“Oddio, il Pd mi è diventato di sinistra!”. La svolta ‘radical’ di Letta e i malumori interni tra i democrat

“Oddio, il Pd mi è diventato di sinistra!”. La svolta ‘radical’ di Letta e i malumori interni tra i democrat

26 Maggio 2021 2 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

“Oddio, il Pd mi è diventato di sinistra!”. La svolta ‘radical’ di Letta e i malumori interni che ha provocato tra i democrat di Base riformista come di Area dem…

sinistra radical chic

La sinistra Radical Chic vista dai cartoni di Mike Lester

 

Nb: l’articolo che state leggendo qui di seguito è stato scritto in forma originale per il blog. Seguono due articoli pubblicati nei giorni scorsi (24 e 25 maggio) sul Quotidiano nazionale e un’appendice tecnica sulla proposta di ‘dote ai 18enni’ e tassa patrimoniale di Enrico Letta.

Il Pd sta diventando un partito troppo “di sinistra”?

Il Pd sta diventando un partito troppo “di sinistra”?

Il Pd sta diventando un partito troppo “di sinistra”?

Tassa patrimoniale sui ceti più ricchi in cambio di una ‘dote’ ai 18 enni, la generazione Covid. Ddl Zan, un battaglia a favore dei diritti civili, da portare avanti a tutti i costi, ‘senza se e senza ma’ – a costo di scontrarsi in Aula con il centrodestra. Ius soli, da rivendicare come una bandiera, come pure il voto ai 16 enni e altre misure sui giovani, per non dire dello sposalizio alla lotta delle Ong sul tema dei migranti e degli sbarchi in arrivo e di un alleanza ‘organica’ con i 5Stelle mai così stretta e così fondamentale come oggi, nonostante non si trovino candidati sindaci comuni. Ma anche la difesa a spada tratta del blocco dei licenziamenti proposto dal ministro Orlando dentro il cdm, anche se, ora, dopo le fortissime proteste di Confindustria, Draghi vuole toglierlo.

il ministro del Welfare, Andrea Orlando

Il ministro del Welfare, Andrea Orlando

L’obiettivo di Letta sembra – forse anche per cercare di ‘tirar su’, nei sondaggi, il suo Pd, recentemente superato, seppur di poco, da FdI e inchiodato al 18% preso alle Politiche del 2018 (gestione Renzi, che per questo motivo si dimise) – quello di definire una identità molto spostata ‘a sinistra’, per il Pd. Recuperando, in vista delle amministrative, quando arriveranno i voti ‘veri’, e non varranno più, come ora, solo i sondaggi, voti e consensi a sinistra, in quello spazio politico ed elettorale che, oggi, sta tra LeU-Articolo Uno, Sinistra italiana, Verdi e che, elettoralmente, vale almeno un 4%-5%. Insomma, la ‘scommessa’ di Letta sembra essere che, una volta finita la pandemia (e il coprifuoco), “ci sarà bisogno di più sinistra” e che “vanno rimessi insieme i cocci di quello che c’è”.

Zingaretti Nicola

Nicola Zingaretti

L’obiettivo del segretario sembra dunque essere quello di caratterizzare il suo partito sempre più con proposte e idee ‘di sinistra’, spiazzando – almeno in parte – un pezzo del suo stesso partito (l’ala degli ex renziani di Base riformista, guidata da Lotti e Guerini, ma anche Area dem di Dario Franceschini), con proposte che neppure l’ex segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che dalla ‘sinistra’ del Pci-Pds-Ds proveniva, aveva mai osato formulare con tanta forza e con tanta nettezza, oltre che in modo pubblico.

Anima e cacciavite”. Letta spiega, nel suo nuovo libro, che vuole recuperare l’idea di “conflitto sociale”

Come dice, e scrive, oggi, sul quotidiano La Repubblica, Enrico Letta, pubblicando un estratto del suo libro che esce domani, Anima e cacciavite. Ricostruire l’Italia  (Solferino) “una delle cause più profonde della crisi dei partiti progressisti è stata la tendenza diffusa a disprezzare il disagio, derubricare il conflitto sociale a orpello novecentesco, vivere le disuguaglianze come il prezzo da pagare, apparentemente minimo, di fronte alle opportunità, apparentemente infinite, della globalizzazione e dell’apertura“. Per Letta si e’ trattato di un “abbaglio storico“, sul quale è necessario “fare autocritica“. In primo luogo, scrive, perché si è “permesso che la risposta ai bisogni legittimi di protezione fosse appannaggio esclusivo della destra populista“. E poi perché, “quasi vergognandoci di pronunciare l’espressione ‘giustizia sociale’, abbiamo smarrito l’aspirazione stessa al progresso, non vedendo che intorno a noi si consumava invece un regresso”.

Per il segretario del Pd si ingenera cosi’ una catena che porta “meno lavoro, meno opportunità di crescita, meno speranza, meno figli, meno empatia verso le difficoltà, meno solidarietà verso gli ultimi e i disperati”. Oggi bisogna quindi “recuperare in fretta il tempo perduto e porre la riduzione delle disuguaglianze e la prossimità verso i bisogni della persona e della comunità al centro della nostra azione politica. Cosa significa essere progressisti, altrimenti? Dov’è l’anima, di cui parlavo prima? In fondo, dice Filippo Andreatta, ‘rimangono i nemici di sempre da sconfiggere (le 4 P): povertà, privilegi, pregiudizi, paura. Sono ancora gli stessi nemici del Risorgimento, Resistenza e Costituente‘”. Secondo il segretario del Pd “continuare a perpetuare squilibri sottrae linfa e vitalità alle nostre comunità. Ne risentono tutti, non solo gli ultimi, e ciò dovrebbe suggerire alle élite, alla locomotiva, che l’unico vero modo per far procedere a una buona velocità il treno è accettare una volta per tutte che la riduzione delle disuguaglianze – vecchie e nuove, sociali e territoriali, generazionali e di genere – non è più soltanto una sacrosanta questione di giustizia sociale, ma un motivo di convenienza per tutto il Paese, a partire dalle sue classi dirigenti. Perché se il treno deraglia le conseguenze sono gravi per tutti e a rischio ci sono non i privilegi di una parte, ma la sopravvivenza dell’intero sistema della democrazia“.

 

Dal ddl Zan al voto ai 16enni, dallo ius soli al blocco ai licenziamenti alla patrimoniale: Letta spinge…

ddl zan

Ddl Zan

Ma come si traduce, in concreto, questa ‘svolta a sinistra’ impressa al Pd da Letta?

C’è il ddl Zan da approvare “così com’è”, come Letta ha spiegato ai suoi senatori, assai basiti (alcuni, anzi molti, gli hanno chiesto modifiche, come la senatrice Valeria Fedeli, e non solo lei), a costo di andare in Aula e cercare lo scontro con il centrodestra, che per ora fa melina in commissione Giustizia, ma che di certo voterebbe contro, se il centrosinistra provasse a forzare la mano, chiedendo di portare il ddl Zan in Aula, rischiando di spaccare la maggioranza di governo e di provocarne, di fatto, la prima crisi.

valeria fedeli

Valeria Fedeli

C’è lo ius soli, che vede, a sua volta, la contrarietà del centrodestra, e che per ora non riesce a uscire dalle secche della commissione. C’è il voto ai sedicenni, che neppure è partito, come proposta di legge, quando sempre il Senato non riesce a licenziare neppure l’elettorato attivo e passivo del Senato, portandolo dagli attuali 25 e 40 anni a 18 e 25, come non riesce a fare altre, e pure importanti, riforme costituzionali ‘minime’ (il numero dei delegati regionali per l’elezione del Capo dello Stato, la legge elettorale.).

C’è, ultimo terreno di scontro in seno al governo, stavolta, il braccio di ferro andato in onda tra il ministro al Lavoro, Andrea Orlando, e il premier (spalleggiato da Lega-FI-Iv, M5s silenti) sulla proroga del blocco dei licenziamenti come pure quello tra Draghi e Franceschini sulle procedure più snelle da inserire nel nuovo Codice degli appalti.

Giuseppe Provenzano

Giuseppe Provenzano

Da questo punto di vista, si sono notate, subito, le difese a spada tratta di Orlando dell’ala sinistra del Pd e il silenzio degli altri big e aree interne al Pd, quelle  ‘riformiste’. Il vicesegretario dem, Peppe Provenzano, ha attaccato a testa bassa non solo Confindustria, e la destra ‘di governo’, schierandosi con la Cgil e, ovviamente, con Orlando, ma anche il premier, che pure già aveva criticato in diverse occasioni.

Letta si è limitato a dire che “sono ingenerose le critiche a Orlando, che ha tutto il nostro sostegno”, ma certo  si è aperta una faglia non piccola, dentro il governo, e dentro la maggioranza, sulla proroga del blocco dei licenziamenti. Orlando, durante il cdm di giovedì scorso, e poi in conferenza stampa, al fianco di Draghi, l’aveva formulata divisa in due parti: una proroga di 2 mesi (scade al 28 giugno e Orlando la voleva prorogare fino al 28 agosto) per le imprese che chiedono la Cig Covid entro giugno e una seconda parte che voleva rendere gratuita la Cig Covid se chi la usa decide di non licenziare.

Aldo Bonomi

Carlo Bonomi presidente Confindustria

Una norma, inserita all’ultimo minuto, senza una reale ‘condivisione’ con gli altri ministri e partiti, e che ha suscitato subito l’alzata di scudi da parte di Confindustria che, con il suo presidente, Carlo Bonomi, ha fatto subito fuoco e fiamme, scatenando i suoi (Licenziamenti, l’inganno di Orlando il titolo del Sole 24 ore di domenica), e ottenendo dal premier in persona l’aggiustamento in carreggiata: via la prima mini proroga al blocco dei licenziamenti ad agosto. Il Pd finge che sia stata “mantenuta l’impostazione di Orlando” ma è il centrodestra a incassare il punto: la norma che fa slittare al 28 agosto la fine del blocco dei licenziamenti come all’improvviso scompare e ora Draghi dovrà dipanare la matassa nei prossimi giorni, anche se non sarà così facile.

Lo scontro con il premier e la strategia per il Colle: Letta vuole sbarrare la strada a Draghi al Quirinale?

Letta Draghi Salvini

Letta Draghi Salvini

Ma Enrico Letta lo ripete a chiare lettere: «Non mollo». E stavolta il bersaglio della «minaccia» del segretario del Pd non è l’alleato-avversario Matteo Salvini, ma l’inquilino di Palazzo Chigi, Mario Draghi con cui pure si è sentito al telefono per un chiarimento dopo il no del premier alla proposta di introdurre una tassa di successione per finanziare una dote ai diciottenni. Proposta, come si sa, respinta da Draghi con durezza: «I soldi dobbiamo darli, non prenderli». «Un confronto franco e cordiale», spiegano fonti del Nazareno, ma in realtà è stato un duro faccia a faccia. Il premier ha chiesto «lealtà e soprattutto che si giochi a carte scoperte». Seguirà incontro tra i due, in settimana.

Ettore Rosato

Ettore Rosato

Letta avrebbe, in realtà, in testa – così dicono fonti malevole interne al Pd – un altro piano: tenere alta la tensione per logorare l’esecutivo fino all’elezione del capo dello Stato. L’obiettivo è segare le gambe a Draghi nella corsa al Quirinale per lasciarlo dov’è, cioè a palazzo Chigi. Scenario ipotizzato da Ettore Rosato, organizzatore di Iv, come riportava il Giornale. Da qui si spiegherebbe la virata ‘a sinistra’ di Letta dopo l’endorsement ufficiale di Matteo Salvini sul nome di Draghi per il post-Mattarella, dato che il Pd vuole mantenere dov’è l’attuale Capo dello Stato e, già che c’è, pure Draghi. 

logo m5s

Ma se, nella partita sul fisco, il M5S risulta non pervenuto (tranne timide critiche a Letta e al Pd), l’idea di Letta – dicevamo – piace a tutta la sinistra, sia quella del Pd (Orfini, Provenzano, Orlando), sia quella ex radicale oggi fuori dal Pd (LeU, SI, Sardine). Il leader del Pd, perciò, non arretra e si prepara a un nuovo tour in tv: «Io ho fatto una proposta sui giovani. E poi, con serietà, ho parlato di come finanziarla. Ma vedo che si continua a parlare solo di patrimoni e successioni. Ne traggo la triste ennesima conferma che non siamo un paese per giovani. E non mollo». «Un provvedimento insiste Letta e il Pd – che va approvato in questa legislatura»: «Non c’è neanche da chiederlo. Si tratta di una proposta su cui, come ha detto Letta, il Pd non ha intenzione di recedere», spiegano fonti del Nazareno. Eppure,  i malumori dei dem crescono di forza, peso e d’intensità, su questa come sulle altre ultime proposte lanciate dal segretario.

I malumori interni al Pd sulle ultime uscite di Letta

borghi enrico

Enrico Borghi

Certo, c’è anche chi, pur ‘riformista’ doc, esulta, come Enrico Borghi, oggi entrato nella segreteria Letta: “Far pagare ai ricchissimi le tasse per i più poveri, stoppare i brevetti dei vaccini, dare diritti ai discriminati. Abbiamo di nuovo una sinistra!” dice, soddisfatto, Borghi al Quotidiano nazionale. Ma c’è anche chi non è affatto soddisfatto del ‘nuovo corso’ ‘di sinistra’ impresso da Letta. L’uscita più divertente la riporta La Stampa ieri: “ci siamo comprati un ex Dc e ci siamo ritrovati un tupamaro…”.

Matteo renzi 1

Matteo Renzi

Oppure, anche, “ci siamo addormentati diccì e ci risvegliamo comunisti” in merito alla sortita di Enrico Letta, che vorrebbe che le suore possano dire messa (sic), suscitando l’ironia acida di Matteo Renzi (“Si preoccupi a candidare donne alle comunali…”).
Ex diccì ed ex PPI, oggi in Base riformista o in Area dem, sono rimasti assai silenti e perplessi, sia sull’idea della tassa patrimoniale sia sugli attacchi di Confindustria al ministro Orlando sul blocco dei licenziamenti. Un silenzio, quello su Orlando, che al Nazareno, è stato notato e che non è molto piaciuto.

Il Pd sta diventando “il partito della lotta di classe”?

pd

Il Pd sta diventando “il partito della lotta di classe”?

Il cordone sanitario a ‘protezione’ di Orlando è stato eretto solo dalla sinistra interna (Provenzano, Bettini, Cuperlo, etc.), oltre che dal segretario stesso (“Ingenerose le critiche a lui”) ma non una parola da Area dem o da Base riformista che ieri sera ha riunito la sua corrente per ‘fare il punto’ sulla situazione politica. I più agguerriti chiedono la convocazione di una Direzione per discutere la linea troppo ‘radicale’ di Letta e imputargli di fare le sue uscite solo con interviste e non “nei luoghi deputati dal partito a tenerle”, come appunto è (o, meglio, sarebbe…) proprio la Direzione del Pd.

Andrea Marcucci

Andrea Marcucci

Inoltre, non solo Andrea Marcucci – pasdaran dell’anti-lettismo dentro i gruppi parlamentari – critica “questo procedere per strappi e spallate” sul blocco dei licenziamenti come su altri temi, ma anche altri parlamentari, assai più moderati, sono entrati in fibrillazione per una ‘linea’ che “trasmette agli elettori, dai migranti ai diritti della comunità Lgbt, dalla patrimoniale al blocco dei licenziamenti, una linea di partito che disorienta gli elettori e mette noi in grave difficoltà interna”. Insomma, salgono i mugugni di chi vede, o meglio paventa, perché ce ne vuole, a pensarlo, a soli due mesi dall’arrivo di Letta, la trasformazione del Pd “nel novello partito della lotta di classe”. Una interpretazione malevola che solo i fatti, e Letta stesso, potranno ora smentire.


Nuova tassa, Letta tiene duro Ma nel Pd cresce il malumore. Solo l’ala sinistra segue il segretario. I malpancisti: «Finirà tutto nel nulla, come Ius soli e ddl Zan»…

Nb. Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2021 per il Quotidiano nazionale

Scetticismo, dubbi, malumori, contrarietà è il portato, facendo un rapido giro all’interno del Pd, sull’ultima idea uscita dal cilindro del segretario. Trattasi, come si sa, dell’ipotesi di finanziare una “dote” per i giovani (fino a 18 anni) con una tassa fino al 20% sulle eredità immobiliari che valgano 5 milioni. Una misura che “riguarda l’1% della popolazione”, come la rivendica e la rilancia, in diverse occasioni, Enrico Letta.

Il plauso della sinistra, il silenzio degli altri big

dracula

Stoppato in malo modo dal premier, sbertucciato dalla destra, che raffigura il Pd come “il partito delle tasse” e Letta come “novello Dracula”, incassata la ola della sinistra radicale (LeU, SI, etc), Letta ha avuto il sì convinto dell’ala sinistra del suo partito (Orlando, Provenzano, Boccia), e il plauso – non scontato – delle due capogruppo (Serracchiani e Malpezzi), che non appartengono alla sinistra e neppure a Letta, che pure le ha chieste e ottenute, ma anche lo scetticismo e i dubbi profondi delle altre aree.

Non a caso, tutti i big del partito non ‘di sinistra’ (i ministri Franceschini e Guerini, sopra tutti), hanno taciuto. sul punto, imbarazzati o contrariati.

Le critiche soft, ma ‘in chiaro’, di Base riformista

lotti guerini

Lotti Guerini Area Riformista

Ma, ovviamente, è dentro Base riformista – la corrente che fa capo a Lorenzo Guerini e a Luca Lotti – e dentro Area dem, il cui capofila è Franceschini – cioè le due correnti che vengono dalla ex Margherita e, prima ancora, dal PPI e dalla Dc – che i distinguo e le critiche arrivano numerosi. Solo che, per lo più, preferiscono rimanere ‘coperti’ e parlare solo dietro rigoroso anonimato. Solo in pochi si espongono con nome e cognome.

Andrea Romano

Andrea Romano

Al netto dell’ormai eterno ‘bastian contrario’, il senatore Andrea Marcucci, ex capogruppo, di fede liberal e che con Letta ha il dente avvelenato proprio perché ha voluto rimuoverlo (Marcucci, in buona sostanza, ha detto che “tra Letta e Draghi, sto con Draghi: no a nuove tasse”) anche i due portavoce nazionali di Base Riformista, Andrea Romano e Alessandro Alfieri, hanno criticato l’idea, pur con toni soft. Per RomanoIl giusto merito della proposta rischia di essere schiacciato nell’angolo ‘sinistra=tasse’, particolarmente minoritario in questa fase storica. La destra non aspetta altro”.

alessandro alfieri

Alessandro Alfieri

Invece, per Alfieriè sacrosanta la proposta di aiutare i giovani con una dote visto che sono stati tra i più colpiti dalla pandemia, ma su come finanziarla dovremo discuterne tutti insieme. Ci ragioneremo nell’ambito complessivo della riforma fiscale”.

Le voci anonime molto critiche e assai perplesse

voci anonime

Le voci anonime molto critiche e assai perplesse

Poi, ci sono le voci anonime, assai più critiche, anzi decisamente perplesse, e contrariate, all’idea lanciata da Letta. Parlano volentieri, con Qn, ma dietro anonimato.

La dote ai 18enni? Finirà come il voto ai 16enni, lo ius soli e il ddl Zan. Proposte che non vedranno mai la luce, non in questa legislatura”. Il senatore dem è assai sconsolato, ma è mosso dalla realpolitik di chi, in Parlamento, ci vive e ritiene che nessuna di queste proposte farà mai un passo, sia a causa dell’estrema litigiosità della maggioranza che ‘regge’ il governo Draghi, sia a causa delle perplessità che anche altri pezzi del – presunto – centrosinistra (M5s, Azione, Iv, etc.) hanno mosso all’idea della tassa di successione. Insomma, il refrain è – e sarà – “non ci sono i numeri”….

Altri muovono critiche “di merito e metodo”. Un altro senatore ferrato in materia di scuola, istruzione e giovani le sue critiche le espone così: “Letta sbaglia nel merito perché, invece di fare una battaglia a favore dell’istruzione e contro la dispersione scolastica, mette delle bandierine come la ‘dote’ ai 18 enni e il voto ai 16 enni che non rispondono realmente, ai bisogni dei giovani, che vogliono studiare, e lavorare di più, non avere più soldi. Poi, sbaglia anche nel metodo” – dice – “Abbiamo tenuto una Direzione, la prima della gestione Letta, e invece di fare lì questa proposta, l’ha lanciata su Twitter. Così non aiuta il dibattito e fa passare l’idea dell’uomo solo al comando. Un errore”.

Una senatrice, invece, parla di “obiettivo giusto posto al momento sbagliato. Governo e Camere hanno appena approvato 300 miliardi tra PNRR, decreto Sostegni 1 e 2, e tu, un minuto dopo, dici che dobbiamo mettere, per ‘giustizia sociale’, 2,8 mld a favore dei giovani? Se voleva farlo c’erano 300 mld pronti subito! Inoltre, si poteva presentare la proposta come una tantum per il 2021. Infine, in un Paese in cui abbiamo il 60% di imposizione fiscale, fare una proposta del genere, che non scomputa il valore della casa, è solo un modo per mettere una bandiera per coprirsi a sinistra”. “A naso – sospira un deputato di Area dem mi sembra un altro modo, stile ddl Zan da votare subito e basta, così com’è, per fare campagna elettorale più che per fare le cose fino in fondo”.


Letta in tv fa catenaccio «Tasse? Non cambio idea». Il segretario dem da Fazio per difendere la sua idea di patrimoniale: «Non voglio mettere in difficoltà il governo Draghi ma i giovani vanno aiutati»

Nb. Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2021 sulle pagine di Quotidiano nazionale

“Io non mollo”. Letta in tv insiste sulla patrimoniale

Enrico Letta

Enrico Letta

“Io non mollo”. Enrico Letta, con la calma imperturbabile che gli è propria, ribadisce, nello studio di Che tempo che fa? di Fabio Fazio (Rai 3),dove è stato ospite ieri sera per presentare il suo nuovo libro, “Anima e cacciavite” (Solferino) che “bisogna aiutare i giovani a trovare casa, lavoro, istruzione, prospettiva di vita. Bisogna far tornare dall’estero chi è fuggito e non essere avidi o egoisti. L’Italia deve tornare a essere un Paese attrattivo per i giovani, cosa che invece non è più. Ecco perché la mia proposta di una dote di 10 mila euro per i giovani italiani sotto una certa fascia di reddito è una proposta che il Pd continuerà ad avanzare, al governo e ai partiti. Senza minimamente voler mettere in difficoltà il governo e il premier, che sosteniamo con lealtà, e all’interno di una riforma fiscale complessiva, che poi è quella che la stessa Europa ci chiede”.

Il problema è che la ‘traduzione’ pratica della proposta di Letta consiste, come ribadisce lo stesso segretario nello studio di Fabio Fazio, nella richiesta di reintrodurre, in buona sostanza, quella tassa patrimoniale che – come nota Letta – “c’è negli Usa e in tutti i grandi Paese europei, solo in Italia no, perché è stata abolita” (Letta non fa nomi, ma la tassa patrimoniale l’abolì il governo Berlusconi, ndr).

Le rassicurazioni di Letta contro ‘lo spavento’ altrui

spavento

Le rassicurazioni di Letta contro ‘lo spavento’ altrui

Letta è consapevole che la sua proposta ha ‘spaventato’ molti italiani, oltre ad aver ricevuto molte critiche, da praticamente tutti i partiti, anche quelli in teoria ‘alleati’ (M5s, Iv, Azione di Calenda), quindi prova a rassicurare tutti: “Stiamo parlando di tassare lo 0,10% del Paese, cioè di chi dichiara un Irpef superiore ai 300mila euro l’anno. Quindi, a chi ci sta ascoltando, dico: tranquilli, la tassa non riguarda nessuno di voi”.

Letta, già che c’è, fa anche una citazione colta, quella del primo presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, che “si è sempre scagliato contro la rendita ed era liberale (come a dire: io non solo un pericoloso bolscevico, e non lo è il Pd, ndr.). Chi vive di rendita è giusto dia un contributo, ma la tassa non riguarda il ceto medio, ma i ceti alti”.

Su altri temi, invece, Letta è stato molto più elusivo

salvini meloni

Salvini e Meloni

Naturalmente, non è solo questo il tema che Letta affronta da Fazio, ma sugli altri argomenti le risposte del segretario del Pd sono più elusive, almeno su alcuni (legge elettorale, elezioni future del Colle, candidature comuni coi 5S nelle città).

Nette, invece, sono le risposte sulla destra di Salvini e Meloni (Letta apprezza sempre, nelle sue dichiarazioni, la seconda, rispetto al primo, di cui contesta l’appoggio ondivago al governo), che rappresentano la “peggiore destra italiana alleata con le peggiori destre europee”, anche se glissa sui sondaggi che danno FdI ormai più alto del Pd.

Come pure quelle sulla “necessità di fare le riforme, non solo quella fiscale, ma anche della giustizia e della concorrenza. Ce lo chiede la Ue, in cambio dei soldi del Recovery Plan, e ci chiede anche se i partiti saranno ‘seri’ nel sostenere il governo Draghi, garanzia dell’impegno dell’Italia davanti all’Europa. Io rispondo che il Pd c’è e non voglio creare problemi a Draghi (Letta e il premier, dopo la ‘incomprensione’ sulla tassa di successione si vedranno in settimana, ndr.) e mi auguro che serio lo sia anche Salvini.

Più elusivo, invece, Letta, lo è sulla legge elettorale (“ne voglio una senza le liste bloccate, cittadini devono poter scegliere i rappresentanti”), – ma non dice quale: se cioè chiederà al Pd di ‘sposare’ il maggioritario, stile Mattarellum, restare sul Rosatellum o rinculare su quel Germanicum, un proporzionale che piace a molti, dentro il Pd, specie dentro i gruppi parlamentari) – sulle candidature comuni con i 5Stelle che mancano (“Noi faremo le primarie”, si limita a dire, e pure “a Napoli troveremo un candidato” comune), sulle alleanze (“Io mi dedico a ricostruire il Pd e il centrosinistra, poi vedremo”), ma ribadisce anche di avere “un ottimo rapporto con Giuseppe Conte”, rispondendo in merito ai complessivi con i 5Stelle. Il problema è il rapporto con Draghi che s’è incrinato e chissà se basterà l’incontro vis a vis per ricucirlo.


APPENDICE. “PER SPIEGARE, PER CAPIRE”…

Come sarebbe la ‘dote’ ai 18enni proposta da Letta e come si modulerebbe la tassa di successione del Pd

Massimo Gramellini

Massimo Gramellini

Secondo il segretario del Pd, che ne ha parlato per la prima volta in una intervista concessa a Massimo Gramellini per il settimanale Sette del Corriere della Sera (qui il link: https://www.corriere.it/sette/politica/21_maggio_20/enrico-letta-7-ora-sono-grato-renzi-colleziono-campanelle-b910091a-b935-11eb-9c80-c1fe6e22b062.shtml ), si tratta di una “dote” di 10 mila euro da concedere ai 18enni – la “generazione Covid,” secondo Letta — sulla base dell’Isee, da spendere per motivi specifici: formazione e istruzione, lavoro e imprenditoria, casa e alloggio. La misura non dovrebbe essere finanziata a debito, ma rivedendo in senso progressivo la tassazione sulle successioni e sulle donazioni sopra i patrimoni da 1 milione di euro, portando al 20% l’aliquota massima, per le eredità e le donazioni oltre i 5 milioni di euro.

Si tratterebbe, quindi, di una redistribuzione di risorse a favore della ‘generazione Covid’ finanziata con un aumento della tassa di successione che toccherebbe le eredità milionarie, quelle dell’1% degli italiani. E’ questo l’obiettivo della proposta del Pd che assegna una dote di 10mila euro alla metà dei 18enni italiani.

La dote viene data sulla base dell‘Isee famigliare e toccherebbe a chi oggi ha tra i 13 e i 17 anni. Il ‘gruzzolo’, però, dovrà essere speso per motivi specifici: formazione e istruzione; lavoro e piccola imprenditoria; casa e alloggio.

Alla base di questo intervento redistributivo è prevista, appunto, una revisione in senso progressivo delle aliquote su successioni e donazioni superiori a 5 milioni, l’1% degli italiani. Una sorta di allineamento di questi parametri fiscali italiani a quelli dei Paesi Ue.

Oggi, infatti, dalle tasse di successione l’Italia incassa circa 800 milioni contro i 6 miliardi della Gran Bretagna, i 7 miliardi della Germania e i 14 miliardi della Francia. Un bello squilibrio, in effetti, che il Pd si propone, ora, di ‘sanare’.

L’aliquota di tassazione per eredità o donazioni superiori a 5 milioni di euro tra genitori e figli, in Italia, è attualmente tra le più basse d’Europa, il 4%. In Germania è al 30%, in Spagna al 34%, in Gran Bretagna il 40%, in Francia il 45%.

Numeri alla mano, secondo la proposta del Pd, la dote arriverebbe ogni anno a circa 280mila ragazze e ragazzi: al 1 gennaio 2021 i 18enni erano 566.547 e a riceverla sarebbe il 50% di chi diventa maggiorenne, in base all’Isee familiare.

La proposta del Pd prevede che la dote non sostituisca il diritto allo studio e il welfare studentesco che i dem intendono anzi rafforzare. Il costo della misura è di circa 2,8 miliardi annui, finanziabili appunto tramite la revisione in senso progressivo delle aliquote sull’imposta sulle successioni e donazioni, mantenendo la franchigia di 1 milione di euro, e portando al 20% l’aliquota massima di tassazione per le eredità e donazioni tra genitori e figli superiori a 5 milioni.

(fonte: Adnkronos del 21 maggio 2021 al link: https://www.adnkronos.com/tassa-successione-e-dote-per-giovani-la-proposta-di-letta-chi-riguarda_5ACdxpxAiE0VE5HZDtf2MN?refresh_ce )