I ‘conti della serva’. I soldi per il nuovo decreto di aprile non bastano per tutte le cose da fare

I ‘conti della serva’. I soldi per il nuovo decreto di aprile non bastano per tutte le cose da fare

5 Aprile 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

I ‘conti della serva’. I soldi per il nuovo decreto di aprile non bastano per tutte le cose da fare. Intanto, tra Rimpasto, crisi di governo e Governissimo, la ‘vecchia’ politica torna a farsi sotto e assediare l’attuale premier

Giuseppe Conte

Giuseppe Conte, inizia a sentire risuonare, attorno a se, parole della ‘vecchia’ Politica

 

Mentre i dati sulla mortalità, la pervasività e i positivi nel contagio del Covid19 rallentano, almeno in Italia, Giuseppe Conte, inizia a sentire risuonare, attorno a se, parole della ‘vecchia’ Politica, quella che andava in onda, tutti i giorni, ‘prima’ dell’irrompere sulla scena pubblica della Grande Mietitrice. Parole come rimpasto, cabina di regia, governissimo tornano a farsi sentire, anche se, ovviamente, suonano strane e fastidiose, alle orecchie di Conte, ma tant’è: la Politica, e i suoi antichi stanchi, logori, ma sempre uguali a se stessi, riti  hanno ripreso a incalzarlo, e molto da vicino.

 

La ‘cabina di regia’ del governo per ora è partita, ma a singhiozzo

cabina di regia

La cabina di regia è partita ma a singhiozzo

Il premier – molto poco convinto e per nulla entusiasta di doversi trovare di fronte, tra i tanti problemi che ha e che lo assillano, Salvini, Meloni e Tajani in formato ‘mascherina’, – ha dovuto cedere alle pressioni dei suoi partner di governo (Pd e M5S) e soprattutto a quelle del Colle più alto. E ha concesso quel confronto “più intenso” con le opposizioni che aveva citato nel suo intervento al Senato il 26 marzo (alla Camera neppure l’aveva citato, se lo era scordato, poi una telefonatina del Colle glielo ha fatto reinserire nella replica al Senato). E così, ieri, ma un’altra ce ne sarà anche oggi e una prima si era tenuta l’altro ieri, è stata apparecchiata una nuova riunione della ‘cabina di regia’ tra il governo e l’opposizione parlamentare sul decreto di aprile, quello che prevede nuovi aiuti economici a imprese e famiglie, e che, appunto, si chiama – davanti alle masse – ‘Cura Italia’ bis.

 

A coordinare i lavori c’è il pentastellato, di rito diccì, D’Incà

Federico DIncà

Federico D’Incà

A coordinare la videoconferenza con i capigruppo e i responsabili economici di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, è il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà (M5S), ufficialmente incaricato da Conte di costruire un più intenso percorso di condivisione con la minoranza.

E proprio D’Incà – antica sapienza da ex moroteo dc del Veneto, uno abituato a ‘sopire e troncare’ che starebbe bene, e a suo agio, dentro Base riformista, la corrente degli ex renziani moderati del Pd guidati dal ministro alla Difesa Lorenzo Guerini, un altro sapiente ex diccì a tutto tondo – commenta così l’esito della riunione, durata circa due ore: “E’ stato un confronto intenso e costruttivo”.

Lorenzo Guerini

Lorenzo Guerini

Amen, parce sepulto, il confronto e il dialogo, si potrebbe dire, perché maggioranza e opposizione (c’era anche una delegazione del partitino di Toti, sic..) non si sono trovati d’accordo su nulla o quasi, anche se alcune proposte delle opposizioni potrebbero essere assorbite , sotto forma di emendamenti al Cura Italia, mentre altre sono state dirottate sul dl liquidità e sul decreto di aprile.

 

Le promesse di Boccia e quelle della coppia Misiani&Castelli

promesse

Le promesse di Boccia e quelle di Misiani&Castelli

Sempre ieri si è tenuta anche la riunione fra governo ed enti locali in videoconferenza dalla sede della Protezione civile. “È stato un ottimo confronto con Regioni, Anci e Upi – assicura il ministro agli Affari regionali Francesco Bocciache si è svolto in un clima di lealtà e collaborazione”, ma gli attriti ci sono stati eccome. Basti pensare che le Regioni chiedono di gestire direttamente le risorse del Fondo Nazionale Politiche sociali: 900 milioni per il 2019/2020.

 

La manovra di aprile sarà di almeno 50 miliardi, dice il governo

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Il viceministro all’Economia Laura Castelli (M5S)

Insieme al ministro Boccia, all’incontro, c’erano anche i due viceministri all’Economia di M5S e Pd, la tignosa Laura Castelli e il pacioso Antonio Misiani.

misiani

Antonio Misiani

Sul tavolo c’era l’esame di una prima parte delle proposte segnalate dalle opposizioni e che dovrebbero essere inserite nel nuovo provvedimento economico di aprile, quello che punta a destinare una somma totale non inferiore a 50 miliardi di euro a famiglie, imprese e lavoratori, ma la riunione è stata aggiornata a domani, quando sarà presente anche il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, mentre il cdm con le nuove misure del ‘decretone’ economico si terrà tra oggi e lunedì: probabile che, come l’ultima scorsa, si faccia ‘notte’, oggi, a palazzo Chigi, per scriverlo.

 

Il retroscena. “Sono i tecnici del Mef a bloccare sempre tutto”…

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Il retroscena. “Sono i tecnici del Mef a bloccare tutto”…

Come racconta un autorevole protagonista del tavolo, “davanti a opposizioni, presidenti di regione e sindaci, tutti collegati in video-conferenza, funziona così: tutti i soggetti interessati chiedono tutto, come se non ci fosse un domani o come se l’Italia potesse stampare moneta per trovare tutti quei soldi”. Poi Misiani (viceministro all’Economia in quota Pd, ndr.) e la Castelli (viceministro all’Economia in quota M5S, ndr.) promettono che ‘va bene, dai, vediamo, questa si può fare, questa forse, su questa dobbiamo riflettere, approfondire’. Infine, arrivano i tecnici del Mef, in particolar modo due, di stretta fiducia del ministro Gualtieri, ma lì da molti anni, vera e inamovibile ‘casta’, e dicono ‘questo no, questo no, quest’altro neppure, non ci sono le coperture, ci dispiace’”. Insomma, siamo al classico: la risposta da tempi ‘normali’ in tempi che, invece, sono eccezionali, con i tecnici del Mef che si comportano come l’Ue: calcolatori, freddi, disumani.

E se le opposizioni, ovviamente, ne escono le più scontente di tutti, dalle promesse non mantenute, anche dentro Pd e M5S si borbotta e si mugugna.

 

Le opposizioni si fanno sotto e si mostrano assai fameliche

conte salvini

Il problema di Conte si chiama ancora Salvini

Inoltre, il problema di Conte si chiama ancora Salvini. Il leader della Lega – che ripete di voleraffidare se stesso e il Paese intero al “cuore immacolato di Maria(sic) – è tornato a risalire nei sondaggi mentre resta alta la Meloni. Persino Berlusconi e Forza Italia tornano a far parlare di sé. La Lega cresce nei sondaggi e la pax da Covid19, che pure hanno garantito, nelle ultime settimane, durante i dibattiti ‘contingentati’ dentro le aule parlamentari, sta per andare a farsi benedire.

Berlusconi_Meloni_Salvini

I tre leader del centrodestra: Berlusconi, Meloni e Salvini

Salvini non vuole sentire ragioni: gli emendamenti della Lega al ‘Cura Italia’, oggi in corso di discussione al Senato (aula convocata per l’8 aprile), vanno “discussi tutti, uno per uno, e non saranno ritirati”. Fratelli d’Italia, per l’antica logica dell’ ‘acca’ nisciun’ è fess’, ha deciso che, a questo punto, non ritira neppure i suoi. E Forza Italia risponde avanzando  i propri.

Insomma, ognuno dei tre partiti dell’opposizione di centrodestra vuole fare ‘la parte’ di chi, pur senza stare al governo, ha davvero “a cuore” gli interessi degli italiani. Salvini chiede e ottiene visibilità, e ‘chi se ne frega’ se, in questo modo, il dl ‘Cura Italia’ non marcerà affatto spedito verso la sua conversione in legge, ma dovrà affrontare le secche e gli scogli della navetta parlamentare.

 

Il centrodestra gioca al ‘più uno’ anche sul ‘Cura Italia’

decreto salvaitalia

Il decreto cura-Italia

E così i partiti del centrodestra giocano già al ‘più uno’, come se si trattasse di varare la consueta manovra di bilancio d’autunno: il governo stanzia ‘tot miliardi’ e l’opposizione (qualsiasi opposizione, lo faceva anche il Pd quando si trovava su quei banchi…) ribatte che “non bastano, ne servono di più” oppure che “le priorità sono altre” o che “noi li avremmo spesi meglio” e via di questo passo.

Per non parlare dell’‘anti-europeismo’ congenito della destra italiana, che a destra si porta sempre bene, in ogni stagione, ma che è aiutato, va detto, dalle posizioni recenti di Bce, Paesi Ue e commissione Ue, sordi e ciechi davanti al virus pandemia, che non vogliono stanziare un cent più del dovuto o che si limitano a dare risposte ‘ordinarie’ in tempi straordinari. Morale: Salvini chiede di stanziare “500 miliardi e oltre”, la Meloni vorrebbe dare “mille euro” a ogni italiano e italiana (esclusi, si capisce, i cittadini extracomunitari residenti…) e FI chiede soldi a pioggia per tutti: partite Iva, agricoltori, professionisti, imprenditori, spazzini, medici, e via dicendo, ma – si badi bene – dice no “a ogni forma di patrimoniale”, presupponendo, forse, che i soldi crescano sugli alberi.

 

“Così facciamo crack”: la denuncia del sindaco di Pesaro Ricci

Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci Pd

Il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci (Pd)

Del resto, è pur vero mancano i soldi per fare tutto: i sindaci non hanno i soldi per garantire il normale funzionamento dei loro comuni. Il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci (Pd) – il primo sindaco italiano a iniziare la distribuzione degli aiuti alle famiglie, indigenti storici (250 persone) e indigenti da coronavirus (2500) che consegna personalmente, nel suo comune – spiega che, per i comuni, lo Stato deve sborsare “almeno 4 miliardi, non il miliardo promesso, altrimenti la metà di noi va in bancarotta perché da mesi non riscuotiamo più le tasse ma dobbiamo pagare ugualmente il personale e i servizi”. Inoltre, Autonomi e partite Iva chiedono di avere molto di più della – vera – elemosina dei 600 euro varata dal governo a marzo mentre gli agricoltori chiedono di reintrodurre i voucher, gli imprenditori di riaprire le fabbriche, il mondo del cinema e dello spettacolo chiede sussidi, il turismo annuncia il crack, e via discorrendo, in quanto a cahiers de doleances di tutti.

 

La tensione, anche tra Conte e Gualtieri, inizia a crescere…

conte gualtieri

La tensione, tra Conte e Gualtieri, inizia a crescere…

Inoltre, si registra una crescita del ‘picco’ di tensione tra il premier e il suo ministro all’Economia, Roberto Gualtieri, con cui, fino a ieri, andava d’amore e d’accordo. Le novità che attendono il cdm che dovrebbe tenersi oggi riguardano tre punti: il cd. “dl liquidità” (per le imprese), il decreto scuola, l’estensione del golden power annunciata da Riccardo Fraccaro. Ma la strada, però, resta in salita.  

Ne parlo in questo articolo uscito il giorno seguente a quello che state leggendo e che trovate a questo link: Il “gabinetto di guerra” di Conte ricorda quello di Churchill? Le nuove misure economiche del dl liquidità

Fraccaro Riccardo

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro

E se il governo sembra imboccare la via di un non facile dialogo con le opposizioni, lo spettro di nuove tensioni, anche dentro la maggioranza, si affaccia proprio quando si inizia ad affacciare l’ipotesi di varare una task force sulle ‘riaperture’.

 

Anche il Mes torna a essere un terreno di scontro

il cavallo di troia

Il cavallo di Troia per ottenere i Covid-bond

Inoltre, sullo sfondo, c’è l’Eurogruppo di martedì dove è tutt’altro scongiurata la possibilità che sul tavolo dei ministri economici dell’Unione finisca l’utilizzo del Mes. Con l’M5S che fibrilla e va in piena ebollizione perché, sul punto, la pensa come Salvini, la Meloni, etc (‘no’ al Mes). Del resto, l’idea di un “Mes lightnon convince Conte e spaventa il M5S, e inizia a preoccupare anche il Pd, ma potrebbe essere il cavallo di Troia per ottenere almeno, per finalità specifiche, quei Covid-bond comunitari che restano la stella polare del governo Conte.

 

La corsa contro il tempo per il cdm di domenica notte…

ministro dellEconomia Roberto Gualtieri

Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri

Nel governo, intanto, è partita la corsa contro il tempo per arrivare al Cdm già stasera, lavorando l’intera domenica, ma il dl liquidità non è pronto ed è possibile quindi che la riunione del consiglio dei ministri slitti a lunedì, come poi è stato. Ed è su questo decreto che persistono ancora difficoltà tecniche e politiche di varia natura e tutte dentro la maggioranza. Innanzitutto, sull’entità della garanzia statale per i prestiti bancari alle aziende. Italia Viva chiede una garanzia al 100%, trovando sulla stessa linea anche il M5S, in un inedito asse, ma il titolare del Mef Roberto Gualtieri frena e in serata concede solo che “la garanzia sarà al 100% per i prestiti fino a 800mila e aumenteremo al 90% per i prestiti fino al 25% del fatturato”. La differenza è sensibile perché una garanzia al 90% non esonera le banche dalle procedure di verifica delle solvibilità tipiche dell’erogazione dei prestiti, rischiando di ritardare l’erogazione della liquidità.

 

Il pressing di Iv e M5S sulle garanzie di Stato per i prestiti

vito crimi

Vito Crimi

Altro tema aperto è come garantire i prestiti alle imprese. Il M5S spinge perché le garanzie arrivino attraverso Cassa Depositi e Prestiti, ma nel Mef si è fatta spazio l’idea di usare Sace, controllata di Cdp che, a quel punto, verrebbe trasferita direttamente sotto l’egida di via XX settembre.

Idea che, al Movimento, proprio non piace. Così come i Cinque Stelle guardano con un certo scetticismo all’istituzione di quella task force sulle riaperture caldeggiata da giorni dal Pd. “Dovrà essere fatta da gente che sa costa sta accadendo, professionisti, imprenditori. Non serve l’Accademia”, avverte il ‘reggente’ Vito Crimi.

Andrea Marcucci

Il capogruppo dei dem al Senato, Andrea Marcucci

Serve in tempi rapidi una cabina di regia con scienziati, amministratori, categorie. Bisogna coinvolgere tutti” rilancia invece il capogruppo dei dem al Senato, Andrea Marcucci. Conte, spiegano fonti di governo, ha dato piena disponibilità a una condivisione delle scelte sulla ripresa, ma, più che di cabina di regia in senso istituzionale, a Palazzo Chigi preferiscono parlare di ‘raccordo’ con i principali attori coinvolti, partiti e non.

 

I due pilastri del nuovo decreto di aprile: imprese e famiglie

aprile 2020

Famiglie e imprese sono dunque i due pilastri che sorreggeranno il decreto economico di aprile che il Cdm dovrebbe varare fra oggi e lunedì con l’obiettivo di dare ossigeno a imprenditori e lavoratori piegati dall’emergenza coronavirus. Il cuore del decreto saranno i finanziamenti per garantire i prestiti delle banche alle imprese: circa 10 miliardi in grado di iniettare nel sistema economico 200 miliardi di euro. Una mossa che non vede tutti d’accordo: il braccio di ferro fra il Pd e Italia Viva, avente per oggetto la quota del prestito da garantire, è stato ed è ancora lungo e faticoso. “Non c’è nessun braccio di ferro sulla quota di garanzia per i prestiti alle imprese. Il Pd lavora per assicurare alle imprese liquidità nel più breve tempo possibile”, sottolineano fonti del Pd per cercare di smorzare i toni.

renzi italia viva

Renzi Leader di Italia Viva

Ma il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ha spiegato in una intervista che “la nostra proposta ha come punto centrale il fatto che lo Stato dia alle banche la garanzia al cento per cento e le banche automaticamente bonifichino sul conto corrente delle partite Iva, tutte, purché siano piccole e medie, sotto i 40-50 milioni di euro, fino all’equivalente del 25% del fatturato dello scorso anno”.

 

Anche il dibattito sul “golden power” infiamma gli animi

Matteo Salvini

Matteo Salvini

Alle imprese guarda anche il provvedimento sulla golden power per le realtà italiane più ‘appetibili’ dai mercati esteri: siamo diventati fragili e altri Stati o singoli speculatori potrebbero tornare a considerarci come terra di conquista. Il leader della Lega, Matteo Salvini, dice di aver chiesto al governo “di approvare la Golden Power, cioè che l’Italia possa dire no alla possibilità di acquistare da parte straniera”, ma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, spiega che la norma è già pronta e sarà approvata nel primo provvedimento utile: “L’emergenza Coronavirus non metterà a rischio il nostro patrimonio produttivo e industriale” aggiunge Fraccaro.

 

L’altro punto di dissidio nel governo è il reddito di cittadinanza

Stefano Patuanelli

Il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli

Intanto, il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, precisa che varrà anche per le piccole e medie imprese e avrà effetto anche per i tentativi di acquisizione provenienti dall’area euro. Una scelta, quella del governo, che raccoglie il plauso quasi unanime delle forze politiche, da Giorgia Meloni al Partito Democratico. Forze politiche concordi anche sulla necessità di prevedere l’estensione del Reddito di cittadinanza, seppure declinato in maniera diversa da partito a partito. Matteo Renzi e Matteo Salvini, ad esempio, vorrebbero evitare l’effetto ‘paghetta’, ovvero che la misura messa in campo dalla ministra del Welfare, Nunzia Catalfo, inneschi meccanismi assistenzialisti.

catalfo nunzia

Nunzia Catalfo

Il leader di Italia Viva chiede che l’applicazione della misura sia ben delimitata nel tempo e nella scelta dei percettori. Il Pd, sottoscrivendo la proposta, suggerisce di far scadere il provvedimento ad agosto. Complessivamente, il pacchetto lavoro varrà circa 15 miliardi e, oltre al Reddito di Emergenza, prevede l’ampliamento della Cassa Integrazione (che ora copre solo 9 settimane); aumentare e prorogare l’indennità per gli autonomi da 600 a 800 euro, fino al mese di maggio, etc.

 

Dentro la maggioranza tornano a sentirsi diversi spifferi

protezione civile

Protezione civile

Il guaio è che tutta l’impalcatura inizia a scricchiolare. La triangolazione tra Giuseppe Conte, il comitato tecnico scientifico e i due commissari – visti come una sorta di decisori di ultima istanza nelle conferenze stampa delle 18 – alla Protezione civile, Borrelli e Arcuri, è stata accettata di buon grado nelle fasi più convulse della crisi, ma non lo può essere nella programmazione e nella gestione della pur prudente e progressiva riapertura. Il Pd nota errori e contraddizioni della fase emergenziale: non vuole criticare Palazzo Chigi per non destabilizzare Conte, ma ora, alla luce degli ultimi giorni, i dirigenti dem hanno tirato una linea: “Serve un cambio di passo” dicono.

 

Il Pd chiede “un cambio di passo” e, dunque, la ‘cabina di regia’

renzi salvini zingaretti

Renzi Salvini e Zingaretti

Senza toni polemici e marcando la sostanziale differenza con Matteo Renzi, i dem hanno iniziato la manovra per ricalibrare l’attuale filiera decisionale. “Servirà una cabina di regia per ritornare alla normalità”, ha spiegato in una conferenza stampa Nicola Zingaretti, ovviamente non riferendosi a quella già in atto con le opposizioni, ma a una sorta di ‘cordone sanitario’ da erigere intorno al premier. Renzi, invece, proprio come Salvini – che lo invoca in modo aperto e scoperta – ‘sogna’ un governissimo guidato da Mario Draghi per affrontare la nuova fase in arrivo, prima o poi, quella della ‘ricostruzione’. “Conte è del tutto inadeguato e incapace di farlo, non ne sarebbe all’altezza, Draghi lo sarebbe”, dicono i renziani e i leghisti annuiscono convinti.

 


 

NB: questo articolo è stato pubblicato sul sito di notizie Tiscali.it il 5 aprile 2020.