Col fiato sospeso. Tutti in attesa delle Regionali in Emilia-Romagna (e Calabria). Radiografia del voto

Col fiato sospeso. Tutti in attesa delle Regionali in Emilia-Romagna (e Calabria). Radiografia del voto

26 Gennaio 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Pubblico qui di seguito un pacchetto di tre (lunghi) articoli sulle elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria che si terranno oggi e che è così composto: quadro generale sulle possibili conseguenze nazionali del voto; voto in Emilia-Romagna e voto in Calabria. Per ragioni di par condicio e correttezza tutte le opinioni e i candidati sono rappresentati ed esposti nel modo più obiettivo che mi è possibile. 

 

1) Un voto regionale che vale un governo nazionale. Le possibili conseguenze del voto in Emilia-Romagna sui principali attori politici: Conte, Pd, M5S, Lega, Fdi, Fi.

Nicola_Zingaretti

Il segretario del Pd Nicola Zingaretti

Se il Pd perde l’Emilia-Romagna (la Calabria è già data per persa) cade il governo? Forse no, ma è inutile nascondersi dietro a un dito: contraccolpi e ripercussioni non mancheranno di farsi sentire sulle due forze principali dell’alleanza giallorossa che vanno una, l’M5S, a una sorta di congresso sui generis (gli Stati generali dei 5Stelle a metà marzo cui dopo seguirà la scelta del nuovo capo politico, dato le recenti dimissioni di Di Maio) e l’altra, il Pd, a un congresso vero e proprio (il Pd potrebbe arrivare a cambiare nome e simbolo), anche se in tempi più lunghi (forse in autunno), ma con la possibilità di mettere in discussione la leadership di Zingaretti che potrebbe dimettersi a breve, se domenica perderà l’Emilia, o arrivarvi comunque dimissionario, a prescindere dal risultato, per inaugurare la stagione congressuale.

 

Solo Italia Viva non avrà scossoni dal voto…

renzi italia viva

Renzi Italia Viva

Conte, invece, non ha forze politiche dietro, per ora, ma le elezioni sono un ‘congresso’ anche sul suo operato e il governo potrebbe risentirne. Solo Renzi e Italia Viva (prima assemblea nazionale convocata a Roma per l’1-2 febbraio), non essendosi impegnati nella campagna delle regionali (non hanno liste, solo singoli candidati) possono dirsi esenti e indifferenti al voto di oggi, anche perché il loro lavoro di ‘interdizione’ e di polemica asfissiante contro il governo e i suoi provvedimenti, pur stando al governo, continuerà a meno che – come si dice – non sarà proprio Renzi a fare un favore a Salvini provocando uno scossone, dentro l’esecutivo, non finto, ma finale, Da settimane le forze di governo ripetono che le elezioni regionali in Emilia-Romagna non sono un referendum sull’esecutivo.

 

Salvini si gioca la leadership del centrodestra

stefano bonaccini

Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna

Ma la verità è che se nella notte tra domenica e lunedì Stefano Bonaccini non sarà rieletto, a Palazzo Chigi non si potrà far finta di nulla. Data per persa la partita della Calabria (“Speriamo di perdere bene”, rivela un parlamentare del Pd, ma la Calabria è, appunto, già persa) gli occhi sono dunque puntati su Bologna. Per il centrodestra, Salvini in testa, se a vincere in Emilia-Romagna sarà Lucia Borgonzoni, il premier e i suoi ministri dovranno andare a casa e si dovrà tornare a votare.

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Matteo Salvini con la senatrice Lucia Borgonzoni (Lega)

Il leader della Lega ha investito tutto sul voto regionale, battendo palmo a palmo i comuni, specie quelli più piccoli, imperversando in tv e sui sociali. Uno sforzo massiccio per cercare la “spallata” all’esecutivo, dopo il fallito tentativo di agosto scorso che ha portato alla nascita del Conte bis.

meloni berlusconi

Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi

Ove non vi riuscisse, la Meloni (e, anche, Berlusconi) potrebbero rimproverargli, da destra come dal centro, di aver voluto troppo politicizzare, nazionalizzare e personalizzare il voto, cercando di rimetterne in discussione l’attuale leadership del centrodestra cui almeno la Meloni aspira, ultimamente, e non lo nasconde, mentre Berlusconi sembra essersi rassegnato a subire la ‘dittatura’ dell’ex ministro dell’Interno. Da questo punto di vista, il risultato della lista della Lega (se sarà davvero il primo partito e con quale margine sugli altri) come di FdI (se confermerà gli ottimi risultati dei sondaggi) e di FI (che scivola sempre più in basso) saranno attenzionati con particolare cura dai vari leader. Quelli dell’Emilia, ovviamente, ritenuti più ‘nazionali’ ed omogenei di quelli della Calabria, dove Forza Italia esprime il candidato e conserva ancora una certa qual forza (come FdI).

massimo d alema

Massimo D’Alema

L’argomento più retorico e propagandistico che politico (in Italia i governi stanno in piedi fino a quando hanno la fiducia del Parlamento, non se forze della maggioranza perdono elezioni regionali: persino quando D’Alema perse quelle del 2000, gli subentrò un altro governo di centrosinistra, quello guidato da Giuliano Amato) su cui il centrodestra punta è il cosiddetto “disallineamento” del consenso nel Paese e di quello in Parlamento. In pratica, se con la vittoria del centrodestra in Calabria e in Emilia-Romagna si manifestasse una palese distanza tra la maggioranza rappresentata in Parlamento e quella rappresentata nel Paese il Presidente della Repubblica sarebbe legittimato a verificare la possibilità di dare vita a una maggioranza nelle Camere che rispecchi la prima o, in alternativa, sciogliere le Camere per nuove elezioni politiche.

Conte si è tenuto alla larga dal voto, ma trema

Il premier Giuseppe Conte

Il premier Giuseppe Conte

Da parte sua, Conte si è tenuto ben alla larga dalla competizione regionale, per cercare di blindare il suo esecutivo, già in continua e quotidiana fibrillazione dalla nascita su tanti temi. Dunque nessuna apparizione nelle regioni al voto, a differenza di quella nefasta prodotta in Umbria, in questo facilitato dal fatto che l’alleanza Pd-M5s, dopo l’esperimento umbro, non è stata ritentata: i due partiti si presentano divisi e con differenti candidati governatori, anche se molti elettori pentastellati potrebbero votare per Callipo o per Bonaccini, come i candidati dem sperano. Il premier, dunque, resta a guardare, ostentando tranquillità: “Di tornare a fare il professore universitario non lo temo affatto, perché è un mestiere così bello, così piacevole, che non mi dispiacerebbe affatto in prospettiva, ma da lunedì lo ritengo assolutamente improbabile” ha detto nei giorni scorsi a Firenze.

davos 2020

World Economic Forum Davos 2020

A parte l’apparente serenità, però, il premier è assai preoccupato. Lo testimonia la cancellazione del viaggio a Davos e l’accelerazione impressa al decreto per il taglio del cuneo fiscale e a quello per l’Ilva. Due mosse – un po’ disperate e giocate troppo a ridosso del voto per sortire reali ed efficaci effetti – nel tentativo di dare una mano al centrosinistra come se la sola soluzione a una eventuale sconfitta fosse quella di ‘sfornare’ provvedimento a getto continuo sperando così di risalire nei sondaggi e reggere l’onda d’urto del centrodestra che potrebbe ‘assediare’ palazzo Chigi (e il Colle?) nella ossessiva richiesta di elezioni anticipate.

citofono

Meloni, “da lunedì inizieremo a citofonare a palazzo Chigi”

Come dice la Meloni, “da lunedì inizieremo a citofonare a palazzo Chigi”: una reale minaccia di pressioni di piazza, oltre che la richiesta di elezioni. Conte è consapevole che in caso di sconfitta da lunedì il governo sarà sulla graticola, anche se Zingaretti assicura e garantisce che “il governo no non regge solo se non fa le cose”.

 

Zingaretti rischia nel Pd e l’assetto del M5S è già a rischio

Pd e M5S

Pd e M5S

Ma, come si diceva, sono i due azionisti di maggioranza del governo, Pd e M5s, quelli che rischiano di finire nelle più gravi difficoltà. Sul fronte dem, anche Zingaretti ostenta tranquillità, ma sa bene che in Emilia-Romagna per lui la partita è doppia. In caso di vittoria il governo che inizialmente non voleva, ma a cui poi si è ‘affezionato’, ne uscirebbe rafforzato così come la sua leadership interna. In caso contrario su entrambi i fronti si aprirebbe un problema non da poco. In particolare, all’interno del Pd la minoranza ex renziana, che da tempo già mostra segni di fastidio per la sua gestione, riprenderebbe fiato in vista del congresso che il leader Dem ha annunciato per dopo le regionali e potrebbe allearsi con pezzi inquieti che, oggi, stanno nella maggioranza ma potrebbero diventare (un classico nella storia decennale del Pd) da ‘alleati’ i nuovi oppositori di Zingaretti. Con una sconfitta di Bonaccini, specie se pesante, se anche Zingaretti non si dimettesse, gli oppositori interni avrebbero cioè buon gioco a trasformare quello che al momento è nato come un congresso ‘a tesi’ in una vera e propria battaglia sulla leadership e sul futuro del Pd.

Di Maio cravatta

Di Maio si slaccia la cravatta: la sua leadership finisce così

E poi c’è il caos M5s. Le rilevazioni accreditano i pentastellati, sia in Emilia-Romagna che in Calabria, di un risultato assai debole, ma questo al momento è, paradossalmente, il guaio minore. Le dimissioni di Di Maio, da un lato, hanno dato forza all’ala più ‘governista’ del Movimento, ma le cose andranno così se il Pd terrà l’Emilia e l’azione di governo ne verrà rilanciata. In ogni caso, fino agli Stati generali di marzo la partita interna ai grillini è destinata a generare una situazione di ulteriore instabilità e caos e, in caso di sconfitta dem in Emilia, Di Maio – attestato su una linea ‘terzaforzista’ – potrebbe rilanciarsi.

 

La carta ‘matta’ che può giocare il governo è il referendum

carta matta joker

La carta ‘matta’ che può giocare il governo è il referendum

Per Conte, paradossalmente, questa situazione potrebbe però anche rivelarsi un vantaggio: prima di aver definito un nuovo assetto, per il M5s non è proprio questo il momento di aprire una crisi di governo. Tutti ragionamenti, comunque, destinati a restare tali fino a stanotte. A Conte, oggi, non resta che sperare nella vittoria di Bonaccini, per poi rilanciare subito sul programma di governo e lavorare a una alleanza più stabile tra Pd e M5s, con lui stesso nel ruolo di federatore e, forse, di capo di un nuovo partito che un domani potrebbe nascere da una spaccatura insanabile nei 5Stelle, partito che si collocherebbe naturaliter con il Pd e dentro quello che sarà il centrosinistra del futuro. In caso di sconfitta (pesante) in Emilia, la carta cui il governo sta pensando è di indire al più presto il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari: si terrebbe a fine aprile, avrebbe la priorità su eventuali elezioni politiche anticipate e, dopo il voto, servirebbero 60 giorni di tempo da affidare sempre al governo con legge delega per ridisegnare i collegi elettorali.

Magic Moments

Magic moments per il voto

Vuol dire che eventuali elezioni anticipate si potrebbero tenere solo a fine giugno, cioè sulle soglie dell’estate, col rischio di slittare in autunno, quando bisogna votare la nuova Finanziaria, facendo evaporare, per Salvini, l’ennesimo magic moments per il voto come già è successo a fine agosto del 2019.

 

L’ultima parola spetterà in ogni caso a Mattarella

Presidente Mattarella

L’ultima parola spetterà in ogni caso a Mattarella

Ma è ovvio che, in merito, l’ultima parola spetterebbe al Capo dello Stato, il solo che può decidere quando si sciolgono le Camere e che, prima di farlo, deve verificare se altri tipi di maggioranze (con Conte o meno, ma sulla stessa falsariga politica e, forse, con l’apporto di pezzi di azzurri) potrebbero formarsi per evitare, così, urne che, altrimenti, diventerebbero, allora sì, inevitabili.

corazzieri

L’entrata del Colle, con la guardia dei corazzieri

Ma proprio dal Colle si fa capire che sarebbe molto meglio, per una questione di ‘procedura’ e di ‘ordinamento’, far svolgere ‘prima’ il referendum che deve decidere di quanti membri deve essere composto il Parlamento italiano (se gli attuali 945 o i futuri 600) e solo ‘dopo’ votare. Un impedimento non piccolo sulla strada del voto subito che il centrodestra chiederà.

 


 

2) Emilia-Romagna. Le elezioni clou nella regione rossa che rischia di non esserlo più. Una brutta campagna elettorale tra citofonate, bambini e Sardine. Come si vota

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Alla fine, nei locali sotto i portici di Bologna – le famose “osterie di fuori porta” che cantava Francesco Guccini – , giovani, meno giovani e addetti ai lavori – giornalisti e politici – da qualche sera parlano solo del voto di domenica, tra un tortellino e un bicchiere di rosso, come da tradizione del capoluogo felsineo dove la politica si respira col freddo, sempre pungente, con la nebbia e con il vociare dei portici. Per tutti, indistintamente, al di là della tifoseria politica, domenica notte sarà una corsa a contare l’ultimo voto.

 

Bonaccini ha giocato in solitaria, la Borgonzoni dietro Salvini

Bonaccini elezioni 2020

Bonaccini, elezioni 26 gennaio 2020

Il presidente uscente, Stefano Bonaccini si è giocato tutte le sue carte, in una campagna ‘in solitaria’: il simbolo del Pd, sotto la sua faccia, i suoi manifesti e i suoi spot non è mai stato pervenuto, quasi se ne vergognasse, Zingaretti e i ministri e i dirigenti dem sono venuti ma poco e vissuti più come parenti ingombranti e imbarazzanti che come fratelli. Bonaccini, in pratica, si è limitato a chiedere ai suoi corregionali di premiare il ‘suo’ buongoverno e tanti saluti alla regione ‘rossa’ per definizione della tradizione del Pci.

lucia borgonzoni elezioni

Lucia Borgonzoni elezioni 26 gennaio 2020

Dall’altra c’è stata Lucia Borgonzoni, spalleggiata – anzi, di fatto oscurata, quasi se ne vergognasse – da un onnipresente Matteo Salvini, che vuole finirla con “il partito unico, con 70 anni in cui non si è mai cambiato, e ora si può”. Una tentazione, qualcosa di più, che potrebbe prendere realtà da domenica notte, quando la candidata leghista, a qualche chilometro dalla ‘rossa’ Bologna, nel suo quartier generale di Bentivoglio, aspetterà il responso delle urne.

Salvini e il crocifisso

Matteo Salvini

Salvini ha messo piede (e voce), in oltre 200 comuni, frazioni, località, partendo dal 14 novembre scorso, quando al Paladozza lanciò ufficialmente la corsa della candidata più gaffeur d’Italia (per la Borgonzoni l’Emilia confina col Trentino). Quella sera, il leader esibiva sul palco tutti i governatori regionali della Lega, da Zaia a Solinas, passando per Fontana e Fedriga e la Tesei. Ma nelle stesse ore, improvvisamente, come per magia, decine di migliaia di ‘sardine’, quel giorno un fenomeno nuovo e imprevisto, oggi un vero e proprio movimento politico, si materializzavano in piazza Maggiore, risultando almeno il doppio (8mila) dei leghisti, facendo capire che sarebbero state loro la vera novità della campagna elettorale.

 

Scoppia il fenomeno delle Sardine, il vero nemico di Salvini

movimento delle Sardine

Partecipanti del movimento delle Sardine

Da quel giorno di novembre, il movimento delle Sardine, dichiaratamente antisalviniano “prima di tutto”, ma non espressamente ‘pro-bonacciniano’ (le Sardine, specie i loro leader, non hanno mai fatto formali dichiarazioni di voto: un’ambiguità, o un’ingenuità, che alla fine non le aiuta) non sarebbe mai mancato a far ombra al leader della Lega. Lo hanno inseguito in ogni piazza, fino a Bibbiano, lo scorso giovedì, quando erano molte di più del popolo della destra, e a Ravenna solo ieri, dove il centrodestra, finalmente unito ha chiuso la sua campagna elettorale. Salvini, che non ha mai avuto paura o timore dell’ormai ex ‘partitone’ rosso, le ha sofferte e subite, spesso non sapendo come rispondere.

 

Il confronto sui social, tra i vip e le tre ‘armi’ della Lega

social_logo

I simboli dei social network più famosi

Anche sui social il confronto è stato a tutto campo: la Lega ha raccolto nelle ultime ore endorsement pop: da Sinisa Mihailovic, allenatore del Bologna, ad Arrigo Sacchi, ex tecnico di Milan e Nazionale, cui hanno replicato, a sostegno di Bonaccini, lo schiacciatore Ivan Zaitsev e – ovviamente – Francesco Guccini, cantore della ‘via Emilia’. A tenere banco, nelle ultime giornate sono state tre vicende. La prima, il caso Bibbiano, dove Salvini è tornato giovedì per ribadire il suo no ai “ladri di bambini” e poi le presunte pressioni, con tanto di audio diffuso, sul sindaco di Jolanda di Savoia, nel ferrarese, Paolo Pezzolato da parte di Bonaccini, sono state le frecce leghiste contro la sinistra.

citofonata salvini

La citofonata di Salvini

La terza, invece, la citofonata di Salvini, in periferia a Bologna, cercando di smascherare, a favore di telecamere, un presunto spacciatore di origini tunisine, è stato invece, di fatto, un boomerang per il leader della Lega, una mossa che a molti è sembrata una provocazione eccessiva, volgare, con la sinistra che ha accusato Salvini di “giustizialismo fai da te” (“Salvini citofona ai mafiosi se hai coraggio” gli hanno detto anche scrittori, cantanti e personaggi della tv) e di sciacallaggio sul tema della droga. Da piazza del Popolo, Salvini ha serrato i ranghi della destra, per l’ultimo colpo di reni per arrivare alla sua più grande vittoria: vincere in trasferta e in una terra finora mai espugnata dalla destra. Una possibile ‘rivoluzione’ che ha portato Giorgia Meloni a fare la battuta che resterà il simbolo di queste regionali: “Se vinciamo lunedì andiamo da Conte e gli chiediamo: ‘scusi lei sta facendo gli scatoloni?’. A dimostrazione del valore ‘nazionale’ di un voto che non è non sarà per nulla locale. Sul piano locale, come su quello nazionale, ove perdesse, dovrà invece riflettere molto a lungo il Pd. Nella storia, solo la parentesi del fascismo ha impedito alla sinistra – prima socialista, poi comunista, infine post-comunista – di governare l’Emilia. Perderla sarebbe un segnale pessimo che non potrebbe non suonare come una campana a morto, più che un campanello d’allarma, per il Pd di Zingaretti.

 

Gli elettori, i candidati e tutte le liste che si presentano

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La cartina della regione Emilia-Romagna

In Emilia-Romagna votano 3,5 milioni di cittadini (più esattamente, secondo la rilevazione del Ministero dell’Interno a 15 giorni dal voto, gli aventi diritto al voto sono 3.508.332, di cui 1.704.295 uomini e 1.804.037 donne) e saranno allestite oltre 4.520 sezioni nei 328 comuni della Regione. Gli elettori emiliani e romagnoli saranno chiamati a scegliere il nuovo presidente della Regione tra sette candidati: il governatore uscente Stefano Bonaccini, appoggiato dal Pd, Lucia Borgonzoni, sostenuta da Lega e centrodestra, Simone Benini, candidato del Movimento Cinquestelle. C’è poi la galassia della sinistra-sinistra con candidati che si presentano autonomamente: L’Altra Emilia-Romagna (con Stefano Lugli), Potere al Popolo (con Marta Collot) e il Partito Comunista (con Laura Bergamini). Infine, il Movimento 3V-Vaccini Vogliamo Verità schiera il candidato Domenico Battaglia.

I sette candidati alla presidenza della giunta regionale dell’Emilia-Romagna sono sostenuti da 17 liste (più 6 rispetto al 2014): non tutte sono presenti nelle nove circoscrizioni in cui è divisa la regione ma è sempre possibile votare, in tutte queste, il candidato presidente. Per il Consiglio regionale sono 739 (nel 2014 furono 507) i candidati in lizza per i 50 posti disponibili in assemblea: il 51% è uomo, ha un’età media di 46,9% e nel 60% dei casi è alla prima esperienza. Nella pattuglia dei candidati c’è un ex Parlamentare europeo, 8 sono Deputati o ex Deputati. Sono 10 i sindaci in carica. Si ricandidano, inoltre, 5 assessori regionali uscenti e 38 consiglieri regionali uscenti.

 

Il sistema elettorale: premio di maggioranza e voto disgiunto

elezioni regionali 26 gennaio 2020

Elezioni Regionali 26 gennaio

Per quanto riguarda il sistema elettorale, detto che viene eletto il candidato presidente che ottiene più voti, la cosa più importante da sottolineare in via preliminare è che in Emilia-Romagna è possibile il voto disgiunto ovvero votare un candidato presidente e una delle liste a lui non collegate, oltre che, ovviamente, il candidato presidente e la lista oppure solo una delle liste che lo appoggiano (in quel caso il voto si trasferisce automaticamente sul suo candidato). Si può esprimere la doppia preferenza di genere scrivendo due nomi di candidati consiglieri regionali che devono essere però, pena l’annullamento della seconda preferenza, di sesso diverso.

scheda elettorale

Una scheda elettorale

Si può dunque mettere la croce solo sulla lista, solo sul nome del candidato presidente o su tutti e due. La soglia di sbarramento è fissata al 3% per liste singole, ma possono entrare in consiglio anche le liste sotto questa soglia se il candidato presidente collegato ha superato il 5% dei consensi. La governabilità viene assicurata grazie al premio di maggioranza: alla lista o alle liste che sostengono il governatore eletto vengono garantiti almeno 27 seggi, il 54% del totale.

anatra zoppa

Non è dunque possibile il classico effetto dell’anatra zoppa

Non è dunque possibile il classico effetto dell’anatra zoppa: chi vince anche solo per un voto (e a meno che la differenza tra le coalizioni non sia abnorme) governa con un ampio e solido premio di maggioranza. Dei 50 consiglieri, dunque, 40 verranno eletti in modo proporzionale e altri nove in base al premio di maggioranza mentre uno spetta di diritto al secondo candidato presidente.

Questo a patto, però, che la coalizione vincitrice non abbia già raccolto più di 24 seggi nel riparto proporzionale. In quel caso il premio di maggioranza è ridotto a quattro consiglieri, mentre gli altri cinque vengono assegnati alle forze di minoranza. Gli eletti saranno poi assegnati alle singole circoscrizioni (che coincidono con le province) proporzionalmente al numero di abitanti. Una volta determinato il numero dei seggi per ogni lista, risulterà eletto chi ha preso più preferenze in quella circoscrizione.

 


3) Le elezioni di cui nessuno parla. La Calabria, terra dimenticata, ma dove pure si vota per il suo futuro.

calabria cartina

Cartina della Calabria

Nessuno ne parla perché tutta l’attenzione dei media come pure della politica si è focalizzata sull’Emilia-Romagna, ma oggi si vota anche per le elezioni regionali in Calabria. La sfida è più locale che nazionale, ma il centrosinistra l’ha governata (non bene) per cinque anni (giunta Oliviero uscente) e il centrodestra potrebbe mettere nel suo carnet, dopo aver vinto dieci elezioni regionali su dieci da dopo le elezioni politiche del 2018 in poi (Friuli, Trento e Bolzano, Molise, Abruzzo, Sardegna, Basilicata, Piemonte, Umbria), anche quest’altra regione, facendo diventare la cartina d’Italia una specie di lago verde-nero sempre più vasto.

 

Quattro i candidati, ma la sfida è a due: Santelli o Callipo

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In Calabria la sfida è a due: Santelli o Callipo

In gara ci sono quattro contendenti per una poltrona, tre uomini e una sola donna. La sfida per la Presidenza della Regione coinvolge una nutrita pattuglia di candidati, ma il match è ristretto a due, quello tra l’imprenditore, Pippo Callipo, sostenuto dal centrosinistra (Partito democratico, Democratici e Progressisti e la sua, Io Resto in Calabria), e l’esponente del centrodestra, la forzista Jole Santelli (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Unione di Centro, Santelli Presidente, Casa delle Libertà). Nella corsa, però, figurano anche il Cinquestelle Francesco Aiello (M5S e Calabria Civica) e Carlo Tansi (Tesoro Calabria, Calabria Libera e Calabria Pulita), ma molto lontani secondo i trend. 

 

I ‘ribaltoni’ nel centrosinistra e la ‘guerra’ della Santelli

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Il governatore uscente, Mario Oliverio

In Calabria si parte da una situazione paradossale perché, appunto, il governatore uscente, Mario Oliverio, dopo un tira e molla con il suo partito, il Pd, ha dovuto rinunciare al progetto di presentarsi per un secondo mandato e ha dovuto appoggiare, obtorto collo, l’imprenditore divenuto famoso in tutto il mondo con il suo marchio storico, il tonno Callipo.

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Santelli e Berlusconi

Molti esponenti che in quest’ultima legislatura hanno sostenuto Oliverio, però, hanno deciso di ‘changer la dame’ – fenomeno tipico al Sud – e appoggiare la candidata Santelli. Deputata dal 2001, oggi 51enne, avvocato, nella sua carriera politica, vissuta sempre al fianco di Silvio Berlusconi, ha ricoperto anche due volte il ruolo di sottosegretario, alla Giustizia prima e al Lavoro poi. Solare e tosta, la sua battaglia più importante, però, è stata contro la malattia, un brutto tumore, di cui la Santelli parla dicendo “Non mi impedirà di onorare il mandato di 5 anni”. Sempre che il suo avversario non riesca a convincere i suoi corregionali a dargli fiducia anche in politica.

calabria callipo elezioni

Callipo ripreso una precedente votazione elettorale

Più di una volta, durante i suoi comizi, Callipo ha garantito che non ci saranno i partiti nella sua giunta regionale, ma soprattutto è pronto a rinunciare agli emolumenti da governatore, in caso di vittoria alle urne. Quasi sempre fuori dai giochi è stato, invece, Francesco Aiello, il docente universitario su cui hanno puntato i Cinquestelle e su cui il M5S s’è spaccato. Buona parte avrebbe preferito non presentarsi, un’altra avere altri candidati e un’altra ancora correre con il centrosinistra. Risultato: lo sfaldamento e la debàcle certa.

 

Le due maggiori incognite: astensione e voto giovanile

incognite

Le due maggiori incognite: astensione e voto giovanile

Le due principali incognite che aleggiano sul risultato delle elezioni, però, in Calabria – a conclusione di una campagna elettorale breve quanto inconsueta (si va alle urne a gennaio con l’avvio che è quasi coinciso con le festività natalizie) – sono l’astensione e il voto giovanile. L’ombra del “non voto è un niente di nuovo, purtroppo. Già nel 2014, l’affluenza ai seggi fece registrare un astensionismo da record: si espresse solo il 44,10% degli aventi diritto. Ci si interroga anche sulla partecipazione del voto giovanile ma le indicazioni, in una terra dalla quale solo lo scorso anno sono partiti 4 mila giovani su 10 mila totali, non lascia sperare nulla di buono.

 

Elettori, liste e legge elettorale della Calabria

riforma legge elettorale

La riforma della legge elettorale

Sono 1.909.58, di cui 934.483 maschi e 975.100 femmine gli aventi diritto al voto (e le sezioni elettorali complessive sono 2.419), distribuiti su tre circoscrizioni: Nord, Centro e Sud. L’esercito degli aspiranti consiglieri conta in tutto 303 candidati: di questi 124 sono in gara nella circoscrizione settentrionale, che coincide con la provincia di Cosenza; 96 in quella centrale che comprende i territori di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia e 83 in quella meridionale corrispondente all’area della città metropolitana di Reggio. In Calabria sono state presentate 15 liste a sostegno dei quattro candidati presidenti per 30 posti da consigliere.

scegliere un candidato

Anche in Calabria vince il candidato che ottiene più voti

Anche in Calabria vince il candidato che ottiene più voti. Il sistema elettorale calabrese, modificato nel 2014 per superare alcuni rilievi di incostituzionalità sollevati dal governo nazionale all’epoca in carica, è un sistema proporzionale dotato di un robusto premio di maggioranza, ma la legge elettorale non prevede il voto disgiunto. C’è la possibilità di esprimere una sola preferenza per il candidato consigliere regionale: sulla scheda elettorale, cioè, si può apporre una croce solo sulla lista, solo sul nome del candidato presidente o su tutti e due. E’ previsto un premio di maggioranza: la lista che appoggia il candidato presidente che risulta vincente ha garantiti almeno 16 seggi, il 55% del totale.  

elezioni regionali calabria

Elezioni in Calabria

Il Consiglio regionale risulta dunque composto da 30 seggi, compreso il seggio assegnato al presidente della Giunta regionale. L’80% dei seggi del Consiglio regionale (24) è ripartito proporzionalmente in 3 circoscrizioni: Cosenza (9), Catanzaro-Crotone-Vibo Valentia (8), Reggio Calabria (7). Per essere ammessi alla ripartizione dei seggi le coalizioni di liste devono superare l’8%, mentre le singole liste circoscrizionali devono superare il 4% dei voti a livello regionale. I restanti 6 seggi sono assegnati alle liste che appoggiano il presidente eletto qualora queste non raggiungano il 50% dei seggi (15 su 30) nel riparto proporzionale. Altrimenti, se la coalizione raggiunge o supera il 50% dei seggi, ottiene un premio dimezzato di 3 seggi. Qualora la coalizione vincente non raggiunga i 16 seggi (il 55%) dopo l’assegnazione del premio intero, e’ prevista l’attribuzione di questi seggi aggiuntivi togliendoli da quelli dati alle liste di opposizione. Da notare che, a differenza di molte altre Regioni, in Calabria non vige la doppia preferenza di genere.

 


 

NB: Questo articolo è stato scritto in forma originale per questo blog il 26 gennaio 2020