere le regionali. E se neppure l’alleanza con i 5Stelle potrebbe bastare per vincere (al Nazareno danno la Calabria, ormai, per persa), i pentastellati calabri sono i primi a non credere alla ‘resipiscienza’ del Pd e a una possibile alleanza giallorossa per la regione.

Laura Ferrara

Laura Ferrara

 

La eurodeputata pentastellata calabrese Laura Ferrara spiega che, a livello locale, “è tutto un qualcosa che rimane nel dibattito tutto interno al Pd, considerato il fatto che l’eventualità di una alleanza non è stata mai nemmeno presa in considerazione nella proposta di riorganizzazione del Movimento 5 Stelle”. Morale, non se ne farà nulla e la Calabria andrà di sicuro al centrodestra.

 

In Emilia-Romagna intesa a buon punto, lo sponsor è Bonaccini

Borgonzoni e Salvini

Borgonzoni e Salvini

 

Molto più avanti, nelle trattative, invece, è l’Emilia-Romagna, complice il nuovo scenario politico e le difficoltà crescenti della Lega. Salvini ha candidato da mesi una delle sue pupille, la sottosegretaria uscente alla Cultura, Lucia Borgonzoni, ma mentre FdI è d’accordo, Forza Italia prima ha fatto buon viso a cattivo gioco, poi ha tirato fuori gli attributi e, ora, i berluscones avanzano la candidatura della capigruppo azzurro al Senato, la bolognese Annamaria Bernini.

Annamaria_Bernini_FI

La capogruppo di FI al Senato, Anna Maria Bernini

E così, proprio perché, come si sa, l’Emilia è il ‘cuore rosso’ della filiera del Pci-Pds-Ds-Pd e perderla sarebbe uno smacco gigantesco ed enorme, Zingaretti ha fatto muovere i suoi.

rossi e bonaccini

Andrea Rossi al fianco di Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, di cui Rossi è oggi il sottosegretario (Pd)

 

ll governatore della regione Stefano Bonaccini (prima bersaniano, poi renziano, poi zingarettiano, oggi boh…), prima annuncia, in premessa, di non credere ad “accordi a tavolino né a desistenze”, poi manda un chiaro segnale di apertura e disponibilità ai pentastellati: “Tra voi e noi ci sono molte meno differenze che tra voi e la Lega” fa sapere ai suoi interlocutori regionali dei 5Stelle. Poi, in un’intervista al quotidiano La Stampa dell’altro giorno, rincara la dose: “L’M5S deciderà cosa fare, ma l’avversario è la Lega. Chi vorrà dare una mano, previo accordo sui programmi, è il benvenuto“.

Silvia Piccinini

Silvia Piccinini

 

Ma la prospettiva solleva subito molti ‘no’ e molte riserve tra gli eletti M5S. In casa grillina sono tanti i ‘no’ che arrivano, almeno per ora. Per la consigliere regionale pentastellata in Emilia Romagna Silvia Piccinininon ci sono le condizioni per alcun tipo di accordo a livello regionale, a maggior ragione se questo dovesse essere fondato dalla paura che il Pd ha di perdere la Regione”.

Michele DellOrco

Michele Dell’Orco

 

Sulla stessa linea Michele Dell’Orco, sottosegretario uscente del Movimento 5 Stelle, per il quale in Emilia Romagnanon c’è alcun accordo di desistenza”. Anche il capogruppo in consiglio regionale, Michele Dall’Orco, è tranchant: “Un accordo nazionale non vuol dire per forza un accordo locale. E’ vero che ci sono alcuni punti di convergenza su alcune proposte, ma Bonaccini in questi anni si è comportato come un piccolo re, totalmente incentrato a costruire la sua figura”. Ma si tratta dei primi posizionamenti, da parte dei 5Stelle e di tempo, a volerci lavorare, ancora ce n’è, stante che Bonaccini pone, come conditio sine qua non, la sua personale ricandidatura a governatore. 

Infine, una nota stonata è rappresentata dall’accordo, in vista delle elezioni, che il Pd ha stipulato con il movimento di “Italia in comune”, e il suo leader, il sindaco di Parma, ex pentastellato delle origini, Federico Pizzarotti.

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Federico Pizzarotti, sindaco di Parma e fondatore del movimento ‘Italia in Comune’

 

Uno che il Movimento, per una volta tutto unito, non vuole vederlo neppure dipinto perché da anni porta dati, accuse e contraccuse sul come l’M5S è nato e si è evoluto. Insomma, se c’è Pizzarotti non ci può essere l’M5S. Eppure, il dialogo corre sul filo e non è detto che, posticipando il voto di qualche mese, cioè a gennaio del 2020, come è molto probabile, non si riesca – anche in Emilia-Romagna – a far ‘ragionare’ i 5Stelle e stipulare un accordo di ‘buon governo’.

 

Le altre regioni dove si vota, ma nel 2020: Toscana, Liguria, etc. 

giornata di scontri

Una giornata di scontri accuse, controaccuse, e sterzate

E così, mentre l’asse Pd-M5S sta cercando di mettere in piedi un governo, mettere in piedi anche alleanze locali per le regionali potrebbe essere una via di fuga e un successo indubitabile per Zingaretti, che così si rafforzerebbe, e sarebbe anche una piccola rivincita sui suoi soliti nemici interni che non vedono/vedevano l’ora di delegittimarlo

Toti brancaccio

Toti al Teatro Brancaccio per la convention del Presidente di Regione Liguria

 

In Liguria si vota nel 2020, Toti appare saldo, al governo, anche se ha da poco rotto con Berlusconi e fondato un suo nuovo movimento, “Cambiamo l’Italia!”, e dovrebbe rivincerle facilmente, le elezioni, ma non si può mai dire. Il Pd è privo di guida, diviso tra zingarettiani e renziani, e i pentastellati liguri sono ben più tonici. Proprio da loro arriva l’apertura di credito: “Se il dialogo con altre forze politiche – dice la capogruppo M5S in Consiglio regionale, Alice Salvatoreè apertura sui temi e convergenza sugli obiettivi si può fare, se è pura alleanza elettorale non è cosa seria”.

Alice Salvatore

Alice Salvatore

 

Dette da un fedelissima di Beppe Grillo, sono parole che pesano. Ma qui il problema, tanto per cambiare è il Pd: non ha un candidato da offrire e, soprattutto, non ha più grandi numeri con sé.

Simona_Bonafé_Pd

La europarlamentare renziana Simona Bonafé (Pd)

 

Anche in Toscana si vota nel 2020: il candidato del Pd sarà Lorenzo Giani, presidente del consiglio regionale, dopo che l’eurodeputata Simona Bonafé, renziana – popolarissima in regione (una messe di preferenze di voti alle primarie dem come pure alle due tornate elettorali che si sono susseguite) – ha rinunciato alla corsa per svolgere al meglio i suoi impegni e il mandato di europarlamentare. 

In teoria, nel Pd si faranno le primarie, ma il Pd toscano, il cui segretario è proprio la Bonafede, potrebbe anche soprassedere. Da giorni, non a caso, circolano i nomi di Nicola Danti (renziano) e di Stefania Saccardi, assessore alla Sanità nella giunta ormai quasi uscente, quella retta da Enrico Rossi (LeU) come possibili sottosegretari. Se così fosse, si spalancherebbero le porte affinché Giani, rimasto candidato unico, corra alle Regionali senza ricorrere alle primarie.

salvini ceccardi

Salvini con la Ceccardi

ll centrodestra oppone un pezzo da novanta come la sindaca di Cecina Susanna Ceccardi (Lega), ma se con un candidato ‘padano’ Salvini voleva far saltare il banco e battere tutti sui tempi, ora ‘tutto è cambiato’. Insomma, il governo può estendere le sue ‘sante alleanze’ anche in periferia che poi tanto periferia non è: anche perdere la Toscana, per il Pd, sarebbe un disastro infelice e gravido di conseguenze. Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ci mette del suo e apre in chiaro ai 5Stelle.

Giacomo Giannarelli

Giacomo Giannarelli

Ma il capogruppo pentastellato in Regione Toscana, Giacomo Giannarelli, risponde subito che “il Movimento 5 Stelle non farà alleanze con nessun partito”. Insomma, per ora non se ne fa nulla, ma un domani chissà, chi può dirlo. Vale per le regionali di fine anno come per quelle future del 2020. 

 


 

NB: Questo articolo è stato scritto in forma originale per questo blog il 30 agosto 2019