“Sinistra pop e senza popolo”. La sinistra italiana si è ‘innamorata’ della tv e ha ‘perso’ gli intellettuali

“Sinistra pop e senza popolo”. La sinistra italiana si è ‘innamorata’ della tv e ha ‘perso’ gli intellettuali

2 Giugno 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

Liberté, egalité et stupidité… La sinistra italiana si è ‘innamorata’ della tv e dei social, ma è diventata goffa. Cerca disperatamente di essere ‘pop’, ma ormai è “senza popolo” e, anche, senza più intellettuali di riferimento

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Liberté, egalité et stupidité… La sinistra italiana si è ‘innamorata’ della tv e dei social, ma è diventata goffa

Dal Pci al Pd storia di un decadimento ideale, politico e intellettuale.

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Ne discutono tre importanti studiosi del dibattito pubblico italiano: il sociologo Massimiliano Panarari, la politologa Sofia Ventura e lo storico Giovanni Orsina per il primo numero della nuova rivista “Le Cahier de Galileo” (edizioni Domino), pubblicazione franco-italiana, di cadenza trimestrale, diretta dalla giornalista Maria Elena Capitanio

 

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NB: Questo articolo è stato pubblicato sul numero 1 de “Le Cahier de Galileo” (maggio 2021) che è uscito a maggio e che potrete trovare in edicola e in libreria, in Francia e in Italia, fino a giugno
Qui trovi il pdf online della rivista da scaricare Libro_CahierGalileo_n1_21 

 

 

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Chi parla male pensa male, vive male!  Le parole fanno male, le parole uccidono!
(Nanni Moretti, dal film Palombella rossa)

Togliatti e Vittorini. I “comunisti” e gli intellettuali

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Palmiro Togliatti, storico segretario del Pci

Il ‘grande’ Partito comunista italiano e i suoi massimi leader non sono stati esenti da un uso improprio, magari forbito, ma duro, delle parole. E hanno ‘disprezzato’ e villipeso gli intellettuali, a meno che non fossero servitori del ‘Principe’, cioè del ‘Partito’. Resta famosa la frase con cui il segretario del Pci, Palmiro Togliatti, nel 1947 liquidò, con rara, perfida, superbia, l’intellettuale e scrittore Elio Vittorini, fiancheggiatore del Pci, fino ad allora, e fondatore della prestigiosa rivista Il Politecnico, che rivendicava l’autonomia della cultura e della figura dell’intellettuale dal Partito.

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Elio Vittorini

Vittorini se n’è gghiuto e soli c’ha lassato” scrisse Togliatti, sulla rivista ufficiale del Pci, Rinascita, per ridicolizzare Vittorini, di origine meridionale, indicarne la assoluta irrilevanza – agli occhi di un partito che, allora, contava quasi il 30% dei voti – e. insieme, per bandirlo in via definitiva dal Pci.

Eppure, il rapporto tra intellettuali e Pci – come pure rispetto agli altri partiti della sinistra italiana – era forte, fortissimo. Tanto che si parlava di intellettuali ‘organici’ o “al servizio del Principe” che, in quel caso, coincideva con il Partito stesso. Case editrici (Einaudi su tutte), riviste culturali, circoli letterari, giornali quotidiani costituivano un vero ‘universo’, a sinistra, e non secondario.

Anzi, ne costituivano il vigoroso braccio ideale, quasi più importante degli iscritti al partito (migliaia, operai e contadini, per lo più) e degli elettori (milioni di cittadini). Un ‘tesoro reale’ che si è perso, disperso, volatilizzato, proprio come i voti alla sinistra, sempre più declinante.

Per paradosso, infatti, oggi la sinistra italiana, pur perdendo le elezioni, è stabilmente al Potere (dal 2013 al 2018 e dal 2018 a oggi, tranne un anno, è entrata ed ha formato tutti i governi del Paese), ma conta sempre meno, nell’Italia reale, concreta. Mantiene una larga, e pesante, prosopopea e alta opinione di se stessa, ma vale – tutta assieme (Pd-LeU-Iv-partiti minori di centrosinistra) il 20%, se va male, e il 25% se va bene, di consensi popolari quando il Pci, da solo, aveva il 30% dei voti e, con Psi-Psdi-altri gruppi minori, sfiorava il 50%, pur senza esser mai riuscita ad andare al governo.

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Antonio Gramsci

Ma come si è potuti passati, in poco più di cinquant’anni, da una vera ‘egemonia culturale’, per dirla con Antonio Gramsci –pensatore sardo, fondatore del Pci, incarcerato dal fascismo e morto in carcere, glorificato dal Pci e oggi studiato nelle Università di tutto il mondo – quella del Pci sulla cultura italiana, egemonia che era ed è sempre stata ferrea, a oggi?

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D’urso Zingaretti

E, in ispecie, alla ingloriosa e patetica scena di vedere l’ormai penultimo segretario del Pd, Nicola Zingaretti, andarsi a ‘confessare’ – pochi giorni prima di gettare la spugna e dimettersi, aprendo una crisi profonda nel partito che guidava, il Pd, e che ha eletto, al suo posto, l’ex premier Enrico Letta – nel salotto tv di Barbara D’Urso, ‘regina’ della tv trash, in una trasmissione, dagli ascolti calanti (Non è la D’Urso), in onda su Canale 5?

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Enrico Letta

Lo abbiamo chiesto a tre importanti studiosi e protagonisti del dibattito politico italiano: il sociologo Massimiliano Panarari, la politologa Sofia Ventura e lo storico Giovanni Orsina.

La versione di Panarari: “La sinistra ha perso, decenni fa, l’appuntamento con la modernità”

Massimiliano Panarari

Il sociologo Massimiliano Panarari

Secondo il sociologo Massimiliano Panarari,La trasformazione, in peggio, della sinistra italiana conosce varie tappe. Si parte dai classici, la vecchia teoria dell’intellettuale organico di gramsciana memoria, al servizio del Principe, allora identificato nel Partito, e si arriva alla metà fine degli anni Ottanta, quando la post-modernità ha già vinto la sua partita e la ‘neo tv’ anche. La sinistra, l’appuntamento con la modernità, l’ha perso, e da subito, ben prima del crollo del Muro.

Lo spirito dei nuovi tempi soffiava già dalla metà degli anni Settanta, con le radio libere, le tv private (da lì nasce Berlusconi), la controcultura. Il post-moderno, poi, ha molti punti di contatto con il neo-liberismo e il tardo capitalismo, con la società post-industriale. La sinistra, tutta, non comprende cosa sta accadendo e il predominio di una sinistra comunista e marxista, che schiaccia e riduce al silenzio la sinistra socialista e riformista, peggiora le cose. L’appuntamento mancato con la modernità è eclatante. Ma la sinistra fa di peggio: sostituisce gli intellettuali con i pubblicitari e la sua comunicazione è subita, non agita. Dopo decenni di rifiuto radicale dei media, tv compresa specie quella a colori (e qui Pier Paolo Pasolini, con grande forza evocativa, ‘fa danni’ perché rifiuta la modernità in nome di purezze perdute), e di contrapposizione alla tv commerciale (la battaglia contro gli spot nei film, il referendum contro le tv commerciali di Berlusconi, etc.), la critica iper-politica si traduce in adesione acritica. Il modello dei pubblicitari, che sostituiscono gli intellettuali, viene assorbito acriticamente e così, dopo lungo rigetto, si passa all’adesione acritica.

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L’ex premier Massimo D’Alema

Zingaretti che si siede nel salotto di Barbara D’Urso è il punto di caduta di una lunga storia, ma prima c’è Massimo D’Alema che nobilita una trasmissione come “Striscia la notizia” come “tv di sinistra” e il suo ideatore, Antonio Ricci, che viene definito “un intellettuale (sic) di sinistra”. Si passa, dunque, – nota Panarari – dal modello del rifiuto a quello dell’adesione, sempre alla ricerca del consenso, ma nell’illusoria, effimera, equazione visibilità=popolarità=consensi=voti. Ma l’errore è capitale. La sinistra va su un terreno di gioco non suo, ma degli autori e dei conduttori, e Bersani, Zingaretti, o altri, sono ‘costretti’ a dare le loro opinioni sul calcio, su attori, cantanti. Il terreno, dunque, è quello del populismo, vero spirito dei tempi: cultura diffusa e pervasiva ma mentre i partiti che erano ‘popolari’ scompaiono.

Edmondo Berselli

Edmondo Berselli

Anche sul piano politico, la sinistra – oggi il Pd – cerca come alleati partiti ‘populisti’, i 5Stelle, e trasmissioni ‘populiste’, come quella di D’Urso. Con un riflesso condizionato di un tempo, quello dell’egemonismo culturale di chi crede di poter dare la propria direzione di marcia alla Storia. Ma il Pd di oggi non è paragonabile al Pci di allora. Letta? Per ora si è chiuso nella comfort zone del neo-ulivismo, nella constituency dem, quella che Edmondo Berselli chiamava “delle professoresse democratiche”, quelle che ti votano comunque…

La versione di Ventura: “Dalla ‘dittatura’ del partito sugli intellettuali alla sinistra cool…”

sofia ventura

la professoressa Sofia Ventura

Non ho troppi rimpianti per il concetto gramsciano di ‘egemonia culturale’ – spiega la professoressa Sofia Venturaperché è indice di un rapporto distorto tra intellettuali e partito. Uno studioso raffinato come Luciano Pellicani, di cui è stato appena ripubblicato il libro “Gramsci, Togliatti e il Pci “(Armando edizioni) lo dice chiaro. L’intellettuale era militante, quindi non era libero, ma funzionale al partito, unica fonte della Verità. Il problema – continua la Ventura – è che, da Togliatti in poi, ha prevalso l’opportunismo. Se eri un intellettuale ‘organico’ al Pci trovavi subito lavoro (nei giornali, in Rai, nelle case editrici). Un rapporto ‘sano’ tra intellettuali e partiti, almeno in Italia, non c’è mai stato.

Nanni Moretti

Nanni Moretti

E, da questo punto di vista, la trasformazione del Pci in Pds-Ds-Pd non ha cambiato i termini del problema. Si oscilla tra l’opportunismo e la superiorità morale, alla Nanni Moretti, contro la destra e Berlusconi. Inoltre, manca un pensiero originale, anche nella segreteria oggi in sella, quella di Enrico Letta.

ROMANO PRODI

Romano Prodi

Al massimo si recupera la idea di Prodi, quella dell’Ulivo, cioè dell’unione dei riformismi, peraltro assai deboli, derivanti dal Pci e dalla Dc. Per quanto riguarda il (malsano) rapporto con la tv – è il giudizio della Ventura – la sinistra si è comportata sempre come una grande neofita.

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

Non ha mai capito il fenomeno Berlusconi, che l’ha triturata, per poi arrivare a imitarlo goffamente. Come quando Massimo D’Alema (allora premier, ndr.) si fa riprendere mentre cucina il risotto nella ‘terza Camera’, Porta a Porta di Bruno Vespa o come quando Zingaretti va ospite dalla D’Urso. Insomma – è il giudizio della Ventura – non hanno mai capito la modernità e il ruolo degli intellettuali è diventato ridicolo, residuale. Letta, da questo punto di vista, si rifugia in talk show da ‘sinistra cool’ come ‘Gazebo’(in onda su La 7, conduttore Diego Bianchi, in arte ‘Zoro’, ndr.) o come ‘Che tempo che fa?’ di Fabio Fazio (Rai Tre, ndr.). Per ora, cerca solo di rassicurare i ‘già convertiti’…”.

La versione di Orsina: “Ora la sinistra rincorre il berlusconismo, ma è goffa e insincera…”

Giovanni Orsina

Il prof. Giovanni Orsina

La mia impressione – è la riflessione del prof. Giovanni Orsina – è di una sinistra che, perso il suo ancoraggio tradizionale, politico ed elettorale, oltre che ideologico, non riesce più a trovare una via.

La interpretazione marxista del mondo, sia in chiave rivoluzionaria che riformista, aveva un chiaro ancoraggio a una filosofia della storia di matrice hegeliana e a ceti popolari di riferimento, ma anche a un rapporto con gli intellettuali che era di tipo ‘organico’. Bisognava conquistare, spiegava Gramsci, “le casematte della cultura”. Una tradizione che ha iniziato a dissolversi presto e cioè già alla metà degli anni Sessanta e che poi ha sposato un modello culturale individualistico e basato sul liberismo.

augusto del noce

Il filosofo cattolico Augusto Del Noce

Già negli anni Settanta il filosofo cattolico Augusto Del Noce parlava, rispetto al Pci, di “partito radicale di massa”. La sinistra ha iniziato a rappresentare, sempre di più, minoranze, diritti, singoli individui, non ceti e classi sociali. E’ anche comprensibile – continua Orsina – perché la società diventa liquida, frammentata, divisa, vince la disintermediazione. Dismesso il modello marxista, la sinistra si getta a fare una politica pop, ma non è più ‘popolare’. Berlusconi– nota Orsina – nasce in quel modello, in una società liquida. E’ un ‘nativo’ televisivo. Non parla ‘tramite’ i media, ‘è’ i media e la tv. La sinistra prova a rincorrerlo sul suo terreno e perde diventando goffa, mostrandosi sempre a disagio.

il risotto di dalema d alema

D’Alema ed il risotto da Vespa

D’Alema che cucina il risotto da Vespa è un caso interessante: l’uomo di partito per eccellenza, il leader maximo, prova ad adattarsi, ma non ci riesce, quel modo di comunicare gli fa schifo, e si vede.

Renzi Veltroni

Veltroni e Renzi

Veltroni e Renzi sembrano più adatti e meglio si adattano al nuovo modo di comunicare, ma con Renzi siamo già oltre la sinistra storica.

Pier Luigi Bersani

Pier Luigi Bersani

Bersani sale sul palco dell’Ariston di Sanremo e Zingaretti va dalla D’Urso, ma sono a disagio, e si vede. Capiscono che devono uscire dai salotti radical chic e andare nei salotti tv, ma non ci sanno stare. L’operazione è insincera, e si vede.

letta fazio

Letta va da Fazio e da ‘Zoro’ per cercare una prima conferma identitaria presso il suo elettorato di riferimento

Letta va da Fazio e da ‘Zoro’ per cercare una prima conferma identitaria presso il suo elettorato di riferimento, collocandosi molto più a sinistra di quanto non sia mai stato lui in tutta la sua vita. Se il tentativo riuscirà è troppo presto per dirlo”.

Primarie Pd

Una cosa è certa. Nessun leader del Pd si potrà mai permettere il lusso di dire, a un intellettuale, le parole e gli sfottò di Togliatti a Vittorini. Sia perché gli intellettuali sono sempre di meno sia perché ogni voto, per la sinistra, oggi vale oro…

Chi son i tre studiosi interpellati in quest’articolo

Massimiliano Panarari

Massimiliano Panarari è professore di Sociologia della comunicazione Università “Mercatorum” di Roma

Massimiliano Panarari. Sociologo, Massimiliano Panarari è professore di Sociologia della comunicazione Università “Mercatorum” di Roma. Specialista di mass media, è editorialista del quotidiano “La Stampa”, collaboratore de “Il Venerdì” e de “L’Espresso”. Tra i suoi molti libri sono decisivi: “Uno non vale uno. Democrazia diretta e altri miti d’oggi” (Marsilio, 2018); e “L’egemonia sottoculturale. L’Italia da Gramsci al gossip” (Einaudi, 2010).

sofia ventura

Sofia Ventura. Politologa, Sofia Ventura è professore associato all’Università di Bologna, Scuola di Scienze Politiche, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali. Editorialista de “La Stampa” e de “L’Espresso”, tra i suoi molti libri ricordiamo: “Il racconto del capo. Berlusconi e Sarkozy” (Laterza, 2012); e “I leader e le loro storie. Narrazione, comunicazione politica e crisi della democrazia” (Il Mulino, 2018).

Giovanni Orsina è un politologo e storico italiano

Storico, Giovanni Orsina è professore associato di Storia Comparata dei Sistemi Politici Europei e di Storia del Giornalismo alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Luiss “Guido Carli” di Roma

Giovanni Orsina. Storico, Giovanni Orsina è professore associato di Storia Comparata dei Sistemi Politici Europei e di Storia del Giornalismo alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Luiss “Guido Carli” di Roma. Editorialista de “La Stampa”, tra i suoi molti libri restano fondamentali almeno due: “Il berlusconismo nella storia d’Italia” (Marsilio, 2013); e “La democrazia del narcisismo. Breve storia dell’antipolitica” (Marsilio, 2018).


Maria Elena Capitanio

Maria Elena Capitanio

“Le Cahier de Galileo” (edizioni Domino),
pubblicazione franco-italiana,
diretta dalla giornalista Maria Elena Capitanio