NEW!!! “Non è fatta, Nicola non c’è!”. Zingaretti stava per candidarsi a sindaco di Roma, ma rinuncia. Per il PD c’è Gualtieri

NEW!!! “Non è fatta, Nicola non c’è!”. Zingaretti stava per candidarsi a sindaco di Roma, ma rinuncia. Per il PD c’è Gualtieri

9 Maggio 2021 0 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

Amleto-Zingaretti finalmente aveva deciso: stava per candidarsi a sindaco per la gioia di Letta e del Pd che già pensavano che “a Roma è fatta”. Poi cambia idea: i 5Stelle minacciavano di far saltare la sua giunta in Regione Lazio.

Zingaretti, Amleto

Per il Pd ri-discende in campo l’ex ministro Roberto Gualtieri, per la gioia della Raggi e di tutti gli altri possibili contendenti. Ora il Pd rischia davvero di perdere la Capitale. Il problema, inoltre, è che, anche nel resto delle città al voto, l’alleanza tra Pd e M5s non decolla affatto. Mancano i candidati a entrambi

Gualtieri Vs. Raggi

Gualtieri Vs. Raggi

 

NB: La  prima parte di questo articolo è stato pubblicato sulle pagine di Quotidiano Nazionale il 10 maggio 2021, la seconda parte è il ‘rimaneggiamento’ dell’articolo del 9 maggio 2021 mentre dal ‘quadro’ nazionale delle altre città al voto in poi si tratta di contenuti originali per il blog 

 

“Tutto sbagliato, tutto da rifare!”. Zingaretti rinuncia e passa la mano: resta dov’è, cioè in regione Lazio… Il Pd candida l’ex ministro Roberto Gualtieri, ma si tratta chiaramente di un ripiego. La Raggi sprizza gioia da tutti i pori e incassa i peana del Movimento. Il centrodestra sente ‘l’odore del sangue’ e prova a rientrare in partita. L’outsider Calenda sfotte il Pd…

Tutto sbagliato tutto da rifare

Ettore Maria Colombo – ROMA – articolo pubblicato il 10 maggio 2021 sul Quotidiano nazionale

festa della mamma

Succede tutto in una placida domenica romana, con il sole che batte e la gente che sciama, felice, nelle strade e per i locali, per di più giorno della festa della Mamma.

Roberta Lombardi

Roberta Lombardi

Un comunicato, di sibilante minaccia, un concentrato di pura cattiveria, delle due assessore grilline in regione Lazio, manda un ‘avvertimento’ al governatore, Zingaretti: una candidatura – scrivono Roberta Lombardi (anti-Raggi doc) e Valentina Corrado (raggiana doc) – di Zingaretti al comune di Roma contro Raggi sarebbe “paradossale” e causerebbe “forte imbarazzo”. “Ci auguriamo – sillabano le due assessore – che il Pd non contempli soluzioni che avrebbero inevitabili ripercussioni sulla tenuta della maggioranza regionale e le future alleanze”.

Valentina corrado

Valentina Corrado

Una dichiarazione di guerra in piena regola che fa il paio con le parole già dette da Giuseppe Conte, solo il giorno prima, e di uguale o peggior tenore, un endorsment (obbligato) alla Raggi in piena regola: Virginia Raggi è un ottimo candidato. Ci auguriamo che la decisione del Pd non metta in discussione il lavoro comune che da alcuni mesi è stato avviato a livello di governo regionale”.

Zingaretti con la mascherina

Zingaretti con la mascherina

Dallo staff di Nicola Zingaretti, alla Pisana, fanno sapere un laconico “per noi la storia finisce qua. La tanto ventilata, dagli altri, candidatura di Nicola a Roma non esiste più”. La morale che ne traggono, dalla vicenda, molti altri zingarettiani è però assai più acida: “Letta e Boccia ci avevano assicurato che Conte e Di Maio avrebbero fatto digerire ai 5Stelle locali la necessità di mantenere in piedi il governo della Regione almeno fino a settembre. Così non è. Ne va chiesto conto a Letta e Boccia, non più a noi”.

E così, mentre il giorno volge all’imbrunire, il Pd è costretto a una precipitosa marcia indietro e a buttare subito in pista Roberto Gualtieri, che si affretta a twittare parole di chi “con umiltà e orgoglio” partecipa “alle primarie del 20 giugno”, anche se queste, si sa, saranno un puro proforma, affollate come saranno da tanti, e assai inutili, ‘nanetti’ dem. 

enrico letta 1

Enrico Letta

Ovvia e immediata la benedizione di Enrico Letta che retwitta Gualtieri: ci mette sotto un ‘braccino’ in segno di forza, e di speranza, anche se, a fine giornata, viene descritto da chi gli è vicino “consapevole delle difficoltà del momento”. Infatti, il rischio di non conquistare al Pd Roma, capitale d’Italia, acconciandosi a candidare Gualtieri, è molto alto e il guaio è che, dopo mesi di attesa messianica per Zingaretti, la sua candidatura, pur di prestigio, finisce per avere il sapore inevitabile del ripiego.

E così Nicola Zingaretti, resta dov’è, in Regione, a fare il governatore di una Giunta che si regge, e non cade, solo grazie all’appoggio – prima esterno e da qualche mese interno, cioè con ben due assessori – dei 5Stelle, che gli hanno messo sul piatto un ricatto bello e buono, e neppure vis a vis, ma via agenzie di stampa: se ti candidi a sindaco di Roma, la tua giunta cade. Dentro, dunque, ‘i secondi’, e cioè Roberto Gualtieri, ex ministro all’Economia (ma di professione storico, specializzazione sul Pci, non a caso ex dalemiano di ferro), eterno ‘secondo’ candidato dem al comune di Roma. Nel senso che il nuovo segretario, Enrico Letta, ha fatto di tutto, per non candidare ‘Roberto’ – che da mesi aveva pronta l’intervistona (a Repubblica) con annuncio di trionfale discesa in campo e che ieri si è dovuto acconciare a un modesto cinguettìo su Twitter – e per incassare il sì di ‘Nicola’. Ben consapevole dell’importanza ‘capitale’ della sfida romana e del fatto che – come recitava il mantra del Nazareno – “Gualtieri è un ottimo candidato, esempio di classe dirigente, ma con Zingaretti vinciamo al primo turno, dicono tutti i sondaggi”. Già, i sondaggi. In effetti, davano tutti Zingaretti molte spanne sopra (fino al 40% e rotti percento) ogni altro contendente, Raggi compresa, mentre Gualtieri, al di là del fatto che sarà costretto al pro forma delle primarie interne al centrosinistra (si vota il 20 giugno, sarà un trionfo di ‘nanetti’), se la dovrà sudare e, persino dentro il Pd, c’è chi teme che “neppure ci arriva, al ballottaggio…”.

giuseppe conte

Giuseppe Conte

 La sindaca uscente, e in pista ormai da mesi (batte ogni giorno quelle periferie dove far diventare ‘simpatico’ il prof. Gualtieri sarà dura), Virginia Raggi, infatti, sprizza di gioia, e da tutti i pori e pure lei twitta felice il suo “Avanti tutta!”, oltre a incassare gli endorsment – molti assai tartufeschi, dato che in tanti la detestano – del gotha del Movimento, da Giuseppe Conte in giù.

guido bertolaso

Guido Bertolaso

Il centrodestra, a questo punto, però, affila le armi e sente “l’odore del sangue”: se poco poco azzecca il candidato, dopo esserne rovinosamente uscito, con la rinuncia di Guido Bertolaso a correre, potrebbe persino rientrare in partita. Un altro che, ovviamente, si gode lo spettacolo e ora spera di ritornare, in qualche modo in partita, anche perché a sua volta gira Roma come una trottola da mesi, specie le ‘benedette’ periferie (non foss’altro che per togliersi la nome del ‘pariolino’, cioè del romano che vive ai Parioli), è Carlo Calenda. Con il consueto disprezzo per chiunque non lo appoggi e non gli dia ragione, il leader della piccola ‘Azione’, appoggiato dall’ancor più piccola Italia Viva di Renzi, dai Radicali e da +Europa (idem).infierisce in corpore vili (il corpore è quello dem), subito dopo l’annuncio di Gualtieri, con relativo – e obbligato, obtorto collo placet del Nazareno e di Letta, dice: “Non ho mai visto una incompetenza politica così atomica”.

Carlo Calenda

Carlo Calenda

La ultima, e pia, illusione dei vertici di Pd e M5s, la mette giù in italiano proprio Conte: “La campagna elettorale sarà una sorta di primaria del nostro campo rispetto al campo del centrodestra”. Traduzione: chi dei due avrà la meglio e arriverà al secondo turno avrà l’appoggio dell’altro partito al ballottaggio, Desideri o più che altro, appunto, pie illusioni.


Nb: questa parte di articolo è il frutto del rimaneggiamento dell’articolo pubblicato il 9 maggio 2021

Il principe Amleto voleva lanciarsi nella pugna, ma poi cambia idea: M5 minacciava di far saltare la sua giunta

Zingaretti

Nicola Zingaretti

Nicola Zingaretti, dopo lunghi tormenti, dubbi e indecisioni, stava per sciogliere la riserva ad horas: si doveva – ‘quasi’ sicuramente, il condizionale resta d’obbligo, quando si parla di Zingaretti… – candidare a sindaco di Roma per conto del Pd e, ovviamente, del centrosinistra (LeU-Sinistra italiana-moderati-comunità di Sant’Egidio-liste di Municipio), anche se ieri, dopo aver fatto il vaccino (Astrazeneca), il governatore – che mesi fa ha preso il Covid – non si è sentito bene, ha accusato il colpo al punto da ri-mettere in discussione, per l’ennesima volta, la candidatura a sindaco di Roma. E infatti, alla fine, molla il colpo e i suoi fanno sapere che, “ormai la candidatura di Nicola non c’è più“. 

Zingaretti non si candida più: i 5Stelle minacciavano di far saltare la giunta in Regione

Roberta Lombardi

Roberta Lombardi

La notizia arriva, come un fulmine a ciel sereno, a metà pomeriggio. I 5Stelle fanno sapere, con un comunicato molto duro firmato dalle due neo assessore pentastellate nella giunta regionale, Roberta Lombardi e Valentina Corrado, che “provocherebbe un forte imbarazzo una eventuale candidatura di Nicola Zingaretti per le Comunali di Roma nella neonata alleanza regionale“. Così le due assessore a 5s della giunta di Nicola Zingaretti.

Valentina Corrado

Valentina Corrado

La situazione che si verrebbe a creare (uniti in Regione e avversari a Roma con Zingaretti come candidato e presidente) sfiorerebbe il paradosso“, dicono le pentastellate augurandosi che le scelte del Pd su Roma “non contemplino soluzioni che avrebbero, inevitabilmente, ripercussioni sulla tenuta dell’attuale maggioranza regionale e su scenari di future alleanze nel Lazio“. 

A quel punto, dalla Pisana, si fanno vivi i collaboratori di Zingaretti per far sapere da un lato che “noi l’avevamo detto, si trattava di una mediazione a livello nazionale tra Letta e Boccia da un lato, Conte e Di Maio dall’altro. Non abbiamo mai data per certa la candidatura di Nicola, che ora non c’è più. Crediamo che, a questo punto, sarà Roberto Gualtieri il candidato del Pd a sindaco di Roma. Nicola resta dove si trova, in Regione.

L’annuncio di Gualtieri: “Ci sono e farò le primarie”. Letta retwitta subito il suo obbligato endorsement

Gualtieri

L’annuncio di Gualtieri: “Ci sono e farò le primarie”

E, in effetti, così è. Gualtieri, nel giro di pochi minuti, scrive su Twitter:Mi metto a disposizione di Roma, partecipo alle primarie”. Il segretario del Pd, Enrico Letta, rilancia il tweet e aggiunge l’emoticon di incoraggiamento. Un obtorto collo, ovviamente, il suo. 

Roberto Gualtieri – eterno candidato alle primarie e a sindaco ormai da mesi, una sorta di candidato ‘di rincalzo’ che Letta, per mesi, ha cercato di evitare si candidasse – parteciperà alle primarie del Pd per la scelta del candidato sindaco a Roma.

L’ex ministro dell’Economia lo scrive in un tweet, subito rilanciato dal segretario del partito Letta. “Mi metto a disposizione di Roma, con umiltà e orgoglio. Partecipo alle primarie del 20 giugno Costruiamo insieme il futuro della nostra città: io ci sono“. Letta rilancia, aggiungendo l’emoticon del braccio col muscolo, in segno di incoraggiamento

Raggi gioisce e Conte non può che avallarne la gioia…

Virginia_Raggi_M5S_Roma

Virginia Raggi, sindaco di Roma

Avanti uniti. Grazie del sostegno a Giuseppe Conte, al Movimento 5 stelle, a tutti coloro che si impegnano e si impegneranno per Roma. Grazie a tutti voi. Avanti con coraggio“, scrive, a sua volta, in un tweet la sindaca di Roma, Virginia Raggi, che si frega le mani perché Zingaretti era un candidato temibile, che l’avrebbe, probabilmente, sconfitta, mentre Gualtieri è un candidato debole e, decisamente, molto più alla sua portata. 

 “Il Movimento5Stelle su Roma ha un ottimo candidato: si chiama Virginia Raggi, il sindaco uscente. Il Movimento l’appoggia in maniera compatta e convinta, a tutti i livelli. Virginia sta dando un nuovo volto alla città” dice, a sua volta obtorto collo, l’ex premier e leader in pectore dei 5s in un intervento che esce, sempre a metà pomeriggio, su La Stampa.it. “Non so chi verrà indicato dal Pd – continua Conte, che ha trattato fino all’ultima ora con Letta e Boccia per evitarlo – come candidato ufficiale e rispetteremo le loro scelte. Ci auguriamo però che la loro decisione non metta in discussione il lavoro comune che da qualche mese è stato proficuamente avviato a livello di governo regionale, che merita di essere portato a termine fino alla fine della legislatura“.

Si apre una contesa in cui, a rischiare grosso, è il Pd

Primarie Pd

Roberto Gualtieri, ex ministro dell’Economia, ha dunque sciolto la riserva sulle elezioni amministrative del 2021 nella Capitale. Correrà per le primarie del centrosinistra in programma per il 20 giugno a Roma. Poche parole, affidate ai social network: “Mi metto a disposizione di Roma, con umilta’ e orgoglio. Partecipo alle primarie del 20 giugno. Costruiamo insieme il futuro della nostra citta’: io ci sono“, ha scritto su Twitter.

Il messaggio arriva dopo che si sono rincorse dichiarazioni frenetiche da parte del M5s, all’indomani di indiscrezioni che volevano il governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, vicino alla partecipazione alle primarie e, dunque, alla sua candidatura.

Prima due esponenti M5s della giunta regionale, Roberta Lombardi e Valentina Corrado, avevano parlato di “innegabile imbarazzo” qualora Zingaretti avesse partecipato alla corsa per il Campidoglio. Poi Giuseppe Conte, ex premier che si appresta a essere il nuovo leader del M5s, ufficializza il sostegno alla ricandidatura della sindaca Raggi, si dice dispiaciuto per il mancato accordo con il Pd nella Capitale e auspica che la competizione elettorale non metta in discussione la neonata alleanza a livello regionale. 

giuseppe conte

Giuseppe Conte

In una dichiarazione al quotidiano La Stampa, Conte afferma: “Il Movimento 5 stelle su Roma ha un ottimo candidato: si chiama Virginia Raggi, il sindaco uscente. Il Movimento l’appoggia in maniera compatta e convinta, a tutti i livelli. Virginia sta dando un nuovo volto alla città e dopo una fase iniziale in cui la sua amministrazione ha dovuto dare segni di discontinuità con le gestioni del passato e ha dovuto tanto seminare, da un po’ di tempo si iniziano a vedere i chiari frutti di questo intenso lavoro e i romani se ne stanno rendendo conto ogni giorno di piu’. Dispiace – sottolinea Conte che a Roma non si siano realizzate le condizioni per pianificare con il Pd una campagna elettorale in stretta sinergia. Non so chi verrà indicato dal Pd come candidato ufficiale e rispetteremo le loro scelte. Ci auguriamo pero’ che la loro decisione non metta in discussione il lavoro comune che da qualche mese e’ stato proficuamente avviato a livello di governo regionale, che merita di essere portato a termine fino alla fine della legislatura nell’interesse di tutti i cittadini della Regione. La campagna elettorale che attende Roma – conclude – sara’ una sorta di primaria nel nostro campo, rispetto al campo del centrodestra. Dobbiamo agire in modo intelligente e fare in modo che in caso di secondo turno il dialogo privilegiato del Movimento con il Pd possa dare i propri frutti“.

M5S bandiere

Bandiere del M5S

La gioia della Raggi non si fa attendere: “Avanti uniti. Grazie del sostegno a Giuseppe Conte, al Movimento 5 stelle, a tutti coloro che si impegnano e si impegneranno per Roma. Grazie a tutti voi. Avanti con coraggio“, scrive la sindaca su Facebook

Si apre cosi’ ufficialmente la corsa per il Campidoglio in vista del voto che si terrà a metà ottobre e che vedrà sfidarsi, a questo punto, Virginia Raggi per il M5s e Roberto Gualtieri per la coalizione di centrosinistra, il quale legittimerà la sua candidatura con lo strumento delle primarie. Incerto il quadro nel centrodestra: mercoledì prossimo gli esponenti nazionali responsabili degli enti locali di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia si incontreranno: sul tavolo gli accordi per le elezioni amministrative e la partita su Roma.

“Allora si va su Nicola!” grondavano di gioia le chat dem

Allora si và Nicola!

Allora si va su Nicola!

«Allora si va su Nicola» trillavano, fino a poche ore prima, i messaggi WA e le chat dei big del Partito democratico romano ieri pomeriggio, grondando malcelato ottimismo.

Lo schema per candidare Zingaretti era questo: il presidente della Regione Lazio andrebbe alla prova delle primarie, che si terranno il 20 giugno (25 maggio la nuova scadenza per le candidature) perché ritiene opportuno passare per i gazebo, anche se questi diventeranno un puro pro forma. Poi, tra primarie e ombrelloni, passerà l’estate e, a quel punto, 45 giorni prima del voto amministrativo, quando dovrà presentare formalmente la sua candidatura al Campidoglio, Zingaretti si dimetterà dalla guida della Pisana, cioè della regione Lazio. Dal giorno delle dimissioni, e non oltre altri 60 giorni, anche la Regione dovrà andare al voto, ma salterà ogni possibile, e temuto, dal Pd, election day con le Amministrative: se ne parla, cioè, per votare nel Lazio, non prima del mese di dicembre o a febbraio 2022.

Il timing delle primarie e il caffè a Prati con Gualtieri

Il timing delle primarie e il caffè con Gualtieri

Il timing delle primarie e il caffè con Gualtieri

Insomma, il percorso è stato già immaginato, ma la verità è che Zingaretti stava ancora aspettando di ottenere tutte le garanzie richieste per scendere in campo. Per questa ragione al Nazareno fanno sapere che l’operazione Roma richiederà ancora qualche giorno. Sempre per lo stesso motivo il centrosinistra romano ha fatto slittare il termine per la presentazione delle candidature alle primarie, passato dal 20 al 25 maggio.

Carlo Calenda

Carlo Calenda

In ogni caso anche a Roma si faranno le primarie di centrosinistra – come a Bologna e a Torino – ma, se fosse stato in campo Zingaretti, solo con l’obiettivo di mobilitare la base: ieri hanno sottoscritto un documento comune tutti i partiti che vi partecipano, tra i quali non ci sono, però, Italia Viva e Azione di Carlo Calenda che rimane in campo contro tutti.

Roberto Gualtieri

Il povero Roberto Gualtieri – eterno autocandidato a Roma – è finito in stand by

Dunque il Nazareno ha continuato fino alla fine a puntare (e pressare) su Nicola Zingaretti. Di conseguenza, il povero Roberto Gualtieri – eterno autocandidato – era finito in stand by. L’ex ministro dell’Economia si era decisamente infastidito dalla lunga attesa. E così per evitare incomprensioni, Zingaretti, che lo sente costantemente, qualche giorno fa ha preso un aperitivo con lui in un bar di Prati (il quartiere della Capitale dove abita il governatore del Lazio), come riportava oggi il Corriere della Sera.

Il pressing del Pd sui 5Stelle per un accordo nazionale

pd m5s

Per mandare in porto l’operazione Zingaretti a Roma i dem avevano lavorato molto anche sui 5 Stelle, sia a livello nazionale che in regione e sembrava si fossero assicurati il fatto che i grillini non avrebbero fatto cadere la giunta nel caso in cui Zingaretti dovesse candidarsi contro Virginia Raggi rischiando, appunto, l’election day che il Pd voleva evitare a tutti i costi. Ma poi Giuseppe Conte ha spiegato sia a Enrico Letta che a Francesco Boccia che segue il dossier delle Amministrative, che non può non appoggiare la sindaca. E infatti l’ex premier proprio l’altro ieri ha avuto un colloquio con Raggi nel quale le ha assicurato: «Io ti sosterrò». E se è vero che Letta e Conte si erano promessi «reciproco sostegno al ballottaggio» in tutte le città possibili, era impossibile ottenere tale risultato anche a Roma. Il che significava anche che, nella campagna elettorale che si prospettava, Zingaretti e Raggi  avrebbero dovuto evitare i colpi bassi in vista del secondo turno ma era difficile, pronosticano i più, che ciò potesse accadere.

Il gioco a incastro tra Comune di Roma e Regione Lazio

Il difficile gioco a incastro tra Comune e Regione

Il difficile gioco a incastro tra Comune e Regione

Zingaretti, dunque, altro fatto importante emerso ieri, dato il gioco a incastro tra comune e Regione (un presidente di Regione non può, evidentemente, per legge, fare ‘anche’ il sindaco come non può ricoprire nessun’altra carica elettiva, e viceversa) si sarebbe dimesso da governatore solo ‘contestualmente’ all’elezione – praticamente certa, almeno così dicevano i sondaggi (senza essere in corsa Zinga sta al 40%, 25 punti sopra la Raggi, figurarsi se si candidava …) – a primo cittadino della Capitale. Quindi, forse direttamente il giorno delle elezioni (10 ottobre) o poco prima (metà settembre).

Giorgio Gori

Giorgio Gori

In modo tale che il Lazio – che, entro agosto, vaccinerà tutti i suoi abitanti, un indubbio successo della sua giunta – non dovesse votare con l’election day delle comunali, quello che appunto si terrà a ottobre, ma comunque non oltre i primi di dicembre e cioè entro i 60 giorni dalla data dello scioglimento della giunta, come recita la legge delle Regioni.

Lucia Borgonzoni

Lucia Borgonzoni – Lega

Gli avversari di Zingaretti e del Pd (da Carlo Calenda a Maurizio Gasparri) sostengono che la scelta sarebbe “illegale e illegittima” ma il Pd, con Francesco Boccia, ha buon gioco nel ribattere che “non è vero, è del tutto legittimo e legale”. E con tanto di esempi: il dem Giorgio Gori si candidò a governatore della Lombardia senza dimettersi da sindaco di Bergamo e la leghista Lucia Borgonzoni si candidò a governatore dell’Emilia-Romagna senza dimettersi da eurodeputata (entrambi, poi, persero e in modo rovinoso: insomma, il paragone ‘porta male’, ma tant’è, va fatto, ecco tutto).

Il Pd pensava di riuscire a ‘tenere’ il Lazio per sé…

Roberta Lombardi

Roberta Lombardi

E qui, peraltro, non era neppure detto che il Pd  avesse dovuto cedere per forza il candidato governatore ai 5Stelle, partito che spingeva, se arrivasse l’investitura, a candidare una sua donna: in pole position c’era l’assessora fresca di nomina nella giunta Zingaretti, Roberta Lombardi (nemica storica della Raggi, a Roma e in Lazio).

M5s non è in grado di far ritirare la Raggi, ha poco rivendicare la guida della Regione“– spiega un deputato dem ben addentro agli interna corporis del Pd capitolino.

Il problema era che, con un candidato di coalizione espresso dai 5Stelle, il Pd rischiava seriamente di perdere il Lazio perché, fuori dal raccordo anulare di Roma, i 5Stelle sono molto deboli, il Pd tutto sommato anche, mentre il centrodestra è storicamente molto forte. E dato che la destra governa già 15 regioni su venti, perdere la seconda regione d’Italia, il Lazio, non è il massimo. “Il miglior candidato possibile è il nostro assessore alla Sanità, Alessio D’Amato” spiega la fonte democrat da noi consultata.

Alessio D’Amato

Alessio D’Amato

Uomo particolare, D’Amato: oggi – e ormai da anni – zingarettiano doc e ‘baciato dalla dea Fortuna’ per essere stato l’uomo giusto al posto giusto’ (assessore alla Sanità mentre è scoppiata l’epidemia del Covid19) viene dal Pci e poi da Rifondazione comunista: è sempre stato, cioè, nella sinistra-sinistra romana, ma oggi è diventato un uomo da ‘legge&ordine’.

Il Pd, a Roma, rischia comunque una ‘vittoria di Pirro’…

Francesco Boccia

Francesco Boccia

In ogni caso, per Enrico Letta, il suo plenipotenziario per il dossier amministrativo, Francesco Boccia, ma anche per il Pd laziale e quello romano (quasi tutto, ma non tutto) sarebbero state, le due notizie (Zingaretti candidato sindaco a Roma e il Pd che candida un suo uomo, D’Amato, in Lazio) due buone notizie, anzi ottime, notizie che ormai sono sfumate. Certo è che ora il Nazareno rischia la ‘vittoria di Pirro’: vincere Roma ma al prezzo di una guerra sanguinosa, con relativi morti e feriti, combattuta a colpi di dossier, colpi bassi e sotto la cintola, tra Zingaretti, Raggi, Calenda, il mister X del centrodestra.

Una guerra intestina che avrebbe messo a dura prova i rapporti e il benessere futuro dell’alleanza tra Pd e M5s. Del resto, non si può far altro che puntare a vincere, strappandola alla Raggi, la Capitale d’Italia, obiettivo centrale e vitale per la leadership del Pd e in particolare per la segreteria di Enrico Letta.

Quel ‘mondo a parte’ che è, da sempre, il Pd romano…

Zingaretti con la mascherina

Zingaretti con la mascherina

Ma se, ancora a stamane, non v’è alcuna certezza, sulle scelte che prenderà, alla fine, Zingaretti, il quale alla fine ha ‘mollato’, va anche detto che in un mondo ‘particolare’ come quello del Pd romano, figlio del migliore (o peggiore, dipende dai punti di vista) Pci-Pds-Ds da un lato e della Dc-PPI-Margherita, dall’altro, alcuni fatti valgono più di mille notizie. Una su tutte, per dire. Ieri, Claudio Mancini, storico esponente del Pci-Pds-Ds romano, prima dalemiano e poi orfiniano, si è dimesso da tesoriere del Pd romano.

Claudio Mancini

Claudio Mancini, storico esponente del Pci-Pds-Ds romano, si è dimesso da tesoriere del Pd romano

Ma Mancini ha mollato il suo delicato e importante incarico non per colpa di articoli di giornale che, anche in questi giorni convulsi, lo dipingono come ‘l’uomo nero’ di tutte le manovre del Pd romano e dei suoi gangli vitali, e neppure per aver male operato (i conti del Pd romano erano color rosso sangue e lui, in un anno, li ha ripianati), ma proprio perché, così sembrava, Zingaretti si doveva candidare mentre, invece, Mancini è e resta il ‘grande elettore’ di Roberto Gualtieri, il quale al massimo avrebbe fatto da ‘capo campagna’ di Zingaretti o da assessore al Bilancio, se Zingaretti avesse vinto la gara. Un problema che ora non sussiste più: il candidato del Pd è diventato, da ieri, Gualtieri, il che, anche per il suo ‘imprenditore’ politico Claudio Mancini, è una bella soddisfazione. 

Enrico Letta

Enrico Letta

Un po’ troppo poco, del resto, sarebbe stato, fare il ‘numero due’, per l’ex candidato in pectore del Pd. L’ex ministro (dalemiano a sua volta) è pronto a scendere in campo da mesi a sindaco, ma era stato stoppato, e subito, direttamente da Letta che, consapevole di non poter perdere la Capitale, vuole andare sul sicuro e pressa forte Zingaretti.

Zingaretti, che stava per cedere al pressing e candidarsi, si è però ritirato, all’ultima ora, e così le ambizioni di Gualtieri edel suo ‘imprenditore’ politico, Mancini, sono ritornate.

massimo_d'alema

L’ex premier e leader del Pds-Ds Massimo D’Alema

Ma proprio Zingaretti, con molto più potere a sua disposizione, ovviamente, è lo storico ‘rivale’, nel Pd romano e laziale, di Mancini, che viene dal mondo dalemiano come Zingaretti da quello ‘bettiniano’ e della sinistra del Pci: destra e sinistra dell’ex Pci che si sono sempre affrontati, e scornati, a Roma a tal punto che una volta D’Alema disse:Quelli che si dicono dalemiani a me mi fanno sempre perdere, a Roma“… Zingaretti cacciò Mancini da tesoriere della Federazione romana del Pds-Ds, come da assessore in Regione Lazio, Mancini gli fece la guerra e i due solo di recente si erano riconciliati.

Il Senatore Bruno Astorre

Il Senatore Bruno Astorre

Va anche detto, però, che i due eterni rivali, Zingaretti e Mancini, si sono alleati, in modo sistematico, per battere gli ex-Dc, oggi rappresentati dal segretario provinciale, Bruno Astorre, che oggi milita nell’area di Dario Franceschini e, alla lontana, da Beppe Fioroni, ex esponente storico della Dc prima e del Ppi poi.

La Prestipino: “Con Nicola non ce n’era per nessuno”

Prestipino: “Con Nicola non ce n’è per nessuno”

Prestipino: “Con Nicola non ce n’è per nessuno”

Mancini, perciò, sconfitto in via definitiva, dato che il suo candidato, Gualtieri, si dovrà fare da parte, sceglie di ritirarsi in buon ordine ma incassa la solidarietà di Patrizia Prestipino. E questa pure è un’altra notizia e pure assai curiosa: oggi esponente di Base riformista, gli ex renziani, la deputata romana, fortissima nei voti raccolti nella sua circoscrizione, Roma Sud, milita da sempre dall’altra parte della barricata, quella degli ex Margherita, ex Renzi e oggi, ovviamente, nell’area Guerini&Lotti.

Guerini&Lotti

Guerini&Lotti

Ma la Prestipino, ieri, ha offerto la sua solidarietà umana e politica proprio a Mancini, suo storico avversario, in quanto ex comunista, nel Pd romano, per gli attacchi al veleno che ha subito in questi giorni, ma fino a ieri tifava anche lei – che è una anti-Ditta Pci-Pds-Ds da sempre – per Zingaretti, sicura che “con Nicola candidato non ce n’è per nessuno”.

I molti competitor del Pd nella corsa a sindaco di Roma

Nicola Zingaretti

Nicola Zingaretti

In ogni caso, alla fine, saltata la candidatura di Zingaretti, nella corsa che si aprirà ai primi di settembre e avrà il suo primo turno il 10 ottobre (eventuali ballottaggi 15 giorni dopo, cioè il 25 ottobre), a Roma come in tutte le altre città italiane al voto (tra queste Torino, Milano, Bologna, Napoli, ma si vota anche, per dire, in altre città pure importanti, da Trieste a Cosenza), il candidato del Pd, Roberto Gualtieri, un candidato assai ‘debole’, se la dovrà vedere con molti, e combattivi, competitor, tutti sulla carta più forti di lui.

La sindaca uscente, Virginia Raggi (M5s), che ha ‘preteso’ l’appoggio ufficiale del M5s di Conte e Di Maio, ma che non disdegna quello di Casaleggio, di Rousseau e degli ex pentastellati (Di Battista); Carlo Calenda (Azione civile, che sarà appoggiato anche da Iv, Radicali, +Europa); e infine un ‘mister X’ del centrodestra ancora tutto da individuare e da decrittare, al momento, ma che potrebbe essere Fabio Rampelli di FdI, uomo forte della Meloni, vicepresidente della Camera, sportivo, volto noto e benvoluto in città.


Nb: questa parte di articolo è stata pubblicata in versione originale sul mio blog

“A che punto è la notte?” L’alleanza ‘organica’ tra Pd e M5s è a un punto morto, in buona sostanza…

A che punto è la notte?

A che punto è la notte?

A che punto è la notte?” e cioè l’alleanza ‘organica’ tra Pd e M5s? Sostanzialmente a un punto morto. Mancati accordi si registrano, infatti, a Torino, Milano e Bologna, con la sola eccezione di Napoli…

Da Conte, ieri in missione per risolvere la ‘grana’ Torino (una delle tante sulle strade dell’accordo con il Pd) è arrivato un appello che va molto oltre Torino: “qualsiasi scelta locale dovrà essere fatta insieme perché non è pensabile che una forza politica di respiro nazionale possa poi affidarsi a una gestione esclusivamente atomistica e parcellizzata delle realtà locali”. Un appello, quello di Conte, rivolto al Movimento come pure al Pd.

L’ex premier proprio l’altro ieri ha avuto un colloquio con la Raggi in cui le ha assicurato: «Io ti sosterrò». E se è vero che Letta e Conte si erano  promessi «reciproco sostegno al ballottaggio». Il che significa che nella campagna elettorale Gualtieri e Raggi dovrebbero evitare i colpi bassi in vista del secondo turno, cosa a oggi assai difficile, è anche e pure difficile riuscire a farlo in tutte le altre città al voto. Morale, dall’alleanza organica si è già passati all’alleanza ‘disorganica’: alleati sì, ma non al primo turno, ma soltanto – quando uno dei due partiti, presentando candidati propri, vincerà il terno al lotto del ballottaggio – al secondo turno convergendo di volta in volta su uno dei due che ci va, anche se, a occhio, quello che ha migliori chanche dovrebbe essere quasi ovunque il Pd.

A Torino neppure Conte riesce a mettere pace tra Pd e 5Stelle…

giuseppe conte

Giuseppe Conte

A Torino, per dire, nonostante Giuseppe Conte si sia catapultato in missione, non se ne viene a capo: 5Stelle e Pd andranno l’un contro l’altro armati, almeno al primo turno delle prossime comunali, con il risultato, assai probabile, di perdere la città a favore dell’unico candidato che il centrodestra ha tirato fuori per tempo e che è in campo da mesi, l’imprenditore e civico Paolo Damilano.

L’imprenditore Paolo Damilano

L’imprenditore Paolo Damilano

Conte ieri ha partecipato a un tavolo virtuale per scegliere il candidato del capoluogo piemontese con la sindaca Chiara Appendino e i big grillini della regione come Laura Castelli.

Laura_Castelli_M5S

Laura Castelli (M5S)

L’ex premier ha posto l’accento sulla necessità di «un disegno politico unitario», a Torino come altrove, che dia la precedenza al dialogo con i dem e con gli altri partiti di maggioranza nel suo secondo governo. «Si tratterà di trovare delle figure condivise», dice la sindaca uscente, Appendino. «Agli amici del Pd chiediamo di essere meno timidi», sottolinea la viceministra al Mef, e torinese, Laura Castelli.

Chiara Appendino, non si ricandida

Chiara Appendino, non si ricandida

Il nome più gettonato, come candidato di Torino per un accordo in extremis tra Pd e M5s, resta quello del rettore del Politecnico, Guido Saracco, ma per ragioni personali il rettore si è dichiarato, e ormai da molte settimane, del tutto indisponibile.

Il Prof. Guido Saracco

Guido Saracco Rettore del Politecnico di Torino

E così, almeno per ora, il Pd va verso le primarie, e verso l’incoronazione del capogruppo comunale dem uscente, Stefano Lorusso, il quale è molto forte nel partito, ma anche un nome molto di apparato e poco illustre e conosciuto nella città.

Stefano Lorusso

Stefano Lorusso

Soprattutto, Lorusso è la ‘bestia nera’, da anni, della Appendino, cui ha fatto un’opposizione dura, senza quartiere: ovvio che, uno come lui, i 5Stelle non potranno mai appoggiarlo, a candidato sindaco.

A Milano l’uscente sindaco Sala i 5Stelle proprio non li vuole…

Giuseppe Sala, sindaco di Milano

Giuseppe Sala, sindaco di Milano

A Milano, peggio ancora si sentono, M5s e Pd. Il sindaco uscente, Beppe Sala, che pure di liste a suo sostegno per la sua ricandidatura ne schiera ben otto (compreso quella europeista di ‘Volt’), non ne vuole sapere di allearsi con i 5Stelle. Anzi, li ‘schifa’ proprio: “Meglio due, noi e loro, di proposte per la città” sentenzia il civico Sala, cui, peraltro, fa abbastanza ‘schifo’ persino il Pd, tanto da aver sbandierato, per anni, di essere un ‘indipendente’ e, da qualche mese, di aver scoperto in sé una coscienza ‘ecologista e ambientalista’ grazie alla quale vuole rifondare i Verdi italiani, per di più all’insaputa del povero Angelo Bonelli, che dei piccoli Verdi è il leader. Ma se, anche a Milano, i 5Stelle finiranno per correre da soli, intanto, però, anche il centrodestra è in affanno.

Gabriele Albertini

Gabriele Albertini

Dopo la rinunzia – che tanto ha fatto infuriare il leader della Lega, Matteo Salvini – dell’ex sindaco Gabriele Albertini, il quale ha anche detto che avrebbe voluto Sala come “vicesindaco” e che gli chiede, se rivincesse, di “aprire la giunta e la città a un governo bipartisan” (un’altra di quelle cose che fanno andare ai matti Salvini…), FdI, Lega e FI – che pure, nel capoluogo meneghino, in teoria, dovrebbe avere più voce in capitolo – non sanno che pesci pigliare.

maurizio lupi

Maurizio Lupi

Anche se, alla fine, potrebbe essere l’ex ministro Maurizio Lupi (ex FI, dove politicamente è nato, ex Ncd, oggi in proprio con la sua piccola formazione politica, Noi con l’Italia, ma soprattutto ciellino doc), volto noto in città e benvoluto pure in periferia, dovrebbe essere la carta non certo per vincere, ma almeno per non sfigurare.

A Bologna l’M5s resta alla finestra in attesa delle primarie dem

Virginio Merola

Virginio Merola

A Bologna, per ora, la sola cosa certa (e bella, visto che, in pratica, non si faranno da altre parti) il Pd terrà le primarie per scegliere il candidato. L’uomo dell’Apparato, assessore della uscente giunta di Virginio Merola, ma pure uomo Coop e Unipol, Matteo Lepore, ha dovuto accettare, con poca gioia e scarso garbo, la discesa in campo della sindaca di San Lazzaro, paesone alle porte del capoluogo felsineo risanato e reso assai vivibile, Isabella Conti.

Isabella Conti

Isabella Conti

La quale ha però il grave torto – agli occhi del Pd bolognese come nazionale, Letta in testa – di essere considerata una renziana (in realtà la Conti ha una testa e un piglio suo, ma essere renziani, oggi, è come aver preso il Covid: sei considerato un appestato, e tanto basta). In ogni caso, le primarie – con tanto di artato regolamento buono per ‘tagliare le gambe’ solo alla Conti (bisognerà pre-registrarsi, si voterà in pratica solo via on-line, pochissimi i seggi fisici) – decideranno chi tra la Conti e Lepore prevarrà.

Matteo Lepore

Matteo Lepore

Lepore gode dell’appoggio dell’Apparato del partito, ancora e storicamente forte, a Bologna, la Conti spera nel voto di opinione e poco altro, anche se da ieri è appoggiata pure da un altro ex renziano. Si tratta dell’assessore Alberto Aitini, esponente di Base riformista, storico avversario di Lepore contro cui doveva gareggiare nelle primarie, fresco di dimissioni dalla carica di segretario dem bolognese, ora pronto ad appoggiare la corsa della Conti in sfregio al partito, a Merola e, ovvio, a Lepore.

Il problema è che i 5Stelle decideranno solo dopo lo svolgimento delle primarie e solo a seconda di chi vince, se sostenere o meno il candidato del Pd nel senso che se vince Lepore entreranno in coalizione e in corsa, per conquistare il comune, insieme al centrosinistra, ma ove mai – Dio e Marx non vogliano! – dovesse vincere la Conti, correranno da soli perché ritengono, appunto, la Conti troppo ‘renziana’ e troppo poco ‘sovietica’, come ha esplicitato il referente locale dei 5Stelle, e pentastellato della prima ora, Max Bugani.

Bugani

Max Bugani

Da notare, però, che il centrodestra è nel marasma più completo: non ha coalizione, candidato e idee: FdI potrebbe correre da sola, con un suo uomo, e Lega e FI andare in ‘piccola’ coalizione, con il risultato di non entrare neppure in partita.

A Napoli l’accordo c’è, solo che manca il candidato…

Roberto Fico

Roberto Fico

Resta Napoli. Almeno nel capoluogo partenopeo il centrosinistra è a buon punto, nella definizione e strutturazione dell’alleanza tra Pd-M5s-LeU-altri. Insomma, è la sola città dove l’alleanza ‘organica’ tra Pd e M5s c’è ed è sicuro ci sarà. Il problema è il nome del candidato sindaco. Sarà il presidente della Camera, Roberto Fico o l’ex ministro all’Università Gaetano Manfredi?

Gaetano Manfredi

Gaetano Manfredi

Fico ha due problemi: lasciare lo scranno più alto di Montecitorio, che anche se solo per i restanti due anni di legislatura può finire in mano alla destra (magari proprio alla tanto detestata Lega…) e l’enorme debito del comune di Napoli: chiede assicurazione al governo Draghi che il debito venga ripianato dal Mef con una ‘legge speciale’ per Napoli. Altrimenti, per Fico, è assai inutile candidarsi.

Catello Maresca

Il Magistrato antimafia Catello Maresca

I 2 miliardi e 700 milioni di debito del Comune sono una spada di Damocle troppo pesante che pende su qualsiasi candidato e che impedirebbe a qualsiasi sindaco di fare qualcosa di buono e utile per la città. Morale, Fico viene roso e morso dai dubbi, ma almeno in alternativa c’è Manfredi. Un candidato di rincalzo, e a sua volta riluttante, ma che è disposto, per il ‘bene comune’ della coalizione come della città, all’estremo sacrificio. Il centrodestra avanza, da mesi, il nome dell’ex pm Catello Maresca, ottimo magistrato, stimato e conosciuto, ma anche a Napoli FdI fa le bizze, fino all’ultimo non è detto che candidi uno suo e, morale, a Napoli il centrosinistra è ben piazzato: dovrebbe vincere le elezioni senza grossi patemi. A meno che, oltre alla candidatura ‘di disturbo’ di Antonio Bassolino (l’ex sindaco-ex governatore si ricandida in spregio e antipatia al suo partito), non parta anche una candidatura del governatore attuale, Vincenzo De Luca, che non vuole fare, a nessun costo, l’accordo con i grillini e con Fico. A quel punto, e dato che anche Iv – Gennaro Migliore chiede, inutilmente, le primarie al centrosinistra – resterà fuori dalla coalizione, il Pd rischia di perdere, e in modo rovinoso, la sola città in cui l’alleanza organica con i 5Stelle è ormai certo che si farà.

L’alleanza ‘organica’ Pd-M5s rischia di fare flop quasi ovunque…

L’alleanza 'organica' Pd-M5s rischia di fare flop ovunque

L’alleanza ‘organica’ Pd-M5s rischia di fare flop ovunque

Ma, in ogni caso, anche se l’alleanza organica tra Pd-M5s-LeU vincesse la gara in quel di Napoli, è un po’ poco, a volerla dire tutta, stringere i bulloni dell’alleanza tra Pd e M5s solo a Napoli e restare in alto mare negli accordi per le altre città. Specie considerando che l’asse Conte-Di Maio da un lato e Letta-Boccia dall’altro ha puntato tutto, in vista delle amministrative, proprio sull’alleanza ‘organica’ tra Pd, M5s (e LeU, la terza ruota dell’alleanza, ma chiaramente ruota di scorta), alleanza che di ‘organico’ ha ben poco. Roma, da questo punto di vista, rischia di essere una ‘vittoria di Pirro’ del Pd.

Nicola Zingaretti

Nicola Zingaretti

La ormai tramontata  discesa in campo di Nicola Zingaretti e la candidatura di Gualtieri infatti, non offre buone chanche di vittoria al Pd, ma comporterà la guerra ‘all’ultimo dossier’ con la grillina Raggi, testimoniando che, anche a Roma, l’alleanza tra Pd e M5s – come a Torino, Milano e Bologna – è più una misericordiosa dichiarazione di intenti che una strada strategica tracciata per il futuro, in vista di quelle elezioni politiche che dell’alleanza Pd-M5s-LeU dovrebbero vedere la definitiva, e storica, consacrazione.