In marcia verso l’election day/2. Liguria. Toti corre, Sansa non rincorre. Pd e M5s lanciano il ‘modello Pomigliano’

In marcia verso l’election day/2. Liguria. Toti corre, Sansa non rincorre. Pd e M5s lanciano il ‘modello Pomigliano’

19 Agosto 2020 2 Di Ettore Maria Colombo

In marcia verso l’election day/2. La Liguria. Toti guida la gara saldamente e non teme la impervia rincorsa di Sansa. Spaccatura nel centrosinistra con Iv e altri che se ne vanno per conto proprio a causa dell’intesa tra Pd e M5s. Ma i giallorossi ormai vogliono esportare il ‘modello Pomigliano’

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La Liguria

 

Pubblico il secondo articolo di analisi delle prossime sei elezioni regionali del 20/21 settembre. Potete trovare qui la prima puntata dedicata alla competizione in Veneto, oltre a diverse indicazioni sulla scelta e il senso dell’electron day

Il ‘modello Pomigliano’ potrebbe diventare organico

Luigi di maio

Pomigliano d’Arco (Napoli), terra d’origine dell’ex leader dei 5Stelle  Luigi Di Maio

Si parte da Pomigliano d’Arco (Napoli), terra d’origine dell’ex leader dei 5Stelle e ancora loro longa manusLuigi Di Maio, e si punta alle cinque grandi città che andranno al voto nella primavera del 2021: oltre Roma, dove l’accordo appare, allo stato, impossibile, Torino, Milano, Bologna e Napoli. Pd e M5s stringono i bulloni per cementare un’alleanza che li vede reggere insieme le sorti del governo Conte II ma che, a livello locale, è sempre stata incerta e zoppicante. Infatti, in vista delle regionali del 20/21 settembre, solo in Liguria è stato chiuso, dietro al nome di Ferruccio Sansa, un patto comune ‘organico’ e tra mille contrasti, come vedremo più avanti e meglio nel dettaglio.

M5S PD

Pd e M5S

Ma si tratta di una regione sola, sulle sei al voto, cioè molto poco. E’ vero che, fino all’ultimo, si sta lavorando per stringere un’intesa pure nelle Marche, dove però il candidato grillino (Mercorelli) non ne vuole sapere di ritirarsi per convergere sul nome di un civico di area centrosinistra, Mangialardi. Si tratta ancora in queste ore e i dem rilanciano l’idea del sindaco di Pesaro, Matteo Ricci: un tandem con Mangialardi candidato e il grillino, dopo che si è ritirato dalla corsa, come vice. Ma, come in Puglia, è difficile che si arrivi all’intesa finale.

Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci Pd

Il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci (Pd)

Per il resto, il Pd ha sempre fatto ponti d’oro ai 5Stelle, a livello locale, ma questi hanno sempre recalcitrato anche solo all’idea di alleanza. Poi, a metà agosto, la svolta: la base pentastellata ha votato per dare il via libera agli accordi locali, oltre che per superare il vincolo del doppio mandato (ma solo per gli eletti locali, per ora) e Di Maio ha deciso che era giunta l’ora di dribblare Conte, nel rapporto con i dem, e intestarsi perciò la ricerca della difficile alleanza ‘organica’ Pd-M5s ovunque.

Dario De Falco

Dario De Falco

E così, ecco spuntare il primo ‘miracolo’, quello di Pomigliano. Dopo aver sfiorato la rottura, i dirigenti locali di Pd e M5s hanno trovato l’intesa sul nome di un civico, Gianluca Del Mastro, vicino a Di Maio che guiderà una coalizione-laboratorio di decina di liste. A condurre le trattative è stato l’amico storico del ministro, Dario De Falco – già candidato a sindaco, ma sconfitto, alle elezioni nel 2015 – che ha fatto un passo indietro sul suo nome, di fronte alle ostilità del Pd locale, spaccato al suo interno e che voleva sbloccare, come ha ottenuto, le intese anche in alti paesi del circondario. E così, per le Comunali di Pomigliano i protagonisti parlano già di un “nuovo laboratorio politico”.

 

Lo schema tacito Pd-M5s nelle cinque città al voto nel 2021

 

elezioni

Lo schema tacito Pd-M5s nelle cinque città al voto nel 2021

E così, mentre anche alle supplettive in Sardegna (si vota sempre il giorno dell’election day) Pd e M5s correranno affiancato per sostenere lo stesso nome (candidato M5s, simbolo elettorale due ‘baffi’: uno rosso e uno giallo), Di Maio – stavolta d’intesa con Grillo, ma non con Casaleggio jr, ostile a ogni forma di intesa con i dem – guarda già alla partita grossa che si aprirà dopo le Regionali, quella delle comunali del 2021.

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Virginia Raggi

Impossibile l’intesa a Roma, con la Raggi già ricandidata, motu proprio, e il Pd alla faticosa ricerca di un nome da opporgli che per ora non si trova (sarà quasi sicuramente un nome ‘debole’ e i dem potrebbero convergere, al ballottaggio, obtorto collo, sulla sindaca dietro lo slogan ‘non consegniamo Roma alle destre’), lo schema sarebbe questo: Milano, Torino e Bologna al Pd, Roma e Napoli al M5s. In realtà, a Torino, una volta incassato il ‘no, grazie’ della sindaca Appendino (per lei quasi certo un posto nel futuro e nuovo ‘Direttorio’ del M5s, forse addirittura da primus inter pares: è lei la carta su cui punta Di Maio per continuare a governarlo) alla ricandidatura, il nome comune sarebbe quello di un civico, ma più vicino al Pd.

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Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala

A Milano, il sindaco attuale, Beppe Sala, ha già incassato l’ok di Beppe Grillo, di cui è buon amico, alla sua ricandidatura. A Bologna non ci dovrebbero essere problemi, con i 5Stelle, per il primo cittadino in carica, Virginio Merola, a un secondo mandato. Di Roma si è detto, mentre a Napoli la situazione è assai più fluida: in tanti, sia di parte centrosinistra (Migliore per Iv, Amendola per il Pd) che pentastellata (Fico su tutti) aspirano o potrebbero aspirare a succedere al civico ‘di sinistra’ De Magistris, ma non si capisce ancora se il nome del futuro candidato dovrà spettare al Pd oppure ai pentastellati.

 

Le (poche) voci critiche dentro il Pd come nei 5Stelle

giorgio gori

Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori

Certo, nel Pd come nei 5Stelle, alcuni recalcitrano all’idea del patto organico tra i due partiti. Dentro i dem si tratta dell’area Orfini e di pezzi di Base riformista come il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori: invocano un congresso per decidere le alleanze future, richiesta ieri avanzata anche dal sindaco di Firenze, Dario Nardella, ma lo chiedono solo per il 2021 e pure ‘tematico’, come parlare del sesso degli angeli. Inoltre, almeno per ora, restano solo voci singole e di singoli, le loro, un flatus voci che non impensierisce affatto il Nazareno che pure reagisce sempre stizzito a ogni timida critica. 

Alessandro Di Battista

Alessandro Di Battista

Nei 5stelle solo i pasdaran dell’ala Di Battista sono apertamente contrari all’idea dell’alleanza organica, i seguaci di Di Maio si sono dovuto rapidamente allineare alla ‘svolta di Pomigliano’, quelli di Fico sono sempre stati favorevoli al patto con il Pd. E anche Casaleggio jr, per ora, tace, irritato dalle tanti voci di chi, dentro il Movimento, vuole recidere per sempre il cordone ombelicale che lo lega alla piattaforma Rousseau, fondi per le restituzioni dei parlamentari in testa. Morale, con la scelta di campo di Di Maio, oltre che Grillo, la strada sembra spianata all’alleanza organica con il Pd.

Pd e M5s alleati ‘organici’. L’impervia, tortuosa stradina ligure

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Giovanni Toti

Certo è che “l’alleanza organica”, quella tra Pd e M5s, che dovrebbe segnare il futuro della politica italiana, sia sul lato delle prospettive future del governo Conte sia in vista dei prossimi appuntamenti elettorali amministrativi, avrà una sua prima – e rischiosissima – prova generale tra il Ponente e il Levante di una terra bella quanto amara, quella ligure.

Una scelta singolare: Pd e M5s, a differenza dell’Umbria – dove pure il tentativo di mettere insieme Pd e M5s più sinistra, si rivelò un fiasco colossale, nel novembre 2019, spianando la strada al centrodesta – i ‘giallorossi’ partono decisamente svantaggiati, in Liguria. L’altro aspetto singolare sta nel nome contrapposto al governatore uscente e ricandidato con ottime chanche di vittoria schiacciante, Giovanni Toti, ex azzurro oggi a capo di un suo movimento personale, ‘Cambiamo!’, che ha anche una piccola propaggine in Parlamento formato da una pattuglia di ex deputati di FI.

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Ferruccio Sansa

La scelta di Pd e M5s, dopo lungo perigrinare tra un nome e l’altro, alla fine è caduta sull’idea primigenia, quella del giornalista del Fatto quotidiano, Ferruccio Sansa. Un nome su cui, però, i ceti dirigenti locali di entrambi i due partiti avevano fatto fuoco e fiamme per mesi. Infatti, sia la vecchia dirigenza dem, ancora legata all’ex governatore, Claudio Burlando, sia la giovane dirigenza grillina, capitanata dalla ex capogruppo in consiglio regionale, Alice Salvatore, che poi è uscita in polemica dal Movimento con una sua lista, hanno fatto di tutto pur di impedire la convergenza su Sansa.

Andrea Orlando

Andrea Orlando

Alla fine, ha ‘vinto’ la testardaggine del segretario dem, Zingaretti, che puntava da mesi all’alleanza organica tra Pd e M5s, e, in particolare, il lungo lavorìo ai fianchi di entrambi i partiti portato avanti dal vicesegretario dem, il ligure (spezzino) Andrea Orlando, che è riuscito a evitare la spaccatura del Pd e, persino, a convincere Grillo. Il comico (genovese), infatti, pur essendo, letteralmente, di Sansa, il vicino di casa (le loro due ville sono confinanti), ne vedeva di malocchio il nome perché, da giornalista, lo aveva attaccato e criticato, ma anche per vecchie ruggini mai sopite sorte tra i due.

La campagna ‘povera’ di Sansa e quella ‘grandiosa’ di Toti

campagna elettorale

La campagna elettorale

L’alleanza, dunque, è nata ed è stata benedetta dai rispettivi stati maggiori, ma ha mostrato subito il fiato corto e infatti non scalda i cuori di nessuno: non si schioda dal 39-43% dei voti, nei sondaggi. Sansa ha preso a girare la regione in camper, ha infarcito le liste a suo sostegno di candidati giovani e provenienti dalla mitica ‘società civile’ e s’inventa pubblicità estemporanee, come quella di farsi fotografare, insieme a tutti i candidati, in mascherina, anche se rischiano di essere dei boomerang (i volti dei candidati, letteralmente, ‘non si vedono’…). Inoltre, ha impostato tutta la sua campagna a uno stile da povertà ‘francescana’ che mal si addice, tranne nella zona della sinistra-sinistra, con le spinte di una società, quella ligure, che vuole solo ripartire e uscire da una crisi economica nera.

ponte genova san giorgio

Ricostruzione dell’ex ponte Morandi, oggi ponte San Giorgio

Il governatore uscente, Giovanni Toti, forte di una coalizione di centrodestra in cui la Lega è ancora a distanza di sicurezza da Fratelli d’Italia e Forza Italia resta in discreta salute, non nutre preoccupazioni di sorta: gode del 51-55% dei consensi ed è così sicuro di vincere che, con una caduta di stile, a Sansa ha inviato, appena resa nota la sua candidatura, “le mie condoglianze”.

Marco Bucci

Marco Bucci

Inoltre, Toti, giocando molto di sponda con il sindaco di Genova, Marco Bucci, avoca a sé la forza e la riuscita del ‘modello Genova’, a partire dalla ricostruzione del ponte Morandi a tempo di record, e soprattutto punta sulla necessità di completare opere autostradali e viarie (la Gronda e non solo) che decongestionino l’infernale traffico sulle impervie strade e autostrade liguri con ingorghi record.

Insomma, mentre Toti vuole riportare la Liguria alla sua grandeur, Sansa, invece, sembra non voler fare ‘alcuna opera’, tranne pochi lavori urgenti, seguendo in questo il massimalismo ‘anti-stradale’ dei 5Stelle: ecco perché punta tutto su acqua e ambiente, oltre che, ovviamente, sulla ‘moralità’.

 

La Paita, pezzo forte di Iv, rimette in campo Massardo

Aristide Massardo

Aristide Massardo

A complicare le cose, sempre per Sansa, c’è la candidatura di un terzo nome voluto dai centristi (Italia Viva, Alleanza Civica, +Europa, Psi e altri pezzi della società civile), quello dell’ex preside della facoltà di Ingegneria di Genova, Aristide Massardo, girato per mesi anche come papabile candidato del centrosinistra. Vero dominus della scelta di Massardo è stata Raffaella Paita, ex dem oggi pezzo forte di Italia Viva di Renzi, neo-presidente della commissione Trasporti.

paita raffaella

Raffaella Paita

Storica avversaria di Andrea Orlando in Liguria, quando stava nel Pd, la Paita è stato sconfitta alle regionali di cinque anni fa (quando Toti era ancora debole) a causa della guerra a sinistra che le dichiarò Cofferati, ma anche ora che è andata via con Renzi è dotata ancora di buon seguito, nelle sue terre. Per ora Massardo, nei sondaggi, non decolla (2-4% nelle rilevazioni), ma può crescere e resta una bella spina nel fianco di Sansa, il cui nome, in larghe fette della base dem, proprio non piace.

I candidati minori ‘di contorno’ e la legge elettorale locale

Alice Salvatore

L’ex grillina Alice Salvatore con il suo movimento “Il buonsenso”

A fare da contorno alla sfida tra Toti e Sansa, restano tre candidature minori, scesi in campo con liste proprie: si tratta dell’ex grillina Alice Salvatore con il suo movimento “Il buonsenso”, di un’altra ex pentastellata, Marika Cassimatis, con la lista “Base Costituzionale” e di Giacomo Chiappori, sindaco ex leghista: con la sua “Grande Liguria” rappresenta una spina nel fianco della Lega.

Marika Cassimatis

Marika Cassimatis, con la lista “Base Costituzionale”

Infine, va ricordato che, a luglio, il consiglio regionale ligure ha approvato una riforma della legge elettorale regionale che ha introdotto la parità di genere nella composizione delle liste elettorali e che ha abolito il ‘listino’ (sei posti) dei nominati, detto anche il ‘listino’ del presidente.

Giacomo Chiappori

Giacomo Chiappori

 


NB: questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2020: la prima parte sul Quotidiano nazionale e la seconda parte, quella sulla Liguria, sul sito di notizie Tiscali.it