Vitalizi&pregiudizi. La battaglia populista, ma scorretta, dei 5Stelle contro la Casta è tornata di moda. Origini, nomi e attualità dei vitalizi

Vitalizi&pregiudizi. La battaglia populista, ma scorretta, dei 5Stelle contro la Casta è tornata di moda. Origini, nomi e attualità dei vitalizi

27 Giugno 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

Vitalizi & pregiudizi. La battaglia populista, ma scorretta, dei 5Stelle contro la Casta è tornata di moda. Origini, elenchi e attualità degli aborriti vitalizi.  La battaglia sulle ‘pensioni’ scatena la furia anti-Casta di tutti i partiti, ovviamente i grillini in testa a tutti, ma l’avvocato Paniz che rappresenta gli ex onorevoli avverte: “Vinciamo noi e rivogliamo pure gli arretrati”. Storie ed esempi di quando la Casta era una cosa seria

alessandra riccardi

“Galeotta fu la Riccardi”. Un voto in più alla Lega, uno in meno ai 5Stelle crea il casus belli dentro il Senato

 

Il Senato ha fatto la pentola, ma chi metterà i coperchi? Il taglio ai vitalizi fortissimamente voluto dal M5s è un aborto giuridico

senato della repubblica

Il Senato, come si sa, ha deciso – in realtà, per ora, lo ha deciso solo la ‘Commissione contenziosa’ e la decisione è appellabile, ma vedremo meglio e più avanti questo punto – il ripristino dell’assegno mensile che, per legge, spetta – o, meglio, fino al 2018, spettava, ora è decurtato dell’80% – a ogni deputato e senatore arrivato al termine del proprio mandato parlamentare in base ai criteri di anzianità e a una serie di altri, e altrettanto importanti, requisiti giuridici.

Messa così, è una ‘non’ notizia. Se invece vi aggiungiamo la parola magica ‘vitalizio’ ecco che tutti si agitano, si stracciano le vesti, si indignano, ululano come ossessi, etc.

Tutto nasce quando, il 16 ottobre 2018, il Consiglio di presidenza del Senato – su pressione indebita e ossessiva dei 5Stelle che, bava alla bocca, volevano punire la ‘Casta’ – aveva deciso il taglio dell’80% dei vitalizi per bene 700 suoi ex membri. C’è stato, poi, anche il taglio della Camera, che ha coinvolto 1700 ex deputati. La spesa totale per foraggiare i vitalizi ammonta, però, a una cifra risibile, cioè 8 milioni di euro l’anno: circa 3 milioni in totale per i senatori e 5 per i deputati. Insomma, dal punto di vista dei ‘risparmi’ che non graverebbero sullo Stato, una scemenza. Quasi quanto l’altra strombazzata ‘riforma’ voluta dal M5s: il taglio del numero dei parlamentari che, udite udite, porterà un risparmio di 150 milioni l’anno. Una bazzecola o meglio una goccia nel mare dei conti pubblici dello Stato.

 

La vera ‘riforma’ dei vitalizi l’ha fatta, nel 2012, il centrodestra: gli assegni mensili agli ex sono scesi da 2500 euro netti a 1500 circa

vitalizi

La vera ‘riforma’ dei vitalizi è stata quella del 2012

Va ricordato, inoltre, che i vitalizi veri e propri, in realtà, erano già stati aboliti nel 2012, cioè l’anno prima che i grillini entrassero in Parlamento, e dall’allora centrodestra, il quale già allora sentiva ‘puzza’ di odio per l’odiosa Casta, ma che almeno fece una riforma sostenibile costituzionalmente. 

Infatti, a partire dal gennaio 2012, Camera e Senato – sotto la pressione dell’allora governo Monti e della ministra al Lavoro Elsa Fornero che riformò le pensioni – hanno riformato il sistema dei vitalizi. Fino a quella data l’importo della pensione degli eletti veniva calcolato in base al numero degli anni di permanenza in Parlamento. In tal modo, con più di 35 anni di militanza si arrivava a riscuotere fino all’85,5% dell’indennità lorda (pari a 10.435 euro per chi si fa eleggere a palazzo Montecitorio).

Le proteste e le richieste di abolizione dei vitalizi avanzate da più parti politiche e anche da formidabili campagne di stampa (sostenute dall’M5s e non solo) hanno favorito l’introduzione di un sistema contributivo del tipo di quello in vigore per i dipendenti della pubblica amministrazione. Secondo questo sistema, versando poco meno del 10% dell’indennità, a 65 anni di età e con cinque anni di mandato il parlamentare riscuoterà circa 1.500 euro di pensione lorda, mentre con il vecchio sistema, sempre per 5 anni di mandato, avrebbe incassato fino a 2.500 euro. Meno mille euro circa, per un taglio sostenibile dal punto di vista economico ma soprattutto dal punto di vista giuridico. 

taglio

I 5Stelle vogliono taglio retroattivo, fino all’80%, ai vitalizi degli ex parlamentari

Ai grillini, però, non bastava, ovviamente, e non poteva bastare. Ne volevano fare, e in pochi anni ne fecero, una battaglia campale, una costituency della loro forza politica, non potevano fermarsi.

Ed ecco che, non appena i pentastellati arrivano al governo e in maggioranza, dalla porta principale, nel 2018, impongono un taglio retroattivo, fino all’80%, ai vitalizi degli ex parlamentari. Solo che, come hanno spiegato loro – del tutto inutilmente – giudici ed economisti, un taglio retroattivo è una mostruosità giuridica. In buona sostanza, non si può fare. Infatti, la ‘commissione contenziosa’ del Senato questo ha detto, al M5s: ‘siete delle bestie ignoranti, studiate meglio il diritto parlamentare’.

Per di più, anche, l’età anagrafica, e purtroppo la ‘Grande Falce’ della Signora Morte, sta lavorando al posto degli inetti e ignoranti e digiuni di diritto grillini: molti tra gli ex parlamentari sottoposti al taglio all’80% dei vitalizi, cioè poco più di 200 tra ex deputati ed ex senatori, oggi hanno 80 anni e più e, nel frattempo, tra coloro che nel 2018 avevano presentato ricorso, sono morte 137 persone.

La regione Calabria, quatta quatta, aveva fiutato l’aria: nottetempo, i vitalizi sono stati ripristinati dal consiglio regionale

calabria cartina

Cartina della Calabria

La prima curiosità da mettere a verbale è che, ben prima di palazzo Madama, a cercare di ripristinare i vitalizi, arrivò la… Calabria. Infatti, con una legge approvata in meno di due minuti, lo scorso 30 maggio, il consiglio regionale calabrese ha reintrodotto l’augusto privilegio di riconoscere i vitalizi, che erano stati aboliti, per tutti i suoi consiglieri regionali attuali. Una legge singolare: infatti prevede che, anche se il povero consigliere calabrese decade per un qualsiasi motivo (è dichiarato ineleggibile o perde un ricorso, etc.), ha la possibilità di maturare il suo “trattamento di fine mandato” (600 euro netti al mese dai 65 anni in poi). Una volta fatta la legge e sollevato lo scandalo, la tragedia si è fatta commedia: molti consiglieri hanno detto di ‘non aver capito’ cosa avevano firmato (il capo dell’opposizione e candidato del centrosinistra, Pippo Callipo, per dire).

jole santelli

Jole Santelli

Altri, invece, come i gruppi di Lega e FdI, si sono ‘pentiti’ e annunciano di aver presentato ricorso con una proposta di legge per “ripristinare l’inammissibilità” del reintegro da vitalizio da loro stessi votato (scissione di personalità?). Infine, ecco il governatore, Jole Santelli, eletta per conto del centrodestra e tipa tosta, fiera e battagliera, al punto da ingaggiare guerra, e più volte, con il governo, durante il lockdown: tace e ri-tace, sull’argomento, assai imbarazzata.

gianbattista vico

Gianbattista Vico

Siamo, dunque, alla “legge dell’eterno ritorno”, avrebbe detto Gianbattista Vico, nella fattispecie dei vitalizi, le pensioni degli ex parlamentari. Un tema sulla cui abolizione i 5Stelle hanno imbastito tutte le campagne elettorali della loro storia (ma quella con la ‘s’ minuscola), a prescindere dal fatto specifico, cioè avere ragione o torto dal punto di vista giuridico (una cosa che ‘non’ li riguarda).

L’odio contro la Politica e la storica retorica anti-Casta del M5s

referendum anti taglio parlamentari scaled

Uno striscione con le foto delle poltrone esposto dai parlamentari M5S e accanto ad esso delle gigantesche forbici di cartone, davanti alla Camera dopo il varo della riforma che riduce il numero degli eletti, Roma, 08 ottobre 2019.
ANSA/MASSIMO PERCOSSI

Il fatto è, come si lamentano gracchiando non solo 5Stelle, ma pure i vertici di Pd, Iv, FI, FdI e, ovviamente, della Lega, il clima nel Paese, verso la Politica e i Politici, è mutato: mai troppo amati, oggi sono detestati. La colpa, però, non è del coronavirus o della crisi economica, ma di un vero e proprio ‘odio’ contro la Politica e i suoi rappresentanti – tutti – che i 5Stelle hanno arato e seminato.

Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo

Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo

A dir la verità la lotta contro i vitalizi, ma anche lotta contro la politica ‘corrotta’, i ‘ladri’, i ‘trasformisti’, i ‘pianisti’, non iniziò con il primo, poderoso, ‘Vaffa-Day’ di Grillo (2007, Bologna), ma con un libro, quello di due giornalisti del Corriere della Sera, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, La Casta (sottotitolo ammonitore, “Così i politici italiani sono diventati intoccabili”, casa editrice Rizzoli, Milano). Uscito nel 2006 non fu solo, quel libro, un enorme successo in termini di vendite, ma diede anche le direttrici ‘di lavoro’ ai nascituri 5Stelle: la lotta contro i vitalizi fu la prima, ma non l’unica. La lotta contro la ‘Casta’, di cui la battaglia per l’abolizione dei vitalizi era un asset strategico, insieme a quello per la riduzione dei parlamentari, e quella contro la politica ‘corrotta’, diede vita, di fatto e nei fatti, a un M5S che, all’epoca, muoveva i suoi primi passi. Una delle ‘stelle’ era proprio quella “onestà” che, per il fondatore, Beppe Grillo, difettava ai politici di professione.

Grillo v day

Grillo e V-Day

E “onestà! onestà!” divenne il grido e il battimani ritmato dei grillini che ‘assediavano’ i partiti ‘corrotti’ prima fuori e, poi, dentro il Parlamento facendoli ‘tremare’ nei loro fortini. Quando il Movimento divenne ‘partito’ e, prima alle Politiche del 2013 e poi a quelle del 2018, fece ‘bingo’, eleggendo un mucchio di – inetti e incapaci, per lo più – peones e andò al governo, la battaglia contro la ‘Casta’ era già vinta. Forse, il M5s, prima o poi, finirà all’opposizione, ma la battaglia degli ex parlamentari per tentare di ripristinare i vitalizi è ormai una battaglia persa, e in partenza perché, come cantava il Poeta, “la paura diede il coraggio di arrivare fino al bosco! (dell’antipolitica). 

Va anche detto, ad onor del vero, che hanno protestato eccome, i ‘campioni’ della Casta contro la mai troppo aborrita – da loro stessi e dai loro congiunti, che il resto del Paese non vedeva l’ora – abolizione dei vitalizi. Lo hanno fatto tanto, forse troppo, anche se, appunto, avevano ragione loro.

Ma è successo come se, per decorrenza dei termini, viene scarcerato un criminale: può fare tanta impressione, ma il giudice deve solo applicare, alla lettera, la legge. La delibera sui vitalizi, scritta coi piedi, dai grillini, nella loro fobica, pedissequa, furia iconoclasta anti-Casta, è stata bocciata.

L’associazione di ex: l’ex comunista Falomi regista, l’ex azzurro Paniz attaccante. La ‘buona battaglia’ degli ex parlamentari Antonello Falomi

Antonello FalomiA tal punto si sono impuntati, gli ex toccati dal taglio che oltre 900 ex parlamentari, sui 1700 coinvolti dal taglio dei vitalizi, si sono raccolti in associazione e, guidati da un coriaceo ex del Pci-Pds-Ds-Pd (poi anche ex Idv, per non farsi mancare nulla), Antonello Falomi, dal 2018 lottano e protestano per tutelare i loro diritti violati in un altalena di coraggiose speranze e tristi frustrazioni.

Falomi, in particolare, ha dato battaglia per conto di tutti loro: si è scagliato “come una bomba contro l’ingiustizia”, come avrebbe detto e cantato il poeta Francesco Guccini degli anarchici che si mettevano di traverso alle locomotive fino al punto di sacrificare loro stessi in nome dell’Ideale…

maurizio paniz

Maurizio Paniz

Ma a dare, all’associazione degli ex parlamentari, oltre che fiato e voce, solidi e validi argomenti di diritto parlamentare è stato, però, il tosto e furbo avvocato veneto, Maurizio Paniz: ex ‘collega’, in quanto ex senatore di FI, degli ex parlamentari, i ‘vedovi’ del vitalizio li difende con competenza e tigna. In pratica, Paniz ha lanciato una sorta di class action diretta contro palazzo Montecitorio e palazzo Madama che hanno ‘osato’ tagliare i vitalizi, decurtandoli di 80% e più del loro valore.

Il guaio, per quanto riguarda la lotta ‘dura e senza paura’ degli ex parlamentari colpiti – e, in alcuni casi, affondati – dal taglio dei vitalizi (molti dei 900 e passa ricorrenti hanno 80 anni e più e, dal 2018 a oggi, 137 di loro sono già morti), è che trattasi di battaglia priva di ogni speranza di vittoria.

La decisione della ‘commissione contenzioso’ del Senato sarà sicuramente ribaltata, infatti, in sede di seconda, e ultima, istanza a palazzo Madama: non perché il diritto è cambiato (quello dà e continuerà a dare ragione a Paniz e ai suoi assistiti), ma solo per ragioni di bieca realpolitik: ‘oggi, con il Paese che soffre, non si può fare’ come, appunto, cianciano tutti, dal M5s a sinistra e destra.

L’esercito dei percettori ‘professionisti’ del vitalizio parlamentare

Certo, è vero che i ‘vitalizi’ li difendono in tanti, tra gli ex parlamentari, perché ‘rendono’ e sono, oggettivamente, un bell’aiuto pratico, o meglio lo erano. Senza dire del fatto che, ovviamente, pensioni di reversibilità spettavano e sono state erogate alle vedove e agli orfani degli ex onorevoli. Dei vitalizi hanno approfittato varie categorie di professionisti, oltre ai politici di professione: dagli avvocati ai giornalisti, dagli accademici agli imprenditori, dai magistrati ai banchieri e ai sindacalisti, oltre che alle vecchie glorie della Prima e della Seconda Repubblica.

Non mancano, nell’aborrito elenco, neppure i nomi noti del cinema, dello spettacolo e della cultura. Un esercito di oltre duemila ex parlamentari che, in alcuni casi, vedono cumulare il loro diritto alla ‘pensione’ del parlamentare anche con altri trattamenti previdenziali (se giornalisti, professori, etc.).

Primo Di Nicola

Ex giornalista del Fatto Quotidiano, e oggi senatore dei 5Stelle, Primo De Nicola

Gli elenchi dei percettori dei vitalizi sono circoscritti e rintracciabili in Rete, ma sono fermi all’ottobre 2016 e quasi tutti, anche quelli che ancora oggi circolano su Internet, sono desunti da un libro scritto dall’ex giornalista del Fatto Quotidiano, e oggi senatore dei 5Stelle, Primo De NicolaOrgoglio e vitalizio. Vecchi e nuovi nomi dei privilegiati del parlamento, First Print, Roma, 2018, – con la parola Parlamento scritto con la ‘p’ minuscola, evidente segno di dispregio delle Istituzioni.

La ‘carica’ dei signor Vitalizio: i nomi dei big tra i ‘percettori’

Fassino e DAlema

Fassino e D’Alema

Ma veniamo a qualche caso tra quelli più famosi. L’ormai ex sindaco di Benevento, ma soprattutto ex ministro e leader dell’Udeur, Clemente Mastella incassa 6.939 euro mensili di meritata pensione. L’ex sindaco di Torino ed ex segretario dei Ds, Piero Fassino, 5.296 euro, l’ex premier ed ex leader del Pds come dei Ds, Massimo D’Alema ben 5.674 euro, maturare dopo 7 legislature alla Camera.

Walter Veltroni

Walter Veltroni

L’ex sindaco di Roma, e fondatore del Pd, Walter Veltroni, prende 5.504 netti e un altro ex sindaco della Capitale, Francesco Rutelli, ben 6.408. ‘Dilettanti’ al cospetto dei 10.131 euro al mese che l’ex onorevole della Dc nella Prima Repubblica e poi di An nella Seconda Repubblica, Publio Fiori, ha maturato nella sua lunga carriera. Il presidente emerito del Senato, Nicola Mancino, arriva a ben 6.939 euro e l’ex presidente del Consiglio Lamberto Dini si è assicurato un gruzzolo di 4.756 euro.

Il magistrato simbolo di Mani Pulite fondatore e leader fino dell’Idv Antonio Di Pietro

Il magistrato simbolo di Mani Pulite, fondatore e leader fino dell’Idv, Antonio Di Pietro

Il magistrato simbolo di Mani Pulite, fondatore e leader fino dell’Idv, Antonio Di Pietro, oggi agricoltore nella sua Montenero di Biasaccia (Molise) deve accontentarsi di soli 4.002 euro.

Sempre a sinistra, colpiscono gli assegni dell’ex presidente della Camera, Fausto Bertinotti, che si gode i suoi 4.852 euro in valli dell’Umbria ridenti e gentili. Lo supera di misura l’ex compagno di partito Nichi Vendola, già governatore della Puglia, con un assegno mensile da ben 4.985 euro.

Poi ci sono due icone del centrosinistra e dei grillini: l’ex premier e fondatore dell’Ulivo, Romano Prodi (3.022) e l’ormai morto Stefano Rodotà (4.992), senatore del Pci-Sinistra indipendente.

Gianfranco Fini

Gianfranco Fini

Sul fronte opposto, quello della destra, l’ex presidente di Montecitorio, Gianfranco Fini, e fondatore di Fli, ne prende 5.882 e un altro ex missino ed ex An, Gianni Alemanno, arriva a ben 4.313 euro.

Nel grande ‘partito’ del vitalizio c’è spazio anche per le donne. La pluri-ministra ed ex sindaco di Napoli, Rosa Russo Jervolino è a quota 5.588. A colorare di verde tali privilegi, ci pensano invece i leghisti Francesco Speroni (4.581) e il collega Giancarlo Pagliarini (5.011), ex ministri dei governi di Silvio Berlusconi (il cui vitalizio c’è e decorre da anni, ma è ‘oscurato’ perché in perenne ‘ricalcolo’…).

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L’ex ministro Claudio Scajola (FI)

Sempre nell’ambito del mondo berlusconiano, l’ex ministro Claudio Scajola si è attestato a quota 4.927 euro, mentre Marcello Dell’Utri, ex fondatore di Publitalia e braccio destro di Berlusconi, è titolare di un vitalizio di 4.985 euro, nonostante stia passando gli ultimi anni di vita in galera.

ombretta colli

Ombretta Colli

Prestati al mondo della politica, anche volti noti del mondo dello spettacolo prendono il vitalizio: il cantante Gino Paoli (2.140), la ex pornostar Ilona Staller (2.231) e l’attrice Ombretta Colli (3.460). Altri arrivano, invece, dal sindacato: l’ex cigiellino Ottaviano Del Turco (4.581) e gli ex segretari generali della Cisl Franco Marini(6.457), anche presidente del Senato, Sergio D’Antoni (3.870), etc.

Jas Gawronski

Jas Gawronski

Direttamente dall’università arrivano, invece, i professori ‘baroni’ Alberto Asor Rosa (2.123), Domenico Fisichella (5.692) e l’ex ministro Tiziano Treu (4.984), mentre, tra i giornalisti, hanno diritto al vitalizio Eugenio Scalfari (2.269), Jas Gawronski (2.381), Beppe Giulietti (5.303) e Fiamma Nirensztejn (1.604). Passando allo sport, l’ex presidente del Coni, Mario Pescante (3.891) e il fuoriclasse del Milan, Gianni Rivera (5.205), si aggiungono al calderone dei percettori di vitalizi.

gianni rivera

Gianni Rivera

Non vanno dimenticati critici d’arte come Vittorio Sgarbi (5.007), ora ritornato parlamentare, e che dovrà aspettare i 65 anni di età per godersi la pensione, e capitani d’industria della più svariata levatura: tra gli altri, Vittorio Cecchi Gori (3.408), Luciano Benetton (2.381) e Santo Versace (1.589), casi di personaggi, alcuni defunti, deputati non ‘per un giorno’, ma di certo per una sola legislatura.

 

Quando Occhetto e Mastella urlavano la loro rabbia…

Dopo anni di silenzio e di vergogna, però, e in particolare dal 2018 in poi, alcuni ex parlamentari, e percettori di vitalizio, hanno rialzato la testa e si sono esposti nel difendere pubblicamente l’istituto pensionistico: da Dini a Mancino, da Speroni e Pagliarini fino all’avvocato Nitto Palma e molti altri.

Achille occhetto oggi

Achille Occhetto oggi

E’ la mia unica fonte di reddito” sospirava, debolmente, l’ultimo segretario, e affondatore, del Pci, e primo del Pds, Achille Occhetto (6.583 euro di vitalizio netto al mese, poi c’è quello della moglie, la ex deputata Aureliana Alberici).

clemente mastella

Clemente Mastella

Se mi togliete pure quello vado alla Caritas a chiedere l’elemosina” tuonava, con fare smargiasso, l’ex ministro, già ex Dc, poi Ppi-Ccd-Cdu-etc-etc-etc., infine fondatore dell’Udeur Clemente Mastella (6.939 euro al mese di pensione da parlamentare, anche lui sposato bene, con Sandra Leonardo in Mastella, ex senatore a sua volta).

I casi più eclatanti di ex deputati ‘per un giorno’ che si godono il ‘vitalizio’: i ‘radicali’ Craveri e Pezzana, i semi-dei Dini e Mancino

Piero Craveri

Piero Craveri

Il problema è che le sperequazioni ci sono e ci sono state, specie prima della riforma del 2012. Alcuni dei casi singoli, tra i percettori dei vitalizi, sono eclatanti, altri gridano vendetta, altri ancora sono un esempio di ingiustizia, ma… al contrario. Lo storico Piero Craveri, autore di importanti saggi, è stato senatore per una sola settimana, dal 3 al 9 luglio 1987, per i Radicali. Fino al 31 dicembre 2008 ha incassato un vitalizio da 2.300 euro al mese e ha più volte difeso il suo ‘diritto’.

Lamberto DIni

Lamberto Dini

L’ex premier, Lamberto Dini, passato alla storia come ‘il Rospo’, grazie a una sola legislatura trascorsa alla Camera, ha diritto a 4.576 euro di pensione, vita natural durante. Se l’è sudato, invece, il vitalizio, l’ex ministro dell’Interno, ed ex presidente del Senato, Nicola Mancino, che ha trascorso 30 anni, dal 1976 al 2006, a palazzo Madama: 6.939 euro per lui.

nicola mancino

Nicola Mancino

Il record, clamoroso, spetta, però, a un altro deputato eletto con il partito Radicale, Luca Boneschi: un solo giorno passato a palazzo Montecitorio, per lui, e un vitalizio di 3.100 euro lordi fino alla sua morte, avvenuta nel 2016. Clamoroso anche il caso di Angelo Pezzana, militante Lbgtq, fondatore del ‘Fuori!’, il primo movimento omosessuale italiano, e pure giornalista: è stato deputato per una sola settimana, dal 6 al 16 febbraio 1979 e incassa una pensione di 2.200 euro lordi al mese.

luciana castellina

LUCIANA CASTELLINA

Naturalmente, ci sono anche i casi ‘in negativo’. Luciana Castellina, fondatrice del manifesto ed ex deputata del Pci, eletta per ben quattro legislature, dal 1976 al 1992, a causa del taglio dei vitalizi, deciso nel 2018, ha perso l’80% della pensione e non ha altre forme di reddito, quindi è messa male.

Ilona staller

Uguale, triste, sorte per l’ex pornostar Ilona Staller, la cui pensione è crollata da 3.000 a mille euro lordi al mese, e per il cantante Gino Paoli (per lei e Ilona una sola legislatura). E’ andata male anche all’asso del Milan, e della Nazionale, Gianni Rivera: ha subito il taglio di un terzo su 5.000 euro.

 

Cos’è il ‘vitalizio’ dei parlamentari e perché si chiama in tal modo. Storia di un termine e ragione di un principio di ‘civiltà’ politica

treccani logo

Il termine vitalizio – ci spiega l’enciclopedia Treccani – è un “aggettivo e sostantivo maschile [dal latino medievale vitalicius, vitalicium, derivazione del latino Vitalis, “vitale”] e vuol dire “che dura per tutta la vita, che si conserva vita natural durante“. Una pensione, dunque, che dura per sempre.

Nella fattispecie, il vitalizio del parlamentare è una erogazione mensile godibile, ma solo al termine del mandato parlamentare, in base al conseguimento di alcuni requisiti di anzianità e di permanenza nelle funzioni elettive.

In alcuni ordinamenti, il regime è previsto anche per chi è stato titolare, nell’ambito della democrazia rappresentativa, di un mandato elettorale di assemblee non statali, presso cui ha svolto funzioni legislativa e non soltanto amministrative. Ad esempio, anche i funzionari delle più alte Istituzioni (Camera, Senato, Consulta, Quirinale, ministeri, alcune assemblee regionali ‘speciali’) hanno diritto al ‘vitalizio’: per capirci, i commessi di Camera e Senato lo prendono, vale oro, ma nessuno protesta. 

Ma definire una ‘pensione’ il vitalizio dei parlamentari è, dal punto di vista giuridico, un errore. Infatti, malgrado l’affinità di effetto, e il riferimento a dei contributi versati, il vitalizio parlamentare è giuridicamente distinto dall’istituto della pensione propriamente detta perché l’attività politica non è ‘lavorativa’, dunque non ricade nella disciplina del diritto del lavoro che ha diversa giurisdizione.

In particolare, malgrado i relativi emolumenti (i vitalizi) siano erogati dall’erario pubblico, cioè dalle casse dello Stato, il mandato elettivo è distinto dalla figura del rapporto di pubblico impiego e dunque sottratto alle norme sulla Pubblica amministrazione.

gran bretagna

Esistono ‘vitalizi’ in molti altri Paesi, compresa la più antica democrazia del mondo, la Gran Bretagna

Nella loro forma originaria, almeno in Italia, ma esistono ‘vitalizi’ in molti altri Paesi, compresa la più antica democrazia del mondo, la Gran Bretagna, si trattava di una rendita, accesa con l’iscrizione obbligatoria del neoeletto a un fondo gestito direttamente dalla sua assemblea di appartenenza.

Oggi, in tale veste, sopravvive per i soli beneficiari degli ‘assegni di fine mandato’ fino e non oltre l’anno 2012, quando – con una prima riforma – l’istituto ha assunto, sul modello dei ‘normali’ trattamenti di tipo previdenziale, una diversa forma e regime. In buona sostanza, l’erogazione del vitalizio è stata quantificata – a partire da quella data, cioè dal 2012 in poi – in rapporto alla contribuzione obbligatoriamente prelevata sull’indennità parlamentare di ciascuno degli eletti.

Morale, si è passati dal sistema ‘retributivo’ al sistema ‘contributivo’ (per gli italiani, a dir la verità, il passaggio era stato fatto già nel 1995) anche nelle Camere, ma con un aggravante: se un deputato o un senatore, dal 2012 in poi, non compie, nell’espletare il proprio mandato, almeno quattro anni e sei mesi di mandato pieno nell’arco di una legislatura la cui durata (teorica) è di cinque anni, perde integralmente il diritto al vitalizio. Un’assurdità che determina due conseguenze importanti e gravi. La prima è tecnica e riguarda la disparità di trattamento, almeno per gli eletti neofiti in Parlamento: infatti, chi prima di loro ha già fatto una legislatura, prende il vitalizio anche se la legislatura in corso si ferma bruscamente, mentre chi è alla prima nomina o riesce a ‘far durare’ la legislatura fino a quasi la sua scadenza naturale, oppure perde il diritto alla pensione, compresi i contributi versati.

La seconda conseguenza è politica. Guiarda caso, dopo la riforma del trattamento pensionistico, varata nel 2012, tutte le legislature sono durate per i cinque anni pieni del mandato: l’attuale, la XVIII, iniziata nel 2018, finirà – possiamo giurarci – nel 2023; la precedente, la XVII, durò dal 2103 al 2018 (5 anni pieni), quella ancora precedente, la XVI, dal 2008 al 2013 (sempre 5 anni pieni). 

Morale, come sanno anche i sassi, dentro i Palazzi, i parlamentari sono alqaunto restii a far cadere la legislatura in corso, specie quelli di loro freschi di prima nomina, i neofiti: infatti, se la legislatura non arriva a quattro anni e sei mesi, perdono del tutto il diritto a poter godere, dai 65 anni in poi, la loro pensione e persino i loro contributi finiscono ‘buttati’ nel gran calderone di ciascuna, rispettiva, Camera (non possono, cioè, neppure riscattare i loro contributi!). Insomma, è stata cambiata – grazie a una norma, assurda – la Politica: le legislature vanno avanti perchè i parlamentari vogliono conservare, insieme al loro scranno o poltrona, anche la loro pensione. 

Tornando al tema generale, la corresponsione di un trattamento economico ‘vitalizio’, effettuato alla cessazione della carica e al superamento di una soglia di età anagrafica, è un istituto che, nell’ordinamento italiano, è riservato ai deputati, ai senatori e ai consiglieri regionali di regioni a statuto autonomo speciale, regioni che sono parametrati allo status dei parlamentari, come l’Ars (Assemblea regionale siciliana dove, infatti, i consiglieri si chiamano, non a caso,  ‘deputati’).

corte di cassazione

La Corte di Cassazione

La Corte di cassazione ha motivato l’esistenza del vitalizio con la “sterilizzazione degli impedimenti economici all’accesso alle cariche di rappresentanza democratica” in quanto la corresponsione del vitalizio rappresenta “la proiezione economica dell’indennità parlamentare per la parentesi di vita successiva allo svolgimento del mandato”.

Traduzione: la ratio della norma è che, per dirsi ‘libero’ da ogni condizionamento, pressione indebita, lobbying altrui – esercitata dal proprio partito o gruppo, altri partiti, etc., o da associazioni economiche, politiche, estern –  non basta, al parlamentare, il divieto del vincolo di mandato (il deputato e senatore risponde solo delle proprie idee e le può cambiare, cambiando gruppo di appartenenza, perché non è sottoposto a un ‘vincolo’ di mandato ‘imperativo’ degli elettori o del suo partito, nel momento in cui è eletto), ma necessità anche una di libertà economica piena e totale. Libertà economica che è data da due canali: uno attuale, lo ‘stipendio’ da parlamentare, che si chiama, appunto, ‘indennità’ di trattamento, e uno futuro, il ‘vitalizio’, cioè la pensione.

Da questo punto in poi l’articolo è quello uscito, ieri, sulle colonne della rivista on-line Formiche.net:

“Galeotta fu la Riccardi”, la ex grillina passata alla Lega

la senatrice ex m5s alessandra riccardi ora in forza alla lega 2481446

Alessandra Riccardi

Ma tornando all’ormai tanto discusso, e tanto esecrabile, secondo la vulgata populista, ‘taglio dei vitalizi’ (cioè le pensioni) degli ex parlamentari, ‘galeotta fu la Riccardi’

Alessandra Riccardi (classe 1974, nativa e residente a Cinisello Balsamo, provincia di Milano, una laurea in Giurisprudenza all’Università cattolica, avvocato civilista, fisico e volto androgino) è passata, da pochi giorni, dai 5Stelle – che l’avevano eletta, per la sua prima volta, al Senato, nel proporzionale della Lombardia – alla Lega Nord. La notizia aveva creato un certo scalpore, ma soprattutto perché, persa la Riccardi, la maggioranza di governo pencola, pericolosamente, intorno ai 160 voti, a palazzo Madama, cioè un numero sotto il magic number di 161. Il quorum fissato per la maggioranza assoluta, quando serve (e non sempre serve) al Senato a far passare le leggi.

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Fotomontaggio  Matteo Salvini e della nave “Diciotti”

Inoltre, sempre lei, la Riccardi, aveva votato ‘no’ all’ultima richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, sullo sbarco dei migranti dalla nave ‘Diciotti’ salvando, almeno dentro la Giunta Immunità (al Senato si chiama così quella che, alla Camera, si chiama invece Giunta per le autorizzazioni a procedere, misteri di due Camere che fanno le stesse cose, con nomi diversi), le sorti processuali dell’ex ministro degli Interni, sul cui caso, e presto, si dovrà esprimere in modo definitivo l’Aula.

La (giusta) decisione della “Commissione per il Contenzioso”

Ma ecco che la Riccardi, in pochi giorni, ne combina un’altra delle sue. Infatti, era lei l’unico e solo membro pentastellato all’interno della “Commissione del Contenzioso” che regola gli atti amministrativi e giuridici interni al Senato della Repubblica: andandosene sbattendo la porta dal gruppo del M5s, la Riccardi ha fatto perdere, ai pentastellati, una pedina importante, cioè avere un proprio membro dentro la “Commissione Contenziosa” del Senato. I 5Stelle, oggi, sono privi di un loro rappresentante e, peraltro, essendo la Commissione, alla stregua della Giunta per le Immunità, un organo permanente e indefettibile, non sono possibili, in corsa, cambi o integrazioni di nominativi.

Morale, sul tema dei tanto aborriti ‘vitalizi’ – uno di quei temi sui quali i 5Stelle hanno costruito una fortuna politica in nome della lotta alla Casta – l’M5s non aveva nessuno a difendere le proprie ragioni ‘anti-Casta’. La Commissione, dunque, l’altra notte, quella di mercoledì scorso, ha deciso che i vitalizi andavano, sic et simpliciter, ripristinati, senza che i 5Stelle potessero opporre un diniego o un’istruttoria o una richiesta di supplemento d’indagine o proroga di tempi. Ha avuto ragione, invece, e subito, l’avvocato dei ricorrenti – gli ex parlamentari che avrebbero dovuto subire il taglio dei vitalizi – l’ex senatore di Forza Italia, Maurizio Paniz, che, con il suo studio, ne rappresenta ben 300, di senatori, più altri 700 ex deputati, per un totale di 900 parlamentari, una legione. Paniz, vero mastino veneto, per ora ha vinto e annuncia una montagna di ricorsi con i quali intende seppellire, novello Erin Brocovich in pantalone e cravatta, con una vera e propria class action i vertici delle Camere.

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Il senatore della Lega Simone Pillon (foto ANSA/FABIO CAMPANA)

Intanto, su cinque componenti della Commissione, tre hanno votato a favore del ricorso presentato da Paniz – il presidente della commissione, Giacomo Caliendo, e i due membri tecnici: i professori Gianni Ballarani e Giuseppe Della Torre – e due si sono pronunciati in modo contrario. I due sono entrambi della Lega: Simone Pillon (noto alle cronache per il famigerato disegno di legge Pillon a tutela delle famiglie ‘naturali’) e, appunto, Alessandra Riccardi, ex grillina e da poco passata al gruppo della Lega Nord.

Certo, è facile obiettare che, anche se fosse rimasta dentro i 5Stelle, la Riccardi avrebbe votato ‘no’, ma nei ‘luoghi’ delle Camere, anche quelli più oscuri e meno noti ai più, ci devi essere, e portare le ragioni del tuo partito e del tuo gruppo, altrimenti, in sostanza, non conti un beato nulla.

Il principio di ‘autodichia’, regola aurea delle Camere, e la possibilità di ricorrere solo appellandosi a organismi interni

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Ma perché il Senato si può, da solo, ripristinare i vitalizi? Perché, all’interno delle Camere, vige il ‘noto’ (si fa per dire) principio della ‘autodichia’. Termine che viene dritto dritto dal greco antico, quello di Omero e Esiodo, e che vuol dire, in buona sostanza, che ogni Camera, su ogni decisione che la riguarda, è indipendente e sovrana. Morale, la Camera, come il Senato, si autoregolano da sé: nessun organo esterno (la Corte costituzionale, la Corte dei Conte, figurarsi un tribunale ordinario) può sindacarne gli atti.

Morale, è arrivato lo stop al taglio dei vitalizi, al Senato, taglio deciso dalla presidenza di palazzo Madama a far data dall’ottobre 2018, su forte spinta dei 5Stelle, allora col vento in poppa, cui nessun altro partito seppe dire di ‘no’, esattamente come accaduto col taglio dei parlamentari. “Vanno restituiti, agli ex parlamentari, pure gli arretrati”, gongola Paniz. Ma cosa succede adesso? È lo stesso Paniz a spiegarlo: “Gli effetti sono almeno tre: il Senato può impugnare l’annullamento nell’organismo di secondo grado, che in questo caso è il Consiglio di giurisdizione dello stesso Senato. Ma vanno risarciti gli arretrati, e pure la Camera potrebbe subire gli effetti di questa decisione”.

In attesa che si trovi ‘un giudice a Berlino’ che fermi quello che i grillini, ululanti, già bollano come “furto della Casta”, Paniz esulta (“È stato ripristinato lo Stato di diritto”) e spiega, al colto e all’inclita, perché la delibera è annullata.

Paniz snocciola i suoi cinque ‘buoni motivi’ anti taglia-vitalizi

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“La delibera è stata annullata perché – dice Paniz – ritenuta ingiustificata a fronte della giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale e del diritto dell’Unione europea, in base alla quale di fronte a una situazione consolidata gli interventi di riduzione degli importi devono rispondere a cinque requisiti, nessuno dei quali era stato rispettato dalla delibera”. Paniz, di ‘buoni motivi’, ne elenca ben cinque: la norma non può essere retroattiva, mentre il taglio lo era; in secondo luogo, non deve avere effetti perenni, come invece li aveva la delibera; in terzo luogo, non deve riguardare una sola categoria ma deve essere ‘erga omnes’, mentre qui si colpivano solo gli ex parlamentari; in quarto luogo, deve essere ragionevole, mentre questo taglio raggiungeva l’86% degli importi; infine, deve indicare dove vanno a finire i risparmi che non possono finire nel grande calderone del risparmio, e anche su questo punto la delibera era carente”.

I 5Stelle fanno ricorso. La Casellati: “Io non c’entro”…

vito crimi

Vito Crimi

L’M5s, ovviamente, annuncia ricorso: dopo aver detto che quelli della Casta “difendono con le unghie il loro privilegio, dando uno schiaffone al Paese e al principio di equità “, il reggente Vito Crimi fa sapere che “prenderemo le iniziative necessarie”, spiegando che “verranno fatti tutti gli approfondimenti sulla decisione, presa – specifica velenoso – da una commissione in cui i componenti tecnici sono nominati dalla presidente del Senato”. Replica subito la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati (due nomi, due cognomi, una cosa tipo ‘contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare’ del geniale Fantozzi) per far mettere agli atti che “non c’entro nulla con la decisione della Giunta, che è un vero e proprio tribunale” che ha preso una decisione “non corretta né dal punto di vista etico né dal punto di vista giuridico”, afferma, ricordando, però, a tutti, che “la sentenza è appellabile”.

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La Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, e Fantozzi

Sempre Paniz, però, ricorda che “Siamo di fronte a una delibera che ha tagliato senza remore il trattamento pensionistico degli ex senatori in media del 60% fino a un massimo dell′86%. È evidente che ci sia una reazione giurisdizionale. Come in tutti i giudizi, ci sarà un appello, un eventuale ricorso in Cassazione, un intervento in sede di giurisdizione europea. Sarà un percorso lungo”. Insomma, Paniz dice agli urlatori e untori anti-Casta: mettetevi comodi, andremo per le lunghe e, alla fine, vinceremo noi.

Si scatena la canea dei 5Stelle. E il Pd si accoda subito…

movimento5stelle

M5S

Naturalmente, in poche ore, si è però scatenata la canea, anzi, meglio: la Vandea, quella dei paladini dell’anti-Casta. Tutti i big, e meno big, dei 5Stelle si sono stracciati le vesti, da Luigi Di Maio (“sono senza parole”, ma poi parla…) a Francesco D’Uva (“Alla Camera andiamo avanti”), da Carlo Sibilia (“I vitalizi sono come la cocaina, una droga!” – sic), fino a Barbara Lezzi e tanti altri pentastellati che, a corto di argomenti, non fan altro che ripetere ‘che schifo’. Anche il Pd, però, si accoda, provando a prendere la cosa ‘da sinistra’: “Scelta insostenibile e sbagliata” – twitta il leader dem, Nicola Zingaretti – la cassa integrazione è in ritardo e si rimettono (sic) i vitalizi”. Pure il commissario Ue, Paolo Gentiloni, parla per stigmatizzare il ‘fattaccio’ e solo un solitario – e, ormai, lontano dai lidi dem: si è dimesso da tesoriere del partito, lavora alla creatura editoriale dell’ingegner Carlo De Benedetti, il DomaniLuigi Zanda esprime caute ma forti perplessità sul tem. Il Pd, in ogni caso, ‘rincorre i Cinque Stelle.

Antonio Tajani

Antonio Tajani

La decisione presa non sta bene a Forza Italia (“Siamo favorevoli al taglio” giura e spergiura Antonio Tajani), come pure viene criticata da Italia Viva (“La Politica non è sintonizzata con il Paese” geme Davide Faraone), fa insorgere FdI (“Un insulto” dice Giorgia Meloni) ma è, ovviamente, la Lega a cavalcare subito il cavallo dell’indignazione popolare. Matteo Salvini si dice “disgustato” e annuncia una raccolta firme “per abolire una volta per tutte i vecchi vitalizi ancora in vigore. Siamo orgogliosi – aggiunge – di aver votato contro i privilegi anche in commissione, unici ad averlo fatto”.

E qui si torna alla Riccardi. Se fosse rimasta nei 5Stelle, avrebbe, forse, impedito la decisione. Invece è passata alla Lega, cui ha fatto fare la figura dei ‘paladini’ anti-Casta, e ora, venuto meno il suo voto, al Senato la maggioranza sarà costretta a ‘ballare’ su temi ben più seri che i vitalizi.