Matteo Renzi si sente come Lorenzo il Magnifico: “Sono io l’ago della bilancia della politica italiana”

Matteo Renzi si sente come Lorenzo il Magnifico: “Sono io l’ago della bilancia della politica italiana”

20 Gennaio 2021 0 Di Ettore Maria Colombo

Renzi : “Sono io l’ago della bilancia della politica italiana”…

ago della bilancia

Renzi : “sono io l’ago della bilancia della politica italiana”…

“Il significato politico di questo voto mi sembra chiaro – commenta Matteo Renzi con i suoi mentre si infila negli studi di Rai 1 per registrare Porta a Porta di Bruno Vespadirei lampante. Il governo Conte non ha la maggioranza dell’aula del Senato e, di poco, ha quella della Camera. Io sono e resto l’ago della bilancia, per questa maggioranza o per altre”.

Il leader di Italia Viva si sente, dunque, ben messo nei panni di Lorenzo il Magnifico, dinastia dei Medici, gran signore della Repubblica di Firenze, nonché ‘ago della bilancia’, appunto, dentro la ‘politica dell’equilibrio’ (allora così era detto) tra gli Stati e principati e signorie in cui, nel 1492 e dintorni, era divisa e frammentata la vita politica italiana dell’epoca.

“Non so se avete visto i numeri: contrari e astenuti pareggiano la maggioranza…”

L’economista e commentatore liberal Alessandro De Nicola, invece, in un messaggio privato che mi ha mandato stamane preferisce usare un paragone un po’ diverso e forse meno encomiastico per Renzi e per Iv, il suo partito: “Ricordo bene, anche se ero giovane, che, alla fine degli anni Ottanta, l’allora segretario del Pri, ed ex giornalista, e storico, Giovanni Spadolini insisteva molto su questo suo presunto essere l’ago della bilancia ‘(affermazione che comportò il profluvio a valanga di gustose vignette di Forattini che lo irridevano) ma lle elezioni del 1987 ii Pri perse i 2/3 dei voti di quanto preso nel 1983, passando dal 5,2 al 3,7%. Ed era un fiorentino, come dire, di ben altro spessore”.

Non so se avete visto i numeri – se la ride un colonnello renziano di livello che ha stazionato tutto il giorno al Senato – ma al mio Paese 141 no più 16 astenuti fa 156 contro appena 156 sì (ma solo con i voti di Ciampolillo e di Nencini riammessi all’ultimo minuto, con la Var, ndr.)”. “Una maggioranza stentata e ottenuta con tre senatori a vita in pancia, più due forzisti convertiti dell’ultima ora, tra cui la storica ex pasionaria del Cavaliere, Maria Rosaria Rossi…”, più il socialista Nencini, “convinto da Conte”. “Se avessimo votato contro, invece di astenerci – spiega ancora – il governo andava sotto e allora nessuno lo salvava. Conte sarebbe dovuto salire al Quirinale a dimettersi”. “Andrò avanti – era stato il vaticinio di Matteo Renzi a metà pomeriggio, prima ancora che, alle dieci di sera, si esaurisse la seconda ‘chiama’ del Senato, quella decisiva – e continuerò a fare da ago della bilancia del Parlamento. Tre o quattro se ne andranno, lo so. I più giovani, credo, sui quali la pressione del Pd è stata fortissima, pesante, sleale. Ma non importa. Senza Iv, governo e maggioranza non vanno da nessuna parte. Una maggioranza raccogliticcia”.

 

Renzi le defezioni dei suoi, al Senato, le aveva messe persino in conto. Ma non arrivano da nessuno dei presunti ‘sospettati’ che restano tutti compatti. Aspettano la seconda ‘chiama’, i senatori di Iv, guidati da Matteo Renzi, come una “compatta falange macedone”, prima di palesare la loro astensione: tattica parlamentare furba, giusto per vedere come si ‘posizionavano’ gli altri gruppi sulla prima chiama. La ‘falange’, alla fine, non perde pezzi: si astengono in 16 su 18, tranne Luigi Marino, assente ‘giustificato’ in quanto malato di Covid, e tranne il socialista Riccardo Nencini . Nencini aveva parlato ‘in dissenso’ da Renzi e da Iv, in sede di dichiarazioni di voto, ‘apprezzando’ l’azione del governo, ma aveva ‘giurato’ che si sarebbe astenuto per poi cambiare posizione in corner, alla seconda chiama. Senza il suo voto la somma di contrari e astenuti avrebbe superato il governo. Renzi aveva messo nel conto la sua defezione: “Riccardo è un amico. Viene via per un ministero, non di meno. Ora vedremo se Conte accontenterà lui, la Binetti, quelli del Maie… Ne ha parecchi da accontentare, però”.

Renzi, con Conte, ha il dente avvelenato e ai suoi dice: “Io a Conte ho chiesto, più volte, in tanti mesi, di rilanciare il governo e l’azione di governo su tante cose, sui progetti, su questioni alte, ma Conte mi ha offerto, a me e ai miei, solo e sempre poltrone, soltanto poltrone. A me un posto alla Nato, che peraltro confondeva con l’Onu. Alla Boschi il ministero della Giustizia. A Rosato la Difesa e via così. Ma noi, come avete visto, le poltrone le abbiamo lasciate”. Non ha ancora tenuto il suo intervento in Aula quando alcuni cronisti, tra cui Qn, lo intercettano alla Buvette, dove si era appartato per una spremuta col suo braccio destro, Bonifazi.

Per Renzi “questa maggioranza raccogliticcia non avrà vita facile, dentro quest’aula come pure dentro le commissioni. Gli faremo vedere i sorci verdi. Io sono e resto, con i miei, l’ago della bilancia di tutte le maggioranze possibili. Me ne sfileranno via qualcuno? Sì, ma bastano quelli che ci sono e che resteranno con me. Al massimo ne perdo tre o quattro.” In ogni caso, la vera partita inizia domani, cioè da oggi.

Mani libere in Parlamento” e, in futuro, cerca lo spazio al centro: Renzi stavolta non bluffa e prepara la sua riscossa politica

Renzi gonfia il petto scaled

Renzi gonfia il petto: “Conte non asfalterà il Senato”

Le mani libere in Parlamento, dall’opposizione. E fuori, la ricerca di uno spazio al centro. E’ la strada che sembra aprirsi dinanzi a Matteo Renzi, mentre si chiude la porta della maggioranza. Il senatore di Rignano è sicuro che la partita con Giuseppe Conte non sia chiusa: la nuova maggioranza senza Iv, è il ragionamento, ancora non si vede e se pure nascerà, nelle commissioni parlamentari starà stretta, avrà un percorso accidentato. “Grazie per la compattezza e per aver resistito alle pressioni”, scrive l’ex premier nella chat di Iv quando ancora in Senato non si è votato. Iv è “compatta”, va ripetendo per tutto il giorno.

 

“Grazie per aver resistito” scrive il leader di Iv ai suoi in chat…

grazie

“Grazie per aver resistito” scrive ai suoi in chat…

“Nei prossimi giorni, quando proveranno ad allargare la maggioranza, me ne possono portare via tre o quattro al Senato e qualcuno di più alla Camera, ma Italia viva è qui”, dice a metà pomeriggio alla buvette del Senato. “Adesso danno tutti addosso a noi, ma tra una settimana anche il Pd si renderà conto che così, senza di noi, non durano a lungo”.

In serata, raccontano gli ex alleati, qualche senatore di Iv sonda una possibilità: uscire dall’Aula al momento del voto, per provare a far mancare il numero legale e spedire Conte per direttissima alQuirinale, ma margini non ce ne sono. Ma non ce ne sono neanche per trasformare l’astensione di Iv in un No,come vorrebbe più di un senatore dopo aver ascoltato le parole del premier in Aula: con il No, il gruppo si spaccherebbe e il primo obiettivo di Renzi è superare la prova dell’Aula senza sbavature, contando 17 senatori sulla linea di Iv (il gruppo sarebbe di 18, ma Mauro Marino è assente causa Covid). Tra i renziani c’è chi apertamente, fino all’ultimo, dice di sperare in spiragli di dialogo. Ma i più sono rassegnati: impossibile ricucire, dopo le parole di questi giorni. L’ex premier ha visto “l’apolide” Riccardo Nencini di persona lunedì: è il primo indiziato per un possibile abbandono, per ore tiene, dovrebbe astenersi, ma alla fine molla e vota, nervoso, a favore del governo.

 

Il socialista Nencini può portarsi con sé tre/quattro senatori di Iv

Riccardo Nencini

Riccardo Nencini

 

Se gli offrissero un incarico da ministro, sussurrano indiscrezioni non confermate, il leader del Psi potrebbe tornare in maggioranza e portare con sé altri due o tre senatori di Iv (si citano Grimalzi, Conzatti, Carbone). Alla Camera, dicono fonti renziane, “andranno via di più”, alcuni deputati potrebbero presto tornare alla casa madre Pd. Ma Renzi si mostra sicuro di riuscire a tenere il gruppo, anche perché – spiegano i suoi – aver presentato alle elezioni amministrative il simbolo Iv consente di conservare un gruppo parlamentare e non finire al Misto, anche se Nencini al Senato portasse via il simbolo del Psi, anche se il segretario del Psi assicura e precisa – nella nottata di ieri – che ‘non lo farà’. (mah…).

I numeri dei renziani saranno però decisivi in molte commissioni

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“Io all’opposizione sto d’incanto e – ironizza – mi tengo il mio 2%”

 

Poi nelle commissioni i renziani conserveranno due presidenze alla Camera e una o due al Senato. E potrebbero essere determinanti là dove la nuova maggioranza non avesse i numeri, come la commissione Affari costituzionali alla Camera. Dalla legge elettorale, che Conte annuncia proporzionale e che Renzi vuole invece maggioritaria, alle misure economiche, la scommessa è far pesare i voti di Iv.

Senza lo strappo, raccontano in ambienti renziani, Conte aveva garantito a Renzi sostegno per la Nato e proposto ministeri come la Giustizia a Maria Elena Boschi. Ora tra i parlamentari non si nasconde preoccupazione per il futuro: non solo la rielezione diventa una grande incognita, ma anche restare all’opposizione può essere un tormento per chi è stato eletto nelle liste del Pd. Gli ex alleati scommettono che non sarà tutto così facile e scontato per Iv, come dice Renzi: si fa leva su chi un dialogo vorrebbe tenerlo aperto, eccome. Ma l’ex premier non sembra turbato: “Io all’opposizione sto d’incanto e – ironizza – mi tengo il mio 2%. Sarà bello vedere il compagno Romani ministro”, sorride scherzando con il senatore in Cambiamo!.

 

Renzi punta ad allearsi con Calenda, Bonino, riformisti e liberal

Carlo_Calenda_Pd

Carlo Calenda

In realtà, la rottura con il Pd e una collocazione al centro, dove già siede Carlo Calenda con Azione – cui Renzi promette già l’appoggio come candidato sindaco a Roma –  aprirebbe ufficialmente la contesa politica al centro, lo spazio al quale anche il premier sembra ambire. Anche lo spazio di Forza Italia sembra essere contendibile, osserva a taccuini chiusi un senatore. Ma è presto, si vedrà. “I Dem si sono schiacciati sul M5s”, va ripetendo il leader di Iv. Ma di più per ora Renzi sul futuro non dice. Prima, bisogna reggere anche nei prossimi giorni la guerra di nervi in Parlamento. Unica certezza: le elezioni appaiono lontane e fino ad allora che resti premier Conte non è scontato, dice.

Renzi gongola: “È andata benissimo. Noi restiamo decisivi”

ora o mai piu

“Ora o mai più”, scandisce più volte in aula  guardando “dritto negli occhi” l’avversario

“È andata benissimo. 156 voti con tre senatori a vita e due di FI già dentro“. Mentre in Senato il ‘Var’ sta decidendo se ammettere o no i due sì arrivati ‘in zona Cesarini’ da Lello Ciampolillo e – a sorpresa, in soccorso al Governo – dal senatore Iv Riccardo Nencini, Matteo Renzi gongola. Se vanno avanti così “è indecente”, si sfoga con i suoi.

“Dovevano asfaltarci e fare cappotto, la verità che non hanno la maggioranza. E Casalino mandava i messaggi ai nostri dicendo ‘siamo a 170’…”, dice a sera, rinato dopo un pomeriggio non semplice. In Senato va in scena l’ultimo duello tra Matteo Renzi e Giuseppe Conte. Il leader di Italia viva, però, è già pronto ad iniziare una nuova partita. Il premier ha chiuso ogni possibile varco. Per il senatore di Rignano è il ‘kairos’, il momento opportuno: “Ora o mai più”, scandisce più volte in aula  guardando “dritto negli occhi” l’avversario. È una cifra esclusivamente retorica.

 

E ancora: “I miei senatori? Ne perderò qualcuno, ma non è grave”

non si torna indietro

Non si torna indietro dice Renzi

Il premier ha già scelto la seconda opzione, scommettendo sui ‘volenterosi’. Non si torna indietro”. I senatori di Iv – dopo non essersi presentati alla prima chiama – confermano l’astensione, con l’unica eccezione di Nencini. Finisce 156 a 140, con Iv (si astengono in 16) praticamente decisiva. “Adesso – commenta il leader – auguri”. È la nuova sfida  di chi si considera magari un po’ ‘Pierino rompiscatole‘, ma sicuramente “più capace” dei ‘Mastella Boys’. Se il gruppo di Conte si farà, si saprà nei prossimi giorni. Renzi, intanto, si prepara a tornare all’opposizione. “A me conviene, non vedo l’ora”, confida. Nelle previsioni sul futuro in cui tutti si esercitano in queste ore, quelle renziane suonano più o meno così: “con un ministero a Nencini e uno all’Udc, un De Bonis sottosegretario e magari convincendo due-tre dei miei qui (Comincini, Conzatti e Grimani quelli più a rischio), la maggioranza a palazzo Madama a 161 comunque non ci arriva. Non ha abbastanza incarichi”.

 

Iv: “Conte stavolta dura al governo come il gatto sull’Aurelia…”

gatto su aurelia

“Conte dura al governo come il gatto sull’Aurelia…”

“Il premier la partita Conte ter, che vuole il Pd, non la può aprire perché non sa come chiuderla“. Quindi, adesso, è il momento di saltare una mano di gioco. ‘Vedere’ le carte dell’avversario, non bluffare. “Durano poco”, azzarda lui. Tra i suoi c’è chi è ancora più ottimista. “Avete presente un gatto sull’Aurelia?”. Certo, riflette, le cose sarebbero potute andare diversamente. “Questo Governo non andava bene e ho detto a Conte di cambiarlo. Anche Zingaretti voleva farlo, poi ha cambiato idea. Ha detto: ‘mi piac ‘o presepe ‘. Io non sono così”, rivendica. Il premier, racconta, era pronto a cedere, a novembre, nei due incontri a palazzo Chigi, “è stato cortese e un po’ naif”: sul tavolo l’appoggio nella corsa alla Nato, scambiato con l’Onu, pure, Rosato “già ministro”, addirittura Boschi “titolare della Giustizia”. Poi, però, i contatti si interrompono e la trattativa salta. “Non poteva fare il rimpasto, il M5S non lo avrebbe retto”. E “partono le veline contro di noi”. Nell’ottica del leader, di fronte alle continue accuse di fare “penultimatum”, fare un passo indietro per Renzi non è immaginabile. E quindi la decisione di uscire dal Governo. In aula volano gli stracci: “Lei ha avuto paura, signor presidente, di salire al Quirinale il giorno dopo le dimissioni, non perché abbia messo al centro il destino del paese, ma perché ha scelto un arrocco istituzionale, che spero sia utile per lei, per il governo, ma temo sia dannoso per le istituzioni”, attacca. Di più. “E’ un mercato indecoroso di poltrone”. Il nuovo giorno del Conte bis, in ogni caso, per i renziani, parte più che zoppicante: i dem vogliono un patto di legislatura e un rimpasto, i volenterosi vogliono ‘riconoscimenti’, se non nasce un gruppo di Conte nelle commissioni e in conferenza dei capigruppo finiscono sempre sotto, in minoranza. “Se Conte cade è finito, altro che fare politica da fuori palazzo Chigi. Può dirlo a tutti, ma non a me: io sono passato dal 40 al 4%, so come funziona. Meglio starci, a palazzo Chigi. Ma per me non vale. Io ho fatto tutto, dal consigliere comunale al sindaco al premier. Ora faccio opposizione“.

La paura, al Senato, ormai non fa più ‘161’ ma molto bene, ‘149’…

PAURA

Ma come è andata la lunga giornata calda del Senato? Un voto che indica una maggioranza assai striminzita e, ricordiamolo, così composta – peraltro dopo mezz’ora di commedia degli equivoci con la ‘Var’ chiesta e ottenuta, dal governo, alla presidente del Senato, Alberti Casellati: “313 presenti (assenti due senatori malati per Covid, uno M5s e uno di Iv, Umberto Bossi, malato cronico da tempo, il presidente emerito Napolitano, a sua volta malato, due senatori a vita: Rubbia e Piano, la Casellati non vota), 313 votanti (con un assente, per scelta dal voto, che non risulta), 156 sì, 140 no e 16 astenuti” recita, con voce stentorea, la presidente che, nonostante i suoi solerti e bravi funzionari, va nel pallone per più di mezz’ora, insieme ai senatori questori e ai senatori segretari d’aula, al conteggio dei voti.

“Sommati – fanno notare in Iv, ma anche dentro il Pd – contrari e astenuti (ma dal punto di vista politico perché, sul piano tecnico e regolamentare, ‘non’ si sommano dice, e ridice, fino allo sfinimento, il deputato dem Ceccanti, che su queste arguzie regolamentari è la ‘Bibbia’ dei dem, anzi gli astenuti abbassano persino il quorum per ottenere la maggioranza semplice, che infatti ieri è calato a 149 voti) fanno 156 voti. Il governo, se Iv votava col centrodestra, finiva sotto e Conte doveva salire al Colle per dimettersi”. Infatti, la somma – politica, ripetiamolo, non aritmeticadi astenuti e contrari ‘pareggia’ la maggioranza (relativa o, meglio, ‘semplice’, quella assoluta resta fissata a 161 voti) presa dal governo. Una maggioranza ottenuta, da Conte, per il rotto della cuffia e solo dopo estenuanti trattative. Infatti, rispetto ai 152/153 voti di maggioranza ‘sicuri’ e previsti – dai renziani come dal Pd: ai primi brillavano gli occhi, i secondi tremavano come foglie – fino a sera tarda, Conte arriva a 156 solo grazie a quattro sorprese dell’ultima ora.

La maggioranza ‘pareggia’ i conti solo grazie ai transfughi ex FI

pareggiare i conti

La maggioranza ‘pareggia’ i conti solo con i transfughi

Un senatore di FI, Andrea Causin (ex Scelta civica, ex Pd…) torna all’ovile, abbandonando gli azzurri, come pure la ‘mitica’ senatrice Mariarosaria Rossi, meglio nota alle cronache come, ai tempi del caso Ruby, ‘badante’ del Cav e amica intima e personale della sua ex, Francesca Pascale.

Ma non basta: la maggioranza ‘pareggia’ i conti con la somma di contrari e astenuti solo grazie al voto in extremis – prima dichiarato inammissibile e poi invece riammesso dalla solita, disastrosa, presidenza – di due senatori – Nencini (Psi-Iv) e Ciampolillo (ex M5s) – che avevano detto in tutte le salse che si sarebbero astenuti (Nencini in coerenza alla scelta di Iv, Ciampolillo per decisione sua). Entrambi, invece, all’ultimo secondo utile, cioè a fine seduta, sull’orlo dei tempi supplementari, e dopo la seconda chiama, cambiano idea ‘all’improvviso’ e decidono di convogliare i loro preziosi due voti a favore del governo. Senza di loro, la maggioranza si sarebbe fermata a 154 voti, senza due ex FI – folgorati sulla ‘via di Damasco’, alias palazzo Chigi – a soli 152 voti, senza i tre senatori a vita (Mario Monti, Liliana Segre, stoicamente venuta a votare nonostante i suoi noti problemi fisici e i suoi ben 90 anni di età) ed Elena Cattaneo (assenti gli altri tre) a 149 voti. E, guarda caso, 149 voti era la soglia tra la vita e la morte, per il governo: segnava una possibile clamorosa sconfitta che avrebbe portato alle immediate dimissioni del premier. Insomma, Conte oggi davvero si sarebbe dovuto dimettere.

La dura legge dei numeri e la maggioranza che proprio non c’è

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Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e il premier, Giuseppe Conte

Ma è andata come è andata e, sempre oggi, sicuramente Conte si recherà al Quirinale per riferire al Capo dello Stato del voto nelle due Camere (alla Camera ha preso 321 voti, cinque sopra la maggioranza assoluta, quorum fisso a 315) e spiegargli, sempre che gli riesca, ‘come’ andare avanti, ma almeno senza la spada di Damocle di un voto di sfiducia che, di fatto, stava per incassare proprio nella Camera alta.

Il guaio sono i collegamento di tutte le tv di ogni ‘padrone’ (Skytg24, Rai1, Rai2, Rai3, Rainews24, La 7, Mediaset) e i titoli dei giornali – di destra, sinistra e centro dell’indomani (La Repubblica: “un governo piccolo piccolo”, La Stampa: “Così non si governa”, il Giornale: “Caporetto Conte”, Quotidiano Nazionale: “Il Conte dimezzato”, etc. etc. etc.) – che raccontano già, ai loro teleascoltatori e ai loro lettori, tutto un altro film. Un ‘film’ che suona di più assai simile a quello che gridano le opposizioni di centrodestra (“Conte salga al Quirinale e si dimetta. Ci appelliamo a Mattarella”) che a quello di una ‘maggioranza’ “raccogliticcia”, come la chiama Renzi, e ‘rappattumata’ che sbanda, pencola, soffre.

“E ora, che succede?”. Il torcibudella di dem e 5Stelle al Senato…

E ora che succede

“E ora, che succede?”. Il torcibudella di dem e 5Stelle…

“E ora, o meglio da domani (oggi per chi legge, ndr.) che succede?”. La domanda, alle undici della sera in un Senato della Repubblica se la pongono un po’ tutti gli esponenti della maggioranza di governo: democrat, pentastellati, etc. Solo gli ultimi, veri, pretoriani di Conte, quelli di LeU (“e quando gli ricapita a quelli di andare al governo?!” sbotta un senatore del Pd che non li ama), dicono, come un disco rotto o incantato, “tutto va bene, madama la Marchesa….”. A palazzo Madama è quasi notte e la giornata è stata lunga, lunghissima: ha messo a dura prova senatori e senatrici, commessi e commessi, dipendenti della Buvette (misteri dei palazzi della Politica: la buvette della Camera è chiusa, sbarrata, dall’inizio della pandemia, al Senato è aperta), che sfornava caffè, arancini, spremute e spritz a getto continuo, ma anche i giovani, nutriti staff dei gruppi parlamentari.

Un po’ di ‘colore’: mise degli staff e Palazzo illuminato a festa…

colore a palazzo

Un po’ di colore. Mise degli staff e Palazzo illuminato

E qui la nota di colore è d’obbligo perché almeno fa sorridere: i 5Stelle sono ‘seguiti’ come ombre da gentili donzelle che sembrano tante ‘cavallerizze’ berlusconiane, vestite all’ultimo grido con abitini stretti da urlo e scarpe costose, per dire le ironie della Storia patria. Gli azzurri hanno staff logori, quasi tutti al maschile e un po’ troppo vecchiotti, per dire dei relativi tramonti della Storia del berlusconismo. Iv ha un sacco di ragazzi e ragazze in gamba, fin troppo svegli e ‘smanettoni’ sui social, il Pd ancora viene ‘curato’ da vecchie volpi dell’ex Pci-Pds-Ds. Dentro, alle undici della sera, non è rimasto più nessuno. Ma fuori anche è il deserto. Fa freddo, la notte è calata, palazzo Madama è circondata da decine di mezzi e autoblindo della Polizia e Carabinieri che forse temevano sommosse o proteste popolari che non si sono palesate. Il Palazzo illuminato a festa, con tanto di tricolore sulla facciata, fa solo tristezza perché, oltre loro, non c’è anima viva e, in tempi di Covid, la bandiera mette solo angoscia.

I ‘volenterosi’ salvano Conte. Iv: “da oggi in poi avremo mani libere”. La cronaca di una giornata che sembrava non finisse mai

conte senato

“Lavoriamo a renderla più forte” sottolinea il premier Giuseppe Conte, ma la sua partita è in salita

Hanno fatto ‘outing’ in extremis e a urne appena chiuse al Senato, hanno chiesto di votare trasformando la precedente assenza in un sì aperto al governo Conte. La ‘zampata’ è di Lello Ciampolillo, ex del M5S, e di Riccardo Nencini di Italia viva. Riammessi al voto da un’imprevista “Var”, entrata in azione dopo le 22 grazie ai senatori questori, i due vengono allo scoperto. E sembrano solo i primi della pattuglia di ‘responsabili’, finora dormienti e che da domani potrebbero aggiungersi alla maggioranza. “Lavoriamo a renderla più forte” sottolinea il premier Giuseppe Conte, ma la sua partita è in salita. Oggi un vertice di maggioranza dovrebbe tenersi per fare il punto, ma non sarà indolore. E non si esclude che, sempre nello stesso giorno, Conte vada al Colle. Lì il premier potrebbe comunicare la volontà di rafforzare la maggioranza, ma avrà una manciata di giorni. Il tempo di superare il voto sullo scostamento di bilancio e quello sul dl ristori, sul quale – al momento – il governo può contare anche sul consenso di Iv come pure di centrodestra.

La mossa di Ciampolillo e Nencini contribuisce di certo ad alzare il margine della fiducia, che a Palazzo Madama arriva a quota 156, cioè 5 voti in meno rispetto alla maggioranza assoluta dei 161. Numericamente, però, Iv resta determinante. La somma di astenuti (16) e opposizioni (142) fa allo stesso modo 156 e ‘pareggia’ la maggioranza. Se Iv si mette a votare contro il governo saranno dolori.

E Matteo Renzi, dal salotto di Vespa, promette battaglia: “Dovevano asfaltarci, ma non hanno in numeri. Mi sembra evidente che siamo all’opposizione”, attacca l’ex premier, dicendosi pronto a un governo di unità nazionale ma assicurando che non sarà mai alleato del solo centrodestra.

La nuova partita a scacchi tra Conte e Renzi è, di fatto, già cominciata. E il premier è a un bivio: per evitare l’ultima ratio dell’appello a ‘tutta’ FI, può solo mirare a svuotare Iv guardando, al tempo stesso, all’Udc e altri ‘Volenterosi’. Operazione difficile, ma non impossibile. “Se non si ricuce, io non vado all’opposizione” è l’avvertimento del senatore renziano Eugenio Comincini. Ma a tarda sera c’è un dato incontrovertibile che viene fuori dai tabulati: i ‘costruttori’ si rivelano meno numerosi e incisivi delle speranze di Conte.

Ciampolillo e Nencini lo fanno all’ultimo, pur essendo stati assenti a entrambe le ‘chiame’ , prima e seconda, in aula. Si difendono dicendo di non aver fatto in tempo a votare, la presidente Casellati ricostruisce poi che l’ex 5S è spuntato alle 22.14 e la dichiarazione di fine voto è solo di un minuto dopo. Inevitabili le proteste e la bagarre in Aula. Altre sorprese arrivano da due forzisti: la fedelissima azzurra, nonché ex ‘badante’ del Cavaliere, Maria Rosaria Rossi, e Andrea Causin, che invece viene da Scelta civica e Pd. Nei loro confronti scatta subito la scure di FI: “Sono fuori dal partito: votare con il governo in questo caso non è una questione di coscienza”, sentenzia il vicepresidente Antonio Tajani. Nel partito di Renzi, a parte lo strappo di Nencini e l’assenza per Covid di Marino, l’astensione per ora regge: 16 senatori, 15 al netto di Nencini, sui 18 effettivi del gruppo votano come Renzi vuole, cioè si astengono, e tutti alla seconda ‘chiama’ perché i renziani vogliono vedere i tabulati della prima ‘chiama’ per decidere il da farsi. Nencini, che alla fine fa un ‘giro di valzer’ completo, e passa in un nano secondo dall’astensione al sì entusiasta al governo Conte, assicura però Renzi via agenzie di stampa: “Non toglierò a Renzi il simbolo del Psi per fare gruppo”.

Il governo racimola inoltre consensi tra le frange del Misto, gruppo che a Palazzo Madama conta complessivamente 29 senatori di varie componenti. In particolare, pro fiducia si schierano i 7 del gruppo Autonomie (con Pierferdinando Casini in testa), i 5 del Movimento italiani all’estero, fuoriusciti come Gregorio De Falco (ex M5s) e Sandra Lonardo (ex FI) o “rientranti’ come Tommaso Cerno che da stasera ritorna al Pd, ‘ovile’ da cui era uscito un anno fa. A loro si aggiungono i senatori a vita Mario Monti, Liliana Segre ed Elena Cattaneo. E, spiegano fonti di governo, vanno considerate come ‘future’ presenze le improvvide assenze del pentastellato Francesco Castiello (malato) e del senatore a vita Carlo Rubbia che ha perso l’aereo dagli Usa.

Il Pd, che per ora si limita a parlare attraverso “fonti” del partito, parla di “sciagurato salto nel buio” dopo la mossa di Renzi e ribadisce la necessità “il rilancio dell’azione del governo”. Per i dem Renzi, ormai è out, ma non per tutti. Diverso il discorso per i parlamentari renziani: per loro le porte sono sempre aperte e “molti potrebbero tornare”. Ma Renzi ribatte: “anche se ne perdo qualcuno, non importa. Il gruppo dei miei fedelissimi gli facciamo vedere i sorci verdi a Conte. Sono io l’ago della bilancia, in Parlamento”.

Il M5S, con Alfonso Bonafede, sottolinea che, dopo i due voti di fiducia, “una maggioranza alternativa” non esiste. Ma la maggioranza che va allargata. “Chi intende la politica in modo serio, è chiamato dalla storia a dare il suo contributo”, è l’appello ai ‘costruttori’ di Luigi Di Maio. L’ex pupillo di Grillo e Casaleggio e della loro retorica ‘anti-casta’ e contro i ‘voltagabbana’ e i ‘trasformisti’ che si appella e accoglie gli ex azzurri ed ex tutto è uno spettacolo che andrà continuato a vedere sedendo sempre in prima fila.

 

I ‘conti della serva’: i numeri ‘veri’ dei ‘Volenterosi’ contiani

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I conti della serva

Salpa all’insegna del cabotaggio sotto costa l’operazione “volenteroso”, cioè il reclutamento di parlamentari per dare una maggioranza solida al governo Conte. Nel voto di fiducia al Senato l’esecutivo si ferma lontano dalla maggioranza assoluta di 161, necessaria per alcune votazioni come lo scostamento di bilancio o le riforme.

La maggioranza, priva di Iv, partiva da 148 seggi, scesi oggi a 147 per l’assenza causa Covid di Castiello (M5s). In questo numero venivano computati una serie di senatori ex M5s o ex FiIche già da tempo sostenevano Conte (Buccarella, Cario, De Bonis, Di Marzio, Fantetti, Fattori, Lonardo, Merlo). Ad essi si sono aggiunti tre senatori a vita (Monti, Cattaneo e Segre), Cerno, che è tornato nel Pd, e due altri ex M5s (De Falco e Ciampolillo). Solo questi possono essere aggiunti ai “volenterosi” per far nascere un nuovo gruppo parlamentare, necessario per riequilibrare i rapporti di forza nelle Commissioni. In esse se Iv dovesse votare col centrodestra bloccherebbe i provvedimenti, dal Recovery Fund alla legge elettorale. Ma per far nascere un nuovo gruppo occorrono 10 deputati e il Maie, che ora è solo una componente del gruppo Misto, ad oggi è a quota 5: (Cario, De Bonis, Merlo, Fantetti e Buccarella che ha aderito oggi): con De Falco, Ciampolillo ed eventualmente Lonardo si arriverebbe a 8.Poi, nel governo ,si punta al prestito di due senatori da parte di Pd o M5s per far raggiungere quota 10 e far nascere lo strategico gruppo. Questo risolverebbe il problema del Gruppo ma non allargherebbe la maggioranza e la nave della potenziale “lista Conte” rimarrebbe sotto costa. Di qui il pressing sui tre dell’Udc (De Poli, Saccone, Binetti) e su alcuni parlamentari di FI. Alcuni degli “azzurri” indiziati hanno smentito (es. Barbara Masini), altri no (Anna Minuto), così come l’ex Fi ora Iv Vincenzo Carbone. Le voci sulla loro disponibilità è difficilmente verificabile, anche perché a Palazzo Madama si palesano decine di sensali a fare proposte che non si è certi se siano autorizzati da Palazzo Chigi o se promuovano iniziative personali. L’allargamento viene perseguito anche dal Pd con l’invito ai senatori di Iv di “tornare a casa”, cioè con gli stessi dem. Rimane la preoccupazione, specie in casa dem, della forza politica di una coalizione così rabberciata e frastagliata, visto che il gruppo del Maie (e la potenziale lista Conte) è ora solo una sigla priva di capacità propositiva come lo era Iv. E non mancano i malumori invece dentro il M5s: ai loro ex colleghi ora nel Misto che entreranno nel Maie viene promesso che non avranno il vincolo dei due mandati, cosa che potrebbe tentare altri parlamentari del Movimento di andarsene nel nascente nuovo gruppo dei Volenterosi.

 

Fiducia stretta, striminzita, asfittica: solo 156 sì, altri 156 ‘contro’

fiducia

“Vuoi la prova di forza? Io dei miei mi fido. E tu dei tuoi?”

Il governo Conte II si ‘salva’ al Senato e incassa una fiducia ‘stretta’ con 156 sì. Non raggiunge la maggioranza assoluta di 161 per 5 voti. Una strada tanto stretta che lo stesso Conte, su Twitter, annota che “il governo ottiene la fiducia anche al Senato. Ora l’obiettivo è rendere ancora piu’ solida questa maggioranza. L’Italia non ha un minuto da perdere”. Un applauso ‘liberatorio’ dei giallorossi accoglie il risultato a tarda serata, dopo 13 ore di dibattito e dichiarazioni. Un tour de force dall’esito incerto fino all’ultimo, con tanto di caos e suspance negli ultimi minuti, a causa della riammissione al voto dell’ex M5s Lello Ciampolillo e del Psi Riccardo Nencini, che alla seconda chiama e dunque solo al fotofinish votano si’ alla fiducia, portando i voti a favore a quota 156. Non mancano, infine, le sorprese: due senatori di Forza Italia, Andrea Causin e Maria Rosaria Rossi (storica fedelissima di Silvio Berlusconi ai tempi dell’ultimo governo guidato dal Cavaliere e bollata come la sua ‘badante’), subito dopo ‘cacciati’ dal partito, spiega categorico Antonio Tajani, votano a favore del Conte II.

Conte non convince, invece, gli altri ex M5s Michele Giarrusso, Tiziana Drago, Carlo Martelli, Marinella Pacifico e Gianluigi Paragone, il quale ai giornalisti annuncia di essere vicino alla creazione di un sottogruppo, il suo, ‘Italexit’, vicino all’area sovranista della Lega e FdI.

I voti contrari sono 142. Italia viva regge: su 17 senatori presenti (Mauro Marino assente per Covid), in 16 seguono la linea indicata da Matteo Renzi e si astengono. Vota si‘, invece, Riccardo Nencini, che spiega di essere stato “convinto” dalle parole del premier, ma assicura che non toglierà il simbolo al gruppo renziano, bontà sua…

Scorrendo i tabulati, ed escluso il voto a favore dei due azzurri, non arrivano altre sorprese rispetto ai sì già previsti e annunciati. Tra le assenze, oltre ai due senatori (uno di Iv e uno di M5s) assenti per Covid, figurano i senatori a vita Renzo Piano e Carlo Rubbia e Giorgio Napolitano (in congedo), Umberto Bossi e due senatori di Forza Italia-Udc, Salvatore Sciascia e Sandro Biasotti. Esulta la maggioranza, fino all’ultimo col fiato sospeso: fino a metà pomeriggio i numeri oscillavano paurosamente, i voti certi sembravano essersi fermati a quota 152-153. “Scongiurato il salto nel buio per l’Italia. C’è un governo che ha la fiducia nei due rami del Parlamento”, spiegano dal Pd. “I numeri dimostrano che non c’è maggioranza alternativa”, commenta il capo delegazione M5s Alfonso Bonafede. Eppure, il cammino non sarà in discesa: i numeri incassati l’altro ieri alla Camera e soprattutto ieri al Senato non fanno presagire una navigazione tranquilla, tanto più in Parlamento, dove gli equilibri, senza i numeri, di Iv, sono cambiati e non giocano a favore della maggioranza, che potrebbe finire in minoranza in molte commissioni.

Se, infatti, si sommano i numeri di Iv con quelli del centrodestra, si superano i voti dell’attuale maggioranza. Dal canto suo, vede il bicchiere mezzo pieno Matteo Renzi, protagonista in Aula di un duello a suon di accuse e repliche con il premier Conte: “Oggi dovevano asfaltarci ma non hanno la maggioranza”. Il leader di Iv conferma la linea: “Da oggi saremo opposizione, il presidente del Consiglio ha scelto di costituire un’altra maggioranza, non ci vuole con se”. Durissimo il centrodestra: “Dobbiamo chiedere un colloquio con Mattarella. Non credo che il presidente chiuderà un occhio”, ‘pressa’ Giorgia Meloni. E Matteo Salvini attacca: “Uno scempio, una schifezza”.

 

Nb: il primo di questi articoli è uscito il 20 gennaio 2021 sul Quotidiano nazionale, quelli successivi sono stati scritti per il blog.