Sgarbi ‘la capra’ insulta le donne e i magistrati. L’azzurra Bartolozzi gli risponde da gran signora. Storie di insulti e tumulti in Parlamento

Sgarbi ‘la capra’ insulta le donne e i magistrati. L’azzurra Bartolozzi gli risponde da gran signora. Storie di insulti e tumulti in Parlamento

26 Giugno 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Sgarbi ‘la capra’ insulta, in Aula, le donne e insieme i magistrati. L’azzurra Bartolozzi gli risponde da gran signora. Seduta sospesa e tanta amarezza. Storie di insulti e tumulti dentro il Parlamento

Sgarbi trascinato fuori dal Parlamento Foto Twitter

Sgarbi ‘la capra’ insulta, in Aula, le donne e insieme i magistrati

Vaffanculo”. “Stronza”. “Troia”. La scena – più patetica e surreale che volgare e indecorosa – va in scena all’atto del voto finale del decreto legge su giustizia e intercettazioni che la Camera dei Deputati si appresta a varare in un caldo, afoso e sonnacchioso pomeriggio romano di fine giugno.

Gli insulti di Vittorio Sgarbi a ‘tutta’ la magistratura

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L’ex Capo dello Stato Francesco Cossiga

Vittorio Sgarbi – di mestiere, almeno in teoria, critico d’arte, eletto in un collegio proporzionale blindato per FI (cioè grazie a voti ‘non’ suoi), oggi iscritto al gruppo Misto, non nuovo, come si sa, a ‘sceneggiate napoletane’, uno che, per presunto vezzo, rifiuta di portare la mascherina, come prescrive, per tutti, il severo Regolamento della Camera – se la prende con i magistrati. I quali – e qui Sgarbi si trincera citando l’ex capo dello Stato, Francesco Cossiga – apostrofa e insulta come “mafiosi” (testuale) mentre, già che c’è, avanza la richiesta di una commissione d’inchiesta “per la nuova Tangentopoli” in cui sarebbe coinvolta, dopo lo scandalo intercettazioni che ha travolto il Csm, ‘tutta’ la magistratura, non solo una parte. Anche, cioè, quei magistrati che, ogni giorno, lottano contro le varie mafie.

L’onorevole azzurra Bartolozzi, magistrato, non ci sta

Giusy Bartolozzi

L’onorevole azzurra Bartolozzi, magistrato, non ci sta

L’onorevole Giusi Bartolozzi – deputata di prima nomina, tosta, anche perché palermitana, magistrata giudicante in aspettativa, una che il ruolo della parlamentare ha deciso di interpretarlo con giudizio e profitto, studiando, lavorando e intervenendo in tutte le occasioni di sua competenza, e che, per accidens, è anche una bella donna, una vera ‘Signora’ – prende la parola per difendere la categoria che ritiene giustamente villipesa e offesa dalle parole del suo ‘collega’.

Presiede l’aula, nel momento in cui Sgarbi da in escandescenza, un’altra esponente di Forza Italia, la vicepresidente Mara Carfagna, non nuova a ricevere insulti sessisti e volgari, da parte di Sgarbi come di altri, e che, in questa fase della sua vita, è donna e pure incinta.

Sgarbi attacca i magistrati ‘mafiosi’, Giusy li difende

luca palamara

Luca Palamara

Il critico d’arte, prendendo la parola nel corso delle dichiarazioni di voto, si era lanciato, come si diceva, in una dura invettiva contro i magistrati chiedendo che venga “istituita una commissione d’Inchiesta” di fronte “alla nuova Tangentopoli: una Palamaropoli”. L’epiteto nasce dalla storpiatura del cognome di Luca Palamara, di recente espulso dall’Anm e sotto inchiesta dalla procura di Perugia per il giro di corruzione e clientele di cui è il cuore.

alfonso bonafede

Alfonso Bonafede, Guardasigilli

Ma è un giudizio troppo generico ed eccessivo, quello di Sgarbi, sui magistrati, per lasciare indifferente una tipa tosta come la deputata Bartolozzi, che non è solo di Forza Italia – è stato lo stesso Berlusconi a volerla in lizza e a lei ha affidato un progetto di riforma organico della giustizia – ma che è, a sua volta, un magistrato (in aspettativa). La deputata – che da mesi battaglia, tutti i giorni, contro il guardasigilli Bonafede e le sue ‘contro-riforme’ della giustizia, dalle intercettazioni al processo penale – spiega, prendendo la parola ‘sull’ordine dei lavori’ e per ‘fatto personale’, con la calma dei forti e di chi è dalla parte della ragione, che “Sgarbi non può trincerarsi dietro alle parole di un ex Capo dello Stato, Cossiga, per insultare i magistrati”.

Carfagna espelle Sgarbi, portato via dai commessi…

mara carfagna

Carfagna espelle Sgarbi, portato via dai commessi…

Ma è proprio contro di lei e contro la presidente di turno, Carfagna, che si scaglia il poco ‘onorevole’ Sgarbi. Dopo aver interrotto diverse volte l’intervento della Bartolozzi, con gli epiteti sopra riferiti e che i microfoni aperti della Camera colgono e registrano, il critico d’arte viene prima, per due volte, ammonito, poi espulso ed invitato a uscire. Intanto, la presidente dell’aula, la Carfagna, lo riprende, assai giustamente, dicendo che “lei, onorevole, non può offendere i suoi colleghi, non può pronunciare parolacce, non può trasformato quest’Aula in uno show personale”.

Il tutto avviene, ovviamente, in un clima che si è fatto infuocato, tra i cori di “vergogna, vergogna” della maggioranza e l’intervento degli assistenti parlamentari, che sono costretti a portarlo via di peso fuori dall’emiciclo.

La carfagna espelle sgarbi

Sgarbi portato via dai commessi

Sgarbi, infatti, dai banchi del Misto, si era seduto negli scranni di Fratelli d’Italia prima e poi della Lega. A quel punto, quattro commessi lo hanno sollevato di peso, due per le gambe e due per le braccia, e lo hanno portato fuori, tra gli applausi di molti suoi ‘colleghi’, scandalizzati dai suoi toni, dalle sue parole, dal suo inaccettabile comportamento.

Ed è proprio a quel punto, mentre si rifiutava di uscire, che il deputato e critico d’arte si lancia in una serie di insulti rivolti alle due (ex) colleghe di partito: “Vaffanculo, stronza, troia” gli insulti ‘meno’ pesanti, tra quelli uditi e riferiti dai deputati presenti. Una scena orribile e disgustosa che viene criticata da tutte le forze politiche, anche se con alcuni distinguo, come dai vertici di palazzo Montecitorio.

La condanna, ma poco bipartisan, delle parole di Sgarbi

roberto fico

Il presidente della camera Fico

Il presidente della Camera, Roberto Fico, fa sapere di “aver chiesto ai deputati questori di aprire un’istruttoria” e bolla come “sessista il comportamento di Sgarbi”. A fargli eco è il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: esprime solidarietà a Carfagna e Bartolozzi a nome del governo.

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Maria Stella Gelmini

Una condanna bipartisan agli insulti arriva anche dai partiti, anche se la capogruppo di FI – cioè del partito cui è iscritta l’onorevole Bartolozzi, sicMaria Stella Gelmini, invita, paradossalmente, tutti a non essere “ipocriti” davanti al fatto che “c’è un uso politico della giustizia che una parte minoritaria della magistratura pratica da vent’anni”. Insomma, una parte degli azzurri vive un riflesso condizionato, quello di chi – abituato ad attaccare, a testa bassa, sempre e comunque, i magistrati – non è proprio capace di difenderli, neppure quando un onorevole della Repubblica insulta e offende due esponenti del loro partito.

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Riccardo Molinari, capogruppo leghista alla Camera dei deputati

Non è da meno il capogruppo della Lega, Riccardo Molinari, che pur condannando i toni di Sgarbi ritiene “giusta la richiesta di una commissione parlamentare di inchiesta” sulle intercettazioni del Csm. E via così, ecco.

 

La puerile difesa di Sgarbi: “Non ho offeso nessuno”…

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La puerile difesa di Sgarbi: “Non ho offeso nessuno”

Per nulla pentito di quanto accaduto, il diretto interessato accusa di “censura” la Camera: “Mi hanno impedito di votare, è fascismo” – urla e strepita, ormai fuori dall’aula, dove resterà, se tanto ci dà tanto, per diverse sedute, perché sicuramente sarà sanzionato e condannato dalla Presidenza. Poi, smentisce anche e persino di aver insultato le deputate (ma lo stenografico della Camera, in questo come in altri casi, non mente). Di “indecente e indegno – accusa Sgarbi c’è solo il comportamento di Fico che mi attribuisce cose mai dette, ignorando che le persone e i deputati non si dividono per sessi e io non ho detto nulla di diverso da quello che avrei detto a un deputato maschio. Si tratta di una ignobile strumentalizzazione” dice, convinto, all’Ansa.

La replica. Bartolozzi: “Non ha offeso me, ma tutte le donne. E tutti i magistrati. Ora si scusi con entrambi

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Alfonso Raimo

Ma dato che l’onorevole Bartolozzi è una tosta e tignosa, in un’intervista rilasciata ad Alfonso Raimo (agenzia Dire), riprende il filo della giornata e ne conclude che “oggi è stata scritta una pagina istituzionale triste e bruttissima. Ma se Sgarbi crede di avere offeso me, si sbaglia. Io non sono la sua vittima. Lui ha offeso i magistrati, a cui ha dato dei criminali, ed ha mancato di rispetto alle donne tutte”.

Insomma, Giusi Bartolozzi non ha parole di comprensione per Sgarbi. La deputata di Forza Italia, dunque, spiega: “Nei confronti della presidente, una donna in attesa, non è neppure la prima volta. Ma io non voglio partire dal sessismo. Voglio concentrarmi sulle parole gravissime che Sgarbi ha detto contro i giudici. Ecco, in quel momento non sono riuscita a trattenermi, ho sentito il dovere morale di prendere la parola sul regolamento per far sentire la voce di chi dedica la vita alla giustizia. Mi sono detta: ‘Ora non starò in silenzio’…”. Ex magistrato alla corte d’appello di Roma, poi in commissione Tributaria, in aula è venuta fuori la Giusi Bartolozzi magistrato?, chiede il giornalista Raimo.

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Silvio Berlusconi

Prima ancora ha parlato la cittadina, l’italiana – risponde – Perché è intollerabile un attacco del genere, per giunta nell’aula di Montecitorio. Ho visto che Sgarbi tira sempre fuori l’esempio di Berlusconi. Lo usa per farsi da paravento, per copertura. Ma Berlusconi è un signore, un galantuomo. E nei confronti dei giudici, ha sempre mosso critiche circostanziate e rispettose. Mai si troverà un attacco grossolano e indifferenziato alla magistratura. Sia chiaro: la vicenda Palamara, certe degenerazioni del correntismo, richiedono valutazioni approfondite e sono legittime le critiche, ci mancherebbe. Ma se Sgarbi ritiene che ci siano dei giudici ‘mafiosi’, o ‘criminali’, allora è suo dovere andare a sporgere denuncia in Procura. Non sproloquiare con quel livore in Parlamento. Non gli può essere consentito di ‘sparare’ con questa violenza nel mucchio”.

 

La deputata azzurra: “Berlusconi ha ben altro stile, ma c’è più sessismo in Parlamento che nella magistratura”

giusi bartolozzi

Giusi Bartolozzi

Lei – gli chiede il giornalista – cita Berlusconi… “Un altro stile anche nei confronti delle donne. Non c’è possibilità di confronto. Immaginare Berlusconi rivolgere quegli insulti irriferibili a una donna: impossibile. Il presidente è un signore di altri tempi, un galantuomo. Sgarbi, invece di citarlo a sproposito, prenda esempio”. Non è la prima volta che alla Camera le deputate ricevono insulti sessisti dai colleghi uomini. C’è più sessismo in Parlamento che in magistratura? Chiede sempre il giornalista. “Ebbene sì, questa è stata una delusione – è la risposta – Da questo di vista provo molta amarezza. Ma non voglio alimentare polemiche né ragionare per schemi. La gran parte dei colleghi è assolutamente rispettosa e consapevole. Sgarbi, che conosco da tempo, fa questi giochini, forse per un trafiletto sulla stampa o un’ospitata in tv. Per conto mio sappia che non mi ha offeso. Ha offeso le donne. Si scusi con tutte le donne perché qui non è un fatto personale. Quando entra in aula, lui non è Sgarbi, non è il personaggio televisivo. E’ il deputato della Repubblica. Ed è indegno che un parlamentare si rivolga in quel modo a una donna.Quanto a me, mi dispiace per lui, ma non mi sento la sua vittima. Questo episodio l’ho già messo in un cassetto. Io sono una donna magistrato, e sono anche l’esempio di un politico che si sente vicino alla magistratura che opera bene”. Una lezione di stile e di politica,dunque, quella che la Bartolozzi ‘offre’ all’opinione pubblica, rivolta, più che a rispondere alle volgarità di Sgarbi e di quelli come lui, a chiarire un concetto di fondo: chiunque, quando e se viene eletto per rappresentare il popolo sovrano, dovrebbe rappresentare lo Stato italiano ‘con dignità e decoro’, come prescrive la nostra Costituzione. Il problema è che non sempre, in Parlamento, è stato così.

Gli antesignani di Sgarbi. Insulti e offese in Parlamento

turpiloquio insulti

Insulti

Certo, un ‘gigante’ dell’insulto e della volgarità come Vittorio Sgarbi– che ieri, all’onorevole Giusi Bartolozzi (Forza Italia, magistrato in aspettativa, palermitana, donna elegante e solare, una vera Signora) ha detto “Vaffanculo” e, poi, non pago le ha dato della “stronza” e della “troia” – è difficile da ritrovare, negli annali del Parlamento italiano. Eppure, a scorrere le cronache e la storia delle sedute di entrambe le Camere dell’era repubblicana si trova di tutto.

Innanzitutto, in punta di Regolamento, vanno distinti gli ‘insulti’ dai ‘tumulti’: i primi provocano il ‘richiamo’ (fino a due volte è cartellino giallo, al terzo è cartellino rosso) al singolo deputato o senatore; i secondi possono provocare sanzioni, oltre che ai singoli, anche ai gruppi parlamentari di appartenenza dei reprobi che possono venire accomunati nelle sanzioni. Insomma, proprio come sui campi di calcio, l’ammonizione e l’espulsione può provocare danni non solo al singolo giocatore, ma pure alla squadra e alla società.

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Guglielmo Giannini, leader dell’Uomo qualunque

Ma veniamo al piatto forte, le tipologie dei peggiori insulti. Insomma, la fattispecie del reato. Tutto inizia agli albori della Repubblica. Il commediografo Guglielmo Giannini, leader dell’Uomo qualunque, movimento per molti versi antesignano del Movimento 5 Stelle e dei suoi conati ribellistici e qualunquisti (da lì nasce l’espressione) esplode in un “Ora mi avete proprio rotto i coglioni!” rivolto ai padri della Patria (De Gasperi, Togliatti e Nenni) dentro quel tempio di giganti che era l’Assemblea costituente.

 

Nella Prima Repubblica erano più frequenti i ‘tumulti’

Giancarlo Pajetta

Giancarlo Pajetta

Nella vita della Prima Repubblica, però, erano più frequenti i tumulti, però, rispetto agli insulti che pure abbondavano. Nella I legislatura repubblicana (1948-1952), rotto il patto di unità tra le forze antifasciste che avevano dato vita ai governi di Cnl, si discute l’adesione dell’Italia alla Nato. Comunisti e socialisti, che vi si oppongono, fanno volare di tutto, banchi e cassetti, contro il governo, e Giancarlo Pajetta, focoso ‘ragazzo rosso’ che aveva fatto la Resistenza, si lancia contro un povero, malcapitato, deputato della Dc (ma anche i dc di campagna menavano): va così in onda la prima ‘scazzottata’ dentro il Parlamento.

meuccio ruini

Meuccio Ruini

Passano pochi anni, da quell’infernale estate del 1949, quando il Parlamento, nel 1952, si appresta a votare quella che – sempre le opposizioni dell’epoca (Pci e Psi) – bollavano come ‘legge truffa’, cioè la nuova legge elettorale voluta da de Gasperi che così passò alla storia. Nel 1952, soprattutto il Senato, diventa il palcoscenico di una novella guerra di Troia: gli Achei socialcomunisti assaltano i Troiani democristiani a suon di libri, banchi e ogni genere di oggetti contundenti. Il presidente del Senato, Meuccio Ruini, finisce in infermeria, come molti senatori e come pure il ministro dell’epoca, Randolfo Pacciardi (Pri). Da allora in poi, i banchi vengono ‘assicurati’ al pavimento per evitare che vengano divelti e usati stile armi improprie, ma poco si poteva contro i pugni. Un massiccio ex agricoltore, Albino Stella (Dc), ne rifila uno al monarchico Ettore Viola, che a sua volta si opponeva a una legge che, alla fine, passò, ma poi non scattò alle seguenti elezioni.

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Marco Pannella

La Prima Repubblica, però, passa, tutto sommato, indenne, tranne che, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, per gli epiteti – alcuni irriferibili – che Marco Pannella, leader del Partito radicale, conia per i suoi avversari politici, e per le intemerate del ‘solito’ Pajetta che si alterna, nel diapason degli insulti, ai radicali e ai gruppi della sinistra extraparlamentare negli alterchi con i democristiani e, ormai, anche contro i socialisti e i laici.

roberto cicciomessere

Roberto Cicciomessere

Mal gliene incoglie al deputato radicale Roberto Cicciomessere che, nel 1981, durante un dibattito in aula sulla appena scoperchiata loggia segreta P2, si avventa contro i banchi del governo, perde l’equilibrio e cade. Solo i commessi lo salvano da ferite più gravi di varie contusioni mentre i deputati del Pci gli vanno addosso nell’estremo tentativo di ‘finirlo’ a colpi di calci, sputi, pugni e insulti.

 

Con la Seconda Repubblica, la Politica dà il peggio di sé

Il crollo dei partiti, dopo Tangentopoli, invece, e la nascita della Seconda Repubblica porta, invece, in Parlamento una classe politica di livello sempre più basso e pure ‘cafone’. Del cappio sventolato, nel 1993, in piena Mani Pulite, dal deputato della Lega, Leoni Orsenigo, ormai tutto si sa, come delle urla ‘ladri! Ladri!” rivolte a diccì e socialisti.

Francesco Storace

Francesco Storace

Il diapason dell’insulto, però, lo raggiunge l’allora aennino, e post-missino, Francesco Storace: passa alle vie di fatto contro il verde Mauro Paissan che aveva accusato l’allora Polo delle Libertà di essere composto da “tangentisti”. Storace – già noto per il liberatorio e virile urlo ‘a frociii’ – accuserà, siamo nell’anno 1994, con Berlusconi al governo, Paissan di “avermi graffiato con le sue unghie laccate”. Il povero Paissan, peraltro, sempre quell’anno, dovette subire gli insulti di un altro suo ‘collega’, Vincenzo Zaccheo, al grido di “pezzo di merda, bastardo, faccia da culattone”. Segno, peraltro, di quanto l’omosessualità, in Politica, sia stata ‘sdoganata’ solo di recente e, a lungo, ritenuta un tabù.

clemente mastella

Clemente Mastella

Nessuno ha, ovviamente, dimenticato il senatore del Pdl, Nino Strano, che si mangiava, tutto contento, la mortadella e stappava champagne per ‘festeggiare’, a suo modo, la caduta del II governo Prodi, nel 2008.Sempre nella stessa occasione ecco lo sputo di Tommaso Barbato (Udeur) a Nuccio Cusumano (Udeur), che poverino subito svenne, reo di aver cambiato voto rispetto alle indicazioni del padre padrone di quel partitino di allora, Clemente Mastella. Sputi conditi da pesanti apprezzamenti rispetto alla – ancora oggi assai presunta – omosessualità di Cusumano che Barbato apostrofò come “cornuto, pezzo di m., frocio”.

Domenico Scilipoti e Antonio Razzi

Domenico Scilipoti e Antonio Razzi

Indimenticabili, ovviamente, restano anche le scene, le urla e gli insulti che i vari Antonio Razzi e Mimmo Scilipoti, deputati, eletti con l’Idv di Di Pietro e finiti a ingrossare le fila del Pdl, ‘salvano’ con il loro voto, quello dei neonati ‘Responsabili’ il governo Berlusconi dal primo (e fallito) assalto che la neonata Fli del presidente della Camera, Gianfranco Fini, porta contro il Cavaliere, alla fine del 2010. Il governo Berlusconi, l’ultimo del Cav, il IV, cadrà solo nel 2011 e, anche in quel caso, andranno in scena momenti di panico e tregenda, conditi da insulti e tumulti.

Gli insulti sessisti dei grillini. Ecco la Terza Repubblica

Con l’arrivo, nel 2013, in Parlamento delle truppe stellate e la nascita della, presunta e in corso, Terza Repubblica, la situazione, se possibile, però, peggiora ancora di più.

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L’ex presidente della Camera, Laura Boldrini

Nel 2014 i deputati pentastellati vengono espulsi ‘in blocco’ dall’allora presidente della Camera, Laura Boldrini (spesso presa di mira con insulti sessisti da M5s e Lega), per aver occupato e invaso i banchi del governo, ma spesso, nella loro prima legislatura, quella antecedente all’attuale, hanno dato una pessima prova di loro stessi. Superati, nella classifica dei peggiori, solo dalla destra, come quando il leghista Alessandro Cé affrontò e travolse il tignoso dem Roberto Giachetti (peraltro eterosessuale) al grido di “pezzo di merda, corrotto e frocio” nel 2015.

Ma pochi sanno, forse, che gli scontri fisici e verbali peggiori li ha dovuti subire il governo Renzi quando la ministra alle Riforme, Maria Elena Boschi, nel 2015, portò in Parlamento la sua (e Renzi) riforma costituzionale.

Maria Elena Boschi

Maria Elena Boschi

“Fascisti!”, “Vergogna!”, “Ladri!” erano gli epiteti che destre e, soprattutto, 5stelle, oggi alleati ‘strategici’ del Pd, rivolgevano ai dem durante il dibattito su quella che, ai tempi, i pentastellati bollarono come ‘schiforma’ di Renzi. “Maiali”, “infami”, “rotti in culo” erano gli epiteti più ‘gentili’ che vennero rivolti alla maggioranza (Pd+Sel) da parte dei 5Stelle che presero di mira, a suon di ‘puttana’, anche la ministra Boccia. Controbilanciati, in parte, dal mite onorevole sardo Francesco Sanna che, alla senatrice Carla Ruocco, restituì l’insulto con gli interessi (puttana) mentre i senatori di Ala, il gruppo fondato da Verdini, si distinsero spesso per qualità e quantità di insulti ‘forbiti’: Lucio Barani e Vincenzo D’Anna erano due ‘specialisti’ di mimica gestuale che abbondavano in ‘complimenti’ ai M5s.

Giuditta Pini

Giuditta Pini

Ma i grillini sono andati anche molto oltre. “Voi donne del Pd siete qui solo perché sapete fare i p.ini” disse all’indirizzo di un gruppo di deputate dem , in commissione Giustizia, il grillino Massimo Felice De Rosa. Giuditta Pini, deputata dem, rispose con garbo e ironia in tale modo: “Ho preso 7100 preferenze. Mi fa ancora male la mascella”. Un genio, la Pini, ieri. Una vera signora la Bortolozzi, oggi.