Chi trova un amico trova un tesoro… Il governo va nel pallone sulle FAQ e litiga sui soldi del decreto aprile

Chi trova un amico trova un tesoro… Il governo va nel pallone sulle FAQ e litiga sui soldi del decreto aprile

3 Maggio 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

“Tutto e subito”. I soldi del dl aprile, ormai diventato “decreto maggio”, li vogliono tutti i partiti, che litigano al loro interno, specie tra Iv e M5S, ma per ora la tregua dentro la maggioranza di governo regge.

chi trova un amico trova un tesoro

Chi trova un amico trova un tesoro

 

NB: questo lungo pezzo si compone di un primo articolo scritto per il sito di notizie Tiscali.it e di un secondo, lungo, articolo, scritto in forma originale per il mio blog. Buona, anche se molto lunga, lettura ai miei ’25 lettori’…

 

Renzi abbassa le penne, ma scoppia la lite sul dl aprile

renzi italia viva

Renzi Leader di Italia Viva

Si placano i toni, ma non le tensioni, nella maggioranza. Matteo Renzi mette in stand by la sua minaccia di rottura, parlando di “passi avanti significativi” da parte del premier Conte, dopo giorni in cui sembrava che stesse per far cadere il governo l’indomani mattina, ma lo scontro si sposta sul decreto che contiene le misure economiche, atteso da giorni e giorni, ma che, per vedere la luce, dovrà aspettare non prima del mercoledì della prossima settimana, il 7 maggio, ma tanto vale, a quel punto, chiamarlo ‘dl maggio’ e non aprile perché il mese di aprile sarà finito da un pezzo.

 

Il Primo Maggio Conte chiede ‘scusa’ per i ritardi. Le tensioni interne alla maggioranza riscoppiano subito

primo maggio 2020

Primo maggio 2020

Conte interviene, via social, nel giorno del Primo Maggio a chiedere ‘scusa’ ai cittadini nei ritardi dei pagamenti e nello stanziamento dei fondi previsti dal governo e aggiunge che nuovi aiuti “più pesanti, più rapidi, più diretti” arriveranno a dare fiato a un mondo del lavoro messo “a dura prova” e a un Paese dove si avvertono “rabbia e angoscia” anche per i posti di lavoro a rischio. Parole di cauta speranza, e nulla più. Ma è sulle singole misure si litiga in maggioranza: una riunione del premier con i capi delegazione prevista in mattinata slitta fino alla sera per dare al ministro Roberto Gualtieri la possibilità di mediare con i singoli partiti, ma la mediazione non decolla e la riunione slitta a oggi domenica.

 

Misure per il lavoro e Reddito di emergenza gli oggetti del contendere. Mattarella e Papa ‘soccorrono’ Conte

Mattarella e Papa Francesco

Mattarella e Papa Francesco ‘soccorrono’ Conte

Tra i motivi di scontro ci sono le misure sul lavoro e il Reddito di emergenza (l’acrostico pare che sia REM, come la famosa band Usa che furoreggiava negli anni Novanta), i fondi per la famiglia, ma anche la possibilità di dare fondi pubblici alle grandi aziende con l’ingresso dello Stato come socio. Dopo l’appello alla “collaborazione istituzionale” e alla “chiarezza” nell’azione del governo avanzata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (una velata e quanto secca critica a Conte, pur se fatta con toni prudenti), giungono anche le parole del Papa, che invita i politici a superare le “differenze” che li dividono per “prendersi cura dei loro popoli in un momento di crisi”. Papa felice anche che il braccio di ferro tra governo e Cei sulla possibilità di dir messa, dare l’Eucarestia e l’estrema unzione si è risolto nel migliore dei modi e il più italiano degli accomodamenti.

 

Il clima tra maggioranza e opposizione resta molto teso, mentre Iv ‘abbassa i toni’ incendiari che aveva alzato

ITALIA VIVA

Il simbolo di Italia Viva

Continuano, però, a circolare scenari di crisi di governo, se dovesse consumarsi una frattura della maggioranza sul Mes o se dovessero aumentare le difficoltà sul fronte economico. Ma è anche vero, come ammettono fonti di Italia Viva, che sarebbe incomprensibile aprire una crisi e affondare il governo mentre si affronta l’emergenza sia sanitaria che economica, emergenza che non è ancora scoppiata. E così Renzi abbassa i toni. Lo scontro aveva raggiunto l’apice l’1 maggio, quando Vito Crimi e il Pd erano intervenuti a difesa di Conte che sembrava sul punto di stare per cadere. Il ministro Francesco Boccia ricorda che l’unica alternativa al governo sono le elezioni, mentre dalle fila M5s alza la voce Alessandro Di Battista che chiede di ‘disinnescare’ la mina Renzi, tra le proteste dei renziani, e che, per una volta, lo difende, Conte, invece di picconarlo come fa di solito.

il leghista Giulio Centemero

Il leghista Giulio Centemero

Alla fine, è lo stesso leader di Iv a riporre, almeno per ora, la sua ascia di guerra e minaccia di rottura, spiegando che sono giunti da Conte segnali “positivi” ma fa un po’ ridere. Proprio come la Lega che, sempre il I maggio, annuncia, con Salvini, di aver sospeso il suo OccupyParliament, come lo ha ribattezzato il deputato leghista Giulio Centemero, perché, anche qui, sarebbero arrivati da Conte segnali ‘positivi’, ma quali sarebbero, di grazia, non è dato sapere.

 

Pd e M5S a Renzi: “Sei solo chiacchiere e distintivo!”, ma anche la Lega di Salvini scende a più miti consigli

pd m5s

Ma era una minaccia spuntata, osservano da M5s e Pd, perché la compattezza dei parlamentari e delle ministre di Iv non avrebbe retto alla prova dell’Aula (cioè Renzi avrebbe subito una pesante scissione interna). Il premier, in ogni caso, è disposto ad andare alla conta in Parlamento, se sarà necessario. Eppure, precisa Silvio Berlusconi, Forza Italia non ha nessuna intenzione di tenere in piedi questo governo “né alcun governo delle sinistre” e assicura “lealtà” a Fdi e Lega, anche se poi lo stesso Berlusconi fa trapelare che, in questa fase, una crisi di governo sarebbe “una iattura per il Paese, quindi dobbiamo evitarla”.

Salvini Matteo

Matteo Salvini

Intanto, il partito di Matteo Salvini ha deciso a sua volta di abbassare i toni abbandonando l’occupazione delle Aule parlamentari. “L’unico dibattito che mi interessa è come organizzare la rinascita del Paese. E’ l’opposto delle diatribe e dei deprimenti litigi figli di un dibattito politico di corto respiro”, dice Nicola Zingaretti, con stoccata verso Renzi.

 

Tensioni nel governo sul fronte del lavoro: per la delegazione Iv le norme della Catalfo sono “comuniste”

nunzia catalfo

Nunzia Catalfo

Ma nella maggioranza si continua a discutere sulle misure economiche. Tensione si registra sul fronte del lavoro, con l’irritazione delle Regioni per una norma – inserita in una bozza del decreto – sulla formazione e un’altra, sempre di origine M5s, sulla possibilità che l’Anpal passi sotto il controllo del ministero del Lavoro guidato da Nunzia Catalfo. Iv protesta per la norma. Norma che i renziani definiscono “comunista”, che permetterebbe l’ingresso dello Stato nelle grandi aziende, “mentre alle piccole e medie imprese vengono destinati pochi aiuti”. Si continua a litigare anche sulla famiglia: troppo pochi, sempre secondo Iv, i 100 milioni destinati mentre invece sulla scuola una frase della ministra Lucia Azzolina sui concorsi per i docenti fa insorgere Pd e Leu, che per conto suo ce l’ha con quelle Regioni – Calabria, Liguria, Lombardia, Piemonte – che non vogliono rispettare le norme imposte da Speranza.

 

La riunione di maggioranza slitta, ma la tensione resta

ministro dellEconomia Roberto Gualtieri

Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri

Alla fine dell’ennesimo braccio di ferro, dunque, viene deciso che la riunione tra Conte e i partiti della maggioranza sul dl economico che sarà sul tavolo del Consiglio dei ministri nella metà della prossima settimana è stata rinviata a oggi mentre avrebbe dovuto tenersi in serata. Il confronto su come indirizzare i 55 miliardi messi sul tavolo dal ministro Gualtieri, dunque, prosegue. Restano tutte le distanze su alcuni punti come il reddito di emergenza e al momento non sarebbe stata chiusa un’intesa. Ieri mattina c’è stato un primo incontro tra i capi delegazione con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Poi, nel pomeriggio, molti incontri bilaterali. Fonti di maggioranza riferiscono di un dibattito in corso assai aspro sulle misure e di un “confronto aperto” anche tra il premier Conte il ministro Gualtieri sull’impostazione del testo. Ma le tensioni nella maggioranza si sono acuite perché IV e M5s restano su due fronti contrapposti. Italia viva insiste sulla necessità di destinare fondi sulla ripartenza, sulle imprese, di andare oltre – spiega un ‘big’ del partito – al ‘Cura Italia‘: Iv chiede un cambio di rotta rispetto a politiche giudicate assistenzialiste, come il REM, o addirittura ‘comuniste’. Il Movimento 5 stelle però non è intenzionato a fare passi indietro. Da qui l’impasse con il governo che ieri mattina ha fatto sapere che le bozze circolate “sono già superate”.

 

Bozze del dl tutte già superate. “Siamo in alto mare”…

in alto mare

Siamo in alto mare

Un testo definitivo ancora non c’è, siamo in alto mare”, spiega una fonte della maggioranza. Anzi, c’è chi nella maggioranza non nasconde la delusione per il fatto di non aver visto neanche le bozze del provvedimento. In ogni caso, però, la temperatura rispetto a due giorni fa è comunque calata. Una sorta di ‘tregua’ con Iv che resta ferma sulla necessità di chiedere un cambio di rotta ma considera “un passo avanti” il fatto che Conte abbia chiesto scusa ai cittadini per i ritardi al dl liquidità. Ma la posizione di fondo di Italia viva non cambia: per Renzi sta a Conte decidere quale strada imboccare, se quella dei populismi e dei sovranismi o quella dell’europeismo. Certo, il Pd e il Movimento 5 stelle fanno scudo al presidente del Consiglio, ma fino a quando? Persino il Pd inizia a chiedere un cambio di passo, direttamente con Zingaretti, e molti big del partito, dal ministro Franceschini al vicesegretario Orlando, vedono di buon occhio un coinvolgimento degli azzurri al governo, “anche attraverso un rimpasto” spiega un uomo di ‘Dario’, perché “così potremmo allargare la maggioranza senza passare per una crisi di governo mentre, aprire la crisi, al di là della ad oggi impraticabilità di un ‘governissimo’, vuol dire – per una serie di ragioni tecniche e ordinamentali – che lasceresti il Paese a bagnomaria, senza guida politica, per 60 giorni, o poco meno, un tempo che un Paese che sta così tanto in crisi e che ha bisogno di risposte urgenti e quotidiane, non è proprio un lusso che si può permettere”.

 

Il Pd chiede “un cambio di passo” ma i tempi di una crisi di governo sono lunghi. Allora, meglio un rimpasto

logo pd grande

Logo Pd

In effetti, tanto ci vuole, di tempo, circa 50/60 giorni – e al netto dei giorni che si consumano per le consultazioni di rito al Quirinale tra un governo e l’altro, durante la crisi – tra decreti di nomina dei vertici dei ministeri come i capi di gabinetto e la riaccensione della macchina legislativa del governo e del Parlamento, per poter tornare a governare. Un tempo che, appunto, oggi l’Italia ‘non’ si può permettere, mentre, invece, un rimpasto – per imbarcare FI, chi altri? Seguendo la logica della ‘coalizione Ursula’, europeisti contro sovranisti, logica che tanto piace proprio a Renzi – potrebbe essere una discreta soluzione, agli occhi del Pd, per prendere due piccioni con una fava: togliere Conte, che ha iniziato a ‘stancare’, e buttare fuori Renzi dal governo. Per una volta, in questo modo, il Pd farebbe un capolavoro.

 

L’amaro sfogo di un big dem di alto livello: “Il governo Conte è inadeguato, ma nessuna crisi è possibile”.

chiacchiere e distintivo

“Solo chiacchiere e distintivo, chiacchiere e distintivo”

Gli italiani – commenta cogitabondo un dirigente dem di alto livello – stanno dimostrando una grande, infinita, pazienza e, per ora, stanno rispondendo con il sorriso, al massimo con l’ironia, dilagante, sui social, all’inesperienza e alle incapacità manifeste del governo. Per fortuna, dico. Ma quando gli italiani si stancheranno, cosa succederà? Se inizierà un’epoca di ‘Grande Recessione’, o ‘Depressione’, con le code ma anche le rivolte nelle strade delle città, cosa succederà? Come reagiranno? Ci vorrebbe un governo all’altezza di un’età del ferro e del fuoco così difficile, un governo di vera unità nazionale, ma non lo abbiamo” – continua nel suo ragionamento il dirigente dem. “Abbiamo Conte e i suoi ministri grillini, del tutto incapaci e impreparati, dalla Catalfo all’Azzolina, e ce li dobbiamo tenere. I nostri sono bravi, rispondono a tutti, sono sul pezzo. Penso a Franceschini, che sta dando pronte risposte a tutti i lavoratori dello spettacolo. A Misiani, che si batte come un leone sui soldi con quell’arpia della Castelli. Penso a Guerini, che nel silenzio guida con pugno fermo e mano salda la Difesa. Poi ci sono Boccia e Speranza, certo. Ma non ci sono solo loro. E i nostri sono troppo oscurati. Vengono fuori, oltre Conte e Gualtieri, un vero fuoriclasse, solo loro due. Poi c’è Amendola, che ci sta facendo vincere la battaglia nella Ue. Crisi di governo? Non scherziamo. Non si può fare alcuna crisi di governo in questo momento” – la sua analisi. “Renzi? – continua la nostra fonte – Solo chiacchiere e distintivo, chiacchiere e distintivo. Un pallone già spompo che ha minacciato e si è sgonfiato in due giorni. Le sue parole sono polvere nel vento. Le sue ministre vogliono restare ministre e i suoi parlamentari tenersi la sedia sotto il c. perché, se si vota, non li rielegge nessuno. Però, bisognerebbe che il governo avesse un colpo d’ala – conclude il suo ragionamento il nostro interlocutore – servirebbe, per dire, aprire la maggioranza a Forza Italia, ma in modo serio e stabile, dando loro dei ministri nostri o dei 5Stelle, sacrificando delle pedine, per far posto a loro, altrimenti non appoggeranno mai il governo a costo zero e dovendo rompere il centrodestra. Qualcosa bisogna dargli e qualcuno si deve sacrificare. Penso alla De Micheli, pessima, a Provenzano, modesto e a Boccia, sovraesposto. Se facessimo queste mosse, il Conte ter potrebbe funzionare e aiutarci a traghettare Paese e Parlamento fino al 2022, quando dovremo eleggere, tutti insieme, il Capo di Stato”.

 


“Indovina chi viene a cena?”. Gli amici non sono “affetti stabili”, su bus e metro ci si accalcherà come in una disco, i soldi del dl aprile – già diventato decreto maggio – li vogliono tutte le categorie di lavoratori ma non sono infiniti quanto le gaffes che il governo Conte continua a inanellare.

 

Affetti stabili. Bus. Seconde case: il governo nel pallone

seconda casa

Seconde case: il governo nel pallone

Nelle seconde case, o per superare i confini extraregionali? Sì, no, forse, ‘dipende’. Si vedrà, da regione a regione, a ‘macchia di leopardo’, un leopardo assai grigio e maculato. Il governo non offre certezze, non dà risposte, si confonde, per un’intera giornata, poi – finalmente – a sera la risposta, via ‘FAQ’ che ha il timbro dell’ufficialità di palazzo Chigi e viene diffuso via WA come ‘fonte governo’: “I motivi che rendono legittimi gli spostamenti, secondo le previsioni del dPCM (quello del 4 maggio che partirà da tale data, ndr.), restano quelli del lavoro, della salute e della necessità. Spostarsi alla seconda casa non è una necessità. In riferimento alle attività sportive e motorie, lo spostamento consentito è quello strettamente necessario a effettuare le attività stesse, con la conseguenza che una volta che queste sono concluse è obbligatorio far immediato ritorno a casa”. Insomma, jogging di gruppo sì, seconda casa lasciate stare.

 

Gli spostamenti tra le Regioni? Ancora vietati, per ora

 

A proposito di spostamenti, il Dpcm del 26 aprile 2020 consentiva lo spostamento fra Regioni diverse esclusivamente nei casi in cui ricorrano: comprovate esigenze lavorative o assoluta urgenza o motivi di salute. Pertanto, una volta che un povero Cristo abbia fatto rientro al proprio domicilio/abitazione/residenza anche provenendo da un’altra Regione (come consentito a partire dal 4 maggio 2020), non saranno più consentiti spostamenti al di fuori dei confini della Regione in cui ci si trova, qualora non ricorra uno dei motivi legittimi di spostamento più sopra indicati. Morale: se tua madre sta morendo in un paesino assolato di un’altra regione, puoi prendere e partire, ma se casa tua al mare è stata ‘solo’ vandalizzata dai bulli del quartiere te ne resti a casa e manco protesti, altrimenti ti arriva la multa…

 

Le risposte degli enti locali: ognun per sé e Dio per tutti

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Dario Nardella sindaco di Firenze

A essere preoccupati del caos che potrebbe accadere lunedì mattina sono, ovviamente, anche gli enti locali, che anche questa volta, però, si muovono in ordine sparso. Il Lazio, ad esempio, sta pensando di utilizzare i volontari della Protezione civile per assicurare controlli nelle stazioni principali. A Firenze il sindaco Dario Nardella mette a disposizione 50 vigili urbani per monitorare il rispetto delle regole sui tram cittadini. Altra questione che varia da regione a regione e perfino da comune a comune è infine l’obbligo di utilizzare, oltre alla mascherina, anche i guanti – che sono diventati cari e introvabili a loro volta. Siccome non c’è una precisa norma nazionale, ogni ente locale fa da sé. Tanti si limitano a replicare le linee guida nazionali (non guanti), ci sono ad esempio Lombardia e Firenze che tramite due ordinanze ne hanno prescritto l’obbligo.

 

Attività sportiva di gruppo sì, ma solo tra conviventi…

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Ma si potrà poi tornare a fare attività motoria e sportiva? Sì, ma sarà consentita all’aperto solo se svolta individualmente, a meno che non si tratti di conviventi. E così, dite addio alle passeggiate chilometriche o vere corse fatte per evadere la quotidiana casalinga di questi mesi: vostra moglie potrà correre con voi e, correndo, farvi venire quella terribile emicrania che, di solito, le viene a casa.

 

Gli amici? Non sono ‘affetti stabili’, neppure ‘del cuore’

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Gli amici? Non sono ‘affetti stabili’, neppure ‘del cuore’

E gli amici da rivedere, a partire dal 4 maggio, per un caffè (anzi, no: quello solo dal 18 maggio, ma uno alla volta, forse, dentro il bar del quartiere, sempre non abbia fallito)? Ahi loro, e ahi noi, non se ne parla proprio, nisba, zut, nein. Sempre fonti di palazzo Chigi – quelle che, una volta, ai bei tempi ti davano gli spin sugli incontri Conte-Merkel-Macron – sono costretti ad affannarsi a precisare che “gli amici NON sono ‘affetti stabili’ e punto”. Insomma, anche se si trattasse di “amici del cuore” (già ci pregustavamo la scena tipo: “Appuntato! Glielo assicuro! Io e quel genio del mio amico ci conosciamo da una vita, andavamo a calcetto insieme, è il padrino di mio figlio! DEVO vederlo!”), non sono ‘degni’ di assurgere – e, dunque, di poterli incontrare – al rango di un fidanzato/a, un parente – anche un lontano cugino – o, appunto, un ‘affetto stabile’ (etero, omo, bisex), il quale, essendo affetto ‘affine’ si può incontrare eccome.

 

La rivincita della fidanzata/moglie ufficiale sull’amica…

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La rivincita della fidanzata

E dato che “le persone che sono legate da uno stabile legame affettivo” è una definizione che ricorda una sentenza della Cassazione che riconosceva i fidanzati come persone legate “da un solido e duraturo legame affettivo”, l’interpretazione della definizione, da parte del governo, sembrava essere estendibile anche a fidanzati, compagni, coppie di fatto, ma proprio quest’ultima indefinita e ampia categoria farebbe sì che in realtà gli spostamenti possano essere consentiti per andare a trovare quasi chiunque. E così, ecco che arriva, in tarda sera, lo stop sugli ‘amici’, che, secondo fonti del governo, non rientrano tra gli “stabili legami affettivi” giustificanti gli spostamenti dal 4 maggio. Insomma, se vuoi convolare in un albergo (peraltro chiuso) con la tua ‘amica’, meglio sorvolare sul tipo di ‘affettività’ e spacciarla per una “lontana parente”, specificando, si capisce, “dal lato materno” o non corrisponde il cognome. Insomma, la moglie o fidanzata ufficiale si riprende posto, scena e fila perché non teme la concorrenza , dell’amica,.

 

Palazzo Chigi risponde alle Faq ma va in confusione

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Palazzo Chigi risponde alle Faq ma va in confusione

Ecco, l’impressione che a palazzo Chigi siano andati nel pallone è forte, dopo aver seguito la lunga giornata di ieri: il governo prima dice una cosa, poi ne dice un’altra, poi inizia a tempestare di FAQ i siti dei giornali e delle agenzie, etc. E così l’intero, e attonito, Paese che apprende, nel volgere di poche ore, che, appunto, gli amici prima sono ‘affetti stabili’, poi no, non se ne parla. Lo stesso ufficio stampa di palazzo Chigi va in tilt, arrivano notizie e ‘spiegazioni’ contraddittorie che si accavallano, intersecano, annullano.

 

Anche raggiungere le seconde case è uno ‘stress test’

stress test

Raggiungere le seconde case è uno ‘stress test’

Resta anche un grosso margine di incertezza sul divieto a raggiungere le seconde case. E’ uno ‘stress test’ per la fase 2  che inizia il 4 maggio. Dai dati sul contagio che si raccoglieranno a partire dalla prossima settimana si capirà se dal 18 maggio si potrà riaprire di più in alcune Regioni e se al contrario in singole aree del Paese dovrà tornare il lockdown. Il premier Giuseppe Conte, rispondendo via Facebook alle lettere di un’estestista, un barbiere e una ristoratrice, si dice ‘sicuro’ che nelle zone a basso contagio le riaperture arriveranno “prima del previsto”. Ovviamente, assicura Conte che il governo sarà “intransigente per chi riparte sul rispetto di “rigidi protocolli di sicurezza”.

 

Trasporti, competenze divise tra Stato, regioni, comuni

trasporti

Trasporti, competenze divise tra Stato, regioni, comuni

E gli autobus e la metro da prendere per andare al lavoro? E i treni, a lunga o corta percorrenza? E gli aerei? E i traghetti’ Il governo dà le linee guida, ma mica finisce qui. Poi tocca alle Regioni, infine tocca ai Comuni, senza dimenticarsi le Province – ebbene sì, ancora esistono e hanno le loro belle ‘competenze’ – a dare le sue indicazioni, solo che ognuno vuol dire la sua, fare la parte del leone, tutti si accapigliano in nome di vecchi e nuovi ‘federalismi’ e ‘regionalismi’. E, proprio come sulle date delle riaperture (la Calabria apre tutto e il Piemonte chiude tutto, la Lombardia annaspa e il Veneto trionfa, la Toscana corre e la Campania chiude, l’Umbria apre e la Sicilia frena, etc.), un altro mare magno dove lo scontro tra Regioni e governo è quotidiano, asfissiante, provocatorio, continuo, sordo, al punto che siamo, ormai, ai limiti del ricorso alla Consulta (ricorsi che, tra poco, fioccheranno, e sarà un altro guaio), anche qui ognuno vuol fare per sé: tot capita, tot sententiae.

 

La teorica ‘autogestione’ dei cittadini sui mezzi pubblici

mezzi pubblici

La teorica ‘autogestione’ dei cittadini sui mezzi pubblici

Così, sui mezzi sarà un vero spettacolo, roba da prenderli – a costo di ammalarsi di Covid19 – da un capolinea all’altro (a Roma, per farlo, ci puoi mettere anche un giorno…), almeno ti fai quattro risate e passa il magone da quarantena. Certo è che, lunedì mattina, dall’alba in poi, quando quattro milioni e mezzo di persone torneranno al lavoro, solo a Roma, dopo i quasi due mesi di quarantena, sarà un delirio.

Si farà, sui mezzi, ‘autogestione’, come nelle scuole ‘okkupate’ degli anni Settanta: cioè, ognuno farà come gli pare. Infatti, obbligo di mascherina e guanti, certo, obbligo del rispetto del ‘distanziamento sociale’, ci mancherebbe, posti ‘segnati’ dove in teoria non ci si potrebbe sedere, per evitare calca e assembramenti, come no? Peccato che, a far rispettare tutti questi divieti e regole – compresi i dispenser montati sui mezzi pubblici – non ci sarà nessuno, a bordo di tram o metro. Gli italiani dovranno ‘auto-regolamentarsi’ o meglio affidarsi al loro – storicamente proverbiale – senso civico. Infatti – e che ci possiamo fare? – specialmente nelle grandi metropoli italiche – Roma in testa a tutti – mancano netturbini e vigili urbani, tassisti e addetti alla vigilanza, figurarsi se non scarseggiano i dipendenti di Atac Roma, società dell’azienda municipale capitolina dei trasporti. Che poi, a dirla tutta, già conducenti e controllori dei biglietti sono odiosi e rabbiosi di loro, figurarsi ora che gli ‘ritocca’ di lavorare. Insomma, molto meglio l’autogestione, ecco.

 

De Micheli nel pantano: mancano sanzioni e personale

Paola De Micheli

Paola De Micheli

Il ministero dei Trasporti, per bocca di Paola de Micheli, insiste sui due obblighi fondamentali che dovranno regolare la lunga fase di convivenza col virus per tutti quelli che si muovono in metro e bus: obbligo di mascherina, anche in stoffa, e distanziamento di almeno un metro fra un passeggero e l’altro. Due regole tutto sommato semplici e dirette, che ieri il ministro ha ribadito in una videocall con le associazioni del trasporto pubblico locale (Anav, Astra e Agens). Peccato però che le prescrizioni dell’esecutivo si vadano a scontrare con due ostacoli di non poco conto. Il primo riguarda le sanzioni: per ora non ci sono e quindi, da lunedì infatti chi non rispetterà il distanziamento non potrà essere multato. Il secondo, ancora più rilevante, riguarda i controlli: al momento non c’è un sistema organizzato: al massimo, il personale di metro e bus potrà dare consigli e suggerimenti su come rispettare le file e riempire i mezzi.

Del resto, il problema molto semplice è che le aziende non sono in grado di fare controlli a bordo. Sanzioni e controlli, quindi, sono due spade di Damocle di non poco conto sulla ripartenza in sicurezza. Al MIT ne sono consci, tanto che si sono ripromessi un aggiornamento costante e briefing ripetuti con le aziende che si occupano del trasporto locale per tutta la giornata di lunedì in un approccio che inevitabilmente finirà per essere per “prova ed errore”: della serie “vediamo come andrà il primo giorno e poi si corregge in corso d’opera” sperando nello ‘stellone’ italico.

 

 “La situazione è grave, quindi non è seria” (Flaiano)

flaiano

“La situazione è grave, quindi non è seria” (Flaiano)

Se prendere una metro o un bus da lunedì in poi sarà più complicato, lo sarà molto di più imbarcarsi su un aereo. Come riporta un articolo della Stampa, è opinione comune per gli esperti del trasporto aereo che il tempo medio per superare i nuovi controlli in aeroporto sarà di 4 ore. Durata che, in epoca pre-Covid, ci sarebbe sembrata una eternità.

Alcuni esempi, quelli appena fatti, di una situazione, quella caotica e magmatica in cui vive il governo, che – diceva il grande Ennio Flaiano – “è seria, quindi non è grave”. La verità è che, ieri, il governo è andato ‘nel pallone’ prima ancora di mettersi a litigare sulla ‘ciccia’, cioè sui soldi che dovranno essere stanziati nel ‘dl Aprile’ – già diventato, ormai, ‘dl Maggio’ – e soprattutto a chi e come destinarli.

 

Il 4 maggio tornano al lavoro 4,4 milioni di persone. Finito il lockdown, il Paese finalmente riapre i battenti

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Fine del lockdown

Il 4 maggio tornano al lavoro 4,4 milioni di persone e scatta anche la possibilità di far visita a coniugi, conviventi, partner delle unioni civili, parenti fino al sesto grado, affini fino al quarto grado come i cugini del coniuge (tanta roba). E a persone “legate da uno stabile legame affettivo” come i fidanzati ma non, precisano fonti di governo, gli amici…

 

I numeri: 4,4 milioni di lavoratori fuori e 2,7 mln a casa

riaperture fabbriche

Riaperture fabbriche

Lunedì, inoltre, ripartono la manifattura, le costruzioni, il commercio all’ingrosso legato ai settori in attività, che vanno da tessile e moda, ad automotive e fabbricazione di mobili. Secondo i consulenti del lavoro torneranno in ufficio o in azienda 4,4 milioni di persone, mentre altri 2,7 milioni resteranno a casa. Il doppio ‘paradosso’, sottolineano dal governo, è che si tratterà soprattutto di over 50 e che la ripresa riguarderà in prevalenza le Regioni del Nord, più colpite dal virus (2,8 mln di lavoratori contro i 812mila al Centro e 822mila al Sud). Per il lavoro sono raccomandati orari differenziati e, ove possibile, smart working, ma impensierisce la tenuta dei trasporti, tra ingressi contingentati su bus e metro e rischio di lunghe code di auto. Anche per questo un’ordinanza del Mise per riaprire i negozi bici e monopattini, per il cui acquisto dovrebbe arrivare un incentivo nel prossimo dl economico.

 

Più facili gli spostamenti in regione, basta autocertificati

stop autocertificazione

Stop autocertificazioni

Diventano più facili gli spostamenti nella Regione e sembrano allentarsi – ma si attendono indicazioni dal Viminale – gli obblighi di autocertificazione: per chi va al lavoro sarà sufficiente esibire un tesserino. Ripartono anche esami universitari e lauree in presenza fisica, purché si possano tenere le distanze, e saranno possibili attività di restauro e laboratori e tirocini universitari. Riaprono i concessionari d’auto. Il dpcm firmato domenica scorsa dal premier Conte prevede comunque mascherine per tutti, sia nei luoghi accessibili al pubblico, sia sui mezzi di trasporto.

 

Mascherine autoprodotte e divieto di assembramento

mascherine fai da te

Mascherine fai da te

Si possono usare anche mascherine autoprodotte, ma sono esentati i bambini sotto i sei anni. I bambini possono godere della riapertura dei parchi e delle ville, dove però restano chiuse le aree giochi. Resta comunque il divieto di assembramento, non solo nei luoghi pubblici ma anche in quelli privati. Ma si può tornare a fare sport e correre anche lontano da casa, ma sempre da soli e tenendo dagli altri una distanza di due metri: ci si può muovere anche in auto o bus per andare a correre. Si possono fare passeggiate, anche con i bambini, a un metro di distanza da altri. Ripartono anche gli allenamenti individuali degli atleti mentre ancora niente messe: si studia la possibilità di permetterle dall’11 maggio, magari all’aperto. Si possono però celebrare i funerali, con un massimo di 15 persone e obbligo di mascherina, e si può andare nei cimiteri. Restano chiuse anche le scuole, ma riaprono i centri diurni per i disabili e si valuta di permettere da fine mese o a giugno l’apertura di asili nido e centri estivi. Fino al 18 maggio serrande abbassate anche per i negozi al dettaglio, parrucchieri e barbieri, ristoranti e bar. La novità è che dal 4 maggio è permessa non solo la consegna di cibo a domicilio ma anche il take away.

 

SCHEDA TECNICA. La bozza circolata del “Dl aprile”

(notizia tratta da Huffington Post.it )

 

“La rete di protezione si allarga perché l’emergenza economica e sociale macina un disagio che cresce man mano che il lockdown aggiorna il suo timer, arrivato a quota cinquanta giorni”. Dice questo la bozza del decreto – di cui il giornale Huffpost è in possesso – che il Governo sta preparando per dare nuovi aiuti al Paese dilaniato dal virus. Quello che doveva essere approvato ad aprile e che invece è slittato a maggio. Con l’arretrato pesante dei soldi di marzo che non sono ancora arrivati a tutti, il colpo di reni è concentrato sul rafforzamento delle misure già previste dal Cura Italia e da new entry che tirano dentro cittadini fino ad ora esclusi. La platea del bonus da 600 euro si allarga, arriva un reddito di emergenza per tre mesi in favore di chi è più in difficoltà, si allentano i paletti del reddito di cittadinanza, le colf e le badanti riceveranno per la prima volta un indennizzo. Ma ci sono anche paletti per restringere gli aiuti a chi ne ha davvero bisogno.

 

Il bonus per gli autonomi sale a 1.000 euro a maggio, ma non lo prenderanno tutti

 

I lavoratori autonomi riceveranno il bonus da 600 euro anche per il mese di aprile. A maggio, invece, cambiano i criteri. L’importo sale a mille euro, ma arrivano anche dei paletti. La ragione è semplice: il bonus di marzo è andato anche a chi ha redditi altissimi, di fatto a chi non ne ha bisogno. Si passa dal principio dei soldi a tutti senza controlli, che ha fatto da base alla prima fase della strategia economica del Governo, a quello della selettività. E così le partite Iva avranno il bonus di maggio solo se il reddito del secondo bimestre, cioè di marzo-aprile, sarà inferiore del 33% rispetto a quello del secondo bimestre dello scorso anno. Lo stesso criterio del 33%, relativo al fatturato o corrispettivo, vale anche per gli iscritti alle gestioni speciali dell’Ago, cioè artigiani, commercianti, coltivatori diretti.

 

Sarà il libero professionista ad autocertificare il tutto con una domanda che dovrà presentare all’Inps. Poi l’Istituto di previdenza comunicherà all’Agenzia delle Entrate i dati identificativi per la verifica dei requisiti. L’iter si concluderà con l’ultimo passaggio a parti invertite, con l’Agenzia delle Entrate che comunica all’Inps l’esito dei riscontri effettuati. Mille euro a maggio anche per i co.co.coiscritti alla Gestione separata. Devono però essere titolari di un contratto che non va oltre il 31 dicembre o devono aver cessato il rapporto di lavoro entro il giorno dell’entrata in vigore del decreto. Gli stagionali del turismo e degli stabilimenti balneari riceveranno 600 euro per la mensilità di aprile e mille euro per maggio. Il bonus andrà anche ai lavoratori in somministrazione “impiegati presso imprese utilizzatrici” che operano in questi settori. Per i collaboratori sportivi è previsto il bonus da 600 euro per aprile.

 

Intermittenti, nuovi stagionali, occasionali, venditori a domicilio. Chi prenderà il bonus per la prima volta

 

Una delle grandi novità è il bonus che sarà dato a queste categorie di lavoratori, dipendenti e autonomi, che per causa del Covid hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro. Riceveranno 600 euro per il mese di aprile e altrettanti per maggio. Per ricevere il sostegno, gli intermittenti devono aver lavorato l’anno scorso almeno trenta giorni (il periodo di riferimento arriva precisamente al 31 gennaio 2020). I dipendenti stagionali che non appartengono ai settori del turismo e degli stabilimenti termali, avranno il bonus se “hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020″ e lavorato per almeno 30 giorni nello stesso periodo. Lo stesso importo andrà agli autonomi, privi di partita Iva, che sono stati titolari di un contratto occasionale tra il primo gennaio dell’anno scorso e il 23 febbraio di quest’anno. Gli incaricati delle vendite a domicilio potranno accedere all’aiuto se titolari di partita Iva e con un reddito dichiarato l’anno scorso da questa attività superiore a cinquemila euro. Il bonus anche agli iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo “con almeno 15 contributi giornalieri versati” al Fondo stesso nel 2019, da cui deriva un reddito non superiore da 35mila euro. E non devono avere una pensione.

 

Il bonus andrà anche a chi percepisce un reddito di cittadinanza inferiore ai 600 euro. In questo caso, il bonus si sommerà al reddito di cittadinanza sotto forma di stanziamento aggiuntivo. Il totale, però, non potrà superare i 600 euro. Per tutti gli autonomi, indipendentemente dalla categorie di appartenenza, la bozza del decreto dice che l’Inps erogherà i soldi in un’unica soluzione.

 

Reddito di emergenza tra 400 e 800 euro per tre mesi, con Isee sotto i 15mila euro. Anche per chi ha quello di cittadinanza

 

Il reddito di emergenza è istituito da maggio e sarà erogato dall’Inps per tre mesi a decorrere dal mese in cui verrà presentata la domanda (la presentazione scade a luglio). Andrà ai single e alle famiglie che stanno avendo più difficoltà. Sarà un contributo pari a 400 euro per i single, mentre per le famiglie potrà salire fino a un massimo di 800 euro.

 

Le famiglie che possono fare domanda devono essere residenti in Italia, avere un Isee inferiore a 15mila euro e un patrimonio mobiliare sotto i 10mila euro. La soglia cresce di cinquemila euro per ogni componente successivo al primo e fino a un massimo di 20mila euro. Un altro criterio che deve essere soddisfatto è quello del reddito familiare: nel mese che precede la richiesta del beneficio, deve essere inferiore alla soglia del beneficio stesso, cioè sotto i 400 euro in caso di un single e man mano a salire in base al numero dei figli. Se c’è un componente che riceve il bonus da 600 euro, la famiglia non riceverà il reddito di emergenza.

 

Meno paletti per avere il reddito di cittadinanza

 

Cambiano i requisiti di accesso, ma fino a ottobre. L’allentamento di alcuni paletti, infatti, riguarderà le domande presentate dal primo luglio al 30 ottobre. Per avere il reddito di cittadinanza, l’Isee massimo deve essere attualmente inferiore a 9.360 euro: salirà a 10mila euro, permettendo quindi a più cittadini di accedere alla misura. La soglia del valore del patrimonio immobiliare salirà da 30mila a 50mila euro, mentre quella del patrimonio mobiliare da 6mila a 8mila. Decade l’obbligo di non possedere una macchina immatricolata da poco tempo, mentre resta in vigore il divieto di avere un’imbarcazione.

 

Mascherine per “tutti i lavoratori”, volontari, colf e badanti se è impossibile stare a un metro di distanza

 

Nella bozza del decreto c’è un articolo che modifica le norme contenute nel Cura Italia relative all’utilizzo fino a fine luglio delle mascherine nei luoghi di lavoro, laddove non è possibile mantenere la distanza di un metro. Il decreto di marzo identificava nelle mascherine “i dispositivi di protezione individuale” necessari a contenere la diffusione del virus e faceva riferimento ai lavoratori. Ora si fa riferimento a “tutti i lavoratori e volontari, sanitari e non”. E si prevede che le disposizioni si applichino anche “ai lavorati addetti ai servizi domestici e familiari”, quindi colf e badanti.

 

Sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori più a rischio

 

I datori di lavoro assicureranno “la sorveglianza sanitaria eccezionale” dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio “anche da patologia Covid-19”. Quei datori di lavoro che non hanno l’obbligo di nominare il medico competente per effettuare la sorveglianza sanitaria, potranno nominarne uno per il periodo dell’emergenza o richiedere il servizio alle Asl piuttosto che all’Inail. I lavoratori che risulteranno temporaneamente “inidonei alla mansione” riceveranno un’indennità Inps pari all′80% dello stipendio. Una novità anche sul fronte della vigilanza sul lavoro. In via eccezionale, il ministero del Lavoro si avvallerà non solo dell’Ispettorato del lavoro, ma anche del Comando dei carabinieri per la tutela del lavoro.

 

Per colf e badanti un sostegno tra 400 e 600 euro, ma se l’orario di lavoro si è ridotto almeno del 25%

 

A marzo i lavoratori domestici non erano stati contemplati negli aiuti. Chi ha uno o più contratti con più di 20 ore settimanali riceverà 600 euro per il mese di aprile e altri 600 per quello di maggio. Chi è sotto la soglia delle 20 ore settimanali riceverà sì l’indennità, ma sarà pari a 400 euro. Per ricevere l’indennità bisognerà soddisfare due requisiti: non essere conviventi con il datore di lavoro e una “comprovata riduzione” dell’orario lavorativo di almeno il 25 per cento. Il sostegno è incompatibile con il reddito di emergenza e con l’indennità di disoccupazione, mentre potrà averlo chi prende un reddito di cittadinanza basso, arrivando al massimo a un totale di 600 euro sommando i due sostegni. Le domande andranno presentate ai patronati e sarà poi l’Inps a erogare il dovuto in un’unica soluzione.

 

Per i genitori che lavorano congedi fino a fine settembre. Bis per il voucher baby sitter, fino a 1.200 euro. Detraibili le spese per i centri estivi

 

Arrivano altri quindici giorni di congedo per i genitori che lavorano e che hanno figli fino a 12 anni. Il congedo è sempre retribuito al 50% dello stipendio. Senza retribuzione per i figli fino a 16 anni.

 

Per aprile e maggio ci sarà un nuovo voucher baby sitter da 1.200 euro, che potrà essere speso anche per i centri estivi, “i servizi socio educativi territoriali” e i “servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia”. I 12 giorni di permessi retribuiti aggiuntivi, previsti dal Cura Italia per marzo e aprile, saranno replicati: altri dodici giorni usufruibili a maggio e giugno.

 

Una new entry è la detrazione delle spese, per un massimo di 300 euro, relative alla frequentazione di centri estivi e centri di aggregazione giovanile da parte dei figli fino a 16 anni. Però solo per chi ha un reddito non superiore a 36mila euro.

 

Altre nove settimane di cassa integrazione

 

La cassa integrazione per l’emergenza sarà prolungata di altre nove settimane, fino al 31 ottobre. I datori di lavoro dovranno fare più rapidamente. Prima la domanda doveva essere presentata entro la fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa. Con il nuovo round, invece, entro la fine del mese di inizio del periodo.

 

Il tentativo di non replicare il buco nero della cassa integrazione

 

Sono più di 5,5 milioni i lavoratori che aspettano ancora la cassa integrazione di marzo. Molte Regioni hanno tardato a presentare le liste dei beneficiari della cassa in deroga all’Inps e anche se qualcuna ha accelerato negli ultimi giorni, le domande arrivate sono nell’ordine di poche migliaia, mentre i potenziali beneficiari sono stimati in 3 milioni. Mentre quasi metà dei lavoratori che aspettano la cassa integrazione ordinaria devono scontare i ritardi delle aziende che non hanno ancora consegnato i moduli alla stessa Inps. Il Governo prova a correre ai ripari. L’accelerazione viene pensata così: i datori di lavoro che non anticipano la cassa possono fare richiesta di pagamento diretto della prestazione trasmettendo la domanda entro la fine del mese di inizio del periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. Entro il giorno 20 del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale richiesto, “le Amministrazioni competenti autorizzano la domanda e i datori di lavoro comunicano all’Inps i dati necessari per il pagamento delle prestazioni”. I soldi li darà sempre l’Inps, entro la fine del mese stesso.

 

Stop ai licenziamenti per altri tre mesi. Chi l’ha fatto già può ritirarli e chiedere la cassa integrazione

 

Non si potrà licenziare per altri tre mesi. Con il Cura Italia, che prevedeva uno stop di due mesi, il totale sale a cinque mesi. Qualcuno ha licenziato per “giustificato motivo oggettivo” all’inizio dell’emergenza: potrà ripensarci e chiedere la cassa integrazione in deroga dalla data del licenziamento. In questo modo, il rapporto di lavoro verrà ripristinato senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro. La misura vale per i rapporti di lavoro interrotti tra il 23 febbraio e lo stop ai licenziamenti, in vigore dal 17 marzo.