“Occupy Montecitorio!” ma è la Lega. In Parlamento succede di tutto. E Conte ‘balla da solo’

“Occupy Montecitorio!” ma è la Lega. In Parlamento succede di tutto. E Conte ‘balla da solo’

30 Aprile 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

“Occupy Montecitorio (e palazzo Madama)!”. La Lega occupa i Palazzi del Potere per protestare contro Conte, paragonato a Mussolini. E’ una sceneggiata, ma è anche vero che, finito il lockdown, è iniziato il countdown (per Conte). Il resoconto di un giorno e una notte infinita passata a Montecitorio tra scenari di governissimi futuri e l’ostruzionismo di Lega e FdI

conte mussolini

Conte, paragonato a Mussolini

 

NB: questo post sul mio blog si compone di ben due articoli, in realtà, che vanno qui spiegati. 

Il primo articolo è stato scritto per il sito Tiscali.it ed è un resoconto – spero abbastanza fedele – di quanto successo ieri notte alla Camera, con l’occupazione di Montecitorio da parte della Lega (identica cosa è successa al Senato, palazzo Madama, sempre da parte della Lega, presente Salvini, ma lì io non c’ero), occupazione che è andata avanti per tutta la notte.

Il secondo articolo è, invece, il retroscena, in forma estesa e più ragionata, pubblicato stamane su Quotidiano nazionale che analizza la situazione politica rispetto al governo Conte come le possibili conseguenze e scenari di una sua eventuale caduta nei prossimi mesi.

Si tratta, evidentemente, di due articoli molto lunghi, quindi chiedo ai miei abituali ’25 lettori’ di portare pazienza

 

“Occupy Montecitorio (e palazzo Madama)!”. La Lega occupa i Palazzi del Potere per protestare contro Conte, paragonato a Mussolini. E’ una sceneggiata, ma non solo. Il resoconto fedele di un giorno e una notte infinita passata a Montecitorio tra scenari futuribili e ‘l’occupazione’ leghista

 

Salvini ordina “scatenate l’inferno!” e l’inferno si scatena…

salvini fb live

Salvini

I deputati della Lega a palazzo Montecitorio e i senatori della Lega a palazzo Madama hanno ‘occupato’ il Palazzo. Si sono fatti ‘chiudere dentro’, dai commessi dei due Palazzi, alle undici circa di notte e, nonostante i due Palazzi siano stati, come sempre, chiusi, belli sprangati e amen, loro niente: i leghisti hanno deciso che urgeva restare ‘dentro’, dormendo all’addiaccio e alla carlona tutta la notte. 

 

Il gladiatore interpretato da Salvini

Il ‘gladiatore’ Matteo Salvini

Se gli italiani stanno agli arresti domiciliari, soffrono e protestano contro un governo che non li aiuta né soccorre, ci chiudiamo dentro il Palazzo anche noi” è stato l’urlo. La decisione di ‘scatenare l’inferno’ l’ha presa, ovviamente, il ‘gladiatore’ Matteo Salvini, il “Capitano, mio Capitano!” di tutti i leghisti italiani, quelli di aria come di cielo e di mare. Non tutti proprio contenti-contenti di dover passare la notte sui divanetti di Montecitorio (a palazzo Madama, peraltro, manco i divanetti ci stanno: solo triclivi di età romana-imperiale, scomodissimi), forse avranno dormito nei loro uffici.

I commessi provano a cacciare i leghisti, ma resistono.

Palazzo Madama e palazzo Montecitorio vengono ‘occupati’

occupy montecitorio

E quindi capiamo perché, ad un certo punto, i commessi – su ordine dei questori della Camera, che gestiscono tutto, ordine compreso, del Palazzo, ordine compreso, e che, verso i commessi, hanno gli stessi poteri che un generale d’Arma dei CC ha sui suoi appuntati, cioè un potere assoluto – hanno cacciato anche noi, e pure in malo modo, ma tant’è. Se il Palazzo chiude, chiude, di solito non c’è santo che tiene. Ieri notte, invece, il ‘santo’ è diventato Salvini, che si è ripreso scena e proscenio, trincerandosi coi suoi al Senato e facendo asserragliare l’altra sua truppa a Montecitorio.

Fin quando abbiamo potuto assistervi, la scena era davvero surreale: i commessi, guidati da  loro ‘Assistente capo’, il più potente (e, notoriamente, il più cattivo, nel senso che qui l’abito fa il monaco…) di tutti i commessi del Palazzo cercano di far uscire – con le buone, si capisce, ovviamente – i leghisti perché “onorevole, dobbiamo chiudere, non potere restar qui” e loro che, pacati, replicano “siamo onorevoli della Repubblica, rappresentiamo il popolo italiano, qui stiamo e qui restiamo. Per gli italiani!”.

Marguerite Yourcenar

Marguerite Yourcenar

Attimi di sconcerto, panico, imbarazzo. Poi, niente, amen, i commessi fanno sgomberare solo il malcapitato cronista – cioè il sottoscritto, l’unico rimasto, ad assistere alla scena – ma i leghisti no: si aggirano nei meandri del Transatlantico, tra cortile d’onore, ex galleria fumatori, corridoi laterali e piani bassi o piani alti del Palazzo come ‘anima vagula, blandula’, così le chiamava, con filosofica compassione, l’imperatore Adriano, reso eterno dalla grandezza delle sue opere e reso famoso dalle Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar.

 

La Casellati ordina di ‘sgomberare’, Fico è più cauto, certo è che i leghisti, nelle due ‘Camere’, ci hanno dormito

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Il presidente del Senato Elisabetta Maria Casellati

Al Senato scena cui, però, non abbiamo assistito, perché, appunto, eravamo fissi alla Camera – l’assai stizzita presidente, Maria Elisabetta Alberti Casellati (due nomi, due cognomi, ecco…), ordina ai commessi di “sgomberare il Palazzo”, ma mica i commessi – che delle Camere sono la ‘polizia’ interna – possono effettuare una carica di polizia come se fossero la Celere. E quelli che dovrebbero ‘caricare’, poi, sempre senatori sono. Insomma, dai, non si fa.

roberto fico

Il presidente della Camera, Roberto Fico

Infatti, alla Camera, l’assai più furbo presidente Roberto Fico – forse memore dei suoi giovanili trascorsi dentro Rifondazione comunista e che, proprio come i No-Global, a Genova, nel 2001, stava dalla parte di chi le cariche della Polizia le subiva, mica le faceva – è stato più laico, più morbido: niente ‘cariche’ dei commessi, “se vogliono passare la notte all’addiaccio che lo facciano”, il mood, e insomma i leghisti – eroi dannunziani post litteram, colpiti dall’estro e dal genio del loro novello Vate (Salvini, appunto) – manco la scusa di essere stati ‘sgomberati’ hanno potuto addurre. Alla Camera si sono inchiavardati alle poltrone e la notte lì è passata, in un modo o nell’altro, ecco.

E, insomma, come sempre, quando si parla di cose italiche, la tragedia si riversa in commedia: i commessi, che in teoria dovrebbero ‘cacciare’ i leghisti, ridono e scherzano con i medesimi, cercano ipotetici compromessi, soluzioni che può davvero fornire solo iI genio italico (“Va bene, onorevole, se vuole dorma sul divanetto, ma in aula no, la prego, quella davvero la dobbiamo chiudere…”).

sanremo arisa 2012

Arisa, Sanremo 2012

Poi, arriva la notte, ma non sappiamo proprio dirvi come è andata. Possiamo solo immaginare che non è stata facile. Del resto, – come cantava, a Sanremo, la brava Arisa – “E quando arriva la notte/ E resto sola con me/ La testa parte e va in giro/ In cerca dei suoi perché/ Né vincitori né vinti/ Si esce sconfitti a metà/ La vita può allontanarci/ L’amore continuerà”. L’amore – eh sì perché anche qualche amore, corre, nel cuore di ferro dell’onorevole leghista tipo, insomma, ‘siamo uomini, mica caporali’, come direbbe Totò – non si sa mica, se continuerà, ma certo “si esce sconfitti a metà”: mica lo sai se, alla fine, agli italiani il ‘folle gesto’, l’atto dannunziano, di occupy, piacerà davvero.

 

Il momento topico a ‘fine seduta’, alle ventitré circa.

La ‘seduta’ dovrebbe finire, invece scatta l’occupazione…

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Succede tutto alle 22.45 de la tarde, per dirla con il poeta (antifascista, ucciso dai franchisti durante la guerra civile spagnola) Ferdinando Garcia Lorca. Il presidente di turno, Ettore Rosato (Iv), sta proclamando la “fine seduta”, cioè il ‘tana liberi tutti’. Mancano solo gli interventi di fine seduta: di solito sono il regno di Carlo Fatuzzo, eletto nelle fila di FI, leader del partito dei Pensionati – interventi surreali, i suoi, che finiscono sempre con l’urlo liberatorio “Pensionati uniti! Pensionati all’attacco!” – o di Vittorio Sgarbi, sempre irruente, sempre polemico, o di qualche peones che nessun ascolta – ma stavolta si doveva ricordare i ‘morti’ di entrambe le parti degli anni Settanta: Ramelli e altri per i post-fascisti, altri ancora per i post-comunisti. Parlano Lele Fiano e diversi deputati di Fratelli d’Italia, sembra finita lì. Ma che debba succedere ‘qualcosa’ si sa e, ormai, tutti sanno anche ‘cosa’. La voce, da ore, si è diffusa, come un lampo, ha attraversato tutti i gruppi, è corsa di banco in banco e di bocca in bocca: tutti sanno che il coup de theatre dei leghisti sta per essere compiuto e le agenzie di stampa (l’Agi, la Dire, l’Ansa) hanno già battuto i relativi take che manco sono ancora le otto di sera: “La Lega ha intenzione di occupare l’Aula e per tutta la notte”.  

 

Ma gli ebeti non mancano: i grillini, per dire, non sanno nulla

coppi bartali

Tutto sbagliato, tutto da rifare’, diceva Gino Bartali quando perdeva il tour contro Fausto Coppi, maledicendosi

I deputati semplici, quelli che non sanno nulla neanche se, accanto, gli crollano le Torri Gemelle – i grillini, per dire, perché, ecco, loro ne sanno meno di un segretario di provincia del Pli ai tempi di Renato Altissimo di quello che accade intorno a loro: insomma, il Parlamento non è per loro, non vengono mai, non ne respirano l’aria, sono degli ‘alieni’ finiti nel Palazzo per sbaglio, e se lo dicono pure (“Tanto a me che mi frega di venire? Chi mi rielegge?!” gemeva uno), tranne poche, pochissime, eccezioni (la Castelli, la Baldino, la Spadone, la Taverna, insomma, tutte donne, e non è un caso) – tirano – o almeno credono di tirare – un sospiro di sollievo. Pensano di poter tornare nelle loro “tiepide case” (e questo, invece, è Primo Levi…), dai loro affetti familiari, magari persino mangiare un parco pasto. Anche perché, come si sa, i ristoranti sono tutti chiusi, pure nel centro di Roma, e quello della Camera, certo, va bene, è aperto, ma solo di giorno – e lasciamo stare che il ristorante interno offre solo cibi ‘precotti’ che al deputato medio fanno schifo e basta, come pure il ‘cestino’. Morale, sarebbe l’ora del riposo, delle ‘braccia di Morfeo’, e invece niente, macché: tutto sbagliato, tutto da rifare’, diceva Gino Bartali quando perdeva il tour contro Fausto Coppi, maledicendosi.

 

La decisione prende piede in cortile. Il capogruppo leghista, Molinari, chiama a raccolta i suoi ‘pretoriani’ e dà l’ordine

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Riccardo Molinari, capogruppo leghista alla Camera dei deputati

La decisione aveva preso piede in un “pomeriggio lungo un giorno”, come da film. Il capogruppo della Lega, Riccardo Molinari, riunisce, nel cortile d’onore di palazzo Montecitorio – dove per quasi un secolo è stato ubicato il ‘primo’ palazzo sede della Camera dei Deputati, l’aula Cometto, prima che sorgesse, sulle sue ceneri, quello nuovo, e cioè quello attuale, progettato da Ernesto Basile, inaugurato nel 1919 dopo una serie infinita di polemiche, ogni epoca è Paese, c’erano sprechi e ruberie pure allora – i deputati della Lega e impartisce l’ordine arrivato dall’alto, cioè da Matteo Salvini: “da stanotte, si occupa il Palazzo. Non ci muoviamo da qui, manco con la polizia”.

Aula dellemiciclo Ernesto Basile

Aula dell’emiciclo, Ernesto Basile

Molinari un po’ sorride, un po’ poco crede ai suoi occhi: insomma, non ha la faccia di quello proprio ‘contento’ di dover passare la notte lì, su un (comodo) divanetto, qualcuno arriva persino a sostenere che l’idea gli ripugni, che non sia d’accordo con il suo Capo (ma chi può dirlo?), ma lui è un soldato, un carabiniere, uno a ‘obbedir tacendo’ e, insomma, “se Matteo ha detto che sta’ cosa si fa, si fa”.

 

Giorgetti c’era, ma poi scompare. I sospetti su di lui e Zaia

Giancarlo Giorgetti

Giancarlo Giorgetti

Non a caso, però, Giancarlo Giorgetti, l’ex eminenza grigia della Lega, l’uomo di collegamento tra la Padania che soffre e la Ue, l’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo gialloverde, nel pomeriggio c’era, in aula, ma si guarda bene dal sottoporsi all’arringa di Molinari, e poi scompare così come è apparso: “Giorgetti queste pagliacciate non le fa, gli ripugnano”, assicura chi lo conosce, ma tanto Giorgetti, ai giornalisti, non parla, inutile chiedergli ‘ah’, risponderebbe con ‘boh’.

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Il governatore Zaia vorrebbe fare le scarpe a Salvini

E ahi voglia a strologare sull’altro fatto politico di queste settimane, e cioè che il governatore Zaia che vorrebbe fare le scarpe a Salvini e con la complicità di Giorgetti: la Lega, per ora, è un monolite, anche se i consensi scemano, Salvini li vede ogni giorno, persino gli industriali del Nord lo mettono sotto accusa: “te ne stai a Roma con la tua fidanzata mentre noi, qua, moriamo di virus o di economia già morta. Ti preoccupi più del Sud che del Nord” e via così andando.

 

Al Senato ‘l’occupazione’ la ordina direttamente Salvini: “Resteremo in Parlamento a oltranza”. Casellati ‘sgombera’?

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Il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo

Intanto, a meno di mezzo chilometro di distanza, cioè a palazzo Madama, il capogruppo leghista, Massimiliano Romeo – uno che di Salvini è proprio un fedele esecutore, meno libero e anche meno ironico di Molinari, che invece piemontese furbo e uomo di mondo, altro che ‘militare a Cuneo’ – dà identico ‘ordine’ ai suoi senatori, quelli del Carroccio. Ma lì, al Senato, è più facile: c’è Salvini e li controlla tutti, uno a uno, i suoi e tutti sono e restano lì a dire ‘sì, Capo, Giusto, Capo. Bravo, Capo’.

È ora che si torni a essere una democrazia compiutavibra d’indignazione la nota diffusa ieri notte dai due capigruppo della Lega. “Non rallenteremo, né impediremo il regolare svolgimento dei lavori programmati”, precisano i leghisti, “porteremo nelle aule, dove resteremo anche quando la seduta è conclusa, le voci dei lavoratori, di chi soffre, dei disabili, di chi è più fragile”.

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Giuseppe Conte

Fino a quando “Conte non ci risponderà”. Cioè, oggi, in teoria, perché proprio oggi, stamane, il premier verrà in Parlamento, prima alla Camera e poi al Senato, per un’informativa urgente (dopo la cui informativa, però, non è previsto alcun voto), ma forse fino all’anno del mai, se Salvini non sarà soddisfatto. Al termine della riunione dei capigruppo con il presidente, che si trova a gestire la patata bollente, la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, dà mandato ai questori di sgombrare l’Aula, manco si trattasse di una preside di scuola che se la prende contro i suoi ‘ragazzacci’, ma i senatori leghisti si rifiutano di uscire e, insomma, non se ne esce, appunto. Idem alla Camera.

 

Precedenti storici che non lo sono: le maratone oratorie radicali, l’ostruzionismo del Pci contro la Nato e legge truffa

Marco Pannella Radicali

I Radicali di Marco Pannella

Morale, accade un fatto che, nella storia della Repubblica, è accaduto, come precedente, solo durante gli anni Settanta, quando i Radicali di Marco Pannella occupavano l’aula per protestare contro le leggi “liberticide” dei governi Cossiga, scritto con la ‘K’ come oggi Salvini scriverebbe Conte con la ‘K’, forse. Ma nemmeno questo precedente ‘vale’ perché quelle dei radicali erano maratone oratorie fatte durante – cioè nel bel mezzo – dei lavori parlamentari, cioè mentre l’aula era ‘al lavoro’, di notte come di giorno, in seduta, ma non col favor delle tenebre, stile ‘ladri di Pisa’.

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L’ex Capo dello Stato Francesco Cossiga

Come pure erano maratone oratorie e vere, ‘normali’, forme di ostruzionismo parlamentare (filibustering, per dirla elegante, in inglese, ma il termine viene proprio dai pirati della Filibusta), quelle messe in campo dal Pci di Palmiro Togliatti, che veniva guidato, alla Camera, dal ‘ragazzo rosso’ Giancarlo Pajetta, come dal Psi di Pietro Nenni contro l’adesione dell’Italia alla Nato (1949) o quella di Pci, Psi, e persino degli azionisti e dei liberaldemocratici contro l’adozione, da parte del governo De Gasperi, della famigerata ‘legge truffa’ (1953).

alcide de gasperi

Alcide De Gasperi

Insomma, ogni tattica di ostruzionismo parlamentare ha sempre funzionato così: il dibattito parlamentare veniva protratto all’infinito per cercare di far ‘crollare’ il governo, e la sua maggioranza, per coglierlo in fallo, ‘mandarlo sotto’. Qui, invece, l’aula è bella che finita, è chiusa, sprangata, quindi mica ti puoi mettere a fare ostruzionismo – ma ostruzionismo ‘su che’? se l’aula, appunto, è chiusa?!

 

I ‘veri’ precedenti: Occupy Wall Street e l’Aventino (che, però, almeno, veniva ‘occupato’ solo di giorno…)

occupy wallstreet

Occupy Wall Street

L’occupazione messa in campo dalla Lega ricorda, invece, quella che metteva in atto la sinistra radicale nelle scuole e nelle università negli anni Settanta o, appunto, il movimento ‘Occupy Wall Street’ con i ragazzi no-global che nel 2001 si fanno caricare dalla Polizia pur di non alzarsi da terra. Cose ‘de sinistra’ che a Salvini dovrebbero, in teoria, ripugnare, ma invece, eccole qui, in atto. Oppure, ancora, l’Aventino, cioè quando, nell’estate del 1924, tutti i partiti antifascisti eletti in Parlamento, dal PPI al PSI, dai liberali fino al PCI, presero di petto il nascente regime fascista e abbandonarono i lavori d’aula per chiudersi in una sala di Montecitorio, detta sala dell’Aventino, in una sorta di ‘contro-Parlamento’ contro quello, a dominio fascista, che giudicavano illegittimo, dopo l’assassinio e il ritrovamento del cadavere del socialista riformista Giacomo Matteotti.

Secessione dellAventino

La Secessione dell’Aventino

Ma, “Santo Iddio, l’Aventino quelli lo facevano di giorno, mica di notte!” sbotta un leghista poco voglioso di farlo, questo Aventino in salsa padana e, oltretutto, in notturna. E, in effetti, è vero: l’occupazione manu militari del Palazzo, ad aula chiusa, questa proprio si doveva ancora vederla.

 

Salvini twitta dal Senato: “Occuperemo le aule parlamentari ad oltranza finché non verranno date risposte agli italiani!”

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Salvini twitta: “Occuperemo le aule parlamentari ad oltranza finché non verranno date risposte agli italiani!”

Certo è che, pur perinde ac cadaver, come i gesuiti, i leghisti non possono non obbedire al loro Capo o, meglio, Capitano, che così ha deciso e twitta, da dove si trova, l’aula del Senato: “I parlamentari della Lega staranno a oltranza in Parlamento, quello è il nostro posto di lavoro e resteremo li giorno e notte fino a che non si daranno risposte certe agli italiani  (lo ribadisce, poi, a “La vita in diretta” su Rai1, poi a casa di Barbara D’Urso, su Canale 5, insomma manca solo la 7, ma forse Enrico Mentana, per una sera, dormiva lui…): Il Parlamento è il nostro posto di lavoro e, ovviamente noi rispettiamo le regole. Non si può andare in piazza, non si possono fare manifestazioni, e ci mancherebbe altro. Anzi, quelli che con la bandiera rossa sono andati in piazza il 25 aprile senza mascherine non hanno dato il buon esempio” continua Salvini, per poi concludere che “il Parlamento è il nostro luogo di lavoro, quindi resteremo lì (voleva dire qui, ndr.) tutto il tempo necessario”. Giorni? Mesi? Anni? Boh. Non si sa, si vedrà, a partire oggi. 

 

Dagli altri gruppi politici arrivano solo frizzi e lazzi.

Meloni (FdI) replica stizzita: “Non ne sapevo nulla”…

Meloni

Giorgia Meloni

La nota ufficiale del partito di Salvini (Non impediremo né rallenteremo lavori programmati”) dovrebbe rasserenare gli animi ma non li rasserena, anzi. Dagli altri gruppi politici – persino dai renziani, che con Salvini – in teoria – ci dovrebbero o vorrebbero fare le ‘grandi intese’ – piovono sfottò, lazzi e frizzi: “Salvini ha scoperto il Parlamento: non ci viene mai, si vede che ora gli piace” quelli più ‘gentili’. Non va meglio dentro il centrodestra. Sempre i due capigruppo leghisti, Romeo e Molinari, con una nota si augurano che “le altre opposizioni sostengano l’iniziativa”, ma dentro Forza Italia non ci pensano neppure, a “correre dietro alle pagliacciate di Salvini”, dicono in coro. E anche la Meloni, leader di Fratelli d’Italia, sbotta: “Non sapevo nulla e si tratta di un’iniziativa non concordata, non ci stiamo”. E così il capogruppo di FdI alla Camera, Francesco Lollobrigida, riunisce i suoi deputati, sempre di notte, con un arringa che è una staffilata contro la decisione di Salvini: “Pagliacciate inutili e controproducenti” dice.

parenti serpenti

Parenti serpenti’, ‘fratelli coltelli’

Insomma, dentro Fratelli d’Italia, da cui fanno sapere di non essere stati informati in anticipo dell’iniziativa della Lega, non mancano le ironie e gli sfottò, quasi peggiori di quelle dei dem e dei renziani (persino i grillini affondano il colpo). Fonti autorevoli della Meloni esprimono “sorpresa”: da settimane, “FdI si sta adoperando perché il Parlamento torni a lavorare a pieno ritmo, senza il cappio del contingentamento, ma abbiamo portato avanti questa battaglia in solitudine”, cioè senza alcun appoggio della Lega, è l’ovvio sottinteso, ma la verità, per i meloniani, è anche peggiore: “Salvini sente il nostro fiato sul collo. Siamo più bravi di lui, la gente ci applaude per strada e a lui ora lo detestano, nei sondaggi voliamo e lui crolla, la verità è che è finito, non ci sta più con la testa”. Insomma, ‘parenti serpenti’, ‘fratelli coltelli’ eccetera.

 

Una giornata pesante e lunga, ma anche elettrica, densa di retroscena, battute, scenari su futuri ipotetici governi

Montecitorio

Palazzo Montecitorio in Roma

Certo è che è stata una giornata dura, pesante, ma anche elettrica e frizzante, quella di ieri, a palazzo Montecitorio. La Camera lavorava dalla mattina presto: prima la discussione generale sul Def, poi il question time, poi il voto sullo scostamento di bilancio (è il secondo che il governo chiede: serve la maggioranza assoluta, alla fine si trova), che non è mai un voto facile.

E’ più di una fiducia, questo voto, e comunque si procede per forza con la ‘chiama’ nominale: i deputati passano uno ad uno sotto il banco del presidente dell’Aula e dire sì, no, astenuto. Si inizia alle 20 circa, si finisce alle 22, tra prima e seconda ‘chiama’, quella per i più ritardatari. La Camera, con 512 sì, cioè tanti (ma votavano quasi tutti sì, i gruppi, anche quelli di opposizione, praticamente tutti) approva lo scostamento dal bilancio per affrontare il Covid19 e, insomma, sembra tutto finito.  

salvini renzi

I due Matteo

Una giornata lunga, faticosa, nervosa, ma anche elettrica, frizzante, ricolma di retroscena, battute, parole in libertà, retroscena (“Conte cade domani? No, cade a maggio!” – “Macchè, cade a giugno! Lo fa fuori Renzi!” – “E con chi lo sostituisce?” – Con Franceschini, ovvio!” – Macché, con Di Maio!” – “Ma no, nasce il governo Renzi-Salvini!” etc.) che si disegnano nell’aria come nuvole e che, come nuvole, scompaiono in uno sbuffo, in una nuvola di fumo grigio.

 

Il nuovo Transatlantico è diventato il cortile d’onore:

si può fumare e, soprattutto, ci si toglie la mascherina…

Palazzo Montecitorio Cortile donore

Palazzo Montecitorio – Cortile d’onore

Eh sì, perché molti, se non tutti, i deputati/e si riversano in cortile, che in Transatlantico ci devi stare in guanti e mascherina obbligatori, non si scappa, mentre – nel cosiddetto cortile d’onore – con la scusa di tirare una boccata di sigaretta, o di sigaro, puoi togliertela, e insomma, respiri, è tutta un’altra vita.

E pure le norme sul ‘distanziamento sociale’ – con tutti quei cartelli messi ovunque, dai commessi, una sorta di angosciante memento mori di tutte le prescrizioni prese dalle Camere per ‘fregare’ il Covid – vanno a farsi benedire, in cortile. Si parla tanto e fitto fitto, a pochi centimetri di distanza, senza mascherina né guanti, con la scusa, recitata pure davanti ai soliti solerti commessi che vengono a fare da ‘cerberi’, “ma scusi, sto fumando! Mica posso fare un buco nella mascherina, per fumare…”.  

 

Un question time al fulmicotone, quello con Bonafede…

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Alfonso Bonafede (M5S), ministro alla Giustizia

Nel pomeriggio, inoltre, c’era stato pure il question time, dove le opposizioni, quelle ‘vere’ (FdI, Lega, FI) e quelle ‘finte’ (Iv, che formalmente starebbe in maggioranza) hanno ‘messo sotto’ il povero Guardasigilli, il pentastellato Alfonso Bonafede. Una vera trappola che lo fa sbottare contro il ministro ai rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, un uomo mite, un sincero ex diccì del Veneto, cui Bonafede urla frasi irripetibili condite da varie minacce (“Mi hanno teso un agguato e tu non mi hai avvertito‼”).

Federico DIncà ministro per i Rapporti con il Parlamento

Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento

In effetti, prima il capogruppo di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida (un omone tutto d’un pezzo che, a distanza, dici ‘quello è un fascio’, poi ci parli e scopri che è di una gentilezza e cortesia unica) che a Bonafede lo fa ‘nero’, sul tema delle scarcerazioni ‘facili’, ovviamente ‘da destra’. Poi, il colonnello di Renzi, ex sottosegretario alla Giustizia, Gennaro Migliore, che Bonafede lo fa ‘rosso’ (di rabbia), sempre sullo stesso tema, il carcere duro e le prescrizioni da Covid19 per i boss mafiosi, però, nel suo caso, da sinistra. Insomma, i poveri grillini, come sempre, sono gli unici che vengono ‘suonati’ in ogni sede e in ogni occasione, da tutti.

 

‘Lavata di capo’ di D’Inca a Ceccanti che però non demorde

covid19

Il povero D’Incà deve essersi, a sua volta, incattivito, se è vero che lui – buono e mite – fa una ‘lavata di capo’ al deputato dem, e fine costituzionalista, Stefano Ceccanti, sull’uso e abuso dei dpcm: Ceccanti vorrebbe inserire, in un decreto legge, quello in esame, il controllo ‘preventivo’ del Parlamento, D’incà lo investe furibondo (“Ma sei pazzo?! Vuoi mettere a rischio il governo?!”) e lo costringe a ritirare l’emendamento, anche se Ceccanti – che è pisano, quindi furbo: ‘meglio un morto in casa’, etc. etc. – già annuncia che “l’emendamento lo ripresento appena il dl Covid19 (slittato, nel suo esame, alla prossima settimana, ndr.) arriva in Aula perché all’abuso serve mettere il freno”.

 

Il contingentamento delle presenze è un accordo già saltato

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Enrico Borghi

In tutto questo, il ‘contingentamento’ delle presenze, un ‘accordo tra gentiluomini’ che era stato stipulato in sede di conferenza dei capigruppo, alla Camera, è bello che finito. Fratelli d’Italia prima e la Lega poi – che, fatto assai grave, ha permesso a ben tre suoi deputati malati di coronavirus di entrare in Aula mettendo a rischio la salute di tutti (i nomi li conosciamo ma non li facciamo per carità di patria: in ogni caso segnaliamo questo articolo tratto dal sito del Corriere della Sera di oggi che ne parla:  https://www.corriere.it/politica/20_aprile_29/virus-parlamento-deputato-positivo-7-leghisti-quarantena-ora-svolta-voto-via-tablet-63b937a8-8a00-11ea-94d3-9879860c12b6.shtml …) – ha fatto saltare il banco. Ne consegue che dal Pd, con il segretario d’aula, Enrico Borghi (valtellinese, quindi montanaro e cocciuto peggio di un bergamasco leghista, ecco), si è  risposto a brutto muso, accusando Fico di “non saper rispettare le regole” e annunciandogli il ‘todos caballeros’: “Porterò tutti i giorni tutti i miei deputati in Aula così poi anche noi ci divertiamo”.

 

La ‘sanificazione’ e il voto in tribuna: semplici palliativi

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L’aula (vuota) di palazzo Montecitorio

E ahi voglia il collegio dei questori a ribadire “il rispetto delle prescrizioni sanitarie” e a stabilire di “organizzare i lavori di Aula contenendoli in un arco temporale di massimo tre ore consecutive con votazioni”  al fine di “per poi procedere alla sanificazione per poi poter riavviare l’attività in Aula”. La verità è che il Covid19 corre sul filo, a Palazzo, e chiunque può ammalarsi, da un’ora all’altra.

L’ultima trovata escogitata dalla presidenza della Camera, nel disperato tentativo di porre ordine in un mare magno di 630 persone solo contando i deputati, e mille dipendenti, è l’attivazione, a partire da oggi, del ‘voto in tribuna’.

La parte della Camera in zona alta

L’aula del Senato fotografata dalla tribuna stampa

 

Nelle tribune di solito riservate alla stampa (pratica invalsa in questo modo, e così, dall’Ottocento, ora sono rimasti all’Asp, la Stampa parlamentare, solo sette posti), “sono stati ricavati un surplus di postazioni per un totale di 509 posti in aula da cui è possibile votare e intervenire”, recita sempre la nota dei questori della Camera. “In caso di presenza di un numero superiore di deputati sarà decisa in capigruppo una modalità diversa di votazione, eventualmente con appello nominale” – seguita la nota dei questori – e sarà avviato l’allestimento di altre sale per consentire a tutti e 630 deputati di votare, anche in spazi diversi dall’aula”.

Palliativi, semplici, puri, palliativi di un’Istituzione che non vuole, o non sa, o non può, cambiare, ma che permette alle ‘barbare’ orde leghiste di occupare il Palazzo notte e giorno come mai prima.

 

NB: questo articolo è stato pubblicato, in forma molto più breve, sul sito di notizie Tiscali.it il 30 aprile 2020

 


Finito il lockdown, inizia il countdown (ma per Conte)

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Appena finisce il lockdown per il nostro Paese inizierà il countdown per Conte e il suo governo. Anzi, è già iniziato”. La frase – pronunciata, così si dice, da una delle due ministre renziane alla fine dell’ennesimo, infuocato, cdm, anche se non quello di ieri sera, ma di alcuni giorni fa – la dice lunga sullo stato dei rapporti interni alla maggioranza. Oggi, il leader di Iv, Matteo Renzi, terrà al Senato, dopo aver ascoltato il ‘suo’ (in teoria) premier un discorso che i suoi, già pregustandolo, descrivono come “fiammeggiante”, subito prima che il premier tenga la sua ‘informativa’ sullo stato delle cose presenti, informativa che terrà questa mattina prima alla Camera e, solo dopo, anche al Senato.

 

Renzi prepara un discorso “fiammeggiante”, oggi, al Senato.

Migliore martella anti-Bonafede. Pronta la mozione di sfiducia?

 

Intanto, il suo colonnello alla Camera sulle questioni della giustizia, Gennaro Migliore, martella, come un martello pneumatico, ogni giorno il ministro alla Giustizia, Alfonso Bonafede, come ha fatto pure ieri sulle ‘scarcerazioni facili’ e c’è chi dice che Iv, se “non soddisfatta” dalle risposte, potrebbe presentare una mozione di sfiducia individuale al Guardasigilli, facendo il ‘pari’ di quella leghista a Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia, mozione che presto o tardi andrà discussa.

Renzi si erge a costituzionalista contro l’abuso di dpcm. Cartabia e Lamorgese, donne del Colle, sono imbufalite…

Renzi Matteo

Il leader di Iv Matteo Renzi

Inoltre, sono giorni che Renzi, a Conte, non le manda a dire, al punto da ergersi al rango di novello ‘costituzionalista’ che contesta al premier l’abuso dei dpcm usati come clave e, soprattutto, privi di ogni legittimità e legalità costituzionale, dato che il presidente del Consiglio li assume, i dpcm, legibus solutus, sciolto, cioè, da ogni vincolo di legge. Infatti, a differenza di un decreto legge, che il Parlamento è obbligato a convertire in legge entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale e che vedono anche la controfirma preventiva del Capo dello Stato, i dpcm non abbisognano di alcuna autorizzazione preventiva, il premier se li scrive, li pubblica e li fa valere senza alcun controllo di nessuno (tranne quello, successivo, della Corte dei Conti).

Dpcm di cui, il governo, in questa fase di emergenza sanitaria, sociale e politica dovuta al Coronavirus, ha decisamente abusato. Glielo ha fatto notare, per primo, a Conte, il giurista ed ex presidente della Corte costituzionale (e molto sensibile agli umori del Colle), Sabino Cassese, in diversi interventi e interviste. Ma ora – con l’ultimo, quello con cui Conte ha annunciato il nuovo, temporaneo, assetto del Paese e che entrerà in vigore a partire dal 4 maggio – la contestazione, aperta e scoperta, è arrivata, al premier, anche dalla presidente della Consulta, Marta Cartabia.

Una figura, quella della Cartabia, legata a filo doppio con il Colle forse al pari solo di quel ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, cui la Cei ha rimproverato il ‘tradimento’ della parola data, attraverso un’intervista ad Avvenire, che della Cei è l’organo ufficiale, sulla “libertà di culto” per le messe, libertà che il governo ha “violato”.

Le regioni del centrodestra si appellano a Mattarella…

Presidente Mattarella

Il Presidente Mattarella

Inoltre, proprio ieri, e guarda caso, i presidenti di tutte le regioni guidate dal centrodestra (ben undici) hanno scritto, nero su bianco, al presidente Mattarella, chiedendogli di “restituire le competenze e l’autonomia alle Regioni” contro un governo che, secondo loro, le avrebbe scippate.

Dal Colle, ovviamente, non esce un ‘ah’, sui temi più caldi della polemica politica di questi giorni, ma che il presidente sia ‘preoccupato’ dalle recenti mosse del governo è palese. Una ‘non’ notizia…

 

Ceccanti prova a metterci una ‘pezza a colore’, su Cei e dpcm, ma subisce la reprimenda di D’Incà e dei 5Stelle

Ceccanti Stefano

Il costituzionalista e deputato dem Stefano Ceccanti

Un singolo deputato dem, Stefano Ceccanti, sia sulla libertà di culto, in senso pro-Cei, che sull’abuso di dpcm, ha messo una ‘toppa a colore’ presentando ben due emendamenti che miravano a ripristinare la prima (il diritto a poter dir messa) e a mettere un freno all’abuso dei secondi, prevedendo un parere ‘preventivo’ del Parlamento e indicando in una settimana il tempo di discussione, in sede parlamentare, prima di varare un nuovo dpcm, d’ora in poi. 

Due emendamenti che il deputato, e costituzionalista, Ceccanti aveva presentato al dl ‘Covid 19’, detto anche decreto ‘sanzioni’, che doveva essere discusso in questi giorni, dalla Camera dei Deputati, ma il cui iter è slittato alla prossima settimana causa ingolfamento dei lavori.

I due emendamenti, in ogni caso, e almeno per ora, sono stati rigettati dal governo, via il ministro ai Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, il quale, al povero Ceccanti, e pur essendo, di suo, un tipo mansueto, ha fatto anche una bella ‘lavata di capo’ della serie “ma come ti permetti?!”. Ceccanti ha, sportivamente, incassato la reprimenda, ma assicura anche che, quando il dl ‘Covid 19’ andrà in Aula, la prossima settimana (è slittato causa ingorgo dei lavori) li ripresenterà “tali e quali e punto”.

Inoltre, sempre Ceccanti, spergiura di essersi “mosso da solo, per dovere civico e senso di responsabilità – in fondo ero, nella mia vita precedente, un funzionario della Camera, aggiunge – e non perché qualcuno mi ha chiesto di metterci una ‘manina’…”, ma il dubbio resta: i suoi rapporti con la Consulta e, soprattutto, con il Colle, sono noti da tempo.

 

Intanto, in cortile, le battute sul ‘rigor Contis’ si sprecano… Dai renziani ai Pd, dai leghisti ai meloniani tutti contro il pdC

 

Certo è che le battute sul ‘rigor Contis’, cioè sulla fine – entro la fine del lockdown, il che, però, vuol anche dire che, di far cadere il Conte bis, non se ne parla prima di giugno – si sprecano, in un cortile d’onore di Montecitorio dove, tra un sigaro e una sigaretta, i deputati attendono con pazienza il loro turno per votare la ‘chiama’ sul nuovo (è il secondo) scostamento di bilancio chiesto dal governo, questa volta per il Def, voto che abbisogna della maggioranza assoluta dell’aula (316 voti su 630) per poter essere autorizzato.

Si va dai renziani (i più convinti e compatti, come si sa, nel volersi ‘scrollare di dosso’ l’esperienza del Conte bis) ai leghisti. I quali, ieri pomeriggio sono stat chiamati a raccolta, in cortile, dal loro capogruppo, Riccardo Molinari, su indicazione dello stesso Salvini, per ‘occupare’, da ieri notte in poi, l’aula ad libitum, senza soluzione di continuità. Una forma di protesta contro il piglio ‘mussoliniano’ e ‘autoritario’ del governo, a loro dire, ma anche un modo per cercare di ‘marcare’ da vicino i meloniani di Fratelli d’Italia che, sempre per lo stesso motivo, appena l’altro ieri, hanno inscenato, con ‘Giorgia’ a capo, un sit-in di protesta – in mascherina (tricolore, ovviamente) e guanti d’ordinanza – davanti al portone di Montecitorio, dove manco si potrebbe manifestare, in tale fase.

 

“Conte è peggio di Mussolini” per i leghisti come per FdI… 

tutti contro conte

Tutti contro Conte

Ma la mal sopportazione per le ultime uscite del governo e, soprattutto, del premier dilaga anche tra i democrat: quelli che hanno sempre mal sopportato l’alleanza con i 5Stelle (i renziani di ‘Base riformista’), ma tracima pure tra i lealisti. Il capogruppo dem alla Camera, Graziano Delrio, ieri è sbottato con un collega di un altro partito: “Questo premier, in quanto a sensibilità democratica, è assai poco dotato”. Inoltre, il ministro Dario Franceschini, capodelegazione del Pd al governo, dopo essere stato il ‘lord Protettore’ (secondo solo al Capo dello Stato) di premier e governo, ora avrebbe – si dice – “rotto in via definitiva con Conte”. 

Francesco Lollobrigida FdI

Francesco Lollobrigida (FdI)

Infine, incredibile a dirsi, pure i meloniani – cioè quelli che, più di tutti, sono contrari a ogni forma di ‘governissimo’ o di governo di ‘unità nazionale’ che dovrebbe sostituire Conte con Draghi, o con chi per lui, riconoscono – come sbotta il capogruppo di FdI, Francesco Lollobrigida – che “qualsiasi cosa verrà dopo Conte sarà meglio di Conte. Noi resteremo all’opposizione, come già facemmo con Monti, ma Conte ormai sembra Mussolini!”.

l’ex viceministro Edoardo

L’ex viceministro Edoardo Rixi

Un paragone, quello tra Conte e il Duce, che viene facile anche a uno degli esperti economici della Lega, l’ex viceministro Edoardo Rixi, che – fiero di come, anche grazie a lui, sia rinato il Ponte della ‘sua’ Genova – spiega a un collega: “Io sono legato a Matteo (Salvini, ndr.) da stima e affetto profondi e personali. Né Zaia, né Giorgetti, con tutto il rispetto che nutro per loro, possono guidare la Lega, ma Conte è peggio di Mussolini. Come dopo di lui, cioè dopo il fascismo, la Dc e i liberali andarono al governo coi comunisti, bisogna fare ora. Il ‘come’ lo si vedrà nel prossimo mese…”. Quando finisce il lockdown, appunto. Non a caso, l’altra battuta ‘cattiva’ che alligna nei cortili di Montecitorio è che “Conte sta disperatamente cercando di prolungare il lockdown all’impossibile perché sa che solo quello gli consente di restare al governo…”. Ma prima o poi pure quello finisce. 

 

NB: questo articolo è stato pubblicato, in forma più breve, sul Quotidiano Nazionale del 30 aprile 2020