Si scrive MES, ma si legge Conte… Pd e M5S “ai materassi”. Draghi scalda i muscoli

Si scrive MES, ma si legge Conte… Pd e M5S “ai materassi”. Draghi scalda i muscoli

15 Aprile 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

Si scrive MES, ma si legge Conte… Pd e M5S “ai materassi” sul Fondo Salva Stati per ‘la gioia’ di Renzi e di tutti coloro che non vedono l’ora di disarcionare Conte, ormai difeso solo da LeU, e sostituirlo con Draghi, che attira sempre più tifosi…

 

Meccanismo Europeo di Stabilita

MES Meccanismo Europeo di Stabilità

 

Si scrive ‘MES’ ma si legge ‘Conte’… Lo sfogo del maggiorente dem: “Conte, ormai, lo detestiamo tutti”…

MES Conte

Si scrive ‘MES’ ma si legge ‘Conte’

Si scrive ‘MES’ ma si legge ‘Conte. Dietro alla polemica, da ieri infuocata, sull’ormai famigerato MES, c’è la sempre maggiore insoddisfazione dei generali, oltre che dei colonnelli, sia di uniforme Pd che di casacca M5S verso l’operato e l’azione di Conte che – dicono entrambi – “non ne azzecca più una, ormai anche Mattarella lo sa…”. Insomma, l’aria che si respira intorno al premier inizia a farsi ‘mefitica’.

Luigi Facta

“Lui si paragona a Churchill, ma a me ricorda Facta” – in foto Luigi Facta

Lui si paragona a Churchill, ma a me ricorda Facta” (il presidente del Consiglio che non seppe imporsi sul Re e proclamare lo stato d’assedio per impedire la marcia su Roma nel 1922, ndr.) – dice un maggiorente dem che ama i paragoni storici. “Alza i toni contro Salvini e Meloni, con Mattarella che quasi dà ragione a ‘quei due’ – continua la nostra fonte – si è inimicato tutti: sindacati come imprenditori, professionisti e artigiani, governatori leghisti del Nord e sindaci del nostro partito di tutt’Italia, destra e sinistra, giornali e social. Lo sbertucciano ovunque. Lui e il povero Speranza (il ministro alla Salute, ndr.), che ormai sembra sempre più l’ombra di sé stesso, sono soli soletti, nel cdm. Infatti, il solo e unico partito che dà sempre ragione a Conte è proprio LeU, cioè Mdp. Però, loro li capisco: quando gli ricapita, con il 3% dei voti e un partito che non esiste, di avere un ministro e viceministri?”.

 

In Transatlantico già si favoleggia sul futuro governo Draghi

corazzieri

Ci manderebbe i Corazzieri a prenderci a casa

Insomma, il concetto di fondo del nostro interlocutore è che “il Conte bis – se non ci fosse in atto il lockdown e una crisi di governo mentre l’Italia è ancora tutta chiusa proprio non si può fare, non sarebbe elegante e il Colle ce la vieterebbe, anzi forse ci manderebbe i Corazzieri a prenderci a casa… – è un governo già morto. Tempo uno, due, tre mesi è finito e, per la gioia non solo di Renzi e Salvini, ma pure nostra, ci tocca un bel governo guidato da Super-Mario Draghi, una sorta di Monti-bis, ma Draghi è ben più furbo e forte”.

Translatantico_Montecitorio

Il Transatlantico di Montecitorio

Governo che – se non sono sbagliati i calcoli che fanno in molti in un Transatlantico di Montecitorio più deserto del solito (questa settimana, alle Camere, c’è solo lavoro delle commissioni Bilancio e altre sul dl ‘Cura Italia’, che però arriverà in aula solo nella settimana ancora seguente, mentre mercoledì si svolgeranno le solite interrogazioni) – durerà giusto un anno e mezzo, da metà del 2020 alla fine del 2021, il tempo necessario per dare modo alla legislatura di evitare qualsiasi ‘amaro calice’ di improvvide e ormai di fatto impossibili elezioni anticipate, di concludersi in modo ordinato, nel 2022, alla scadenza naturale, non certo prima, e di eleggere sempre lui, Draghi, a capo dello Stato.

Mattarella Draghi

Il presidente Mattarella e Mario Draghi

Dopo Mattarella, certo, ma non ‘a freddo’, calato dall’alto della mente di Urano, ma ‘a caldo’, cioè dopo aver risanato per davvero il Paese e aver fatto partire davvero la Ricostruzione più grande nella storia del nostro Paese dopo quella del secondo dopoguerra. Sarebbe quello guidato da Draghi, per questi democrat, ovviamente, il ‘vero’ governo di ‘concordia nazionale’, oltre che di ‘unità nazionale, come è da sempre negli auspici di molti, a partire dal Colle, necessario e indispensabile per gestire, con la ‘fase due’, il rilancio, anzi la Rinascita del Paese.

 

“Dopo il Conte-Facta, temo l’arrivo di Salvini-Mussolini…”

Salvini come Mussolini?

Salvini come Mussolini?

Solo uno con lo status e lo standing di Draghi può farcela” – sospirano soldati semplici e umili sergenti – “e dimostrarsi davvero di essere il nuovo De Gasperi e, insieme, il nuovo Churchill”. “Conte, invece, è Facta”, sibila sempre il nostro interlocutore, lasciando capire che, “lasciandolo lì, i danni per il Paese potrebbero diventare enormi e farci finire fuori dall’Euro e dalla Ue” perché, dopo Conte-Facta, arriverebbe di certo Salvini-Mussolini che – riprende l’analisi il nostro dirigente dem in vena di paragoni storici – ci farebbe fare la fine dell’Ungheria di Orban sul piano interno e dell’Inghilterra di Jhonson sul piano europeo: ci troveremmo, cioè, in uno stato di polizia e fuori dall’Euro e dalla Ue, ai margini dell’Occidente, forse in balia della Russia di Putin o della Cina”.

 

“Solo Draghi ci può salvare, battendo i pugni con la Ue”

Draghi Mario

Mario Draghi

Ora, al netto dei paragoni storici e del futuro da ‘distopia’ negativa che immaginano dirigenti dem che, forse, hanno visto troppe serie tv americane angoscianti (tipo Westword, per capirci….) resta il punto, e cioè la disistima per Conte. Come dicono, appunto, sempre più dirigenti democrat come anche molti esponenti dei 5Stelle – “Conte non ha le capacità, lo status, la forza, le competenze e l’intelligenza per esserlo, e non ne ha nemmeno il physique du role per portarci fuori da questo pantano. Solo Draghi ce l’ha e solo lui potrebbe battere i pugni sul tavolo del Consiglio Ue non come fa Conte, in modo isterico e del tutto inutile, ma in modo produttivo e ottenendone ottimi risultati…”.

 

Chiacchiere da Transatlantico? In parte sì, in parte no.

amuchina 1

Chiacchiere da Transatlantico, parole in libertà, si potrebbe dire, che – pronunciate, per di più in modo anonimo, tra una mascherina e un’Amuchina, lasciano il tempo che trovano: il tempo, appunto, di lavarsi le mani e passare alle parole in libertà e chiacchiere successive, tanto non costano nulla.

 

L’insofferenza, dentro il Pd, nei confronti di Conte cresce…

Eppure, qualcosa di strano e di nuovo si nota non solo nelle parole a mezza bocca dei peones e delle antenne d’aula (dentro la Camera), ma anche nelle dichiarazioni in chiaro.

Lotti_Guerini

La corrente di Lotti e Guerini nel Pd si chiama Base Riformista

Prendiamo, per dire, il Pd e i suoi ‘rapporti’ con Conte. Irritati’ e sui ‘carboni ardenti’ contro Conte iniziano a essere molte, e decisamente un po’ troppe, delle aree interne presenti nel Pd, partito, come si sa, ‘polifonico’. Si va dalla minoranza ex renziana di Base Riformista (coordinatori Lotti e Guerini), che “non vogliono morire” alleati con i 5Stelle e, tantomeno, con la Sinistra-Sinistra, e che mal sopportano, ogni giorno di più, i pentastellati, oltre a essere i primissimi fan di un governo guidato da Draghi.

Dario Franceschini 1

Dario Franceschini

Si passa per i franceschiniani di Area dem, e quando l’area che fa capo al ministro Franceschini ribolle, è insofferente o mostra segnali di cedimento, qualsiasi segretario, leader o premier è ora si preoccupi, dati i trascorsi di ‘Giu-Dario’…

Nicola_Zingaretti_Lazio_Pd

Nicola Zingaretti, governatore del Lazio e segretario del Pd

Si finisce con lo stesso ‘gruppone’ di maggioranza che sta, stabilmente, con Zingaretti: finora il più leale sostenitore di Conte e del suo governo, ben più di Di Maio e del M5S – al punto da averne dovuto, portare, a lungo, la croce – Zinga ieri ha parlato di MES ma mostra sempre più segni di insofferenza e disappunto nei confronti del premier e del modo con cui sta affrontando la crisi economica post-virus.

 

Un illuminante retroscena di Mario Lavia uscito sull’Inkiesta

rocca

Christian Rocca

Infine, ieri, sulle pagine del giornale on-line l’Inkiesta, diretto da Christian Rocca (e giornale on-line davvero ben fatto, peraltro), è uscito un articolo dell’ex direttore di Europa e di You Dem, Mario Lavia, cronista che ben conosce gli umori dei dem e del Nazareno, dal titolo inequivocabile, Il Pd inizia a dubitare di Conte e un sottotitolo ancora più eloquente: “Nel Palazzo da giorni ci si chiede se il presidente del Consiglio sia l’uomo giusto per la ricostruzione. I giudizi sono meno positivi di qualche settimana fa a causa di una gestione della crisi sempre più confusa e al momento del tutto incapace di fornire aiuti concreti a chi ne ha bisogno”.

mario lavia

Mario Lavia

Il cuore del ragionamento di Lavia, che ricorda il ‘nervosismo’ verso Conte e, insieme, degli endorsment pro Draghi di personalità eminenti come dei padri nobili del Pd come Prodi, Enrico Letta, Sassoli, Gentiloni, è questo: “In questo quadro, il Pd di Nicola Zingaretti, finora totalmente al servizio del governo Conte, ufficialmente non si pone il problema di sostituirlo ma le aree del partito che non fanno riferimento diretto al segretario (i cattolici democratici di Franceschini, legati a filo doppio al Colle, e la sinistra di derivazione ‘togliattiana’ di Orlando, ndr.), pur sostenendolo, cominciano a chiedersi se l’attuale assetto politico sia idoneo a fronteggiare il dopoguerra’ . E persone e umori che nulla hanno a che fare col ‘Pd alla romana’ di Zingaretti (fra cui diversi sindaci) ed ecco che la geografia interna del Nazareno potrebbe cambiare, magari non subito, anche perché il segretario ha dalla sua ha l’apparato e buona parte della squadra di governo.

(L’articolo integrale di Lavia lo trovate cliccando qui)

 

Neppure dentro i 5Stelle, per Conte, le cose vanno meglio

Di Maio Conte Di Battista

Di Maio, Conte e Di Battista

Dentro i 5Stelle, invece, Conte deve fare i conti con la ormai non più ‘sorda’ ma scoperta ostilità di Di Maio e dei suoi, con la manifesta guerriglia interna che gli muove, da tempo, l’ala sovranista e di destra guidata da Di Battista, ma anche con i mal di pancia di tanti peones privi di rotta, bussola e strumenti di navigazione la cui unica, sincera, preoccupazione è come prolungare il più possibile la loro legislatura, ben sapendo che mai torneranno in Parlamento.

 

Operazione Condor. Da Renzi al centrodestra  è già pronto il ‘frente amplio’ che non vede l’ora di fare le scarpe a Conte

operazione condor

Operazione CONDOR

Inoltre, contro il premier gioca la ormai conclamata ostilità di Renzi e di Iv che lavora, da mesi, a scalzarlo da palazzo Chigi e a far nascere un nuovo governo (Renzi è come lo scorpione della favola di Esopo: fare e disfare governi e abbattere premier rientra, prima di tutto, nella sua ‘natura’). Renzi, del resto, non fosse scoppiato il coronavirus, ai primi di febbraio, aveva già pronta l’operazione Condor, e cioè la destituzione di Conte per fare un governo con Salvini e, tanto per cambiare, “con chi ci sta” (o, allora, chi ci stava).  

salvini renzi

I due Matteo

Infine, va dato per scontato che l’intera opposizione (Lega, FdI, ma anche FI) di centrodestra è pronta a fare qualsiasi cosa pur di togliersi di torno il ‘drappo rosso’ del torero-Conte, che li fa imbufalire ogni giorno; a lui, ormai, l’han tutti giurata, dal solito Salvini all’inviperita Meloni, passando per Berlusconi che non vede l’ora di rientrare, tramite FI, nel ‘Grande Gioco’ grazie al governo Draghi.

frente amplio

Il Frente Amplio

Insomma, forse non è pronto un governo Draghi – nel senso che mancano premier, ministri e sottosegretari, oltre a una crisi di governo da aprire anche formalmente – ma il ‘frente amplio’, così si diceva nell’Uruguay post dittatura, per scalzare Conte, per farlo cadere, esiste già, e grosso.

 

Manca solo l’incidente parlamentare, che ci vuole sempre… Il voto sul MES può fornire da pretesto?

 

Serve, però, come sempre in questi casi (nel 2011 fu il voto su una minuzia regolamentare, il Rendiconto generale dello Stato, il destro per far cadere l’ultimo governo Berlusconi e insediare il governo Monti), un’incidente e, possibilmente, un incidente parlamentare che legittimi la crisi di governo.  E quale occasione migliore dello scontro in corso sul MES?

MES

MES-fondo salva Stati

Infatti, ora è diventato il MES il casus belli utile a spaccare e arroventare non solo i rapporti tra il premier e i leader delle opposizioni di centrodestra, che Conte ha preso di petto e attaccato sul punto pochi giorni fa, in diretta tv, ricevendone strali funesti e telefonate di protesta al Colle, ma anche la stessa maggioranza di governo. A incrinarsi, in particolare, in queste ore, il rapporto tra Pd (per una volta ‘appoggiato’ da Iv) e M5S, per una volta sostenuto da LeU.

In mezzo ai due fronti sta, ovviamente, il premier. Succede che Pd e Iv ‘aprono’ all’utilizzo del Fondo, purché venga garantito, dalla Commissione Ue all’Italia, senza nessuna condizionalità. Ribadisce il suo sonoro no, invece, il M5S. Lo scontro nella maggioranza, in realtà, andava avanti da giorni, ma da ieri è deflagrato e la sola LeU difende Conte.

 

La maggioranza quadripartita si è spaccata come una mela

mela spaccata

La maggioranza quadripartita si è spaccata come una mela

E così l’acronimo MES (cioè Meccanismo Europeo di Stabilità, traduzione letterale dall’inglese ESM, European Stability Mechanism) , meglio noto come Fondo Salva Stati, è lì dal 2011, votato dall’ultimo governo Berlusconi prima e poi diventato parte integrante persino della Costituzione con il Patto di Stabilità nel 2012 grazie al governo Monti, un mostro economico, in pratica, solo che ‘dormiente’…), dopo aver acceso il duello tra Conte e le opposizioni di centrodestra (Meloni e Salvini), ora spacca la maggioranza di governo del Conte bis, maggioranza detta ‘quadripartita’ (Pd-M5S-LeU-Iv) in due, come una mela. A spaccarsi e a incrinarsi, in particolare, è il rapporto tra Pd (per una volta ‘appoggiato’ da Iv) e M5S, per una volta sostenuto da LeU. In mezzo ai due fronti sta il premier che ha giudicato “uno strumento totalmente inadeguato”, per l’Italia, la quale – sostiene Conte – non ha sottoscritto alcun prestito, in sede Ue, di cui comunque “non ne ha bisogno”. Così tuonava il premier nell’infuocata, e carica di pesanti polemiche, conferenza stampa tenuta dopo l’Eurogruppo.

Ora, però, Pd e Iv ‘aprono’ all’utilizzo del Fondo, purché venga garantito, dalla commissione Ue all’Italia, senza nessuna condizionalità. Ribadisce il suo no, invece, il M5S.

 

Il Pd ‘media’? Sarà. ma per ora, difende il MES contro l’M5S

vito crimi

Vito Crimi

La trattativa – e, ormai, anche lo scontro – interna alla maggioranza, in realtà, andava avanti da settimane. Diversi sono stati i contatti, si spiega al Nazareno per cercare di buttare acqua sul fuoco, con il capo politico pentastellato, Vito Crimi, per evitare una frattura, che – assicurano i democrat – “non ha motivo di esistere”, ma che pure c’è. Il Pd “non vuole alimentare polemiche, ma stare al merito”, si assicura al Nazareno. “Il Mes non esiste più. Sul tavolo c’è una linea di credito fino al 2% del Pil per le spese sanitarie – ragiona il ministro Franceschini con i suoi sono circa 36 miliardi, ci rifai gli ospedali italiani, metti su i Covid Hospital con quei soldi, non c’entra niente la Troika”.

Graziano Delrio

Graziano Delrio

Ma ad aprire il fuoco sulla necessità che il MES ‘senza vincoli’ (36 miliardi per il nostro sistema sanitario) è da accogliere senza farsi troppi dubbi o scrupoli sono stati i due capigruppo dem alle Camere: quello dei deputati, Graziano Delrio, ha detto che “il Mes, se posto senza condizionalità, va usato” e quello al Senato, Andrea Marcucci ha precisato di “Non chiamarlo più Mes, perché è molto diverso dal Mes originario”, ma usiamolo”.

Andrea Marcucci

Il capogruppo dei dem al Senato, Andrea Marcucci

Il leader dem, Nicola Zingaretti, lo dice in chiaro: “Ho fiducia nell’impegno di Conte sui tavoli europei e ne attendo l’esito. Da governatore, più che da segretario del Pd, dico: se esisterà l’uso senza condizionalità di avere dei miliardi per la sanità io credo che dovremo prenderle, queste risorse”. Insomma, il MES va usato e punto.

misiani

Antonio Misiani

Nessun cambio di rotta, si sostiene, però, nel Pd rispetto alle parole pronunciate lunedì dal viceministro all’Economia Antonio Misiani, zingarettiano doc, il quale, senza mezzi termini, solo lunedì aveva assicurato: “Non utilizzeremo il Mes”. Ma – si precisa – Misiani si riferiva al ‘vecchio’ Fondo Salva Stati, che però non è più sul tavolo, oppure la posizione del Pd sul MES si è evoluta… 

 

Renzi, al solito, sottolinea il suo “L’avevo detto, io…”

renzi italia viva

Renzi Leader di Italia Viva

Matteo Renzi, dal canto suo, non ha mai avuto dubbi: “Il Mes senza condizionalità va usato di corsa, piaccia o non piaccia ai populisti di maggioranza e opposizione. E vedrete che l’Italia userà tutto: Bce, Mes, Sure, Recovery Fund. Tutto”, scandisce il leader di Iv, come a dire: “Mi danno sempre ragione, dopo, ma ce l’ho sempre da prima”.

 

I 5Stelle non sentono ragioni: al MES “no e ancora no”

movimento5stelle

M5S

I pentastellati, però, non intendono cedere. “No” era e no resta, almeno per ora. Il titolare della Farnesina, sempre più insofferente verso le mosse di Conte, Luigi Di Maio, rievoca non a caso le parole del premier. “C’è una trattativa in corso. Uso le parole di Conte: ‘Il Mes uno strumento antiquato’. Forse è arrivato il momento di un mea culpa europeo, l’austerity ha fatto tagli sulla spesa pubblica e questo ha indebolito la sanità pubblica”, attacca Di Maio.

Ma i dem contro-avvertono gli alleati: “In questo modo il M5Sindebolisce Conte anche nelle altre trattative, l’Italia sarebbe da sola. Come potrebbe ottenere gli eurobond?”.

 

Anche l’opposizione di centrodestra è spaccata, sul MES

berlusconi salvini meloni

Berlusconi Salvini Meloni

Paradossalmente, anche l’opposizione, in realtà, è spaccata, con Salvini e Meloni che urlano contro il MES come se Roma dovesse aprire le porte agli Unni e Berlusconi che, invece, quelle porte le vuole aprire eccome. “Non dobbiamo assolutamente dire di no al MES– dice sicuro Silvio Berlusconi – sarebbe un errore clamoroso rinunciare ad utilizzare i 36-37 miliardi che potremmo ottenere, senza condizioni, per sistemare il nostro sistema sanitario nazionale. Peraltro, a un tasso di interesse inferiore a quelli di mercato”. Matteo Salvini e Giorgia Meloni, invece, insistono con il loro no al ‘furto’ perpetrato da Ue.

 

Al Consiglio Ue del 23 aprile non avrà nulla di ‘eurobond’

Eurobond

Il confronto, in ogni caso, si è alzato di tono e di profondità in modo pericoloso e pesante né tenderà a diminuire, anzi: andrà avanti fino al prossimo Consiglio europeo, in programma il 23 aprile, che dovrebbe essere decisivo.

Un dibattito politico che è solo l’antipasto di quello che accadrà dopo il summit dei leader Ue in videoconferenza, secondo fonti di maggioranza. Il premier ci va con l’intenzione di “combattere fino in fondo la battaglia degli eurobond”, parole sue della scorsa settimana, ma finora le speranze di ottenere che il fondo per la ripresa europeoparta nel giro di qualche mese sono ridotte al lumicino.

Valdis Dombrovskis

Valdis Dombrovskis

L’apertura del vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis ai recovery bond viene infatti apprezzata a Roma ma non è ritenuta sufficiente per cantare vittoria. Perché sono sempre gli Stati membri che decidono e sugli eurobond resta fermo il no dell’Olanda e di vari altri Stati del Nord. Difficile, se non impossibile, che il muro si possa scalfire già il 23 aprile prossimo.

 

Prodi, Sassoli, Gentiloni: tutti a favore dell’uso del Mes…

romano prodi

Romano Prodi

E’ anche per questa incertezza che pesa sulla battaglia avviata dal governo, che già da ora, a dieci giorni dal consiglio europeo, si scatena il dibattito sul Mes, unico fondo con risorse fresche disponibili in poche settimane: 410 miliardi di euro dei quali 240 verrebbe utilizzati per l’emergenza sanitaria del coronavirus, divisi per paese con una percentuale pari al 2 per cento del Pil. Romano Prodi difende la possibilità di usarlo: “Non è più condizionato, non capisco più il mio Paese. Io sarei per usarlo”. Parole che suonano come una indiretta ma chiara critica a Conte.

David Sassoli

David Sassoli

Nei giorni scorsi, su questa stessa posizione si è espresso il presidente del Parlamento europeo David Sassoli in un’intervista a Repubblica. E ieri, dopo Matteo Renzi e i dem Graziano Delrio e Andrea Marcucci, ha parlato anche il segretario del Pd Nicola Zingaretti, come visto.

Insomma, il Pd è a favore della possibilità di usare i 36 miliardi (2 per cento del Pil) a disposizione con il Fondo Salva Stati, secondo una linea di credito senza condizioni per le spese sanitarie legate all’emergenza e anche se, dopo l’emergenza, questo potrebbe significare dover intraprendere un cammino di rientro nelle regole del Patto di stabilità e crescita, ora sospeso per la crisi coronavirus. Questione che comunque riguarderà tutti gli Stati europei indeboliti dalla pandemia, solo che naturalmente peserà di più sui paesi con un debito più alto e debito chiaramente destinato a crescere sull’onda dell’emergenza.

ministro dellEconomia Roberto Gualtieri

Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri

Si tiene fuori dalle polemiche solo il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che dopo l’accordo in Eurogruppo la scorsa settimana sottolineava che “l’Italia non ha bisogno del Mes”. Esattamente come Conte in conferenza stampa venerdì scorso. Solo che sull’argomento la temperatura in maggioranza è già salita, ben prima di attendere gli esisti del consiglio europeo del 23 aprile.

 

Il M5S, se mantiene il no, rischia di spaccare la maggioranza e il voto sulle risoluzioni sul MES può diventare pericoloso

NO MES

Anti Mes

E invece per il M5s resta il no:La condizionalità esiste a prescindere – spiegano fonti del Movimento all’AdnKronos Una volta superata l’emergenza, per l’Italia, semmai facesse ricorso al Fondo Salva Stati, arriverebbero i guai, facendo scattare le rigide regole del Mes”.

E così, ecco che il voto delle Camere sulla risoluzione in vista del Consiglio Ue – voto che lo stesso Conte vuole per avere una posizione negoziale più forte, proprio come ha fatto la ‘rigorista’ Olanda al suo Parlamento prima dell’ultimo Consiglio Ue, quando ha imposto la linea ‘dura’ – questa volta potrebbe essere un passaggio assai doloroso. Qualche senatore di FI avrebbe, in realtà, già ventilato al Pd la possibilità di votare con la maggioranza se sul MES il M5s si dovesse spaccare. Tutti movimenti, questi, visti con sospetto da fonti pentastellate, senza dire che l’eventuale ‘cambio’ di maggioranza, proprio come accadde per il voto sulla Tav, quando cadde il governo gialloverde, non potrebbe non essere ‘registrato’ dal Quirinale. La sola cosa è certa è che, per Conte, il voto sul MES potrebbe rivelarsi esiziale, per il suo Conte II, come il voto sulla Tav lo fu per la vita del ‘fu’ Conte I…

 


 

NB: Questo articolo, solo in piccola parte, è stato pubblicato oggi sulle colonne del Quotidiano Nazionale