Quelle facce un po’ così. “Abbiamo un governo!” gioiscono i dem. I dubbi degli M5S

Quelle facce un po’ così. “Abbiamo un governo!” gioiscono i dem. I dubbi degli M5S

28 Agosto 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

“Abbiamo un governo!”. La felicità dei parlamentari dem e i tormenti di quelli pentastellati. Resta il nodo vicepremier

 

Aldo Moro Berlinguer

Aldo Moro e Berlinguer

 

Da cosa si capisce se un nuovo governo – nella fattispecie quello giallorosso tra Pd e M5S con Conte premier – sta per nascere? Dalle facce. Prendiamo, per dire – nell’assenza dei pentastellati, oggi uccel di bosco, alla Camera dei Deputati – quelle dei parlamentari democrat reduci dalla Direzione dem – riunita, in via del tutto straordinaria, visto che di solito si tiene al Nazareno – nell’auletta dei gruppi di Montecitorio: si chiama, la sala, Aldo Moro, teorico della strategia del compromesso storico al pari di Enrico Berlinguer (quando si dice le coincidenze).

 

“Il governo c’’è”. Le facce dei deputati dem dicono tutto

Matteo Richetti

Matteo Richetti

 

I dem, finita la riunione con il segretario Zingaretti – Direzione nella quale il Pd ha votato all’unanimità, con un solo contrario (Matteo Richetti), di dargli il mandato per trattare, con Conte e Di Maio, la nascita del governo – sciamano verso la buvette per un caffè, un succo d’arancia.

 

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Giuseppe Conte e il vicepremier Luigi Di Maio

 

Sono facce sorridenti, distese, serene, allegre. Ci sono la Malpezzi e la Biti (senatrici), la Rotta e la Morani, la Paita e altre deputate, più qualche maschietto: Scalfarotto, De Luca, Miceli, Borghi, MarattinFiano, che per sfotterlo, dato che impazza nel toto-ministri, chiamano “signor Ministro”.

 

simona bonafé

Simona Bonafè

 

Sono tutti, o quasi, renziani e renziane, quindi ovviamente quelli che più tifano e credono nell’accordo con i 5Stelle, ma sono anche molto informati sulle mosse di Zingaretti. Passa, e si ferma su un divanetto a confabulare prima con l’eurodeputata (renziana) Simona Bonafé (in abito rosso, splendida) e poi con il capodelegazione dem a Bruxelles, Roberto Gualtieri (in pole per un posto di commissario Ue), Andrea Orlando, che del Pd è il vicesegretario e del futuro governo potrebbe fare il vicepremier, forse unico, ma salgono molto le quotazioni di Dario Franceschini.

 

Gualtieri Roberto

Roberto Gualtieri

 

Si incupisce, Orlando, perché un’agenzia batte, sbagliando, una sua dichiarazione in cui avrebbe aperto alla possibilità che, nel nuovo governo, ‘non’ vi siano vicepremier, né Pd né M5S, e la fa correggere.

 

Orlando andrea

Orlando Andrea

 

Poi riprende le sue fitte conversazioni con la Bonafé e con Gualtieri. Infine, arriva il capogruppo, Graziano Delrio, che suona la campanella: si va tutti a pranzo, cari saluti a tutti.

 

Direzione, standing ovation per il segretario Zingaretti

standing ovation per il segretario Zingaretti

Standing ovation per il segretario Zingaretti

 

Durante la Direzione del Pd, cominciata alle 10, parte una standing ovation al termine del discorso del segretario dem che ai parlamentari ha chiesto “un mandato chiaro per dare al capo dello Stato la nostra disponibilità a verificare con il presidente incaricato la possibilità di dare vita ad un governo per il Paese”. “Oggi – spiega Zingaretti nella sua relazione – dopo la stagione consumata con la crisi voluta dalla Lega, Giuseppe Conte sarà il candidato presidente indicato dai 5 Stelle per la guida di un governo fondato su un impianto e un programma diversi. Noi riconosciamo in questa scelta l’autonoma decisione del partito di maggioranza relativa in questa legislatura. Con questa volontà il M5S, ed è legittimo, rivendica la presidenza del governo. Ha rifiutato altre ipotesi. E in questa scelta è inciso il superamento di un modello sul quale si fondava il vecchio Governo”.

 

conte zingaretti

Conte e Zingaretti

Traduzione: io ho dovuto cedere su Conte, ma ora si apre una stagione nuova e il Pd ne è e ne sarà protagonista.

renzi proposta indecente

Matteo Renzi

Il percorso avviato in questi giorni – sottolinea Zingaretti – era e rimane difficile. Non è una passeggiata. È una sfida. Se siamo in grado di portare fino in fondo questo percorso è perché abbiamo portato avanti due elementi: spirito unitario e schiena dritta”. I renziani sorridono, anzi gongolano: “Senza la paraculata di Matteo (Renzi, ndr.) che ha scombinato i giochi a Salvini come a Zingaretti, adesso eravamo in campagna elettorale e le elezioni le avremmo perse, le avrebbe vinte la destra e si sarebbe eletta pure il futuro presidente della Repubblica. Renzi ci ha salvato”. Insomma, non è giorno per parlare di scissione, per i renziani, ma di come e quanto ‘Matteo’ è stato ‘fichissimo’. Per regolare i conti dentro e fuori il Pd ci sarà molto tempo, in futuro, per i renziani.

 

graziano delrio

Graziano Delrio

 

La Direzione ha dato un mandato in pratica all’unanimità al segretario – sintetizza Graziano Delrio, visibilmente provato dalle trattative – stasera ci sarà il nome del premier incaricato, poi c’è tanto lavoro da fare. La strada è ancora lunga”, aggiunge, consapevole dei rischi immediati, a partire dalla scrittura e dal varo della manovra economica. “Dalla direzione una straordinaria prova di unità” commenta il presidente Pd ed ex premier Paolo Gentiloni, tra i più critici della nuova alleanza nascente. 

 

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L’ex premier, Paolo Gentiloni

 

Calenda e Richetti, i ‘pierini’ della situazione, sono isolati

Calenda Richetti

Calenda e Richetti

 

Pochissime le voci contro l’accordo di governo.Tra queste quelle di Matteo Richetti, unico voto contrario, il suo, in Direzione, e di Carlo Calenda, europarlamentare dem. “È una discussione a cui non riesco più a dare un senso – dice Richetti – abbiamo fatto un documento che diceva no ai 5 Stelle e adesso facciamo un accordo con i 5 Stelle. Abbiamo parlato di discontinuità con il governo Conte e oggi accettiamo Conte premier. Ma come si fa a chiedere a Conte di disfare ciò che ha appena fatto?”. Calenda annuncia anche che “Dopo l’accordo Pd-M5S sono pronto a fondare un nuovo partito”e chiede le elezioni anticipate. Subito dopo,l’Huffington Post pubblica la lettera con cui Calenda annuncia di lasciare la direzione Pd in dissenso con le decisioni prese: “Lascio una dirigenza di cui non mi sento parte. E’ un governo nato dal trasformismo, nulla abbiamo in comune con Grillo, Casaleggio e Di Maio. Ora accettiamo anche una piattaforma digitale privata che abbiamo sempre giustamente considerato eversiva e antidemocratica”.

Grillo, Casaleggio e Di Maio

Grillo, Casaleggio e Di Maio

 

Insomma, Calenda – che nel Pd era appena – se ne andrà, forse si metterà a capeggiare un raggruppamento liberal-democratico con +Europa (Bonino) e pezzi sparsi di liberali, ma poca roba.

 

emma bonino

Emma Bonino

 

Nella sinistra-sinistra restano fuori, dati i sì convinti di Leu, Mdp e SI (il capogruppo di Leu della Camera, Federico Fornaro, conferma al Colle “la disponibilità a verificare le condizioni per dare vita a un nuovo governo di svolta”), Stefano Fassina, che ha fondato Patria e Costituzione, e – ma fuori dal Parlamento – il PC di Marco Rizzo. Robetta.

 

Resta aperto il nodo vicepremier, ma lo risolverà Conte

Dario Franceschini 1

Dario Franceschini

 

Certo, resta ancora aperto il ‘nodo’ dei vicepremier. Uno solo del Pd (e a chi? Orlando o Franceschini?) o due, cioè un dem e un 5Stelle (ma qui il solo candidato è Di Maio)?

 

Di_Maio_Luigi

Luigi Di Maio ha perso tutto…

 

L’oggetto del contendere, dopo il via libera dem a Conte, ha arenato le discussioni e la trattativa da due giorni, ormai. La posizione del Pd è chiara e si evince dalle parole del segretario: “Conte è il premier, ma lo schema a due vice non c’è più”. Vuol dire, in buona sostanza, che il vecchio modello che prevedeva una figura condivisa e due vice espressione dei due partiti della coalizione non c’è più, per il Pd. “Non c’è un problema Di Maio – spiega il dem Andrea Orlando – ma c’è un problema di struttura di governo. Se c’è un premier del M5S è giusto che ci sia un vicepremier unico del Pd. Serve a fare comprendere che stiamo entrando in una fase effettivamente nuova”.

 

conte giuseppe

Giuseppe Conte

 

Di Maio prova a resistere (“Si pensi a soluzioni, non a colpire me”) e i capogruppo pentastellati di Camera e Senato pure (“I veti su Di Maio sono veti su di noi”), ma senza grande convinzione. Ora la matassa dovrà sbrogliarla Conte, una volta che diventerà, anche ufficialmente, cioè entro stasera, il premier incaricato da Mattarella per formare il nuovo governo, ma la soluzione è a un passo. Dovrebbe finire, appunto, con un vicepremier unico del Pd e tanti cari saluti al povero Di Maio, declassato a ministro e neppure a un dicastero di prima fascia, da due dii peso che ne aveva.

 

Il governo, però, si farà. Stasera l’incarico di Mattarella

mattarella

Stasera l’incarico di Mattarella

Ma che il governo si faccia è ormai sicuro. “Più sì che no – chiarisce ancora Orlando – ma resta un problema serio. Non possiamo andare in un governo in cui sia il premier che il vicepremier sono dello stesso partito”. Contro la destra serve un governo nuovo, di svolta, la nostra non è una staffetta”, precisa il segretario dem, Nicola Zingaretti, serve una soluzione condivisa e discontinuità, troveremo nel presidente della Repubblica il giusto equilibrio per affrontare una difficile crisi”. 

Conte Mattarella 1

Mattarella darà incarico a Conte

 

Zingaretti: “Non possiamo non tentare”, ma “discontinuità”

Amiamo l’Italia e crediamo che valga la pena tentare questa esperienza. In tempi complicati come quelli di oggi sottrarsi alla responsabilità del coraggio di tentare è l’unica cosa che non possiamo e non vogliamo permetterci. Intendiamo mettere fine alla stagione dell’odio, del rancore e della paura”. dice il segretario del Pd Nicola Zingaretti al termine della consultazione con il presidente Mattarella al Quirinale. Abbiamo espresso al presidente della Repubblica il nostro sostegno al tentativo di dare vita a un governo con una nuova maggioranza politica. Abbiamo riferito di aver accettato la proposta del M5S di indicare il nome del presidente del Consiglio dei ministri”, afferma il segretario dem, e “Abbiamo altresì risolutamente confermato l’esigenza ora di costruire un governo di svolta e discontinuità per questo Paese”. Abbiamo definito un primo comune contributo”, spiega Zingaretti. “Deve essere chiaro che non c’è alcuna staffetta da proseguire e non c’è alcun testimone da raccogliere. Semmai, c’è una nuova sfida da cominciare”, conclude. 

Ed entro stasera, infatti, il presidente della Repubblica assumerà la sua decisione, che potrebbe essere comunicata già stasera: sarà l’incarico a un premier politico e ormai è scontato che quel nome sarà Giuseppe Conte con il mandato di far nascere un governo giallorosso tra Pd e M5S. 

Il voto su Rousseau, Mattarella e il vincolo di mandato

 

Rousseau

La piattaforma Rousseau, per il voto online

 

Ma quando le agenzie battono la notizia che, a proposito della polemica sul voto sulla piattaforma Rousseau voluta da Di Maio, il Quirinale– secondo quanto trapela – “si atterrà alle decisioni dei gruppi parlamentari”, al Colle la prendono malissimo e fanno subito rettificare la notizia.

 

sergio mattarella

Il Capo dello Stato

 

E’ evidente, infatti, che Mattarella, nel suo libero giudizio, non può farsi mettere sub judice del voto di una piattaforma on-line, Rousseau, privata e in mano a una società privata. Ne va del suo prestigio, dei suoi poteri e anche della libertà del parlamentare singolo e dei relativi gruppi parlamentari, come recita l’art. 67 della Costituzione, quello che indica “l’assenza del vincolo di mandato”. Vuol dire che deputati e senatori decidono i loro voti in Parlamento in libertà e coscienza, senza poter/dover subire vincoli da chicchessia. Magari, sul punto, quando la delegazione dei 5Stelle salirà al Colle, Mattarella terrà loro un ‘ripassino’ di diritto costituzionale e dei principi della nostra Costituzione.

 

Anche dai 5Stelle i segni di distensione non mancano

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Logo del M5S

 

Premesso che “chiunque attacca Di Maio attacca i 5Stelle perché è il nostro capo politico” e che “con i veti non possiamo andare lontano, non fanno mai bene”, il capogruppo grillino dei deputati, Francesco D’Uva e quello del Senato, Stefano Patuanelli, ribadiscono di “essere ottimisti” e di “stare lavorando bene” (con il Pd).

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Il capogruppo dell’M5S al Senato Stefano Patuanelli

 

Peraltro, anche in casa 5Stelle non mancano dubbi e perplessità, dentro i gruppi parlamentari, sulla scelta di sottoporre la decisione del Movimento di dare vita al nuovo governo all’ordalia della piattaforma Rousseau decisa e voluta da Di Maio con l’appoggio determinante di Davide Casaleggio, mentre sia Beppe Grillo che Roberto Fico chiedono, da settimane, e a gran voce, l’accordo con il Pd. 

E sempre Andrea Orlando sottolinea, per parte Pd, che “se il voto su Rousseau dovesse entrare in conflitto con la procedura prevista dalla Costituzione e incidere sulle decisioni del capo dello Stato sarebbe inaccettabile. Se è uno strumento di decisione interna è un altro discorso”.

 

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La Piattaforma Rousseau, il sistema operativo del M5S

 

Ma al netto della querelle sull’opportunità e la ‘legalità’ del voto sulla piattaforma Rousseau, la verità è che il governo giallorosso sta per nascere stasera (problemi di numeri non ne avrà, fatto il massiccio di parlamentari) e che, da stasera in poi, il ‘tema’ sarà solo quello del toto-ministri, oltre che lo scioglimento del nodo della questione dei vicepremier. Uno o due? E se uno solo e del Pd chi, Orlando o Franceschini? Si vedrà. Le facce, appunto, dicono tutto e quelle del Pd sprizzano gioia.

 


 

Il Pd, per una volta, marcia unito. In gioco c’è il governo. Stoppato Di Maio, resta il totonomi. Renzi lavora per sé…

(NB: questo articolo è stato pubblicato per il sito di notizie Tiscali.it il 28 agosto 2019)

totoministri

Il Totoministri

 

Incredibile a dirsi (e difficile a farsi) ma marcia compatto, il Pd, nelle ore decisive della trattativa con l’M5S. Quando la possibilità di far nascere il nuovo governo giallorosso sembra appesa a un filo, i dem si riscoprono uniti, almeno su un punto: concedere il Viminale a Di Maio è “troppo”.

 

Il Pd si mette di traverso a Di Maio e, unito, lo ferma

zingaretti e renzi

Zingaretti e Renzi

 

Zingaretti e i suoi si mettono di traverso, ma anche Renzi. Il senatore di Scandicci sente di continuo il fedelissimo Marcucci, ma costanti sono i contatti anche con lo stato maggiore del Nazareno: parla con quegli Orlando e Franceschini con cui, fino a ieri, si detestavano a vicenda.

 

4 moschettieri

Renzi fa D’Artagnan, ovviamente, Franceschini, forse, Aramis, Orlando è Portos, Zingaretti Athos

 

Lo stop a Di Maio viene deciso da loro, tutti insieme, come se fossero i quattro moschettieri del Re (Renzi fa D’Artagnan, ovviamente, Franceschini, forse, Aramis, Orlando è Portos, Zingaretti Athos…). Ne è testimonianza il tweet di Francesco Bonifazi, senatore toscano, ex tesoriere dem, vicinissimo all’ex premier. Bonifazi lo scrive a metà mattina, quando lo stallo è totale: “Sono uno serio e responsabile. Credo al Governo Istituzionale. E mi va bene anche Conte. Ma se devo accettare Di Maio al Viminale, per me si può andare a votare subito. #CrisiDiGoverno”, cinguetta. Conte bis ok, ma non a tutti i costi è il concetto. Dopo Bonifazi, arriva Marcucci. Poi parte un vero tweet storm che prende di mira il ‘poltronaro’ Di Maio.

 

calenda

Carlo Calenda

 

Nel pomeriggio sono le tante telefonate tra Zingaretti e Conte per far ripartire la trattativa. Avere alle spalle un partito (stranamente) compatto consente al segretario di alzare la posta e stoppare Di Maio. L’unità non è monolitica (del resto, è pur sempre il Pd), ma a fare da ‘pierino’ è rimasto solo Carlo Calenda, di cui si dice che, a breve, prenderà il cappello per lanciarsi in nuove avventure (dopo essere stato eletto europarlamente con i voti del Pd):Lo spettacolo è indecoroso. C’è un dem che si ribelli ai diktat? Calarsi le braghe non si può. Ritrovate un po’ di orgoglio!”. “Almeno Calenda non entra nel toto-ministri”, ghignano alcuni parlamentari dem, tra i pochi presenti in un Transatlantico di Montecitorio deserto e con i lavori in corso.

 

Tra i tanti a premere su Zinga c’è anche il ‘partito emiliano’

 

 

Transatlantico

Il Transatlantico 

 

Intanto, nel Transatlantico, insistono, però, diversi parlamentari dem emiliani che presidiano il loro ‘territorio’, quello compreso nel fazzoletto che va tra la Camera e il Nazareno. E proprio loro, da giorni, fanno da ‘pesci pilota’, sfornando comunicati a raffica pro-governo giallorosso: prima, “non rinunciare alla sfida di un governo di svolta”; poi, “definite le condizioni di un governo di svolta, il Pd sia unito”. Parole che sanno di tautologia, se non di ovvietà, ma che sono firmate da un nutrito gruppo di parlamentari dem dell’Emilia-Romagna: Luigi Tosiani, segretario del Pd di Bologna, Virginio Merola, sindaco della città felsinea, Gianluca Benamati, Francesco Critelli, Andrea De Maria, Luca Rizzo Nervo, parlamentari del Pd bolognese di diverse aree (cuperliani, zingarettiani).

 

sergio mattarella

Sergio Mattarella, durante le consultazioni

 

In queste ore, e giorni, concitati, di crisi di governo e di trattative allo spasimo – ora partite, poi stoppate, poi sul punto di saltare, poi riprese, ora finalmente ripartite con tanto di ‘tavoli’ a due, e non più solo del Pd, ma con l’M5S – in pochi si sono accorti che, tra le tante ‘pressioni’– tutti i big del partito, Renzi il Minaccioso, la Cei, Confindustria, i sindacati, il Pse, le cancellerie europee, Mattarella, etc – che il segretario dem, Nicola Zingaretti, ha subito per chiudere l’accordo con i 5Stelle c’è stato anche il ‘partitone’ emilian-romagnolo, il solo rimasto in piedi in Italia, almeno per quanto riguarda il mondo dem.

zingaretti m5s

Zingaretti Di Maio Accordi

 

Senza dire del fatto che, tra novembre e gennaio, in regione Emilia-Romagna si vota e i dem non hanno alcuna intenzione di perdere l’ultima ‘roccaforte rossa’. Infatti, Umbria Calabria, dove pure presto si vota, sono già belle che andate, nel senso di perse. E così, il ‘partitone’ emiliano ha fatto sentire la sua voce. “Conte ha Trump, noi abbiamo i parlamentari emiliani…” alzano le spalle i dem.

 

Giuseppe Conte e Trump

Giuseppe Conte e Trump

 

Ma, come si sa, pure i renziani di ogni ordine e grado ‘vogliono’ il governo giallorosso, come pure,  ovviamente, ogni peones che si rispetti. Ieri si aggiravano, giulivi, diversi deputati del gruppo Misto per rassicurare che anche loro ci sono, alla bisogna, e per dire che “nel voto di fiducia noi, e molti altri, compresa una ventina di deputati azzurri, ci saremo tutti”.

 

La sinistra a sinistra del Pd si rianima e tifa ‘giallorosso’

Nicola Fratoianni

Nicola Fratoianni

 

Inoltre, anche nella sinistra-sinistra già si fregano le mani. Nicola Fratoianni, leader di Sinistra italiana, la mette giù ‘alta’: “Bisogna fermare Salvini e la sua folle corsa verso il voto e questo governo è l’unico modo che si ha per farlo”.

Vasco Errani, come minimo, sarà viceministro

Vasco Errani, come minimo, sarà viceministro

 

Mdp (Speranza-Bersani-D’Alema) non vuole “sprecare una occasione storica”, manco si trattasse di prendere il palazzo d’Inverno (Vasco Errani, come minimo, sarà viceministro) e Speranza già vede all’orizzonte possibili “alleanze locali” nelle regioni. Come pure le ‘vedono’ i dem emiliani e umbri. 

 

Pietro Grasso, ex presidente del Senato

Pietro Grasso, ex presidente del Senato

 

Pietro Grasso, ex presidente del Senato, coltiva le sue ambizioni personali: punta a una poltrona da ministro, forse alla Giustizia, forse chissà, ma è un senatore semplice, non ha più un partito dietro.

 

Bruno Tabacci

Bruno Tabacci

 

E anche gli alleati centristi dei vari pulviscoli con cui si è presentato, alle ultime elezioni, il centrosinistra (Insieme, Più Europa, Civica e Popolare) chiedono posti di sottogoverno di cui sono, storicamente, ghiotti, specie quelli della genia democristiana come Bruno Tabacci.

 

Il senatore Tommaso Cerno

Il senatore Tommaso Cerno

 

Insomma, non solo le correnti del Pd sognano ministeri e poltrone, ma anche il resto del variegato mondo dei nanetti del centrosinistra. Certo, c’è anche “chi dice no”. Il senatore Tommaso Cerno (invoca “discontinuità, no ai ministri di Renzi e Gentiloni”) e il solito Carlo Calenda, ormai già col piede fuori dal Pd, come abbiamo visto, ma insomma è davvero poca cosa. Il governo si farà. 

 


L’ennesima giornata di passione vissuta al Nazareno

(Pubblichiamo qui l’articolo di Daniela Preziosi per il manifesto del 28 agosto 2019)

Zingaretti conte

Zingaretti Conte

 

Ma ora urge rimettere indietro l’orologio della giornata. È la prima telefonata fra Zingaretti e Conte, a metà mattinata, a sbloccare una trattativa che si era interrotta dopo l’una e mezza di notte in maniera ancora “interlocutoria”, parola accorta che significa quasi stallo. Dopo poche ore, al sorgere del sole, improvvisamente tutto di nuovo sta per saltare per aria. Filtra una sparata a freddo di Luigi Di Maio: “Se non dicono sì a Conte è inutile vedersi, sono stanco dei giochini”. L’incontro delle 11 fra le delegazioni Pd-5stelle viene, dunque, sconvocato. 

 

salvini 2

Matteo Salvini

 

L’ex vicepremier vuole rompere, forte delle proposte di premiership che gli arrivano da Salvini, in caso di ritorno fra le braccia leghiste. Dal Nazareno la replica è dura: il Pd ha fatto cadere la pregiudiziale sul Conte bis e Zingaretti ha ingoiato il rospo, bacio compreso, ma prima di dire sì al governo vuole vederci chiaro almeno sulla manovra d’autunno: su questo fra le due forze c’è “molta distanza”. 

 

DI maio

Di Maio

 

In realtà a quell’ora il vero macigno sulla strada dell’accordo è proprio Di Maio. Si propone come vicepremier, chiede un omologo dem per certificate la natura “super partes” di Conte. Niet dal Pd. Di Maio si propone anche per il Viminale, nell’infantile sogno di collocarsi nel posto che ha fatto la fortuna di Salvini. Anche qui il Pd fa muro: il ministero degli interni deve essere una delle chiavi della discontinuità del nuovo esecutivo. 

 

Francesco Bonifazi

Francesco Bonifazi, ex tesoriere dem

 

Dal Nazareno arrivano parole dure: “L’accordo di governo rischia di saltare per le sue ambizioni personali. Non sente ragioni e va avanti a colpi di ultimatum”. Per la prima volta è d’accordo anche il Pd di rito renziano: “Sono uno serio e responsabile. Credo al Governo Istituzionale. E mi va bene anche Conte. Ma se devo accettare Di Maio al Viminale, per me si può andare a votare subito” twitta Bonifazi. In realtà fra i renziani ci sono opinioni molto più tolleranti: “Non possiamo umiliare troppo i ‘gigini’, bisogna evitare la guerra per bande nei 5 stelle, se no diventano pecore senza pastore e non si campa, meglio tenerlo lì”. 

 

Roberta Lombardi

 

Ma anche a Palazzo Chigi e nel M5s il personalismo disperato dell’ex vicepremier è ormai insopportabile: “Sono sicura che il nostro capo politico non antepone se stesso al Paese. Non sarebbe da 5 Stelle”, sibila Roberta Lombardi, capigruppo alla regione Lazio e punta di diamante dei rapporti pentastellati con Zingaretti.

 

Sala del Consiglio dei Ministri Palazzo Chigi Roma

Sala del Consiglio dei Ministri (Palazzo Chigi, Roma)

 

È a questo punto che arriva la prima – di molte – telefonata fra di due ‘numeri primi’ Zingaretti e Conte. Da Palazzo Chigi arriva, informale ma non meno chiaro, un ridimensionamento alle ambizioni del capo: “In presenza del presidente Conte, non è mai stata avanzata la richiesta del Viminale per Di Maio, né dal M5s né da Di Maio“.

 

Pd Nazareno

All day to Nazareno

 

Da qui, siamo all’ora di pranzo, al Nazareno l’atmosfera si rilassa. Alle 16 Zingaretti riunisce la cabina di regia, una delle tante riunioni di giornata in cui è scortato da Gentiloni e Franceschini. Ripresa la trattativa, per i due sembrano pronti posti di prestigio: rispettivamente commissario europeo e vicepremier unico (quest’ultimo sempre ché Di Maio accetti la Difesa). Ma Zingaretti spiega che il programma resta il punto: in quelle stesse ore Salvini firma il divieto di ingresso nelle acque italiane per la nave Eleonore, della ong Lifeline, e puntuale arriva la controfirma del ministro Toninelli. Per il Pd è l’ennesimo provvedimento inaccettabile denuncia subito Orfini

 

Matteo_Orfini

Matteo Orfini, ex presidente del Pd

 

E infatti quello delle politiche migratorie è uno dei dossier più delicati sul tavolo dei capigruppo che finalmente si rivedono a Montecitorio alle 18.  I due capigruppo dem Delrio e Marcucci, accompagnati dalla vicesegretaria De Micheli, portano il ponderoso programma scritto dallo stato maggiore del Nazareno domenica, in quei tavoli sui quali i 5stelle avevano sghignazzato.

Roberta Pinotti

Roberta Pinotti

 

Come la prima volta, anche stavolta a fine incontro gli sherpa dem sono ottimisti: ”Il lavoro continua in maniera profittevole“, assicura Marcucci. Al Nazareno riparte il totonomi: al posto di Franceschini potrebbe andare l’ex ministra Pinotti, Orlando sottosegretario a Palazzo Chigi, alle Pari opportunità Cerno o Cirinnà, agli Esteri Amendola o l’ambasciatore Salzano, all’Agricoltura il renzianissimo Nobili. Si vedrà.

 

salzano

L’ambasciatore Salzano

 

L’unica certezza è che Zingaretti non entrerà al governo. I suoi escludono che si tratti di un passo indietro: “Abbiamo sempre creduto che ci serve un presidio forte al partito, sarebbe assurdo rimangiarselo ora”. Oggi la Direzione dem è convocata alle dieci ma per quell’ora è convocata anche una nuova riunione dei capigruppo a Montecitorio. Sempre ché nella notte non arrivino novità dalle tormentate riunioni del M5s. Il tempo stringe. Nel pomeriggio di oggi il Colle si aspetta la parola finale.  Ma di nuovo, nella notte, sembra che stia per saltare tutto o quasi: Di Maio nel ruolo di vicepremier non vuole mollare, il Pd è pronto invece a non cedere sulla sua richiesta. Si vedrà…

 


 

NB: i tre articoli sono composti così: il primo è stato scritto in forma originale per il mio blog, il secondo per il sito di notizie Tiscali.it, il terzo è di Daniela Preziosi ed è uscito sulle pagine del manifesto sempre il 28 agosto 2019