Il referendum costituzionale che “non gliene po’ frega’ de meno a nessuno” verrà rinviato a maggio

Il referendum costituzionale che “non gliene po’ frega’ de meno a nessuno” verrà rinviato a maggio

4 Marzo 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Il referendum costituzionale che non c’è (nel senso che “non gliene po’ frega’ de meno a nessuno”) sta per essere rinviato. Probabile l’election day con le Regionali di metà maggio. Eppure, il comitato del No dice ‘no’ e chiede una data ad hoc

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Il referendum del …

Il referendum costituzionale confermativo sul taglio del numero dei parlamentari (che dovrebbero diventare, da 945 che sono oggi, solo 600) verrà rinviato, dal 29 marzo, quando doveva tenersi, a data da destinarsi e, molto probabilmente, sarà abbinato alle prossime elezioni regionali di maggio.

fraccaro riforme

Fraccaro e la riforma

Parliamo della  cosiddetta ‘riforma Fraccaro’: prende il nome dell’allora ministro ai Rapporti col Parlamento del governo gialloverde, Riccardo Fraccaro e prevede che i parlamentari italiani, da 945, quanti sono oggi, cioè 630 deputati e 315 senatori eletti, più cinque a vita, diventino 600 (-345): 400 alla Camera (-230) e 200 al Senato (-115), più cinque a vita che restano. Un ‘taglio’ di 345 ‘poltrone’.

Il referendum di cui “non gliene po’ frega de meno a nessuno” verrà rinviato a metà maggio, in abbinamento alle Regionali

Translatantico_Montecitorio

Il Translatantico di Montecitorio

Un referendum che – così recita lo humor nero del Transatlantico di Montecitorio – “già non gliene poteva frega’ de meno a nessuno prima del coronavirus, figuriamoci mo’:…”: il referendum era in teoria previsto, appunto, per il 29 marzo, come data, ma sta per essere rinviato sempre a causa dello stesso male che affligge, da settimane, l’Italia: la sindrome e il panico da epidemia coronavirus.

coronavirus

I cittadini, già poco affascinati al tema della consultazione,  in questa fase hanno tutt’altri pensieri per la testa. Il Coronavirus, le conseguenze economiche, le abitudini quotidiane stravolte. Sai quanto gliene importa, ai cittadini di Lodi (e non solo) se i deputati scenderanno da 630 a 400 o i senatori da 315 a 200. E pazienza per Di Maio e Casaleggio che sulla lotta alla Casta hanno costruito una linea (e una fortuna) politica. 

REFERENDUM 2020

Referendum costituzionale

Del resto, è chiaro che il rinvio del referendum avrebbe (e avrà) una motivazione ben più forte, evitare assembramenti di massa e contatti di tutti i tipi. Con le scuole chiuse, il telelavoro, i posti frequentati abitualmente dai cittadini sprangati, le occasioni di assembramento vitati, che senso ha/avrebbe tenere il referendum così presto? È vero che il 29 marzo è, ad oggi, ancora un po’ lontano ma non ha senso mettere in moto una macchina se non si sa se poi arriverà davvero a destinazione. Insomma, se non si può andare in una chiesa per pregare non si vede perché si debba far la fila a un seggio per un referendum confermativo. E poi la campagna elettorale – ammesso che qualcuno abbia ancora voglia di farla – dovrebbe essere già cominciata, in teoria, e i comizi elettorali indetti. Ma provateci voi a fare un comizio, nella situazione attuale del Paese, e vediamo chi ci va.

 

Se non si può pregare o andare a scuola chi farà i comizi?

conte lamorgese

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese

Infine, i 300 milioni previsti per il referendum possono essere spesi in questa fase per cose molto più utili. Ecco perché il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, con l’avallo del Quirinale e d’intesa con le forze politiche e i comitati proponenti, stanno per sfornare, al cdm di giovedì prossimo, un decreto legge che rinvii la consultazione

Federico DIncà

Federico D’Incà

La decisione finale – annunciava già ieri mattina il ministro ai Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà (M5S) – la prenderà il Consiglio dei Ministri nel cdm di giovedì prossimo, ma tutto lascia presupporre che, molto probabilmente, il referendum verrà abbinato alle prossime elezioni regionali che, sempre coronavirus permettendo, si terranno in una data ancora da fissare verso metà maggio.

D’Incà ha spiegato la cosa così: “Per ora è confermato ma questa è la settimana per decidere se confermarlo o spostarlo a maggio con le regionali. Decidiamo entro giovedì. Si deve dare la possibilità che ci sia campagna informativa ovunque, anche nelle zone rosse. E’ una valutazione da fare nei prossimi giorni, ma è un grande passaggio, la riforma istituzionale”.

 

Il malumore dei comitati del No: hanno chiesto il rinvio, ma ora dicono di ‘no’ anche all’abbinamento con le Regionali

comitato del no

Il malumore dei comitati del No

La notizia del possibile e molto probabile rinvio ha però messo di malumore molti dei proponenti, cioè il ‘Comitato del No’, composto principalmente da tre forze: il comitato dei senatori trasversali (dal Pd a FI) di un fronte largo e trasversale che ha raccolto le firme necessarie per andare a referendum (ben 76 erano, sulle 64 necessarie); il partito dei Radicali Italiani; la Fondazione Einaudi. Tutti e tre, peraltro molto legati tra loro, chiedono di ‘non’ abbinare il referendum alle Regionali come vedremo meglio più avanti. Ma la decisione, ormai, il governo – organo costituzionalmente preposto a stabilire la data dei referendum, abrogativo o confermativo che sia – l’ha presa e vi terrà fede. Problemi ‘costituzionali’ non ve ne sono: il governo decide in autonomia e il referendum è confermativo, non abrogativo, quindi non abbisogna di quorum per risultare valido.

referendum abrogativo

Vuol dire che, in caso si fosse trattato di dover abbinare a un altro genere di elezione, un referendum abrogativo, l’abbinamento non sarebbe stato possibile perché a un referendum abrogativo serve il quorum, per essere dichiarato valido, e un’altra competizione elettorale abbinata lo sfalserebbe. Con il referendum confermativo, senza quorum, il problema non si pone. La verità è che i proponenti del ‘comitato del No’, peraltro assai diviso, al suo interno (di ‘comitati del No’ ce ne sono diversi e di diverso orientamento politico) non vogliono l’abbinamento perché, ma questo non lo dicono, abbinandolo a elezioni importanti come le future regionali (si vota in sei regioni grandi) l’affluenza sarà certo molto alta e, dunque, le possibilità che vinca il ‘Sì’ anche. Invece, il comitato del ‘No’ aveva intrapreso la tattica del ‘meno siamo, meglio stiamo’, nel senso che con una bassa affluenza la possibilità che potessero vincere i ‘No’ poteva diventare o diventerebbe di certo ben più realistica.

 

Eppure, proprio i comitati del No chiedevano lo slittamento…

cdc no referendum 2020

Eppure, proprio i comitati del No chiedevano lo slittamento…

Eppure, i primi a chiedere uno slittamento della consultazione popolare sono stati proprio i Radicali e +Europa, membri del comitato del No costituzionalmente formatosi come organo dello Stato perché, causa sindrome da epidemia, la competizione ne risulterebbe sfalsata per tre ordini di motivi: 1) molte delle scuole dove si doveva votare resteranno chiuse non si sa ancora per quanto tempo; 2) nelle ‘zone rosse’ non si sarebbe potuto comunque votare, discriminando quei cittadini; 3) la campagna elettorale, che sarebbe dovuta partire un mese prima, il 29 febbraio, non è mai iniziata.

Massimo Villone

Massimo Villone

Insomma, si creava un vulnus al diritto costituzionale di voto di tutti i cittadini. Inoltre, per Massimo Villone, costituzionalista e presidente del comitato “No al taglio del Parlamento” (la ‘sinistra’ del NO), uno dei 14 comitati che sono nati contro la riforma costituzionale, non c’è dubbio: “bisogna rinviare il referendum del 29 marzo, a causa dell’emergenza coronavirus”. Ma mentre a Villone e agli altri comitati della ‘sinistra del No’  va bene l’abbinata alle Regionali, alla ‘destra del No’, invece, no. 

fondazione Einaudi

Fondazione Einaudi

La Fondazione Einaudi (che ha promosso la raccolta firme insieme ai Radicali e ai senatori Cangini, Pagano e Nannicini) è contraria al rinvio e alla possibilità che la consultazione popolare possa esser accorpata alle regionali. In ogni caso, si legge in una nota, il governo – al quale chiedono un incontro – prima di decidere ha “l’obbligo politico, morale e istituzionale di consultare i promotori”.

 

Cangini (fronte del NO): “ok spostare, ma in una data ad hoc”

Cangini Andrea

Il senatore Andrea Cangini

Lo spostamento di un mese potrebbe essere un’idea. Un’altra – dice il senatore Andrea Cangini (FI), varo animus pugnandi del comitato del No in merito alle possibili vie d’uscita che si aprono ora – potrebbe essere confermare la data ma potenziare l’informazione. In ogni caso la meno praticabile è proprio l’abbinamento con le regionali. Tanto per cominciare il fatto che si voti in 5 regioni e non in tutta Italia falserebbe il risultato. Non esiste una norma specifica. Nel 2000 – ricorda ancora Canginii Radicali chiesero di abbinare alcuni quesiti referendari alle regionali di quell’anno ma il Quirinale fece osservare che non era opportuno insistere perché si trattava di due consultazioni diverse per materia e contenuto”. Insomma, per i senatori del ‘No’, l’election day non s’ha da fare e chiedono sì un rinvio, ma al massimo di un mese, senza alcun accorpamento. E la Fondazione Einaudi preannuncia ricorsi alla giustizia ordinaria proprio in caso di ‘election day’ con le Regionali.

 

Ma il governo va avanti: la scelta dell’election day a maggio

election day

Election-Day a Maggio

La cosa curiosa è che, dopo che, sia dal Colle che dal governo, erano arrivati, per lungo tempo, segnali di ‘freno’ e di ‘calma’ che si traducevano nell’intenzione di voler tenere la consultazione il 29 marzo per evitare – così si diceva – il “diffondersi del panico” (sic), in questi giorni di emergenza coronavirus, l’idea di rinviare il referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari, ha iniziato sempre più a interrogare il Colle e il governo che, appunto, prenderà una decisione giovedì.

Ceccanti Stefano

Il costituzionalista e deputato dem Stefano Ceccanti

Tra le possibili date che il governo prenderà  in esame le più gettonate sarebbero il 17 o il 24 o il 31 maggio, in un abbinamento, accorpandolo alle Regionali e comunali, in un unico election day.

E, anche se non ci sono precedenti (i referendum costituzionali confermativi si sono sempre tenuti in date ad hoc e mai abbinati a altri tipi di elezioni, politiche o locali), nulla osterebbe a una tale scelta. Questa è la convinzione di alcuni costituzionalisti, tra cui il dem Stefano Ceccanti.

votazioni

Voto

Inoltre, è sempre il ragionamento che sta prendendo piede sia nella maggioranza che tra alcuni esponenti di governo, chiamare i cittadini alle urne per le elezioni locali e per il referendum nella stessa giornata consentirebbe anche un risparmio in termini di costi. In ogni caso, le prime risorse sono già state impegnate e la macchina elettorale operativa si era già messa in moto: ad esempio, sono stati già spediti i plichi contenenti le schede per far votare gli italiani all’estero.

 

Nulla osta l’election day, ma serve un decreto e l’ok del Colle

decreto del Presidente della Repubblica

Occorre un decreto del Presidente della Repubblica

Per spostare la consultazione popolare, ad oggi ancora in programma per domenica 29 marzo, senza una nuova legge che poi dovrebbe essere convertita dalla Camere occorrerebbe un decreto del Presidente della Repubblica, da emanare entro il 23 marzo, così da far svolgere il referendum in una data compresa tra il 50 esimo e il 70 esimo giorno successivo al decreto di indizione.

Sergio Mattarella “è il momento della responsabilità e dellunità”

Sergio Mattarella, “è il momento della responsabilità e dell’unità”.

Ma al di là degli aspetti tecnico-normativi, al Quirinale si ritiene che la decisione spetti al governo, sentite in modo preventivo tutte le forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione. Ieri sera è stata già l’occasione per un primo giro di opinione: sono stati consultati prima tutti i capigruppo delle forze della maggioranza parlamentare si trovavano a palazzo Chigi per l’incontro convocato dal premier sulle misure economiche per fronteggiare l’emergenza coronavirus, e dopo anche quelli di opposizione. Infatti, il governo dovrà avere il consenso di tutti i gruppi parlamentari delle Camere.

ministero interno

Invece, secondo altri tecnici esperti in materia, la strada da seguire sarebbe quella, più semplice, di un’iniziativa assunta dal ministero dell’Interno che però dovrebbe almeno convocare il Comitato promotore dei 76 senatori del NO che hanno raccolto le firme e chiesto l’indizione del referendum in quanto, dal momento del deposito delle loro firme in Cassazione, questi sono diventati un ‘potere dello Stato’, come sempre avviene, per i comitati promotori, quando un referendum viene ammesso.

 

Per Ceccanti (Pd) “L’abbinamento è logico e conveniente”

riforma fraccaro parlamento

L’Italia, oggi il Paese in Europa con il maggior numero di rappresentanti eletti in Parlamento

Con il via libera (per nulla scontato, però, come abbiamo visto) del comitato del No, e il placet delle principali forze politiche, si potrebbe quindi emanare un decreto che poi dovrebbe incassare senza problemi l’ok del Parlamento. Di certo, le misure restrittive assunte per evitare il diffondersi del contagio stanno limitando la campagna informativa e rischiano di mettere a dura prova non solo la macchina organizzativa, con l’aggravante di molti istituti scolastici chiusi per l’emergenza, ma soprattutto la partecipazione dei cittadini alla consultazione popolare. Il vulnus, appunto.

vulnus

Nel linguaggio giuridico, offesa di un diritto, l’elemento costitutivo di un reato; nel linguaggio corrente, più genericamente, offesa, danno.

Per Ceccantirinviare il referendum è una scelta delicatissima che si può fare per decreto, ma certo ci devono essere ragioni serissime, come l’indisponibilità dei locali scolastici. Qualora si decidesse di rinviare mi sembra difficile non accorpare il referendum alle elezioni regionali perché altrimenti, in molte località, a poche settimane di distanza, le urne si aprirebbero tre volte: primo turno amministrative regionali, secondo turno delle amministrative e poi referendum costituzionale”.

schede referendum

Schede del referendum

 Peraltro – continua il costituzionalista dem Ceccantinon esiste nessun divieto di accorpamento per i referendum confermativi. Ce n’è solo uno per gli abrogativi, ma riguarda solo le elezioni politiche, tant’è che nel 2009 il referendum abrogativo Guzzetta (che voleva introdurre un sistema elettorale maggioritario e che non passò, ndr.) venne abbinato al secondo turno delle amministrative proprio per evitare tre scadenze diverse ravvicinate”.

 

Far slittare il referendum ha però anche una finalità politica: impedisce le elezioni anticipate e blinda l’intera legislatura

elezioni politiche anticipate

Le elezioni politiche anticipate

A queste considerazioni, poi, si aggiungono anche alcuni ragionamenti più politici che riguardano la durata della legislatura e il destino del governo. Ormai era assodata l’impraticabilità della strada delle elezioni anticipate prima dello svolgimento del referendum il 29 marzo, ma era ormai  assodata anche la difficoltà, se non l’impossibilità, dello svolgimento di elezioni politiche anticipate anche dopo il 29 marzo, giorno della convocazione del referendum costituzionale, quindi entro luglio 2020. E questo a causa dei due mesi di tempo necessari, e obbligatori, di ‘pausa’ (aspettare i risultati, vidimarli, attendere la vacatio legis e ridisegnare i collegi elettorali sulla base del nuovo numero di parlamentari, ove vincessero i sì). Ne consegue che, a maggior ragione, spostare a maggio la data della consultazione popolare significa di fatto blindare l’esecutivo fino a tutto il 2020. Infatti, sempre a causa del lungo lasso di tempo che dovrà intercorrere tra lo svolgimento del referendum e le ‘pratiche’ successive, ma obbligatorie, da sbrigare (ripetiamole: proclamazione dei risultati da parte della Corte di Cassazione, pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, 15 giorni di vacatio legis, almeno due mesi per ridisegnare i collegi elettorali e farli approvare), la prima ‘finestra’ elettorale tecnicamente possibile (ma politicamente assai sconsigliabile) si aprirebbe a ottobre 2020, quando il governo sarà impegnato a varare la manovra economica, cioè la legge di Stabilità.

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Un simbolo della Manovra Economica

Già in tempi normali (come successe, per dire, l’anno scorso) andare a votare sarebbe stato un azzardo, figurarsi ora con il tormentone e l’incubo pandemia e tutto quello che ne conseguirà sul piano della tenuta dei conti pubblici e delle manovre ‘finanziare suppletive’, cioè aggiuntive, che il governo dovrà varare per cercare di evitare la recessione economiche. Morale, con il referendum a metà maggio, di elezioni anticipate non se ne parla fino, almeno, agli inizi del 2021, con buona pace di chi ci sperava.

Infatti, se sul piano teorico, il rinvio del referendum a metà maggio renderebbe impossibile l’eventuale voto anticipato prima di ottobre-novembre, sul piano pratico lo renderebbe implausibile prima del febbraio 2021, cioè quando saremo alla vigilia del semestre bianco (agosto 2021) che prevede che le elezioni anticipate sono vietate per preciso ed espresso dettato costituzionale.

 

Le reazioni della Politica davanti alla novità dello ‘slittamento’

Giuseppe Conte

Giuseppe Conte

 

Diverse le reazioni politiche davanti all’ipotesi dello slittamento del referendum costituzionale. Per il Pd, tanto per cambiare, l’ultima parola spetta a Conte. Più scettico il Movimento 5 stelle: il capo politico ‘reggente’, Vito Crimi, spiegava all’AGI che “Non penso si debba rinviare un appuntamento così importante. Detto questo, non è una decisione esclusivamente politica, ma deve basarsi su un approfondimento accurato e valutazioni tecniche sulla possibilità di tutelare la salute pubblica in primis”.

vito crimi

Vito Crimi

In realtà, proprio dentro l’M5s si guarda con favore ad un accorpamento con le Regionali e le amministrative (il primo turno delle amministrative cadrà il 17 maggio, il secondo è fissato il 31): porterebbe alle urne più cittadini, con maggiori chance di successo del Sì. Una minore affluenza di elettori favorirebbe invece il No: i contrari al taglio andrebbero tutti o quasi ai seggi, i favorevoli ne sarebbero meno motivati, di fronte alle difficoltà legate al protrarsi del coronavirus. Ecco perché, appunto, il comitato del No è contrario all‘election day: più gente va a votare, più vincerà il Sì. 

Matteo_Renzi

Cosa ha in mente, davvero, Matteo Renzi?

Matteo Renzi alcuni giorni fa, in un’intervista, spiegava che “Penso che alla luce del coronavirus si debba anticipare il decreto sul taglio delle tasse. II referendum non interessa nemmeno gli addetti ai lavori”.

Salvini

Il leader della Lega Matteo Salvini

Per Matteo Salvinidecide il governo”: la Lega, schierata a favore del sì al taglio degli eletti, non si pronuncia, cioè, sull’opportunità o meno di un rinvio perché teme ripercussioni nei sondaggi.

giorgia Meloni

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni si rimette alle decisioni delle autorità competenti, anche se “io sarei per rispettare la scadenza”, anche perché – nota giustamente la leader di FdIfinché non si celebra il referendum ci diranno che non si può votare”. Ed ecco che torna il tema delle elezioni politiche anticipate.

Come è diventata legge dello Stato la riforma Fraccaro

Fraccaro taglio parlamentari

La riforma Fraccaro, cioè la proposta di ridurre il numero dei parlamentari per ‘risparmiare’ e ‘sconfiggere’ la ‘Casta’

Ma da dove nasce il referendum costituzionale in oggetto? La riforma Fraccaro, cioè la proposta di ridurre il numero dei parlamentari per ‘risparmiare’ (sic) e ‘sconfiggere’ la ‘Casta’ (ri-sic) è uno storico cavallo di battaglia dei 5Stelle (da diverse legislature) ed è diventata legge dello Stato nell’ottobre 2019, cioè dopo la nascita del governo Conte bis. La riforma è stata partorita dopo aver passato, in un anno, il vaglio di quattro letture conformi, a maggioranza assoluta, in entrambe le Camere (doppia lettura qualificata) ma non ha ottenuto sempre la maggioranza qualificata (in particolare l’ultima lettura del Senato, passata solo a maggioranza sempre), maggioranza ‘mancata’ che ha permesso la richiesta di referendum. Inoltre, dal punto di vista politico, il voto favorevole al referendum sul taglio dei parlamentari è stata una delle richieste – una conditio sine qua nonposte dal M5S al Pd per far nascere il governo giallorosso (nel nuovo contratto di governo era scritto nero su bianco) e  il Pd, che aveva sempre votato contro, nelle prime tre letture, ha detto sì.

 

Il Pd si è pentito di aver detto ‘sì’, ma ormai è tardi…

Nicola Zingaretti

Nicola Zingaretti

Tranne poi pentirsene, il Pd, di quel ‘sì’, ma solo molto di recente, come si è notato nelle parole pronunciate dal suo stesso leader, Nicola Zingaretti, dal palco dell’assemblea nazionale del partito. Ma, come si suol dire, cosa fatta capo ha: il referendum c’è e il governo aveva fissato la data del suo svolgimento, con un decreto, per il prossimo 29 marzo, solo che ora sarà spostato di due mesi.

Tommaso Nannicini

Tommaso Nannicini

Il Pd si ‘pentito’ e molti dei suoi esponenti, al di là di Nannicini, voteranno ‘no’ in modo silenzioso, ma i 5Stelle si giocano, sul referendum, la loro credibilità politica (o, meglio, ciò che ne rimane, dopo le numerose batoste elettorali) e la Lega, oltre a Fratelli d’Italia (Forza Italia, invece, è più schierata per il NO), non può certo dire dire di ‘no’ a una riforma che taglia le aborrite ‘poltrone’.

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Morale, quando si terrà, a prescindere che scatti o meno un election day, gli italiani voteranno ‘sì’ alla riforma che taglia il numero dei parlamentari. I quali, con la tanto discussa riforma, saranno di meno, ma funzioneranno anche molto peggio. Ma questo, cioè le conseguenze che porterà con sé il taglio dei parlamentari, è un altro discorso e, dunque, una buona materia per un prossimo articolo.

 


 

NB: Questo articolo è stato pubblicato il 4 marzo 2020 sulle pagine del sito di notizie Tiscali.it