“Tre volte Conte” dice la logica, ma con Renzi meglio aspettare ancora altre 24 ore…

“Tre volte Conte” dice la logica, ma con Renzi meglio aspettare ancora altre 24 ore…

1 Febbraio 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

La logica dice ‘tre volte Conte’, ma con Renzi mai dire mai. L’esploratore Fico ha incassato i sì dei piccoli come di quelli grandi. Ma Renzi insiste: ‘prima il programma, dopo i nomi’ e punta i piedi sui ‘temi’: economia, giustizia, vaccini, Mes, grandi opere, etc… Fonti di Iv: “E’ ancora tutto aperto. Governo politico al 50%, uno istituzionale 50%”. Morale, Fico potrebbe anche avere ‘esplorato’ per nulla…

esplorare

Fico potrebbe aver pure esplorato per nulla!

I piccoli come i grandi gruppi parlamentari si dicono ‘tutti pazzi per Conte’. Tranne Iv, ovviamente, che si tiene aperta una porticina per l’altra strada, quella ‘meno battuta’, il governo tecnico. Intanto, però, già impazza il totoministri del Conte ter. L’accordo tra la vecchia/nuova maggioranza è alla stretta finale.

Nb: questo articolo è stato pubblicato su Qn il 1 febbraio 2021

governo draghi fico conte

Fico Draghi e Conte

Maggioranza ‘politica’ quadripartita (M5s-Pd-LeU-Iv) da ricostruire, e va bene. Magari anche da allargare a Tabacci, Nencini e tutti gli altri Responsabili che, variopinti e assortiti, ieri si sono presentati a Palazzo Montecitorio per conferire con l’esploratore Fico (c’era anche la ex ‘badante’ del Cavaliere, la senatrice Mariarosaria – si scrive così, tutto attaccato – Rossi, tutta di azzurro vestita, e un po’ impettita causa elegante sciarpa al collo a nascondere le prorompenti ‘grazie’ che il Signore le ha dotato, sin dalla nascita: uno spettacolo imperdibile pensare che proprio lei sarà una ‘colonna’ dei nuovi Responsabili europeisti social-demcratici-liberal-repubblican-antisovranisti etc. etc. etc.). Ma maggioranza guidata da chi? Da Giuseppe Conte che freme, asserragliato a palazzo Chigi, smentendo i retroscena che lo riguardano e che indicano quanto soffra e si contorca, in silenzio?
O da Mario Draghi, con un governo tecnico-istituzionale che sarebbe stato ‘caldeggiato’ dal Colle, il quale smentisce in modo assai netto e, lo fa, curiosamente, non solo a suo nome, ma anche a nome di… Draghi (che però è un po’ come ammettere che, ormai, Draghi sta già nell’orbita del Colle…). O da altri, tipo Franceschini (silente da settimane) o Guerini per parte dem, Di Maio o lo stesso Fico, ove mai i pentastellati accettassero che a guidare il loro governo non fosse più Giuseppe Conte?
Certo, si potrebbe e si fa bene a pensare che resta il Conte ter, ad oggi, la via più battuta. Non solo i due partiti più ‘grandi’ (M5s e Pd) e quello ‘medio’ (LeU), ma anche tutti i gruppi ‘piccoli’ (Misto Camera, Misto Senato, Autonomie Senato, Maie-Centro democratico-Europeisti, che ora si sono ‘congiunti’ carnalmente con il Psi di Nencini, particolare su cui dopo torneremo: ha un suo perché), hanno detto, sia ieri chee l’altro ieri, al presidente ‘esploratore’ Fico, quello che avevano già detto, al Colle, a Mattarella: “per noi c’è Conte e solo Conte, o Conte o elezioni, bisogna fare il Conte ter”, etc.
Ma alcuni di loro hanno aggiunto una specifica non di poco conto: “Se fallisce il governo politico, c’è solo un governo tecnico che ci porta al voto anticipato” assicurava ieri il ‘Volenteroso’ Bruno Tabacci. Parole che sono state ripetute in lungo e in largo, in questi giorni, da Goffredo Bettini.
Ora, al di là della domanda che ci si inizia a porre, nel Pd (“Ma a nome di chi parla Bettini, che non ha più incarichi in nessun organismo di partito?!” è sbottato il – di solito mite – deputato dem Alfredo Bazoli, cattolico democratico bresciano che viene dalla Dc ed e’ pure imparentato con il “banchiere di Dio” Bazoli), sembra che questa ‘insistenza’ del Nazareno sul voto anticipato come unica ‘alternativa’ al Conte ter abbia molto irritato il Colle.

Renzi Matteo

Il leader di Iv Matteo Renzi

Chi, invece, non scommetterebbe un euro sulla possibilità che si voti né tra tre mesi né tra un anno è, però, non solo la gran parte dei gruppi parlamentari Democrat (le aree Guerini e Franceschini) e l’intera Forza Italia, dove si lavora per il risultato opposto, ma anche, ovviamente, Matteo Renzi.
Ma cosa farà e dirà Renzi, oggi, nelle ultime 24 ore di tempo disponibili (martedì Fico torna al Colle)? Accetterà, alla fine, o meno, di chiudere sulla nomina di Giuseppe Conte a premier? Per ora, Renzi resta abbottonatissimo, ma ieri prima ribadito con i suoi che “non ho avuto alcun contatto con Conte, dopo la sua telefonata di giovedì scorso” e poi fa trapelare, chiacchierando con dei deputati: “A oggi (ieri, ndr.) vedo solo due possibilità: o un Conte ter con radicali cambiamenti, di programma e di persone, o un governo Draghi con la chanche di allargare la maggioranza a Forza Italia, se ci sta, e forse con l’astensione della Lega. Preso atto e notato, come ha fatto ieri il deputato di Iv, Michele Anzaldi, storico Watch dog del renzismo storico e ortodosso in materia radiotelevisiva, che Marco Travaglio, ospite della trasmissione ‘In Mezz’Ora’ di Lucia Annunziata la domenica, su Rai 3,si permette di paragonare Renzi a Bin Laden senza alcuna forma di contraddittorio” (ne trovate conto qui: https://www.giornalettismo.com/renzi-come-bin-laden-travaglio/), i renziani osservano che la campagna di ‘disinformatjia’ del Fatto quotidiano contro Iv ormai è tracimata dentro le stanze del Nazareno dove si dice, a chiare lettere, che “le posizioni del Fatto e Travaglio ci rappresentano“. Quindi – rimuginano i renziani – anche quando Travaglio istiga i parlamentari di Iv che vengono dal Pd (quasi tutti…) ad andarsene da Iv e svuotarne i gruppi o quando chiede a ‘ex democristiani ed ex socialisti’ di ‘prendere il coraggio a due mani, mollare FI o altri gruppi e infoltire i nuovi Responsabili‘ sempre allo scopo di ‘rendere ininfluente Demolition Man (alias Matteo Renzi, ndr.)’ o quando invoca – a sua volta – ‘ o il proseguimento di Conte o le elezioni anticipate, senza altre subordinate’.
Al netto di Travaglio, Renzi torna a battere e ribattere, dentro il suo partito come all’esterno, sui famosi ‘temi’, detti anche ‘punti programmatici’. Che il punto siano i ‘temi’ non ci crede, ovviamente, quasi nessuno, tranne i renziani (la presidente della commissione Trasporti, Raffaella Paita, per dire, ne è ossessionata: parla di temi ormai da mesi, specie quelli che riguardano le infrastrutture a lei care). Per il leader di Iv, anche se solo a spanne, a grandi linee, i temi da scrivere in quello che vuole sia “un vero e proprio contratto di governo” sono quattro: “giustizia, economia, Mes, Recovery Plan”.
Due su quattro di questi temi, però, presentano una piccola controindicazione: sono di fatto indigeribili, per i Cinque Stelle (giustizia e Mes), ma andando nello specifico è pure peggio.

Meccanismo Europeo di Stabilita

MES Meccanismo Europeo di Stabilità

I 5Stelle e il Pd – dice un big di Iv che, per standing e per status, segue con attenzione la partita – vogliono un programma di legislatura? Ma va benissimo! Ecco i nostri punti: Tav. Ponte sullo Stretto. Gronda. Terzo valico. Si fanno? Ottimo, ci stiamo. Poi c’è il piano vaccini, un disastro. La scuola, che va rivoltata come un calzino. Il Recovery Plan, da riscrivere. Il reddito di cittadinanza, puro assistenzialismo, e la prescrizione, due riforme da abrogare. Poi c’è il turismo e pure il Terzo settore… Se ci stanno tutti, è fatta – conclude il big renziano – chiudiamo l’accordo anche oggi!”.
Condizioni, di fatto, indigeribili, specie per i 5Stelle. Non che Enrico Borghi, una delle teste d’uovo di Base riformista (corrente dem di Guerini-Lotti) la metta giù tanto diversamente: “Giustizia, Pa, basta assistenzialismo di Stato, riscrivere il Recovery Plan. Queste sono le priorità del Pd riformista”.
La partita sui ‘temi’ andrà in onda, dunque, nella giornata oggi e oggi si concluderà (con un ‘contratto di governo’, come chiede Renzi) perché domani Fico salirà al Colle e qualcosa a Mattarella dovrà pur dire. Se il suo tentativo fallirà, resterà solo quello di un governo istituzionale, di tecnici e politici insieme, appoggiato da ‘tutti’ (o quasi) i partiti, sempre che ci stiano, oppure si aprirà la strada per delle elezioni anticipate che, oggi, in Parlamento, non vuole nessuno, tranne FdI.

“Troveremo la quadra anche sui programmi…”. Pd, M5s, Leu e Iv alla stretta finale sui ‘contenuti’ ma dietro ogni dossier c’è nome e cognome di chi confermare e di chi, invece, mandare a casa….

Conte TER

NB. Questo articolo è stato pubblicato sulle pagine del Quotidiano Nazionale il 31 gennaio 2021

La situazione per la nascita di un possibile Conte ter è, alla tarda sera di ieri, da stallo ‘alla messicana’, si diceva nei film western. Il guaio è che, prima o poi, qualcuno spara. Pd e M5s, oltre che LeU, gli ultimi veri pretoriani di Conte, continuano a insistere e a sbandierare il nome del premier e fanno intendere che “Renzi ha ceduto, accetta il Conte ter in cambio di due o tre ministeri per i suoi. Manco più la testa del povero Rocco (Casalino, portavoce del premier, ndr.) chiede, ormai…”.
In effetti, a ieri sera, si parlava già di lista dei ministri. Boschi alle Infrastrutture, o addirittura all’Economia. Guerini al Viminale. Rosato alla Difesa. Un dem per la giustizia come per il Mef, dove però il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, preme a manetta per riconfermare Gualtieri, cioè uno dei nomi più invisi a Renzi (Gualtieri, peraltro, nessuno se n’è accorto, ma fa parte della nuova ‘corrente’ di ‘pensiero’ interna al Pd lanciata mesi fa da Goffredo Bettini, come pure Manfredi, il cui posto – o quello dell’Azzolina come ministro all’istruzione – dovrebbe finire al socialista Nencini).
Via i due ministri tecnici del governo Conte (Manfredi e Lamorgese) e via anche il commissario straordinario alle siringhe e alla pandemia Arcuri, un altro nome che Renzi non vuole vedere dipinto. In più, un ministero ad hoc per il Recovery Plan e la giustizia -sottratta ai 5Stelle che non la ‘governerebbero’ più. Nel Pd tutti sono convinti che “si Renzi si accontenterà di due o tre posti da ministro”, Ma è davvero così e stanno davvero così le cose? Un dato di fatto è ineludibile e i presunti ‘compagni di viaggio’ del Pd sul punto sono tranchant. Renzi, che ha il due per cento dei voti, pretende da noi, che abbiamo il 20% e dal M5s, che ha il 33%, di stilare, in un solo giorno, e alle sue condizioni, cioè di uno che in Italia non esiste e che tutti odiano, un contratto di governo, sulla falsariga di quello dei gialloverdi che, ai tempi, per redigerlo firmarlo ci misero circa tre mesi?!”. Lo sfogo del dirigente dem che segue da vicino le trattative per far resuscitare la maggioranza politica del governo Conte III è tagliente, ma forse non troppo lontano dalla realtà di queste ore convulse.

8 presunti facilitatori

otto presunti ‘facilitatori’

In effetti, il compito che gli otto presunti ‘facilitatori’ dei quattro partiti del vecchio quadripartito (Delrio e Marcucci per il Pd, Crippa e Licheri M5s, Fornaro e Depetris LeU, Boschi e Faraone per Iv: sono dei granitici capigruppo, bravi nel loro mestiere, ma non si può dire che siano esperti di ‘temi’…) si sono prefissati è improbo. In meno di mezza giornata tocca loro stabilire una ‘linea’, tra partiti così strutturalmente diversi, sull’intero scibile umano, e una linea che duri i prossimi tre anni.
Inoltre, da Iv candidamente ammettono: “Non parleremo e non faremo nomi, ma i nodi da sciogliere sono tanti: Mes, Recovery Plan, economia, giustizia…. Un elenco della spesa sterminato, dei ‘brevi cenni sull’Universo’ più che un programma di governo. Chi vi si avventurasse, come gli 8 capigruppo faranno oggi da Fico, si troverà di fronte un compito improbo, titanico, se non irrisolvibile, ma tant’è.

Il capo dello Stato

Palazzo del Quirinale – Presidente Sergio Mattarella

Il guaio, infatti, è che il nuovo ‘contratto di governo’ giallorosso, con una spruzzata di arancione (Iv) e azzurro (I responsabili), va chiuso entro oggi, e non oltre. Infatti, martedì – pur se nel pomeriggio perché al mattino il capo dello Stato è impegnato dall’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti – il presidente ‘esploratore’ Fico dovrà salire al Colle e riferire lo stato delle sue ‘esplorazioni’. Se il contratto di governo, in ‘un anno lungo un giorno’, sarà stato scritto, bene.
Se, invece, si tradurrà in un nulla di fatto, il presidente Fico comunicherà, a malincuore, il fallimento dell’esplorazione e rimetterà il suo mandato nelle mani di Mattarella. Il quale, si presume, chiamerà il secondo e ultimo ‘giro di pista’: nuove consultazioni – assai rapire, due o tre giorni al massimo – e una sola domanda: una maggioranza politica di governo non c’è più, si è squagliata e per sempre; volete voi, gruppi e partiti, dare vita, in pochi giorni, a un governo istituzionale ‘di tutti’ (o quasi tutti) guidato da una personalità indiscussa e con ministri politici e tecnici che indicherete voi partiti, oppure non volete farlo? In caso negativo, scioglierò le Camere e darò vita a un governo di garanzia, di tecnici davvero suoi (al Colle lo chiamano “il governo dei prefetti”: potrebbe essere l’attuale ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese a guidarlo) – che accompagni il Paese alle urne anticipate e metta nel frattempo in sicurezza il piano vaccini, eventuali nuovi lockdown e il Recovery Plan. Al fine di evitare l’ennesima onta politica e istituzionale ai danni dell’Italia, Mattarella farà così.


“Cinquanta e cinquanta”. Queste le chanches che Renzi dà a un governo Conte ter “politico” e/o a un governo “tecnico” o “istituzionale”. E, in quest’ultimo caso, evoca il nome di Draghi

Nb: questo articolo è stato pubblicato sulle pagine del Quotidiano nazionale il 30 gennaio 2021

roberto fico

Roberto Fico, l’esploratore

All’apparenza, la giornata di ieri si è chiusa con un ‘uno a zero’ per Conte, anche se si giocava solo il primo tempo di una partita di calcio. Le consultazioni del presidente ‘esploratore’ Roberto Fico – che ieri pomeriggio ha incontrato, in rapida successione e in quella che di solito è la sala in cui si tengono le conferenze dei capigruppo, le delegazioni dei quattro partiti ‘cardine’ della maggioranza del Conte II uscente (M5s, Pd, Iv, LeU) – segnano, a parole, un punto per il premier dimissionario.
L’esploratore Fico fa sapere di essere “a metà dell’opera” e di volersi prendere “un giorno in più” (tutta la giornata di lunedì cioè) per un “approfondimento dei punti sollevati dalle delegazioni dei partiti sul piano programmatico”, ma afferma anche di sentirsi “ottimista” sulla ricomposizione della ex maggioranza di governo che, in qualità di novella Araba Fenice, rinascerebbe dalle proprie ceneri.

araba fenice

ex maggioranza di governo che, come Araba Fenice, rinascerebbe dalle ceneri

La delegazione a 5Stelle, guidata dal ‘reggente’ Vito Crimi, accompagnato dai capigruppo Licheri e Perrilli (assai improbabili e assai deboli, tutti e tre, come proiezione politica del Movimento, ma tan’è: “la messa si canta con i frati del convento che ci sono“, direbbe il saggio Bruno Tabacci...), come pure quella del Pd, guidata dal segretario Zingaretti e composta dal vicesegretario Orlando, la presidente del Pd Cruppi e i due capigruppo Delrio e Marcucci, come pure quella di LeU, composta dal poliziotto buono (Fornaro, capogruppo alla Camera) e dal poliziotto cattivo (De Petris al Senato), parlano e invocano, come un sol uomo, di un “patto fino a fine legislatura” da scrivere tutti insieme e poi snocciolano una lunga teoria di punti programmatici che si assomigliano molto tra di loro, anzi: si confondono proprio, i punti dei tre partiti come pure le loro dichiarazioni all’uscita degli incontri con Fico, come se i tre partiti, più che ‘alleati’ semplici, fossero ormai già ‘una cosa sola’… Ma, in cauda venenum: la ‘ciliegina’ sono le nuove riforme istituzionali con le quali la Trimurti Pd-M5s-LeU vorrebbe imporre il Germanicum (cioè un sistema proporzionale alla tedesca, con i voti di FI) a Renziper ucciderlo nella culla” (il Germanicum ha lo sbarramento al 5%, non l’agevole 3% del Rosatellum)

conte

Giuseppe Conte

La sostanza delle loro dichiarazioni resta che una nuova maggioranza politica di governo “non può prescindere” dal nome di Giuseppe Conte come presidente del Consiglio. Poi, però, parla Renzi, a nome della delegazione di Iv (Bellanova, Boschi, Faraone) e la situazione torna assai caotica.
ripete che “i nomi vengono dopo i contenuti”, fa l’elenco della spesa, stavolta in formato smart, delle richieste ‘programmatiche’ di Iv (tante, troppe, un numero davvero sterminato di chi l’accordo non lo vuol chiudere) ma – ecco l’elemento in più – chiede “un contratto scritto che tolga gli alibi a tutti”.

matteo renzi Il leader di Iv alza la posta su tutto

Il leader di Iv alza la posta su tutto: Mes, servizi, vaccini

Insomma, Matteo Renzi continua a ‘non’ fidarsi di Zingaretti e Crimi (ma la mancanza di fiducia, in questo caso, è reciproca…), i quali ieri continuavano ad attaccarlo sulla sua mancanza di “lealtà”. “La lealtà è dire dentro il chiuso delle segrete stanze quello che si dice fuori” ribatte Renzi a brutto muso. Sottinteso: “volevate fare fuori Conte anche voi, cari Di Maio e Zingaretti, e solo alla fine mi avete lasciato solo…”. E qui pare proprio che ce l’abbia con Zingaretti e Orlando (e anche Bettini) che ancora fino all’altro ieri avrebbero chiesto al Colle di conferire subito l’incarico pieno a Conte, pur avendo ricevuto dal Colle una risposta molto secca e seccata (per la serie: “ma come vi permettete anche solo a pensare cosa deve o non deve fare il presidente della Repubblica?”).
A far capire che la situazione non è rosea come appare fuori, anche una nota di colore. Ieri, quando sono tutti e tre (Zingaretti, Crimi e Renzi) sono usciti dalle stanze di Fico, erano scuri in volto e molto tesi. Soprattutto Vito Crimi: “tremava come una foglia” – raccontano dei colleghi che lo hanno visto in sede di dichiarazioni successive – “le urla mentre era in stanza con Fico si sentivano fuori”.
Anche il clan Zingaretti è nervosissimo: “Quello (Renzi, ndr.) ci vuol solo prendere in giro, meglio andare al voto!”. Entrambi, poi, i ‘crimiani’ e gli ‘zingarettiani’ sono rimasti a dir poco sconcertati – e lo hanno fatto uscire sui giornali – dal fatto che Fico ha chiesto loro ‘vi piace questo nome? Che ne dite di quest’altro come ministro? Quanti ne volete? E di sottosegretari?’. Un atteggiamento poco istituzionale e, soprattutto, spiazzante per chi, come Pd e M5s la ‘partita’ sui ‘posti’ di governo neppure l’ha mai veramente aperta perché deve ancora aprire (e chiudere) quella sul premier.

vito crimi

Vito Crimi

Il problema è che, tra i soci della ex maggioranza di governo, nessuno si fida di nessuno. Renzi ‘non’ si fida di Conte, di cui vede le manovre sia in Parlamento, con i Responsabili che sono nati per ‘controbilanciare’ Iv, che sul territorio, dove si organizza il suo partito personale. Ecco perché il leader di Iv, come in un gioco di specchi in cui non vuole apparire più solo lui come ‘sfascia-carrozze’, ora la mette tutta sul piano dei programmi e dei contenuti. Renzi, in pratica, ha chiesto, al presidente ‘esploratore’ Fico, di farsi interprete, nelle richieste agli altri partiti della ex maggioranza di governo, di “un ‘contratto’ di governo, proprio come fecero già con Conte i partiti gialloverdi”.
Così la mette giù – dopo le dichiarazioni alla stampa tenute ieri sera a Montecitorio, a seguito dell’incontro con Fico, il presidente ‘esploratore’ per conto del presidente Mattarella – parlando con i suoi e prima di immergersi in una lunga assemblea dei gruppi parlamentari di Iv che va avanti ore.
Noi – spiega durante l’assemblea – non mettiamo veti sulle persone, neanche su Conte, che pure ha messo il ‘veto’ su tutti noi, lanciandosi nella sua assai infruttuosa caccia dei Responsabili, ma non accettiamo veti sulle questioni, sui temi che poniamo. Il Mes è divisivo? Ci spieghino perché, ma parliamo di tutto il resto: il piano vaccini non funziona (leggi: via Arcuri, ndr.), la scuola va pezzi (leggi: via Azzolina, ndr.), il garantismo è il faro, non il giustizialismo (leggi: via Bonafede, ndr.), il Recovery Plan è stato scritto con i piedi, serve un dicastero ad hoc e comunque il Mef è stato complice di palazzo Chigi (leggi: via Gualtieri, ndr.)”, e via così. Il punto resta Conte, però, la ritrosia di Renzi di dare il ‘via libera’ al suo nome, ma anche liti pregresse e ‘reciproci sospetti’ non aiutano.
Conte, invece, pensa che Renzi stia per mettere il veto definitivo su di lui. Zingaretti pensa che Renzi voglia “far saltare tutto e poi fare il governissimo”. Crimi pensa che “voglia solo spaccare i 5Stelle”.

Montecitorio

Palazzo Montecitorio in Roma

Poi, però, si fa sera anche su palazzo Montecitorio e come il cielo tutto si fa sempre più buio. Fonti parlamentari di Italia Viva tirano il freno a mano: “Non ci scomponiamo – scrivono a notte con un Whats’app che ‘gela’ le aspirazioni di Conte e poco prima che inizi la riunione fiume dei gruppi di Iv – per Iv al 50% c’è un governo politico (Conte o Fico o Patuanelli), al 50% un governo istituzionale (Draghi o Cartabia)” è il pronostico. Un vaticinio che, come si vede, lascia tutte le strade aperte…


Il partito di Conte è ‘made in Puglia’. Garantiscono per lui i dem Boccia ed Emiliano. I tratti da ‘ascari giolittiani’ di un ceto politico screditato e ‘meridionale’ da sempre abituato al trasformismo

NB questo articolo è stato pubblicato il 31 gennaio 2021 sulle pagine del Quotidiano Nazionale

Michele Emiliano

Michele Emiliano

Dalla Puglia con amore” si potrebbe dire, pronti a prendersi, se non proprio tutta l’Italia, almeno il Sud Italia. Si racconta nei conciliaboli di Montecitorio, tra i gruppi che attendono di essere ricevuti da Fico durante i suoi colloqui, che – quando il premier ha ricevuto il senatore azzurro Luigi Vitali, avvocato ed ex sottosegretario con Berlusconi – a palazzo Chigi per convincerlo a entrare nei Responsabili che faticavano ad arrivare a quota dieci (garantito, alla fine, solo dal ‘prestito’ che il Pd ha fatto loro della inconsapevole slovena Tiziana Rojc) al poverino il premier avesse offerto, nello ‘sciagurato’ – si capisce- caso di corsa precipitosa verso le urne anticipate a fine maggio, un posto da capolista nella sua futura lista e proprio nella comune regione di origine, l’amata Puglia.
Poi, certo, come si sa, quella notte stessa, Vitali è precipitosamente – e maldestramente – rientrato nei ranghi azzurri grazie a una doppia telefonata, quella del Cavaliere e quella, assai più ‘ruvida’, sul piano personale, di Salvini, ma il progetto, sulle prime, gli era sembrato assai allettante.

francesco boccia

Francesco Boccia

Una cosa è certa: se mai il ‘partito di Conte’ nascerà partirà proprio dalla Puglia. Regione dove, guarda caso, è di casa il ministro agli Affari regionali, Francesco Boccia, dem oggi molto di sinistra, ma ieri ex lettiano, e lo stesso governatore della regione, l’ex sceriffo di Bari Michele Emiliano.
Sarebbero loro i ‘garanti’ di un’operazione che dovrebbe portare truppe fresche al partito di Conte: non certo sottraendoli al Pd, di cui entrambi fanno parte (Emiliano, a dire il vero, di avere la tessera del Pd in tasca si ricorda solo a corrente alternata, di solito solo sotto elezioni regionali…), ma a quel ‘demi-monde’ pugliese che, politicamente, come le liste civiche a sostegno di Emiliano alle ultime regionali hanno dimostrato oscilla pericolosamente tra pezzi di centro ex democristiano ed ex socialista e pezzi di destra estrema che non hanno mai rinnegato il loro passato di ‘neofascisti’.

Conte stato emergenza

GIUSEPPE CONTE

Ma la Puglia è, come si sa, anche la regione che ha dato i natali, allo stesso Conte – nativo di Volturara Appula, in provincia di Foggia, piccolo comune di 382 anime il cui nome deriva dalla parola latina voltur (che vuol dire avvoltoio…, sic) – e che, proprio dalla Puglia, vorrebbe partire alla ‘conquista’ dell’Italia, se non in pulman, come fece Romano Prodi nel lontano 1995 (paesino di partenza il comune di Tricase, sempre in Puglia, ma nel suo cuore salentino), di certo ‘in carrozza’.
E se la base ‘parlamentare’ del partito ‘contiano’ già c’è (sono i Responsabili), quello che, invece, non si sa, o che ancora non è emerso, è la base territoriale di un eventuale partito di Conte premier che punta tutte le sue carte sul Mezzogiorno d’Italia perché i 5Stelle, storicamente forti, al Sud, sono in caduta libera, il Pd è debole, in quelle regioni, per opporsi a Conte, il centrodestra, tutto sbilanciato su Lega e FdI, non è attraente, Forza Italia è il miglior guscio ancora pieno da ‘svuotare’.
Inoltre, la Puglia è anche un pezzo di quella terra abitata dalle antiche popolazioni italiche che, ai tempi delle guerre sannitiche, afferiva al Sannio e alla Daunia e alla Lucania e che oggi si ritrova a cavallo di Campania, Puglia e Molise.

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Mariarosaria Rossi, senatrice di Forza Italia

E, guarda caso, un’altra protagonista, molto attiva, ‘tosta’ e con un bel personale, in senso estetico, nel tentativo di reclutare pezzi di notabilato meridionale che garantiscano spazio e numeri al nascituro partito di Conte è la senatrice Mariarosaria Rossi, meglio nota alle cronache come la (ormai ex, e da tempo) ‘badante’ del Cavaliere. La ex azzurra folgorata sulla via del ‘contismo’, la Rossi viene da Pedemonte Matese, provincia di Caserta ma rivolta verso Puglia e Molise.
La base ‘parlamentare’ e politica del partito dei ‘contiani’ insomma è definita: il gruppo dei neonati Responsabili di Adriano Merlo (Maie-Italiani all’Estero) e Bruno Tabacci (ex diccì di lungo corso, lombardo) che, ad oggi, conta già su dieci senatori a palazzo Madama, costituiti in gruppo autonomo con il nome di Maie-Cd-Europeisti, e su 17 deputati ancora dentro il Misto alla Camera.
Erano solo in 13, fino a pochi giorni fa, ma ai ‘tabacchi’ (li guida infatti Tabacci) si sono aggiunti, appena l’altro ieri i tre della componente Misto-Maie-Psi rappresentati dal segretario del Psi Riccardo Nencini grazie a un solo eletto, Antonio Longo, all’estero (allo stato, però, Nencini, al Senato, resta iscritto al gruppo Italia Viva-Psi, anche se alle consultazioni ora va con Tabacci…)- Tutti gruppi e parlamentari che, come più pezzi dei 5Stelle, si professano, appunto, tutti ‘contiani’.
Altri, nel prosieguo della legislatura, ma anche se questa dovesse interrompersi, potrebbero aggregarsi, ai ‘contiani’, specialmente nelle fila di quel ‘notabilato’ meridionale di parlamentari oggi dentro Forza Italia, ma anche altri gruppi, che vengono dalle più eterogenee e variopinte esperienze.

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Saverio Romano

Ci sono, per dire, ‘sempre pronti alla bisogna/siam noi, cadetti di Guascogna’, pezzi di vecchio ceto politico oggi ‘in sonno’ ma che è solo ‘dormiente’: frammenti di Ncd di Alfano, Ala di Verdini, gli autonomisti siciliani legati all’ex Mpa (Lombardo) e al Pid (Saverio Romano).. La piccola Dc di Gianfranco Rotondi, avellinese e ‘custode’ di un antico dirigente della Dc, Fiorentino Sullo, oltre che, berlusconiano di vecchia data e fan di Conte, in cui scorge, bontà sua, i tratti del “nuovo De Gasperi”, etc. Ma anche pezzi di ceto politico azzurro meridionale alla perenne ricerca di una collocazione politica neo-centrista: l’eurodeputato Aldo Patriciello, ‘re’ della sanità molisana, pezzi del vecchio Psi pugliese e calabrese ancora in vita, sindaci di paesi minori come di grandi città (Palermo), etc..
Poi c’è Clemente Mastella che, come si sa, non è solo ‘re’ di Ceppaloni, ma dell’intera provincia del beneventano: ha lanciato il suo movimento localistico ‘Noi campani’, che, per ora, solo sua moglie, la senatrice Lonardo, rappresenta in Parlamento, anche se è rimasta dentro il gruppo Misto proprio perché ha avuto un vivace diverbio – definito ‘lite tra comari’ o ‘tra vaiasse’ – con la mantide Rossi su chi doveva fare cosa e rappresentare cosa, all’interno del gruppo al Senato dei Responsabili.

massimo d alema

Massimo D’Alema

Infine, giusto perché, nel nascituro ‘partito di Conte’, non vogliono farsi mancare proprio nulla, sembra che anche LeU – fino a ieri coacervo di ex comunisti del Pci-Pds usciti dal Pd in odio a Renzi e oggi in rotta con l’ala di Fratoianni che vuole rifondare una ‘vera’ sinistra ecologista e progressista quindi l’area di Articolo 1 contro il pezzo di Sinistra italiana – sarà della partita. Del resto, il ministro Speranza è lucano, Massimo D’Alema, neo ‘consigliere’ di Conte, è fortissimo in Puglia e gli eletti di LeU ora sperano di trovare asilo più da Conte che in casa dem dove, sui posti, c’è il tutto esaurito.
Insomma, se mai nascerà – ma Conte ‘ci crede’, i suoi spin doctor anche – il Partito di Conte avrà gambe e piedi al Sud ben piantati al Sud, un po’ di ‘generone’, notabilato e nobili decaduti omano e zero ‘ceti produttivi’ del Nord. E i suoi rappresentanti saranno un po’ come gli ‘ascari’ meridionali che fecero la fortuna del liberale ‘progressista’ Giolitti e che quasi tutti dal Sud provenivano. Obiettivo ‘vero’ raccogliere l’8-10% di voti, rubandoli a Pd e M5s, ma non solo se vedrà la luce un sistema elettorale di tipo proporzionale. Gli ‘ascari’ di Giolitti vincevano pure nei collegi uninominali anche se solo grazie a sistemi che fecero definire, da Salvemini, Giolitti ‘il ministro della Malavita‘…

citofonare renzi

Citofonare Matteo Renzi per saperne di più.

Questo il progetto a cui, da mesi, lavora il premier Conte, ove mai si dovesse precipitare verso elezioni anticipate, ma cui lavorerà anche se restasse a palazzo Chigi, in proiezione per il 2023. Una propria formazione politica guidata da palazzo Chigi che gode, finora, pure di forti consensi popolari, stando ai sondaggi. Sondaggi che, però, si sa, oggi sono favorevoli, domani chissà, chi può dirlo, quien sabe?, specie se le elezioni si allontanano. Citofonare Matteo Renzi per saperne di più.