In marcia verso l’election day/3. La Toscana non è più ‘rossa’: il Pd trema e Salvini ci spera

In marcia verso l’election day/3. La Toscana non è più ‘rossa’: il Pd trema e Salvini ci spera

20 Agosto 2020 0 Di Ettore Maria Colombo

Verso l’election day/3. La Toscana non è più ‘rossa’ e Salvini cerca la ‘spallata’ al governo. Il candidato del centrosinistra, Giani, parte davanti, ma la candidata del centrodestra, Ceccardi, crede nella rimonta. Intanto, salta ogni ipotesi di accordo tra Pd e M5s alle Regionali, sia Marche che Puglia…

Pd e M5S frattura

Frattura Pd M5S per gli accordi elettorali

 

Continuo a pubblicare qui una serie di articoli sulle prossime elezioni regionali del 20/21 settembre. La prima puntata è stata dedicata alla gara in Veneto e la trovate qui
Invece, la seconda, ha riguardato le elezioni regionali in Liguria ed è rintracciabile a questo link 

 

Tra Pd e M5s, nonostante Conte, nessuna intesa in extremis 

premier conte

Tra Pd e M5s, nonostante Conte, nessuna intesa in extremis

Tra Pd e M5s nessuna alleanza chiusa in extremis, né in Puglia né, tantomeno, nelle Marche. I rispettivi candidati pentastellati non ci stanno e hanno ribadito, ieri, entrambi il loro niet. Non è servito neppure l’appello accorato del premier, Giuseppe Conte dalle pagine del Fatto quotidiano.

antonella laricchia

Antonella Laricchia

Il premier insiste nel sostenere che “una sinergia anche a livello territoriale può imprimere una forte spinta” al governo “per realizzare” il suo programma. L’appello di Conte viene subito accolto con favore dal Pd, che vuole far vincere i suoi candidati e spera in un sostegno last minute a del M5s.

Gian Mario Mercorelli

Gian Mario Mercorelli

Ma dai loro rispettivi territori e dai candidati del M5s, Antonella Laricchia (Puglia) e Gian Mario Mercorelli (Marche) arriva un netto ‘non se ne parla nemmeno’. Neppure la dirigenza nazionale pentastellata è tenera e boccia nuove intese. “La costruzione di alleanza basate sui programmi – mette le mani avanti Vito Crimiè un valore aggiunto, ma va fatto solo dove ci sono le condizioni”.

vito crimi

Vito Crimi

A quel punto è nel Pd di Zingaretti che perdono la pazienza. Il ministro (pugliese e buon amico di Emiliano) agli Affari Regionali, Francesco Boccia, avverte gli alleati di governo: “Mi aspetto che in queste ore il M5s risponda all’appello di Conte su Marche e Puglia. Ora si superi “un ottuso no”. “Se questa risposta non dovesse arrivare – chiosa Bocciasarà inevitabile la nostra richiesta di voto disgiunto” (ai grillini).

francesco boccia

Francesco Boccia

Al di là della surreale richiesta di ‘voto disgiunto’ agli elettori di un altro partito (nel caso volesse essere usato, dovrebbero essere i 5Stelle a dire ai loro elettori: votate la nostra lista, ma come candidato presidente votate il candidato dem, non si può certo imporlo in casa altrui, il voto disgiunto…), subito dai 5Stelle rispondono per le rime. “Quello sul voto disgiunto – dice Danilo Toninelli, ex ministro, senatore M5s e responsabile nel Team del Futuro per le elezioni – è “un modo calcolatorio (sic) di concepire la politica che non ci appartiene, svilente nei confronti dei cittadini e offensivo verso la nostra identità. Chi professa la ricerca del dialogo poi non potrebbe fare esternazioni di questo tenore”.

toninelli

Toninelli

La verità è che, in Puglia, la trattativa vera non è mai partita e, quindi, ha buon gioco la candidata, Laricchia, a chiuderla così: “Io sono sacrificabile in ogni momento, se qualcuno lo decide dall’alto, ma non chiedetemi di piegare la testa, piuttosto trovate il coraggio di tagliarla, o io andrò avanti”. Inoltre, la Laricchia si toglie pure lo sfizio di fare l’offesa: “Ho rinunciato a posti e prebende, a tutto”. 

matteo ricci

Matteo Ricci

Nelle Marche, invece, una porticina era rimasta aperta e il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, ha fatto di tutto per farla diventare un varco: ha offerto ai 5Stelle un tandem tra i due candidati, Mangialardi e Mercorelli, posti di giunta (futura) e garanzie sul programma, ma il suo accorato invito a raccogliere l’appello di Conte e a fermare l’avanzata della Meloni – appello ribadito anche ieri sera – si è infranto contro il muro dei parlamentari stellati marchigiani e, ovviamente, del candidato M5s.

Mercorelli, infatti, fa sapere di non avere alcuna intenzione di ritirarsi e lo ribadisce in tutte le salse: “Io non mollo, non l’ho mai fatto, non comincerò oggi, tanto più che non c’è nulla da mollare“. Amen, non se ne farà nulla e la sola regione dove Pd e M5s corrono affiancati è e resta la Liguria, già persa. 

 

E se il Pd perdesse anche la Toscana? Scenari da brivido…

Zingaretti

E se il Pd perdesse anche la Toscana? Scenari da brivido…

E se – Dio non voglia, per il Pd come per il governo – il centrosinistra perdesse ‘anche’ la Toscana? Insomma, se il risultato delle Regionali non finisse né tre a tre e neppure, già uno smacco, 4 a due? “Sarebbe una catastrofe”, è il commento di tutti i maggiorenti dem, ministri e non. Infatti, tutti gli equilibri (ed equilibrismi) nazionali – tenuta del governo, stato di salute dell’alleanza giallorossa, nuovi esperimenti da portare avanti, a livello locale, tra Pd e M5s – che possono derivare da una semi-vittoria (il pareggio tre a tre nelle sei regioni al voto) o anche da una semi-sconfitta (sconfitta, ma di misura, per 4 a 2 sempre nelle sei regioni), partono dal presupposto che, insieme alla Campania, dove il governatore uscente De Luca tiene tranquillamente a bada il contendente del centrodestra, Caldoro, la Toscana resti ‘rossa’, una fortezza inespugnabile, seconda solo all’Emilia.

Zingaretti Veltroni

Zingaretti Veltroni

Tutto il resto (una sconfitta nelle Marche, pure considerata terra rossa è, un capitombolo in Puglia, pure problematico, l’impossibile impresa di riconquistare la Liguria) si può discutere, ma non che il centrosinistra naufraghi sulle rive dell’Arno. Peraltro, una sconfitta in Toscana non sarebbe solo uno smacco irrecuperabile per la leadership di Zingaretti (Veltroni, nel 2010, si dimise per molto meno, e cioè per aver perso la sola Sardegna…), ma paradossalmente anche per i suoi oppositori interni. Da Nardella a Marcucci, da Lotti a Guerini, con un Pd così terremotato ci sarebbe poco da ricostruire. E pure per Renzi (Iv corre con il centrosinistra). Insomma, dalla perdita della Toscana, dentro il Pd, non si salverebbe nessuno. Specularmente, conquistare la Toscana – più per Salvini che per il centrodestra – vorrebbe dire poter portare l’attacco diretto a Roma, al cuore del governo.

 

La strada scelta da Salvini: vincere in Toscana, assalire Roma

Matteo Salvini

La strada scelta da Salvini: vincere in Toscana, assalire Roma

Ed è proprio questa la strategia che Matteo Salvini, leader della Lega, non ha mai nascosto nei suoi tantissimi appuntamenti e incontri effettuati in tutta la regione. Alle regionali di settembre il centrodestra (FdI, Lega, FI, Udc) si presenterà, per la prima volta, in Regione, unito, con alle spalle le vittorie in tanti capoluoghi e piccoli comuni della Toscana: per Salvini, l’obiettivo di far cadere una delle ultime “roccaforti rosse” è alla sua portata. A rafforzare l’entusiasmo del centrodestra, ci sono i sondaggi che parlano di un vantaggio assai limitato del centrosinistra e di moltissimi indecisi.

Eugenio Giani

Eugenio Giani

La battaglia è  dura, anche se, complice il lockdown, finora si è assistito solo a pochi scambi tra i principali contendenti, il candidato del centrosinistra, Eugenio Giani, già presidente del Consiglio regionale, e l’eurodeputata Susanna Ceccardi, pupilla leghista e stretta collaboratrice di Salvini.

susanna ceccardi

Susanna Ceccardi

Pur tra molte perplessità iniziali (specie degli azzurri che volevano scegliere un candidato civico e moderato), la candidata del centrodestra prova a risalire la corrente: 33 anni, ex sindaca di Cascina (Pisa) e da poco mamma, la Ceccardi, detta ‘la zarina’ non solo è una fedelissima del leader Salvini, ma ne emula grinta e combattività. E’ una sorta di Borgonzoni (Lucia, la candidata leghista sconfitta in Emilia-Romagna, e anche molto male, da Bonaccini) al contrario, spera Salvini: meno gaffeur e più autonoma, che sfida il contendente, Giani, a un confronto diretto da cui sostiene che “scappa di continuo” e punta su temi local, o quantomeno glocal, e non solo quelli di ambito nazionale.

 

Il centrodestra parla di ‘temi’, il centrosinistra punta su Giani

Italy Toscana

In Toscana, senza turisti, la crisi economica e sociale morde come forse mai aveva fatto finora

Non a caso, sia la Ceccardi che la coalizione che la sostiene stanno cercando di spostare il tiro sulle issues concrete: infrastrutture, ambiente, rifiuti e la difficile situazione economica (in Toscana, senza turisti, la crisi economica e sociale morde come forse mai aveva fatto finora) sono i temi in ballo in uno scontro che da destra viene presentato non tanto come un assalto alla “Toscana comunista”, ma come una sfida tra il “vecchio sistema” e il cambiamento. E persino Salvini, dopo la ‘sberla’ emiliana, ha capito che doveva giocare di rimbalzo: sostiene la sua candidata, ma si è messo, finalmente, un passo indietro, non davanti, e le ha dato via libera per scegliere temi e tempi della campagna. “Sono in giro per tutta la Toscana per incontrare imprese, sindaci, disoccupati, disabili – dice Ceccardi – quindi a prescindere dai sondaggi conduco la mia corsa pensando soprattutto ai temi. Respiro grande entusiasmo”. E’ vero? Pie illusioni? Il centrodestra ci crede.

Certo, Eugenio Giani è un politico navigato: la sua carriera politica è iniziata con il Psi nel 1990 nel Consiglio Comunale di Firenze; poi con il Psi, i Socialisti Italiani, i Socialisti Democratici Italiani e infine nel Pd. Dal 2015 presidente del Consiglio Regionale, eletto nella circoscrizione di Firenze nella lista Pd-Riformisti toscani, Giani in tutti questi anni si è vantato – ed è vero – di aver visitato tutti i 275 Comuni toscani e di non dimenticare mai un matrimonio, o un funerale, dei suoi elettori…

La Ceccardi lo chiama “mangia tartine” per la predisposizione di Giani a presenziare a incontri, feste private e inaugurazioni, ma lui si fa un vanto di presentarsi come il candidato da ‘usato sicuro’, in stile Psi, mentre preferisce glissare sul suo passato da renziano di ferro che forse ancora è oggi.

simona bonafé

Simona Bonafè

In effetti, Giani – animale da consiglio regionale e macchina delle preferenze – ben conosce i temi caldi della Regione, punti deboli e punti forti. A sostenerlo ci saranno sei liste (+Europa insieme a Iv, Pd, Orgoglio toscano per Giani, Sinistra Civica Ecologista, Verdi e Svolta civica) e, soprattutto, l’apparato di un partito, il Pd, che è retto dalla ex renziana, oggi eurodeputata, Simona Bonafé, ancora forte e radicato, sui territori, e ancora in buona salute. Ma la sua candidatura è spuntata fuori per mancanza di reali alternative dopo che l’attuale governatore, Enrico Rossi (prima nel Pd, poi uscito per entrare in LeU, ora rientrato), ha dovuto cedere il passo, dopo due mandati già espletati.

 

Gli altri candidati: la Galletti (M5s) e Fattori (sinistra-sinistra)

Irene Galletti

Irene Galletti

L’altra donna in lizza per la presidenza è Irene Galletti del M5s, che si presenta in corsa solitaria, dopo il mancato accordo dei pentastellati con il centrosinistra, e rispetto a cui si propone come “alternativa” di sistema.

giannarelli

Giacomo Giannarelli

Laureata in Giurisprudenza e specializzata in Tutela dei Diritti Umani e Cooperazione Internazionale, la Galletti è stata consigliera regionale e si e’ affermata alle ‘regionarie’ del Movimento, battendo il collega Giacomo Giannarelli, con 859 voti (sic).

Tommaso Fattori

Tommaso Fattori

Infine, ma da non sottovalutare la candidatura di Tommaso Fattori, a capo della lista “Sì Toscana a Sinistra” che raccoglie un grumo di sinistra radicale, dalle storiche radici, in Toscana, accreditato di un buon 5-6% che potrebbe fare la differenza, specie considerando che, causa la legge elettorale vigente in Toscana, se nessuno dei primi due candidati raggiunge il 40% dei voti, si passa al ballottaggio.

 

I sondaggi: il candidato dem sempre in testa, ma non troppo

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Un simbolo dei sondaggi

Per quanto riguarda i sondaggi si parte da quelli tranquillizzanti, ma ne girano anche di terrorizzanti, per il Pd. Secondo l’ultimo noto, commissionato dall’agenzia Dire alla Tecné, il candidato del centrosinistra, Giani, oscilla tra il 44% e il 48% dei voti e la Ceccardi non supera la forbice compresa tra 38,5% e 42,5%, e la Galletti è ferma al 6-10%. Insomma, non sembra esserci nessun testa a testa, ma balla una percentuale di astenuti e indecisi molto alta (37%).

renzi italia viva

Renzi Leader di Italia Viva

Altri due sondaggi, ma precedenti, di cui uno commissionato da Italia Viva, il partito di Renzi – che, in Toscana, punta almeno ad acciuffare l’8-10% dei voti se vuole sperare di mantenere una dimensione nazionale, ma la cui forbice non supera il 4%-8% – e uno dal quotidiano La Stampa erano, invece, preoccupanti: Giani tra il 40 e il 44% e la Ceccardi al 38-42%, con asticelle che, almeno verso il basso, si toccherebbero.

Il mito della ‘Toscana rossa’, in realtà, non esiste più…

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Dario Nardella, sindaco di Firenze

Al netto dei sondaggi, i numeri, però, dicono che il ‘fortino rosso’ non è più tale, e da tempo. Infatti, se per il Pci locale, scendere sotto il 70% dei voti, negli anni Settanta, in ogni piccolo comune toscano, equivaleva a una disfatta, è dal 2015 che i comuni toscani – tranne Firenze, governata dal successore di Renzi, rimasto nel Pd, ma molto critico con il nuovo corso di Zingaretti, Dario Nardella (proprio in questi giorni ha chiesto di andare a congresso per “discutere di linea politica e alleanze”, ostile com’è al patto organico col M5s) – cadono come birilli nelle mani del centrodestra. Infatti, se nel 2015 il rapporto, nei comuni capoluogo, era di dieci a zero per il centrosinistra, dopo le vittorie, giunte a ripetizione, di Arezzo, Grosseto, Pistoia, Pisa, Massa e Siena, oggi il centrodestra può vantare, in Toscana, un rotondo 6 a 4. Mitigato solo dal fatto che Firenze e Prato restano saldamente in mano dem, che la ‘bianca’ Lucca è stata incredibilmente conquistata, ma solo grazie alle divisioni nella destra, e che Livorno è stata riconquistata, da parte del centrosinistra, ma a spese dei Cinque Stelle. Proprio dopo il primo travaso di voti, nel 2013, verso M5s, è il centrodestra ad approfittare della ritirata di un Pd che, in Toscana, alle scorse europee, non è andato oltre il 33%.

covid19

Toscana, una crisi economica che il Covid19 ha acuito

Due i miti andati in crisi. Quello della ‘Toscana felix’, dove “stanno tutti bene”, morsa oggi da una crisi economica che il Covid19 ha acuito (la Toscana potrebbe perdere tra i 70 mila e i 100 mila posti di lavoro, entro l’anno) e quello di una regione condannata a essere ‘Firenze centrica’. Giani è fiorentino, ed è fortissimo, a casa sua, mentre la Ceccardi e la Galletti sono entrambe pisane, ma parla quasi solo di Firenze e, soprattutto, di aeroporto e di stadio, mentre le sue avversarie esaltano i collegamenti stradali interni. Inoltre, Giani ha puntato tutto sul ‘modello’ della sanità toscana. Salvini attacca “il Pd e Renzi che, in tutti questi anni, hanno pensato solo al centro storico di una città toscana” (Firenze) mentre proprio il sindaco del capoluogo, Nardella, gli ribatte che “è un clamoroso errore schierarsi contro il capoluogo: chi vince a Firenze vince la Toscana” – il che, in puri termini numeri, è abbastanza vero – ma anche Nardella ammette che “stavolta possiamo perdere”. Anche il vecchio mito della Toscana ‘antifascista’, ormai, attecchisce poco e non si vede, in regione, nessuna ombra di mobilitazione del classico ‘popolo antifa‘ (Arci, Anpi, Cgil, coop), mentre pure le Sardine latitano. Giani dipinge la Ceccardi come una candidata ‘al guinzaglio’ di Salvini e il fatto che lei sia pisana non aiuta: a Firenze e dintorni una come la Ceccardi non passerà mai, ma le province in mano al centrodestra valgono il 50% di una Regione che, non a caso, e per una legge non scritta ma ferrea, da decenni non è guidata da un fiorentino, ma sempre da un toscano di provincia. 

 

Il valore tutto nazionale della gara sulle rive dell’Arno

Ponte vecchio arno firenze

Il valore tutto nazionale della gara sulle rive dell’Arno

Certo, c’è il piano ’porta a porta’ nelle case del popolo, nei quartieri e tante piccole feste dell’Unità itineranti (il segretario Zingaretti è atteso per il 30 agosto, ma mentre Salvini è onnipresente, lo stato maggiore dem, segretario compreso, in Toscana latita) a cercare di dare manforte a Giani, ma la Ceccardi batte e ribatte su immigrazione e sicurezza, storici temi ‘nazionali’ cari alla destra, che ora fanno presa anche in Toscana. E, nonostante le gaffes (la foto di lei con la pistola per la legge sulla legittima difesa, il ricercare nonni ‘partigiani’ nell’albero di famiglia) la candidata ci crede, nel ‘ribaltone’ e, soprattutto, ci crede Salvini. “Se vinciamo in Toscana mandiamo a casa Conte, Zingaretti, Renzi e Di Maio!” assicura, gridandolo forte nelle piazze, a costo di rimangiarsi l’impegno a non voler ‘nazionalizzare’ il voto. Ma se, per Salvini, perdere la Toscana vorrebbe dire perdere l’ultima occasione per rilanciarsi alla guida del centrodestra (tutti gli altri candidati alle regionali della coalizione non sono i suoi e, in fondo, neppure Zaia lo è), per Zingaretti perdere la finale aprirebbe scenari da incubo. Come confidava la segretaria toscana dem, Bonafè, a Repubblica, giorni fa, “crollerebbe tutto, qui come a Roma. Io dovrei dimettermi, ma non sarei la sola…”.

Infine, da notare che anche se i due contendenti, Giani e Ceccardi, dovessero andare al ballottaggio, la mezza sconfitta, per il Pd, sarebbe già da mettere nei fatti. Senza dire che, al ballottaggio (la Toscana è l’unica regione italiana dove chi non raggiunge il 40% vi accede), i dem dovrebbero andare dal M5s a pregarli in ginocchio di riversare i loro voti su Giani senza la certezza di riuscirci.

 


 

NB: questo articolo è stato pubblicato nella sua prima parte per il Quotidiano e nella sua seconda parte, quella sulla Toscana, per il sito di notizie Tiscali.it sempre il giorno 20 agosto 2020