La “svolta” di Zingaretti: “campo largo” di alleanze e la fine della vocazione maggioritaria

La “svolta” di Zingaretti: “campo largo” di alleanze e la fine della vocazione maggioritaria

16 Ottobre 2019 1 Di Ettore Maria Colombo

Una nuova “svolta di Salerno” per il Pd?

 

la svolta di salerno

Una nuova “svolta di Salerno”, per il Pd

Una nuova “svolta di Salerno”, per il Pd. Se il paragone storico non fosse troppo ardito, oggi saremmo a questo. Nel 1944, a Salerno, Palmiro Togliatti annuncia la fondazione di un partito nuovo: popolare e di massa, contro quello operaio e settario della nascita voluto da Bordiga nel 1921 e pronto al “grande compromesso” con forze molto lontane, se non opposte, sul piano politico che, ai tempi, erano la monarchia, che ancora c’era, e i cattolici moderati della Dc di De Gasperi.

bordiga amedeo

Amedeo Bordiga

In una Direzione nazionale forse poco, o distrattamente, letta dai media, Nicola Zingaretti ha posto le basi per un Pd che, in futuro, sarà molto diverso da quello che è stato finora. Due i punti fondanti. Un nuovo ‘campo’ democratico di alleanze (quella con l’M5S su tutte) e una nuova ‘forma’ partito, assai diversa da quella dell’identità originaria del Pd di Veltroni (come di Renzi) e del Lingotto. Insomma, stavolta Zingaretti ha spiazzato un po’ tutti. Davanti al parlamentino del Nazareno – presenti anche i ministri Roberto Gualtieri, Francesco Boccia, Paola De Micheli, Giuseppe Provenzano e il sottosegretario Martella – il segretario del Pd lancia una vera e propria ‘svolta’.

zingaretti

Zingaretti

Il Pd, di fatto, mette nel baule dei ricordi il Lingotto e la vocazione maggioritaria, quella di radice veltroniana, che lo contraddistingueva dalla sua nascita (2008). Prende atto, anche a livello statutario e organizzativo, dell’attuale tripolarismo e, soprattutto, scommette sulla possibilità che la comune esperienza di governo con l’M5s possa generare una progressiva condivisione di futuri obiettivi politici e, quindi, anche una alleanza organica che dia vita a un vero e proprio “campo progressista, civico e democratico” alternativo a un centrodestra sempre più a trazione Salvini.

 

Riprendo la scrittura quotidiana di articoli per questo blog dopo un periodo necessitato di stop dovuto alla scrittura di un libro, “Piove governo ladro. Il dizionario di Politica della Terza Repubblica” che uscirà il 5 dicembre in libreria per Allaroundedizioni.it

 

Con “campo largo, civico e democratico” s’intende l’M5S

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La Direzione dem, con il segretario Nicola Zingaretti, che ha anche preannunciato una “segreteria” unitaria

E’ questo il succo delle decisioni prese ieri dalla Direzione dem, con il segretario Nicola Zingaretti, che ha anche preannunciato una “segreteria” unitaria, quindi ‘nuova’, rispetto a quella uscita dagli equilibri congressuali di un anno fa, con l’allargamento dell’attuale maggioranza a quella che era la minoranza di Base rifomista, l’area capitanata da Lorenzo Guerini e Luca Lotti, ex renziani rimasti nel Pd nonostante la scissione di Italia Viva.

logo Basae riformista

Logo Base Riformista

Zingaretti, nella sua relazione, parte assicurando che i dem staranno al governo “con spirito unitario e lealtà, ma senza subalternità” rispetto all’M5S. Ma il segretario non cerca un rapporto conflittuale, con il partner di governo, come è stato quello tra M5s e Lega. “Non illudiamoci – argomenta – che si possa governare insieme solo per resistere a Salvini. Non possiamo rimanere fermi nella contemplazione di ciò che ci divide o peggio esaltare queste differenze in litigi continui. Occorre piuttosto prendere atto che queste due forze insieme rappresentano il 40 per cento dell’elettorato italiano. Un possibile campo alternativo al centrodestra”, dunque, che sia “progressista, civico e democratico”.

Matteo salvini

Matteo Salvini

Un campo – ha chiaro il problema il segretario dem – che ora “non esiste nel Paese”, ma su cui bisogna “investire” per “poter parlare alla società italiana” e che consenta al Pd di superare “la situazione di debolezza e solitudine” in cui si trovava (una stoccata all’eredità ‘minoritaria’ lasciata da Renzi dopo la sconfitta elettorale alle Politiche del 2018).

goffredo bettini

Goffredo Bettini

Non si può – si sgola Zingaretti – governare insieme avendo come unico motivo quello di resistere, essere contro Salvini e le sue idee”. Il numero di uno del Nazareno si rifà a quanto detto da Goffredo Bettini in una recente intervista. “Secondo me – erano state le parole di Bettini, il consigliere più fidato di Zingaretti – non abbiamo altra scelta che cercare un rapporto strategico con i 5 Stelle, candidandoci a governare l’Italia anche per i prossimi anni. Sennò che abbiamo fatto a fare questo governo? Solo per consegnare l’Italia a Salvini senza l’aumento dell’Iva?”. Parole che, appunto, il segretario recepisce nella relazione e fa proprie. Il ‘campo largo’ di Bettini diventa il “campo democratico’ di Zingaretti, ma cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia.

logo pd grande

Logo Pd

Zingaretti – contrario e recalcitrante fino all’ultimo rispetto a un governo, quello con i 5Stelle, che non voleva – nel momento in cui lo ha accettato, obtorto collo, sa che si gioca tutto nel e sul governo appena nato. Ecco perché dice che “l’orizzonte di un governo, che non può essere un governicchio, non è il piccolo cabotaggio”. Poi, certo, Zingaretti prova ad allargare lo sguardo e parla del Pd come del “pilastro di una grande alleanza tra forze politiche, civiche e associative” ma aggiunge che è “fin troppo ovvio che gli alleati di governo sono i primi e principali interlocutori di tale processo politico”.

 

La strategia del carciofo di Beppe Grillo…

carciofo

La strategia del carciofo di Grillo

Insomma, Zingaretti ha bisogno come l’aria di stringere un’alleanza organica con i 5 stelle. Il problema è cosa vogliono fare i suoi (riottosi) partner. Di Maio non sembra molto della quale, ridimensiona l’accordo sull’Umbria ad accordo locale e non immagina alleanze in vista di future elezioni. Beppe Grillo, invece, ha una strategia più raffinata e, insieme, più insidiosa: vuole mangiarsi il Pd su due direttrici.

beppegrillo

Beppe Grillo

Tenerselo stretto come socio di governo ma di minoranza, subordinato e necessitato, per restare al governo. e colonizzare il Pd dall’interno, spostandolo su posizioni sempre più vicine a quelle dei 5stelle. Un’annessione, di fatto, con il Pd come junior partner. Una vera “strategia del carciofo” di chi, in buona sostanza, si vuole mangiare il Pd pezzo per pezzo.

Dario Franceschini

Dario Franceschini

Non a caso, un politico esperto e navigato come l’attuale ministro Dario Franceschini esplicita i dubbi e le paure che agitano i dem: “Stiamo cercando di costruire una sintesi, è molto difficile ma è una bella sfida. Ne è valsa la pena perché finora abbiamo fermato la destra strema. Ora proviamo a costruire un percorso comune, ma se non dovessimo riuscirci sarebbe un grosso problema.

 

Il nuovo Statuto: finisce la “vocazione maggioritaria”

Il nuovo Statuto

Il nuovo Statuto

Ma se Zingaretti va avanti con un treno e proprio sul rapporto ‘organico’ con i 5Stelle si gioca il suo futuro, coerentemente con questa nuova ‘fase’ politica che, per lui, si apre, il nuovo segretario chiede di mettere mano allo Statuto del Pd nato in epoca veltroniana, figlio dei tempi in cui c’era il bipolarismo e i dem aspiravano a interpretare il campo riformista-progressista da soli. Insomma, basta con la “vocazione maggioritaria”.

Maurizio Martina

Maurizio Martina

Maurizio Martina, che guida l’apposita Commissione Statuto, illustra le modifiche che dovranno essere approvate già all’Assemblea nazionale di novembre: il segretario, che continuerà ad essere eletto con primarie aperte, non sarà più automaticamente il candidato premier perché questo punto andrà deciso assieme agli alleati futuri. Si potranno fare, invece, le primarie di coalizione. A differenza di quelle che si svolsero tra Bersani e Renzi nel 2013 – le quali furono un’eccezione, con tanto di deroga allo Statuto di allora – le primarie di coalizione (“aperte”, ovviamente, non solo agli iscritti, ma anche a simpatizzanti ed elettori) saranno la norma.

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Iscrizioni online per il PD

Tra le altre novità che verranno varate, c’è anche l‘iscrizione on-line, che nelle intenzioni vuole porre fine al controllo delle correnti sul tesseramento, così come sarà attivata una piattaforma digitale sulla quale iscritti e elettori potranno proporre, discutere o votare nelle consultazioni on line, anche se qui il modello ricorda tanto, forse troppo, la piattaforma Rousseau (la cui ridefinizione dem è che si “potrà dibattere, proporre, sentirsi più vicino al partito”).

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La Piattaforma Rousseau, il sistema operativo del M5S

L’ex segretario Martina afferma che “il cuore della sfida è provare a rilanciare la ragione distintiva del Pd. Vogliamo che sia plurale e aperto, fatto di persone e alternativo ai partiti personali”. Altra stoccata a Renzi. Oltre ai circoli e al web, il terzo pilastro del nuovo Pd saranno i sindaci, che avranno una loro Assemblea nazionale e sui quali Zingaretti punta per riallacciare il Pd con il tessuto sociale.

sindaco pesaro ricci

Il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci

Su questo punto è al lavoro, già da tempo, il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, presidente di una  nuova associazione dei comuni italiani, quella di Ali, ma il ruolo di coordinatore, in segreteria, della nuova Assemblea dei sindaci potrebbe andare al sindaco di Bergamo Giorgio Gori, altro ex renziano rimasto nel Pd.

gianni cuperlo

Gianni Cuperlo

Nuove regole anche per i segretari regionali, che torneranno a essere scelti dai soli iscritti, sulla parità di genere (che diventerà ‘perfetta’ in ogni struttura del Pd), etc-etera. Le primarie locali perdono peso anche per le candidature alle elezioni regionali: il modello diventerà quello umbro, con candidati locali di coalizione da individuare anche per Calabria e Campania. Ma il passaggio più significativo resta quello sulla separazione delle figure di candidato premier e segretario: non solo perché a lungo si è dibattuto sulla separazione dei due percorsi, fin dai tempi della segreteria Bersani, ma anche perché è una scelta che può aiutare il ‘nuovo’ Pd quando i democrat si sederanno al tavolo con gli alleati. Infine, oggi verrà anche annunciato il varo della fondazione ‘democratica’, presidente Gianni Cuperlo che lancia il suo primo appuntamento per il 15-17 novembre a Bologna, un confronto aperto con intellettuali, professori, esponenti società civile.  

 

Una nuova segreteria “unitaria”: entrano gli ex renziani

guerini lotti

Guerini e Lotti

Sempre durante la stessa direzione di uno sforzo di ridefinizione del profilo del Pd Zingaretti annuncia anche l’azzeramento della segreteria e l’avvio di una nuova che sarà “unitaria”. Traduzione, vi sarà l’ingresso di Base Riformista, cioè l’area di Guerini e Lotti. “Non credo sia più corretto usare i termini maggioranza e minoranza”, spiega Zingaretti, che non esclude, nella primavera del 2020 un congresso straordinario, ma solo tematico, non un congresso che ne metta in discussione la leadership, come invece chiede quello che sta diventando, di fatto, il nuovo leader della minoranza interna, l’ex presidente Matteo Orfini.

orfini

Matteo Orfini

Il quale Orfini prende atto che la ormai ex minoranza di Base riformista si sta “accomodando” dentro una nuova, larga, maggioranza per gestire il partito: si parla, per Base riformista, di tre posti in segreteria, quelli necessari per sostituire Amendola, De Micheli e Provenzano, diventati ministri, e di una ventina di posti in Direzione per sostituire i renziani scissionisti che li hanno abbandonati ma anche di una donna di area (Pinotti o Serracchiani) come nuovo presidente del Partito, dopo le dimissioni di Gentiloni, diventato commissario Ue.

Paolo Gentiloni

Paolo Gentiloni

Certo, quelli di Br criticano anche loro la possibile alleanza con i 5Stelle, ma il loro resta un grido sterile, rumore di fondo, alla fine l’accettano. Ecco perché Orfini, conscio che si aprono praterie, dentro la minoranza che resterà nel Pd, vuole intestarsi la guida dell’opposizione interna: “Io non voglio costruire – spiega Orfini – un’alleanza organica on questo M5s che sguazza nell’antipolitica, ritiene il garantismo una bestemmia e vuole smantellare la democrazia rappresentativa. Superata l’emergenza, io voglio provare a batterlo”. Un disegno diametralmente opposto a quello di Zingaretti.

 

Sullo sfondo resta il nodo della legge elettorale 

elezioni urna

Nuova legge elettorale

Il problema, sullo sfondo, ma concretissimo, resta, però, in quale sistema elettorale si può calare la prospettiva di un campo largo e democratiche di forze alternative a Salvini. E qui la domanda su quale sarà la nuova legge elettorale sorge spontanea. Da giorni (anzi, da settimane) il dibattito ruota attorno al ritorno al proporzionale o al maggioritario a doppio turno. Zingaretti mette in chiaro che il proporzionale – sistema cui era, peraltro, congenitamente favorevole – non è all’ordine del giorno: “Bisogna evitare il ritorno al proporzionale puro o con soglie basse” e, invece, “bisogna chiedersi quale tipo di maggioritario sia possibile realizzare dentro questo Parlamento”. Con tanti saluti a Italia Viva, che spinge, apertamente, per il ritorno al proporzionale.

Italia viva

Italia Viva

Zingaretti, nei giorni scorsi, avrebbe anche cercato di capire se fosse possibile tenersi il Rosatellum limitandosi a superare l’ancoraggio del voto al Senato su base regionale. Un sistema che taglierebbe le gambe a partiti piccoli e incapaci di poter vincere le sfide nei collegi da soli, come Italia Viva.

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Nicola Zingaretti

In ogni caso, due sono le proposte in campo su cui la maggioranza del Pd imposterà il dibattito e che proporrà agli alleati di governo: un maggioritario a doppio turno di coalizione, l’ipotesi preferita dal segretario, o un proporzionale, ma “alla spagnola”, con soglie di sbarramento alte, al 5%. No a un proporzionale puro, sì a un “maggioritario praticabile”, lo slogan di Zingaretti.

 

Il nodo delle alleanze locali tra Pd e M5S 

Di Maio Zingaretti

Di Maio e Zingaretti

Insomma, il Pd di Zingaretti cambia pelle interna ed esterna: una nuova politica delle alleanze e un nuovo Statuto. Una volta approvate le due decisioni da parte dell’Assemblea nazionale a novembre si tratterrà davvero di un ‘nuovo’ Pd. Sempre che, si capisce, i nuovi alleati (leggi M5S) ‘ci siano’ davvero e che possano aver voglia di concorrere, addirittura, a scegliere un candidato ‘comune’.

Bonaccini

Bonaccini

In Emilia-Romagna, per dire, il no dell’M5S a Bonaccini è secco e le parole di apertura di Zingaretti sulla sindaca di Roma dell’M5S, Virginia Raggi (“la Raggi non si deve dimettere”), pronunciate giorni fa in tv, hanno scatenato un putiferio.

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Virginia Raggi

Zingaretti ha dovuto precisare che “Il Pd è all’opposizione di questa giunta e d è impegnato a costruire un alternativa per impedire un’altra sindaca come la raggi di continuare a governare Roma”. Ma sull’altare di un’alleanza qualcosa, se non molto, devi cedere: se non è il placet alla candidatura della Raggi, sarà il togliere di mezzo la candidatura di Bonaccini in Emilia. I 5Stelle, usando la politica “del carciofo”, potrebbero finire per mangiarselo loro, il nuovo Pd.

 


NB: Questo articolo è stato pubblicato il 16 ottobre 2019 in forma più breve sul sito Tiscalinews.it