“Chi dice donna dice danno”. Guai in vista per il governo che ha imposto, con decreto-diktat, la doppia preferenza di genere in Puglia

“Chi dice donna dice danno”. Guai in vista per il governo che ha imposto, con decreto-diktat, la doppia preferenza di genere in Puglia

1 Agosto 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

Chi dice donna dice danno. Problemi in vista per il governo che ha imposto, con decreto diktat, il ripristino della doppia preferenza di genere in Puglia. Conte felice, Emiliano pure (ma finge), centrodestra pronto alle barricate in Parlamento

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Diktat per le preferenze di genere

 

Il colpo di spugna del cdm. Torna la doppia preferenza di genere nelle elezioni regionali in Puglia (unica regione che non l’aveva)

C.E.Gadda Quer pasticciaccipo brutto de via Merulana scaled

Il “pasticciaccio brutto”, direbbe Carlo Emilio Gadda

E’ un ‘pasticciaccio brutto’, direbbe Carlo Emilio Gadda, autore milanese che tutto sapeva delle trame quiete e inquiete della provincia italica, quello sulla doppia preferenza di genere, una norma – di assoluto buonsenso e civiltà, ovvio – che, in Puglia, era uscita dalla porta e rientra dalla finestra. La norma è stata imposta, ieri, per decreto legge, dal consiglio dei ministri, su precisa e ferrea volontà del premier Conte e introduce l’obbligo della parità di genere nelle elezioni regionali pugliesi del 20 settembre. Ma prima di parlare delle possibili conseguenze politiche e anche di quelle sull’ordinamento costituzionale bisogna fare un passo indietro come sempre si fa, nei romanzi gialli.

 

Un ‘pasticciaccio brutto’ dalle pesanti conseguenze politiche…

La doppia preferenza di genere

La doppia preferenza di genere (in pratica, se dai due preferenze, una deve andare a una donna)

Anzi, di passi indietro, forse, è meglio farne ben due e ambientare il nostro romanzo giallo a Bari, in Puglia, dove di solito opera il protagonista dei romanzi gialli ‘all’italiana’ di nuova generazione, Gianfranco Carofiglio. E’ la notte di martedì 29 quando il consiglio regionale pugliese boccia, nella sua ultima seduta prima dell’indizione dei comizi elettorali, l’introduzione della doppia preferenza di genere (in pratica, se dai due preferenze, una deve andare a una donna). Il gioco degli equivoci e degli specchi è, come vedremo, assoluto e, come sempre, nei romanzi ‘gialli’, il primo indiziato non è mai il vero assassino che arriva al colpo di scena finale. Certo è che la decisione di ieri potrebbe diventare, presto, un boomerang, se non un patatrac, per il governo.

 

Doppia preferenza di genere, il ‘non possumus’ pugliese

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Il “Tatarellum” del 1995

La doppia preferenza di genere, va detto, innanzitutto, c’è in tutte le regioni italiane, ognuna delle quali ha facoltà di scegliersi il proprio sistema di voto, ma restando nell’ambito della cornice della legge nazionale, il Tatarellum del 1995: in pratica, un turno secco con un metodo maggioritario, a volte corretto da soglie di sbarramento e altre diavolerie che variano da regione a regione (in Toscana, per dire, vige il Verdinellum o il Parrinum, una sorta di proporzionale cammuffato…). In tutte, tranne che in Puglia. Come se fosse una sorta di maleficio contra femina, un ‘Sabba’ al contrario, nelle terre dell’Otranto, del Cilento e del Sele, proprio non si riesce a introdurla, la norma.

Nichi Vendola

Nichi Vendola

Ci provò già, all’epoca, il governatore Nichi Vendola, nonché leader di Sel, nel 2015 e il consiglio regionale gli rispose picche. Vendola bollò dell’epiteto di “cavernicoli” i consiglieri regionali di allora.

 

La situazione politica a Bari e dintorni. Emiliano&co.

Michele Emiliano

Michele Emiliano

Prima ancora, però, meglio fare chiarezza sul contesto. Il coriaceo Michele Emiliano è nervoso, e da tempo. Si ricandida alle regionali dopo cinque anni di governo, alla guida di un centrosinistra smandrappato e assai esangue: non è affatto detto che rivinca, anzi. Tutti i sondaggi lo danno in un serrato testa a testa con il suo competitor del centrodestra, Raffaele Fitto.

Fitto Raffaele

Raffaele Fitto

Ex governatore a sua volta, nonché ‘figlio d’arte’ (cioè di un ex governatore), nonché un giovane furbo nato democristiano, diventato azzurro, e ‘pupillo’ del Cav, che poi ha tradito per fondare un suo movimento (Conservatori e Riformisti) e, infine, approdato alla corte di Giorgia Meloni, che lo ha eletto eurodeputato, Fitto è partito col vento in poppa, e il sostegno di tutto il centrodestra (tiepido quello della Lega, che non lo voleva, tiepido quello di FI, che si sente tradita, ma forte di quello di FdI e Udc): in buona sostanza in testa c’è lui, Emiliano per ora ancora rincorre, ma l’ha quasi agguantato. 

antonella laricchia

Antonella Laricchia

Il governatore uscete ha inutilmente e vanamente cercato fino all’ultimo l’accordo coi 5Stelle, senza riuscirci. La candidata del M5s è una donna, Antonella Laricchia, fiera avversaria di Emiliano dai banchi del consiglio regionale. Anche dal Pd le hanno provate tutte per portare a ragione i 5Stelle, ma senza successo. Zingaretti, Orlando, Boccia, Emiliano i 5stelle li hanno blanditi, coccolati, irretiti. Ma il il risultato è stato zero.

Barbara Lezzi

Barbara Lezzi

L’ala di Di Battista (in Puglia rappresentata dalla ex ministra Barbara Lezzi) come quella che fa capo Di Maio è irremovibile: col Pd e con Emiliano, “quello della Tap e dell’Ilva”, ‘mai!’. L’ex pm ed ex sindaco di Bari (“Metti a Cassano, vota Emiliano!” recitava un suo fortunato slogan quando si candidò la prima volta a Bari) è, per ironia della sorte, un descamisado, filo-grillino naturaliter, che i 5Stelle li aveva coccolati per anni e a cui aveva offerto posti e prebende. La Puglia è ‘casa’ sua. Se vuoi vincere i congressi del Pd, in Puglia, devi venire a patti con Emiliano: lo hanno appreso, a loro spese, Bersani, Renzi, Zingaretti e tutti i leader dem che non sono mai riusciti a scalfirne il potere. E si ritrova con il suo (ex) pupillo (era anche l’ex pupillo di Enrico Letta, ma vabbé), Francesco Boccia, che non solo è ministro, ma in ministero chiave, sotto Covid19, alle Autonomie. Come far tombola.

 

Emiliano fa e disfa nel Pd, ma Fitto è avanti nei consensi

Ivan Scalfarotto

Ivan Scalfarotto

Solo che Emiliano si ritrova in mezzo ad altri guai. La candidatura di disturbo di Ivan Scalfarotto (sottosegretario agli Esteri al governo, ma bizzarramente candidato contro gli alleati del governo di cui fa parte…) che raccoglie, dietro di sé, Iv-Azione civile-Più Europa-etc e, soprattutto, è lì per conto di Teresa Bellanova, oggi renziana, ma soprattutto storica ciliegina e dem pugliese ‘anti-emiliana’.

Teresa Bellanova

Teresa Bellanova, oggi renziana, ma soprattutto storica ciliegina e dem pugliese ‘anti-emiliana’

E, poi, la presenza – ben più ingombrante – del premier, Giuseppe Conte, che dalla Puglia proviene e che sulla Puglia vuole testare il suo consenso così alto nei sondaggi e la sua capacità ‘aggregativa’. Ha già in agenda un numero esponenziale di visite pastorali in regione: vuole dimostrare che, se Emiliano vincerà una gara così difficile, lo deve soprattutto al suo appoggio, al suo manto purpureo.

agramante

Agramante

Morale, con un simile campo d’Agramante, quello che esprime la coalizione giallorossa in Puglia, divisa tra Pd, che appoggia Emiliano ma è un partito ormai esangue, centristi e renziani con Scalfarotto che vanno per conto loro, M5s pure, a Raffaele Fitto potrebbe riuscire il colpo gobbo.

 

Il consiglio regionale pugliese viene convocato last minute per introdurre la doppia preferenza di genere

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Il consiglio regionale pugliese viene convocato last minute per introdurre la doppia preferenza di genere

Ecco, in una situazione così disastrata, politicamente, l’ultima seduta del consiglio regionale pugliese, quella dello scorso 29 luglio, mentre tutti i consiglieri hanno la mente altrove, e cioè alla composizione delle liste elettorali, viene convocata ad hoc proprio perché dovrebbe sanare il vulnus della mancata indicazione della doppia preferenza di genere. In cinque anni, Emiliano non l’ha fatta.

Ma, ora, Conte ci tiene molto, e avverte più volte Emiliano di darsi da fare, il Pd non è da meno, ovviamente, anche perché del tema fa un suo storico vanto, i Cinque Stelle si pronunciano a favore. Il centrodestra è contrario: le sue liste sono zeppe di tanti bei maschietti, tutti pugliesi nerboruti, ma donne zero, nisba e il rischio concreto – dato che la doppia preferenza di sesso si porterebbe dietro, con sé, nella leggina anche il rapporto di 60 a 40 nelle candidature (60% di uomini e 40% di donne, ovviamente) – è di vedersi saltare e invalidare molte, se non tutte, le liste che appoggiano Fitto.

 

Una notte di urla, spintoni, sputi e bestemmie. Quella del consiglio regionale pugliese dello scorso 29 luglio…

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Una notte di urla, spintoni, sputi e bestemmie. Quella del consiglio regionale pugliese dello scorso 29 luglio…

Ed è nel consiglio regionale notturno citato che accade di tutto. Voti segreti, tradimenti, veleni, parolacce, urla, svenimenti, accuse, contro accause, durissime polemiche, emendamenti contra personam. E’ in una notte lunghissima e convulsa si consuma – così riferiscono le cronache locali dell’indomani – l’ultima seduta della decima legislatura del consiglio regionale pugliese. 

Il guaio è che – primo indizio – le responsabilità del fallimento ricadono equamente sulla maggioranza (di centrosinistra) e sulle opposizioni (di centrodestra e M5s). Il centrosinistra ha la colpa di aver affrontato l’argomento solo l’ultimo giorno utile, provando a cambiare le regole a partita in corsa, cioè in piena campagna elettorale, quando le liste sono già pronte. Per il centrodestra “è un golpe”, ma la loro colpa è di aver fatto di tutto per affossare la legge pro-woman.

 

L’ostruzionismo del centrodestra porta alla trattativa notturna

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Ostruzionismo del centrodestra

Certo è che i lavori del consiglio pugliese sono bloccati dalla montagna di emendamenti del centrodestra, quasi 2mila, di cui mille di un solo consigliere (di FdI). Un atteggiamento ostruzionistico che mira a ottenere l’approvazione della legge ma senza inserire l’inammissibilità per la lista che non rispetta la proporzione (60% uomini e 40% donne) nelle liste stesse che si presentano alle elezioni, come èscritto, nella leggina, per far loro male, da 5 Stelle e centrosinistra.

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Loghi dei partiti di centrodestra

Inizia una estenuante trattativa serale e poi notturna tra i partiti per provare a togliere di mezzo gli emendamenti. I lavori vengono sospesi. Il centrodestra si riunisce per capire cosa fare. Si prova a mediare: la proposta è una proporzione 70/30, nel mix uomini/donne nelle liste elettorali, ma il centrodestra vuole anche togliere di mezzo l’emendamento sull’inammissibilità mantenendo solo l’ammenda pecuniaria per le liste che non rispettano la giusta proporzione di uomini e donne in lista. Non se ne fa nulla e tutti rimangono sulle loro posizioni.

 

Il colpo di scena notturno. Scendono in campo i franchi tiratori

franchi tiratori

In campo franchi tiratori

All’1 e 30 della notte i lavori riprendono dopo l’ennesima sospensione di una seduta infinita cominciata alle 15 del giorno prima. Si sono visti, nel frattempo, una serie di polemiche, urla, sputi, bestemmie e spintoni da rissa da bar. E qui si verifica quello che persino l’ufficio stampa del parlamentino regionale definisce, con piglio giornalistico, “l’ultimo colpo di scena della maratona” per provare a rimediare al problema, e di conseguenza dare maggiori spazi alle donne in lista.

Domenico Damascelli

Domenico Damascelli

Nel bel mezzo della votazione della votazione finale passa un emendamento a scrutinio segreto tirato fuori dal forzista Domenico Damascelli e dell’ex 5 Stelle Mario Conca che stabilisce l’ineleggibilità di chiunque faccia parte a qualsiasi titolo di una task force regionale.

Mario Conca

Mario Conca

Il siluro ha un obiettivo preciso: punta a far fuori politicamente Pier Luigi Lopalco, il virologo guru di Emiliano, assurto in questi mesi anche a gloria nazionale per le sue (strampalate) teoria anti-Covid. Lopalco è coordinatore della task force scientifica contro il coronavirus e, nei giorni scorsi, aveva annunciato la sua candidatura alle regionali al fianco di Michele Emiliano, il quale conta molto sul suo ‘volto’ ormai noto in tutte le tv, locali e nazionali, per raccattare più voti possibili.

pier luigi lopalco

Pier Luigi Lopalco

L’emendamento è il primo dei 1950 messi ai voti e, incredibilmente, passa grazie anche a una decina di franchi tiratori della maggioranza. Su 47 votanti sono 28 i favorevoli. “Una aperta ribellione anche dai banchi della maggioranza al presidente Emiliano” esulta Fratelli d’Italia. Emiliano è furibondo e annuncia sfracelli. La mossa fa sbandare il centrosinistra che chiede l’ennesima sospensione dei lavori nel cuore della notte. È il preludio al fallimento finale sulla leggina della doppia preferenza.

La doppia preferenza salta. Manca il numero legale…

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Andy Warhol (1928-1987) – Fragile

Maggioranza e opposizione si riuniscono un’ultima volta. Si raggiunge un’intesa ma è fragile: doppia preferenza subito; proporzione 60/40 prevedendo una semplice multa per chi non si adegua e inserimento dell’inammissibilità a decorrere solo dal 2025. La legge, così, è svuotata di contenuto, ma almeno può essere rivenduta come una panacea, come il minore dei mali,, almeno fuori da Bari. Si rientra in aula che sono le due di notte ma nel frattemepo si vota anche un altro emendamento a scrutinio segreto. Riguarda l’ineleggibilità dei consulenti della Regione.

Domenico De Santis

Domenico De Santis

Un altro emendamento killer anti-Emiliano con cui si punta a colpire altri fedelissimi del governatore come il dem Domenico De Santis,fedelissimo di Emiliano, che pure lui, a sua volta, aveva annunciato la sua candidatura. Il rischio è che i franchi tiratori della maggioranza tirino altri brutti scherzi.

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Il capogruppo del Pd, Paolo Campo

A quel punto il capogruppo del Pd, Paolo Campo, prende la parola: “Piuttosto che stare qui a discutere del nulla – accusa, indicando i 1.950 emendamenti avanzati dal centrodestra – è meglio affidarsi a quanto il governo nazionale farà sostituendosi al consiglio”. Sarà profeta di facili sventure. Insomma, la maggioranza fa saltare il numero legale e dice buonanotte. È la resa. Quasi tutti i consiglieri di governo e di maggioranza escono dall’aula e restano tra i banchi solo le opposizioni che contestano agli ‘emiliani’ quello che Nino Marmo capogruppo di Forza Italia definisce “l’abdicazione della maggioranza dal proprio ruolo”. In aula manca il numero legale.

Decadono tutti gli emendamenti, anche quello che riguarda l’ineleggibilità di Lopalco e de Santis, che – buon per loro – ora si potranno candidare con Emiliano. Si chiude il sipario sulla decima legislatura pugliese, ma il problema, a questo punto, passa nelle mani del governo.

 

Le donne protestano subito e forte, e che donne…

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Il ministro per le Pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti

Appena la notizia esce dalle mura del consiglio regionale, le donne di tutti i partiti iniziano il tiro al bersaglio, con un’accidia maggiore in tutte quelle di rito ‘anti-emiliano’. Ben 75 deputate dell’intergruppo parlamentare ‘Donne’ (di cui, dunque, apprendiamo e constatiamo, a paetire da oggi, l’esistenza in vita) si scagliano come una furia contro “norme discriminatorie”. La ministra renziana Elena Bonetti, che ha la delega alle Pari Opportunità, parla di “schiaffo alle donne”.

Teresa Bellanova

Teresa Bellanova

La Bellanova, cui non pare vero di poter dar addosso al suo arci-nemico, definisce la decisione dei suoi conterranei “una pagina buia”. I ministri Boccia, pugliesissimo, e pro-Emiliano, e Provenzano (orlandiano e di sinistra, super femminista) chiedono l’intervento “immediato” del governo.

 

Conte annuncia l’intervento, gli altri ministri premono

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Il premier Conte

Conte aveva già ‘diffidato’ il consiglio regionale pugliese ad approvare la legge entro la fine della legislatura e ora freme di indignazione: “Non possiamo accettare – è l’aut aut del premier – che la Regione Puglia non recepisca il principio fondamentale di parità tra uomo e donna per l’accesso alle cariche elettive. Lo Stato non può retrocedere sul punto”. Il premier si dice disposto ad attendere solo “poche ore” che il consiglio sia riconvocato, ma il governo – avverte – è pronto “ad esercitare i poteri sostitutivi”. Iniziano a circolare due ipotesi: un decreto legge o la nomina di un commissario.

Il governo affila le armi: decreto legge e/o commissario ad hoc? Le ministre renziane vogliono il super-commissario, Emiliano no

il governo affila le armi

Il governo affila le armi

Il governo, in soli due giorni, prepara una bozza del provvedimento che incassa il parere positivo dell’Avvocatura, dello Stato ma fervono le trattative e le triangolazioni Conte-Emiliano-opposizioni. L’ipotesi più accreditata è quella – che poi sarà tale – di un Decreto legge che obblighi la Puglia a prevedere già per le Regionali di settembre la doppia preferenza di genere e l’inammissibilità delle liste elettorali che non dovessero rispettare la proporzione di generenella quota 60/40. Non è escluso, però, che per ‘aggirare’ l’ostacolo rappresentato da eventuali ricorsi, l’Esecutivo nomini, sempre attraverso un decreto, un commissario che provveda poi a sostituirsi al Consiglio regionale, soluzione è caldeggiata da Italia Viva e, in particolare, dalla ministra renziana Teresa Bellanova.

Emiliano, però, si schiera in modo ferocemente contrario a tale soluzione, quella del commissario, che vive come un ‘commissariamento’ di sé medesimo: vuole solo che il cdm faccia una ‘leggina’ autoapplicativa, “poi ad attuarla ci penso io”, dice, ma le ministre renziane non sono affatto convinte e, in camera caritatis, gli dicono, a brutto muso: “Non hai fatto la norma per 5 anni, non ci fidiamo”

mario loizzo

Mario Loizzo

In Puglia, inoltre, e già siamo all’altro ieri, a quel punto, partono le pressioni da entrambi gli schieramenti sul presidente del Consiglio regionale, Mario Loizzo,affinché convochi entro il 5 agosto una nuova Assemblea regionale per approvare la norma sulla parità di genere. Lo chiede, a gran voce, l’intero centrodestra, che teme l’intervento del governo, ma anche “pezzi” di centrosinistra.

Al governatore Emiliano, nel frattempo, non resta che cospargersi il capo di cenere. Tanto che ammette: “Mi assumo la responsabilità politica di non essere riuscito a convincere la maggioranza in Consiglio ad approvare la doppia preferenza di genere”. La Puglia sarebbe, peraltro, la sola regione a non prevederla, dato che in tutte le altre Regioni ormai la norma già vige e da molti anni.

 

Il cdm di ieri: il diktat ‘pro-donna’ del governo sulla regione Puglia crea un pericoloso precedente nella storia repubblicana

La sede della Regione Puglia

La sede della Regione Puglia

E qui, invece, arriviamo a ieri, cioè al colpo di scena finale, quando il cdm sforna una norma che non ha precedenti nella giurisprudenza statale, in quella della legislazione concorrente tra Stato e regioni e, pure, nell’intera storia parlamentare della Repubblica.
Su diretta proposta di Conte, insieme al Ministro per gli Affari regionali e Boccia e al Ministro per la famiglia Bonetti, il cdm approva un decreto-legge che è una bomba: introduce “disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario”. Per “assicurare il pieno esercizio dei diritti civili e politici e l’unità giuridica della Repubblica” (così recita il testo – sic), il testo del decreto legge dispone “l’esercizio del potere sostitutivo dello Stato”, in base all’articolo 120 della Costituzione, nei confronti della Puglia, che “si è resa inottemperante all’invito ad adeguarsi ai principi relativi alla promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive, fissati dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20”.

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Il decreto, dunque, agisce modificando il Dl 20/2016 e in particolare aggiungendo due commi

Il decreto, dunque, agisce modificando il Dl 20/2016 e in particolare aggiungendo due commi. Il primo esplicita che il mancato recepimento delle norme sulla promozione della pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive “integra la fattispecie di mancato rispetto di norme di cui all’articolo 120 della Costituzione e, contestualmente, costituisce presupposto per l’assunzione delle misure sostitutive ivi contemplate”. Il decreto dispone poi l’applicazione in Puglia della doppia preferenza di genere e il rispetto dei “criteri di parità” nella formazione delle liste, pena l’intervento dell’Ufficio centrale circoscrizionale che, in caso contrario, può procedere all’esclusione della lista che non rispetta il pregresso criterio di parità uomo/donna.

uomo donna

Il criterio di parità uomo/donna

Insomma, non può esserci elezione senza che il sistema si basi sul rispetto del principio della parità di genere, è il fondamento alla base del decreto legge che il consiglio dei ministri ha varato ieri: se ci sono le preferenze, è d’obbligo la parità di genere, pena l’annullamento della seconda preferenza.

 

Emiliano piomba – non gradito – in cdm, il governo nomina commissario la prefetta di Bari Bellomo, i rischi per Conte

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Emiliano in cdm

Al Cdm partecipa, in via del tutto irrituale, pure Emiliano, con la sua ingombrante, sudata e sopra le righe presenza, che ovviamente plaude – o, meglio, finge di farlo – alla decisione (“Erano cinque anni che ci provavo, in Regione, la cosa più importante è avere raggiunto l’obiettivo”), ma la sua silhouette solo l’ultimo dei problemi. Infatti, toccherà al prefetto di Bari dare attuazione al decreto legge del governo (una donna, per giunta, Antonella Bellomo: quando si dice l’ironia della vita…), una soluzione che a Emiliano non piace e dispiace. Ma, in definitiva, nel profilo giurisprudenziale, la norma presa dentro il cdm è, ovviamente, un decreto legge. Ergo, va convertito dalle Camere.

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Meloni, Salvini e Berlusconi parlano di “precedente pericoloso”

E qui casca l’asino. E’ la prima volta, nella storia italica (almeno quella repubblicana) che un decreto in materia elettorale non ha il consenso delle opposizioni. Infatti, mentre tutti i membri del governo e della maggioranza tessono le lodi di Conte e del governo, subito, con una nota ufficiale, i tre leader del centrodestra, Meloni, Salvini e Berlusconi, parlano di “precedente pericoloso”. Certo, Conte – che ha mangiato la foglia e che ha capito che in sede di conversione il dl rischia – rivolge un appello “a tutte le forze parlamentari, senza distinzioni, per approvare tutti insieme questa legge” perché “abbiamo scritto una nuova pagina nella storia italiana dei diritti politici e dei diritti delle donne”.

 

Le opposizioni, furibonde, sono già pronte alle barricate

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“in limine mortis”

Il candidato pugliese del centrodestra, Raffaele Fitto, che già parla di possibili ricorsi, insiste sulla necessità che sia il consiglio regionale pugliese a decidere, riconvocandosi il 5 agosto, cioè in limine mortis, per ri-metterci una toppa, ma le ‘interlocuzioni’ tra governo e opposizione non vanno a buon fine e, verso sera, il cdm prende la sua decisione finale e definitiva.

A quel punto è tutto il centrodestra che spara contro Conte: “In Puglia si sta giocando con le istituzioni, piegandole ad interessi di una parte politica – dicono in una nota congiunta uscita a tamburo battente Meloni, Salvini e BerlusconiPer responsabilità del presidente uscente, il consiglio dei ministri si è preso la responsabilità di scrivere un provvedimento che rischia di compromettere il libero esercizio del voto in Puglia e rischia di trasformarsi in una gravissima ingerenza politico-elettorale. Il rischio evidente è quello di creare un precedente pericolosissimo e un incidente istituzionale finalizzato a far saltare le elezioni”. Precedente (pericoloso), ingerenza (gravissima), incidente (per far saltare le elezioni). Le parole del centrodestra pesano come pietre. 

 

L’asino può cascare nelle Camere. Se il decreto ‘Puglia’ non viene convertito in legge o le elezioni non sono valide o si devono rifare

casca l asino

Casca l’asino

L’asino, a questo punto, ri-casca sulle spalle delle Camere. Il decreto legge va convertito in legge entro sessanta giorni altrimenti decade. Il governo ha già fatto sapere che vuole – anzi, pretende – una corsia preferenziale, cioè la coversione immediata. Ma la settimana che inizierà il 3 agosto e si concluderà il 6 agosto è l’ultima di lavoro, per le Camere, prima delle ferie estive, Camere che sono già oberate di decreti da esaminare, poi se riparla a settembre per vedere riaprire il Parlamento.

Se il decreto decadesse, o non venisse convertitodio non voglia – il pandemonio è assicurato. La possibilità c’è perché, grazie ai voti segreti – sempre possibili su leggi che riguardano la materia elettorale, il governo può finire ‘sotto’, magari al Senato, provocando il patatrac cosmico.

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Può succedere un patatrac cosmico

In pratica, o il decreto passa così com’è, ma prima del voto in Puglia, fissato per il 20 settembre, e allora nulla quaestio. Oppure, il decreto decade: varato ieri, il 31 luglio, il decreto legge ha validità di 60 giorni e dunque può essere convertito in legge fino al 31 settembre, cioè 10 giorni dopo il voto.

Una tentazione molto forte, quella di far decadere il decreto ‘Puglia‘, sia per l’opposizione, che chiederà una gragnuola di voti segreti, sia nella maggioranza, dove Iv potrebbe cercare di fare un bel dispetto a Emiliano, rendendo invalida la sua rielezione grazie alla non conversione del decreto.

Certo è che se il governo cade in Aula sul dl Puglia, si aprono due possibilità: le elezioni si tengono lo stesso, con le regole attuali della legge elettorale pugliese, cioè ‘senza’ la doppia preferenza di genere, ma possono essere invalidate il giorno dopo, quando il decreto sarà riconvertito, e il governatore eletto (Emiliano o Fitto) decadere. Quindi, bisognerebbe ritornare al voto in Puglia. Oppure le elezioni in Puglia vengono rinviate perchè il decreto, in fase di conversione prima del voto, è stato bocciato. Quando? Non si sa. Forse fino a quando il decreto non passerà alle Camere. O, ancora, il decreto non viene discusso prima del voto ma con le elezioni, fissate per il 20 settembre, che si tengono prima della sua conversione,, il voto torna  arischio invalidità e le elezioni possono essere invalidate. Un ginepraio. Il commento di chi, nel Pd, capisce di simili intrecci esoterici è uno solo: “Conte, D’Inca, il Pd, tutti noi, stiamo sottovalutando un rischio molto grosso. Un decreto elettorale non si fa mai senza l’accordo con le opposizioni. Altrimenti è un suicidio. Per le elezioni, la Puglia e per il governo”. Il ‘pasticciaccio brutto’ è pronto per il colpo di scena finale.

 


 

NB: Una versione più sintetica di questo articolo è stata pubblicata sul sito di Tiscali.it il I agosto 2020.