“Risana Napoli, e poi muori”. Il patto ‘di Posillipo’ tra Pd e M5s c’è, manca il candidato… Dopo Fico e Manfredi, sarà Amendola?

“Risana Napoli, e poi muori”. Il patto ‘di Posillipo’ tra Pd e M5s c’è, manca il candidato… Dopo Fico e Manfredi, sarà Amendola?

19 Maggio 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

“Risana Napoli, e poi muori”. Il patto ‘di Posillipo’ tra Pd e M5s c’è, peccato che manchi il candidato… Dopo Fico, anche l’ex ministro Manfredi dice ‘no, grazie’. L’alternativa si chiama Enzino Amendola. Conte e Letta continuano il pressing sul rettore, ma il problema per tutti è il mostruoso debito del comune

Napoli

“Risana Napoli, e poi muori”

NB: questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2021 sul sito Internet “The Watcher Post”

Il ‘patto di Posillipo’ Pd-M5s siglato in un caffè

Marco Sarracino

Marco Sarracino

“Risana Napoli, e poi muori” si potrebbe dire, riattando il vecchio adagio napoletano noto in tutto il mondo (“Vedi Napoli e poi muori…”). Il patto tra Pd e M5s, nel capoluogo partenopeo, in vista delle prossime amministrative di ottobre, c’è ed è stato pure formalmente siglato, tra Pd e M5s locali, cioè ‘partenopei’: il segretario dem, Marco Sarracino, di rito zingarettian-orlandiano, e una pletora di parlamentari e dirigenti locali pentastellati che, non essendo, o almeno non ancora, l’M5s un partito, non hanno un segretario, ma tanti ‘referenti’ di nodi locali.

Di Maio

Luigi DI Maio

Li benedice, e subito, Luigi Di Maio (“Abbiamo suggellato un patto ambizioso, correremo insieme”).

Il Gambrinus: il più importante Caffè di Napoli

Il Gambrinus: il più importante Caffè di Napoli

La curiosità è che il patto è stato siglato in un ignoto bar di Posillipo, quartiere residenziale della Napoli bene, e non nel bar della Napoli più ‘politica’, il centralissimo caffè ‘Gambrinus’, che si trova in piazza Plebiscito, a un tiro di schioppo da palazzo San Giacomo, decadente dell’amministrazione del capoluogo campano. Il guaio – o, come si direbbe a Napoli, l’inguacchio – è che, ad oggi, il patto per andare insieme alle prossime comunali c’è, ma manca il candidato.

Il guaio è che ai giallorossi ora manca il candidato…

Fico

Il presidente della Camera, Roberto Fico, ormai ha deciso che non si candiderà

Dopo la rinuncia, un vero e proprio ‘non detto’, ma definitivo, del pentastellato Roberto Fico, ha detto ‘no grazie’, in teoria, anche l’ex ministro Gaetano Manfredi con tanto di lettera pubblica in cui chiede una legge per i comuni in default, guarda caso come è Napoli (e non solo Napoli): “Servirebbe un nuovo patto per la città come è stato fatto per Roma” altrimenti – spiega – “il sindaco diventa un commissario liquidatore”.

Gaetano Manfredi

Gaetano Manfredi

Insomma, se nelle principali altre città al voto, ci sono i candidati – di Pd come dei 5Stelle – ma non c’è la coalizione (a Roma come a Torino), o per colpa delle sindache uscenti pentastellate, che di accordi con il Pd non vogliono sentir parlare, o per colpa del Pd che i 5Stelle neppure li vuole (come a Milano) o in attesa delle primarie dem (come a Bologna) che devono sancire il vincitore, a Napoli la coalizione c’è, ma non il candidato…

Dopo il no di Fico e il no di Manfredi, c’è Amendola?

enzo amendola

Enzo Amendola

Saltati ‘sicuramente’ Fico e definitivamente, forse, Manfredi, resterebbe solo Enzo Amendola. Ieri ministro (nel Conte II) e oggi sottosegretario, nel governo Draghi, ex segretario del Pd campano, colto e raffinato (viene dal quartiere popolare e proletario dei Tribunali e, in particolare, del famoso “Vasto” o basso che li’ si trova), ha sempre coltivato il sogno, e l’ambizione, di fare il sindaco di Napoli, ma, attualmente, è appassionato dalla ben più grossa partita della gestione dei fondi, e dei soldi, del Recovery Plan che devono arrivare all’Italia: ieri da ministro agli Affari Ue, oggi sottosegretario.

miracolo san gennaro

L’ampolla del sangue di San Gennaro

Una partita grossa, importante, decisiva rispetto alla quale il nome e il volto di Amendola, subito dopo quello di Draghi, è una garanzia per la Ue, che ha imparato a conoscerlo e di cui si fida. Una ‘partita’, quella dei fondi del PNRR che ‘Enzino’, tifoso sfegatato dell’Inter, fresca di scudetto, e cioè non del Napoli FC (il che, a Napoli, è un po’ come non credere al miracolo dello scioglimento del sangue di San Gennaro), vuole ‘vincere’ più di quanto non abbia a lungo desiderato di diventare sindaco di quella Napoli cui lo hanno sempre spinto a candidarsi i dem.

Elmetto da battaglia

Elmetto da battaglia

Non a caso i dem napoletani – molto meno i 5S, assai tiepidi sul nome di Amendola – questo sperano: “Il sindaco che verrà dovrà mettersi l’elmetto e combattere una battaglia. Enzino, sia per il profilo politico e non ‘civico’ sia per la familiarità con i numeri, ha queste capacità” dice un parlamentare dem. Ma Amendola, per ora, risponde secco: “Sono a Lisbona, a occuparmi di Ue e PNRR, non ne so nulla…”.

I tanti dubbi e gli assilli del professor Manfredi…

conte manfredi

Conte e Manfredi

Ricapitolando, tramontata, in modo definitivo, e sostanziale, la candidatura del presidente della Camera, Roberto Fico (non ha mai detto, dal punto di vista formale, che era in corsa, ma lo è stato), che proprio non se l’è sentita di ‘lasciare’ il più alto scranno di Montecitorio, era balenata e aveva preso forza quella di Gaetano Manfredi. L’ex rettore dell’Università di Napoli ed ex ministro all’Università e alla Ricerca nel governo giallorosso è ‘equi-vicino’, ieri come oggi, all’ex premier Giuseppe Conte come all’ex segretario Nicola Zingaretti, nonché amico personale del ‘demiurgo’ dell’alleanza ‘organica’ tra Pd e M5s, Goffredo Bettini, cui ha persino dato, da indipendente, l’adesione alla sua nuova corrente ‘cristiana&socialista’ (sic) “Agorà”. Manfredi, in realtà, a candidarsi ci sta ancora pensando: solo che, ad oggi, il suo è un ‘no’, non certo un ‘sì’.

zingaretti bettini

Zingaretti e Bettini

Insomma, dopo essere stato a lungo in ‘modalità Gualtieri’ (Manfredi è sempre stato il candidato ‘di rincalzo’ rispetto alla prima scelta, cioè Fico, il che non è che lo aveva messo di buon umore), ora è entrato in ‘modalità Zingaretti’: tentenna, riflette, medita, dubita, un giorno è tentato di accettare e, il giorno dopo, di mollare la presa. Peraltro, essendo persona assai seria, oltre che mite, i dubbi di Manfredi sono seri e assennati, come si evince dalla lettera pubblica di rinuncia dell’ex ministro e rettore della Federico II: “in queste condizioni”, scrive, causa “la situazione economica e organizzativa drammatica” del municipio napoletano, non posso accettare.

Il Moloch. L’enorme debito del comune di Napoli (5 mld)

Il Moloch

Il Moloch

Il problema, infatti, che assilla i pensieri di Manfredi è lo stesso che agitava i sonni di Fico: l’enorme debito del Comune, che assomma all’astronomica cifra di cinque miliardi e che tutte le amministrazioni passate – non ultima quella guidata dal sindaco uscente, l’ex pm descamisado Luigi De Magistris – il quale, ironia della storia, ha deciso sì di ricandidarsi, ma alle prossime elezioni regionali della … Calabria (sic) – che il debito lo ha fatto arrivare a livelli abnormi, un’eredità negativa che grava come un macigno, vera e propria spada di Damocle, su chiunque nutra l’ambizione di governare la città più pazza, oltre che più bella, d’Italia e forse del Mondo. Napoli, appunto.

Luigi De Magistris

Luigi De Magistris

Napoli è la mia forza e il mio dolore, la città dove mi sono formato, che ha ispirato la mia vita e reso l’uomo che sono” scrive, lirico, nella sua lettera aperta Manfredi. Ma così, aggiunge, è ingovernabile: debiti e crediti inesigibili per miliardi, partecipate “in piena crisi”, macchina amministrativa “povera di personale e competenze”. Solo un “intervento legislativo di riequilibro, un immediato incisivo e concreto privo di artifici contabili può salvarla”. In sostanza, servirebbe un patto istituzionale tra tutti i partiti ben oltre il “campo progressista”. E un decreto ad hoc come è stato fatto per Roma nel 2019. “Nella Capitale c’è stato il “Salvaroma” – ha confidato Manfredi agli amici – A Napoli, senza una soluzione politica sarà difficile per il prossimo sindaco, chiunque sia, sfuggire al default”.
Eppure, uno spiraglio, un pertugio, un ‘vicolo’ – o un‘basso’ napoletano, nella tipica tradizione della commedia dell’Arte (quella in cui nulla è davvero come sembra…) – alla candidatura di Manfredi rimane e permane. Infatti, il no del professore di Ingegneria, ed ex Rettore, ed ex ministro, a candidarsi a Napoli arriva in simultanea al suo appello per un deciso intervento del governo affinché apra i cordoni della borsa per il rilancio dei comuni in default contabile che risolva i problemi di molte città.

Il rilancio di Manfredi. Serve una “legge per Napoli”

legge speciale

Il rilancio di Manfredi. Serve una “legge per Napoli”

Una ‘legge speciale’, come quella già varata, e in corso di iter e di approvazione nelle Camere, per Roma Capitale, che però non potrebbe chiamarsi ‘Napoli capitale’ (del Mezzogiorno, magari), ma ‘città in dissesto’ coi bilanci ripianare. Un tema che, guarda caso, rilancia la sinergia di intenti tra Pd ed M5s che, tramite il Nazareno e Giuseppe Conte, sostengono le istanze dell’ex ministro e riaprono con decisione il capitolo delle alleanze. Obiettivo, neanche tanto nascosto, è proprio quello di ottenere un ripensamento di Manfredi nella convinzione che il ‘no’ del professore diventi un ‘sì’, garantendo il rilancio delle città italiane con fondi ad hoc e, appunto, gettare le basi per la rinascita del capoluogo campano.

Il Presidente del consiglio Mario Draghi

Il Presidente del consiglio Mario Draghi

Insomma, per candidarsi, Manfredi avrebbe voluto “garanzie” da Roma – e cioè da Draghi e dal governo – su una road map di ristrutturazione o rateizzazione del debito partenopeo: una somma stratosferica equivalente alla metà dei debiti di tutti i comuni italiani presi nel loro complesso. Garanzie, che solo il governo potrebbe dare, anche sulla scorta della sentenza della Corte Costituzionale che riconosce allo Stato potere di intervento sulle casse degli enti locali. Un percorso, però, complicato, e soprattutto lungo che ha allarmato Manfredi, consapevole che Draghi ‘la Sfinge’ tali segnali, e garanzie, non le dava e non le dà, bloccandone l’accettazione della candidatura a sindaco.

corte costituzionale
A condividere le perplessità e il nodo posto da Manfredi è un altro napoletano doc, il presidente della Camera Roberto Fico, che chiedeva, al governo, sotto traccia, la stessa cosa da mesi, per candidarsi, e che ora osserva con una nota: “Il tema del dissesto finanziario del Comune deve riguardare tutti i partiti politici, nessuno escluso. Da destra a sinistra al Movimento 5 stelle”.

M5s e Pd, disperati, tornano in pressing su Manfredi

logo m5s
Morale, Pd e M5s, nonostante abbiano siglato il ‘patto di Posilllipo’ non sanno che pesci pigliare e, soprattutto, quale nuovo candidato proporre. Ecco perché Conte intigna, rilancia e benedice la corsa a sindaco di Manfredi:E’ una eccellente espressione della società civile” dice l’ex premier che assicura, parlando a nome di tutto il partito: “Il Movimento 5 stelle sarà in prima fila per portare avanti questo patto per Napoli e per realizzare l’intervento legislativo di riequilibrio”.

Francesco Boccia

Francesco Boccia

Si mette subito in scia, il responsabile Enti locali del Pd, Francesco Boccia, numero due di Letta, che vede nelle parole di Manfrediun appello accorato e un vero atto d’amore verso la città di Napoli, al di là delle appartenenze politiche”.
“Il Parlamento sia conseguente – esorta Boccia – Serve una gestione straordinaria del debito” mentre al Nazareno si parla di “preoccupazioni giuste e ragionevoli” di cui il Pd “si farà carico”.

Catello Maresca

Il Magistrato antimafia Catello Maresca

Parole figlie, appunto, della più cupa disperazione perché, senza Fico e senza Manfredi, come candidati, è probabile che fallisca il pressing anche su Amendola. Ergo, Pd e M5s, pur alleati, finirebbero su un nome di assoluto ripiego, sbiadito, con la seria possibilità che il centrodestra, che ha messo in campo da mesi il nome del magistrato Catello Maresca, possa vincere, pure a Napoli.

Il ‘no’ complesso di Manfredi e gli altri nomi in gara

Antonio Bassolino

Antonio Bassolino

In realtà il ‘no’ dell’ex ministro è complesso e motivato non soltanto dal problema del dissesto finanziario del comune: parte dal mancato sostegno dell’intera coalizione (pezzi di Pd, come dei 5Stelle, sono stati riottosi fino all’ultimo, ad allearsi, la sinistra-sinistra avrà un suo candidato), al proliferare delle candidature di disturbo (l’ex ‘viceré’ di Napoli, Antonio Bassolino, è in pista, con una sua lista personale, ma anche De Magistris lancerà un suo uomo a nome della sinistra radicale, antagonista, sociale), al peso ingombrante del governatore campano, Vincenzo De Luca, che vuole dire sempre la ultima parola (che deve essere sempre la sua) sia sulla coalizione che sui candidati che sulle liste, fino, appunto, all’incertezza sulla legge ‘salva bilanci’ che servirebbe gestire i fondi europei.

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Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca (Fabio Cimaglia / LaPresse)

L’obiettivo – disperato – di Pd e M55 ancora oggi è quello far cambiare idea al professor Manfredi. Il giorno dopo il cosiddetto “patto di Posillipo” i giallorossi scommettono e sperano, nel loro primo ‘matrimonio’ elettorale celebrato nelle grandi città, di trovare un candidato degno e forte. L’unico matrimonio, per ora, visto che nelle altre le alleanze latitano o sono state rotte o sono in aria. In ogni caso, a parte Manfredi, resta in piedi sempre e solo l’ipotesi di andare in ginocchio da Amendola e chiedergli il sacrificio della vita. Il quale Amendola, però, per quanto uomo di sinistra raffinata e colta, potrebbe rispondere con un altro, assai noto, adagio napoletano: “Accà nisciun è fess’…”.