Non c’è pace sotto gli ulivi del Pd. Alle primarie vincono i candidati di Letta, ma fioccano le polemiche. Veleni a Roma, dubbi a Bologna

Non c’è pace sotto gli ulivi del Pd. Alle primarie vincono i candidati di Letta, ma fioccano le polemiche. Veleni a Roma, dubbi a Bologna

22 Giugno 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

Non c’è pace sotto gli ulivi del Pd. Le primarie rafforzano i candidati di Letta ma fioccano le polemiche. Disanima del voto di Roma e Bologna

polemiche

Le primarie rafforzano i candidati di Letta ma fioccano le polemiche

Nb: questo articolo è stato scritto in forma autonoma per questo blog e pubblicato il 22 giugno 2021

Le primarie sono andate, il risultato è netto, Letta canta vittoria. Tutto bene, dunque? No, nient’affatto…

Giovanni Caudo

Giovanni Caudo, presidente del Municipio III

Le primarie sono andate bene, l’affluenza c’è stata (paradossalmente assai migliore nella disincantata Roma che nella ‘rossa’ Bologna, ma questi sono gli scherzi del destino della Sinistra), i candidati della segreteria e di Letta hanno vinto. Insomma, tutto è bene quel che finisce bene? Mica tanto. Come sempre, nel Pd, amano assai complicarsi la vita. E, dunque, via alle polemiche! Anche qui, assai paradossalmente, molto più forti a Roma – dove il secondo, staccato di molte lunghezze, Giovanni Caudo, sostanzialmente paventa “brogli, irregolarità” e, soprattutto, un numero di votanti molto ‘gonfiato’ che a Bologna, dove lo scontro tra Lepore e Conti è stato al fulmicotone per tutta la campagna elettorale e fino al giorno stesso in cui si votava. Invece, almeno a Bologna, il Pd si ricompatta (la Conti accetta la sconfitta e assicura ‘leale sostegno’ al vincitore) ma a Roma si spacca e i veleni si sprecano. Morale, non c’è pace tra gli ulivi, soprattutto sotto quelle made in house dem. Ma andiamo con ordine. Prima tracciamo un quadro generale del voto uscito dalle primarie e, poi, analizziamo i risultati nelle due città dove si sono svolte, con annesse polemiche e problemi.

L’anamnesi del voto di Roma e di Bologna. Vince la ‘Ditta’.

pd sede nazareno

La sede del Pd al Nazareno

La prima considerazione da fare, a risultato ormai acquisito, è che a Roma stravince il candidato di Enrico Letta (il quale, in realtà, non voleva lui, come candidato, bensì Nicola Zingaretti, ma questa è un’altra storia: vedi alla voce 5Stelle), Roberto Gualtieri, mentre non riesce il blitz renziano a Bologna. Soprattutto, l’affluenza dei votanti si attesta su livelli pre-Covid (quasi ottima a Roma, rispetto al 2016, stiracchiata a Bologna). Insomma, al Nazareno, già da domenica pomeriggio, hanno tirato un bel sospiro di sollievo. È andato tutto come doveva andare nel “gran ritorno” del ‘lavacro popolare’ delle primarie del Pd, le prime dopo la pandemia insieme a quelle celebrate a Torino la settimana scorsa (andate malissimo sia per la bassa affluenza che per la opacità dei deboli candidati). Roberto Gualtieri e Matteo Lepore sono i due candidati sindaco dei Democratici nelle ultime due grandi città che mancavano all’appello. L’ex ministro dell’Economia sbaraglia la concorrenza e vola su percentuali che superano il 60%, con il principale avversario, Giovanni Caudo, che si ferma intorno al 15%, nonostante si aspettasse di più (è presidente di Municipio) e godesse del favore di alcuni ex di grido come Ignazio Marino.

Matteo Lepore

Matteo Lepore

Risultato analogo per Lepore, che partecipava però a una corsa sostanzialmente a due con l’esponente di Italia viva Isabella Conti, la quale fino all’ultimo ha coltivato speranze di vittoria. Speranze vane: credeva, la Conti, nel testa a testa, se non nella clamorosa vittoria, e invece il niet del ‘Partitone’ bolognese alla sua scalata è stato secco e rotondo. Dopo tanto clamore, compresi i riflettori nazionali, per i fan della Conti (moderati, renziani, civici) la delusione è tanta.

La felicità di Enrico Letta e un primo bilancio del voto

letta

Enrico Letta

La prima scommessa è vinta”, twitta felice Letta che, finalmente, almeno oggi, può ‘stare sereno’, anche perché già molte nubi si addensavano, da parte delle correnti, sulle prime scelte della sua segreteria su alleanze, candidati, temi, mosse. Letta prosegue così: “Le Primarie a Roma e Bologna sono un successo di popolo”. Ai gazebo, tutti rigorosamente all’aperto, si sono recate circa 45mila persone nella capitale (ma il dato, come vedremo è contestato, e comunque comprende 3mila votanti on-line) e 25mila nel capoluogo emiliano (di cui oltre 5 mila on-line, quindi appena 20 mila nei seggi, risultato modesto).

Il risultato, però, almeno a Roma, va ben oltre le più rosee previsioni. Cinque anni fa e in condizioni totalmente diverse – il tornado di Roma Capitale era appena passato, Marino si era appena dimesso, i concorrenti erano di prestigio (vinse Giachetti su Morassut), ma il risultato delle urne si sapeva già: avrebbe vinto la Raggi e l’M5s – parteciparono quasi 50mila persone (47 mila, poi riportate a 43 mila causa ricalcolo delle schede). L’asticella fissata alla vigilia nel Pd romano continua a scendere di giorno in giorno: si era partiti da 70 mila votanti (pia illusione), scesi a 45 mila e, alla fine, attestati sui 30/35mila causa fattori esterni (generale ‘estate’, week end da prima zona bianca, partita dell’Italia, etc.). Morale, 45 mila – anche se un po’ gonfiati – è un successo. A Bologna ci si aspettava qualcosa in più, nel Partito, e invece ci si è fermati sotto i votanti delle primarie che videro vincere Merola.

Vincono i candidati del vecchio ‘Apparato’ del Partito…

zingaretti sindaco roma

Vincono, di certo, due candidati di apparato, due figure in un modo o nell’altro legate alla figura dell’ex segretario Nicola Zingaretti, più che a quella di Enrico Letta, e non a caso il governatore ha espresso la propria soddisfazione per i risultati. Ma le due situazioni sono profondamente diverse. Lepore ha il vento in poppa nei sondaggi, e il merito di essere il primo candidato sindaco del Pd che verrà appoggiato, oltre che dalla propria coalizione (Pd-LeU-sinistra sociale-Psi-etc.) da una lista del Movimento 5 stelle ce da subito avevano detto ‘sì’ a Lepore e ‘no’ alla Conti. La ‘coalizione civica’, lista dietro cui sta la sinistra radicale bolognese, come le Sardine avevano detto cose identiche: se c’è Lepore, ci siamo noi, se ce la Conti ci presentiamo per conto nostro. Ora, la vittoria di Lepore fa respirare di sollievo il Pd bolognese – tranne quello di Base riformista, l’intera sinistra ex Pci-Pds-Ds era tutta per Lepore come i ‘poteri forti’ della città (Unipol, Coop, Cgil) ma anche il Pd nazionale. Letta a Lepore se lo era ritrovato, non lo aveva di certo scelto lui (e, forse, avendo potuto, avrebbe fatto scelte diverse) ma la renziana no, proprio non ‘doveva’ vincere.

Massimo Bugani

Massimo Bugani

I 5Stelle bolognesi festeggiano come se la vittoria fosse la loro o come se fossero andati a votare in massa (il che, tra l’altro, è pure assai probabile): “Questo risultato è una vittoria del gruppo, di una squadra”, esulta Massimo Bugani, leader pentastellato in città e gran consigliori della Raggi, come se fosse pure lui nel team di Lepore. Infine, Bugani non si è risparmiato un attacco a Renzi, la cui candidata non avrebbe mai sostenuto: “È la sua sconfitta e di tutti coloro che volevano spostare a destra l’asse del Pd e M5s”.

La rischiosa strategia di Letta su Roma e le insidie del ‘patto di non aggressione’ stipulato con Conte

roberto gualtieri

Un panorama completamente diverso attende Gualtieri

Un panorama completamente diverso attende Gualtieri, che non avrà vita facile così come l’ha avuta nelle primarie, che lo vedono al 61%. I sondaggi lo proiettano al ballottaggio con la destra, contro il ticket Michetti-Matone, ma la strada per il voto è lunga. Il moderato – e in campo da mesi, battendo quartiere per quartiere – Carlo Calenda pesca voci nel suo stesso bacino, quello dell’elettorato ‘bene’, centrista, democrat. Senza contare che, nonostante l’assenza di attacchi frontali, almeno per il momento (Raggi e Gualtieri, finora, non si sono mai pubblicamente ‘beccati’, con Zingaretti in campo la musica sarebbe stata assai diversa), i 5 stelle sono il principale avversario, né sembra che Gualtieri cerchi apparentamenti in vista del secondo turno, anche se Letta coltiva la non troppo segreta speranza di trovare un ‘accomodamento’ con Conte che prema e convinca la Raggi, ove questa venisse esclusa dal ballottaggio, a ‘convergere’ e ‘convincere’ i pentastellati nel riversare i loro voti su Gualtieri, rinsaldando l’alleanza giallorossa e dando all’ex ministro una chance vera di vittoria ma il disastro sarebbe che Calenda venga escluso lui dal ballottaggio e che Letta – in base al ‘patto di non aggressione’ stipulato con Conte debba convincere lui l’elettorato democrat a votare Raggi (sindaca più detestata a sinistra che a destra), oltre all’ignominia di ritrovarsi con il Pd fuori dal ballottaggio nella Capitale d’Italia.

Calenda

Carlo Calenda

Paradossalmente, sarebbe molto più facile convincere gli elettori dem a votare per Calenda, se dovesse arrivare questi al ballottaggio, ma la sconfitta sarebbe ugualmente sonora e cocente e, dato che i 5Stelle mai appoggerebbero Calenda, la possibilità di perdere la Capitale sarebbe alta. Ben più facili, per Letta, i calcoli su Bologna. Lepore ricompatterà sotto le sue insegne tutta la sinistra radicale – che storicamente a Bologna conta ben più di Iv, Udc, moderati messi assieme – e stringerà un patto di ferro con i Cinque Stelle. Con un centrodestra ancora senza candidato, dopo mesi di inutili e infruttuosi sondaggi interni e uno sfogliare la margherita che ha sfibrato i papabili (il senatore Cangini, l’editore Mogavero, vicino a Fratelli d’Italia, o l’azzurra Ilaria Giorgetti i tre), vincere Bologna sarà un gioco da ragazzi, per il Pd. Quasi quanto rivincere Milano, dove il sindaco uscente, Beppe Sala, non teme più di tanto la concorrenza dell’imprenditore scelto dal centrodestra, Oscar di Montigny, genero di Ennio Doris. Napoli, con Manfredi, è alla portata e dato che Torino, invece, è praticamente già persa, il Pd – e Letta – si gioca praticamente tutto – segreteria, destino politico, etc – nella Capitale.

“Il popolo di centrosinistra, democratico e progressista c’è, orgoglioso di esserci a Roma come a Bologna. Ora allargheremo la coalizione e c’è bisogno di tutti”, twitta soddisfatto Letta, che si rivolge sia alla Conti che ai 5Stelle, a Bologna. Ma, appunto, quando i gazebo si trasformeranno in urne sarà tutta un’altra storia e un altro film. 

La ‘Nazareno version’… Nel Pd da oggi in poi la testa è tutta rivolta al dossier delle alleanze

Caldo, Calcio, Covid

Caldo, Calcio, Covid

Per il Pd la vittoria alle primarie la vittoria è avvenuta contro le tre temute “C”: Caldo, Calcio, Covid. Questi tre fattori hanno fatto temere un flop che non c’è stato e anzi, a Roma, si è superato il dato di cinque anni fa, con la differenza che nel 2016 si votava il 6 marzo, con le scuole aperte e il clima meno torrido. I dati finali dicono che a Bologna hanno votato in 26.369 (di cui 4.553 voti online). A Roma, tra seggi e voti online, hanno partecipato in 48.624, mille persone in più rispetto al 2016. Ma a fare esultare lo stato maggiore dem è anche il risultato all’arrivo, dove i vincenti sono i nomi su cui il Nazareno ha puntato dall’inizio, Matteo Lepore a Bologna e Roberto Gualtieri a Roma.

Fratelli d'Italia e Lega

Fratelli d’Italia e Lega

Un risultato, dunque, che rafforza ulteriormente la segreteria dem dopo che un sondaggio, la scorsa settimana, ha fotografato il sorpasso del Partito Democratico su Fratelli d’Italia e Lega.
Un passaggio positivo, dunque, sebbene non risolutivo dei tanti nodi ancora sul tavolo, soprattutto in quelle città in cui Movimento 5 Stelle e centrosinistra (nelle sue diverse declinazioni) non sono riusciti a trovare l’intesa. E il terreno più scivoloso, da questo punto di vista, è la Capitale dove il Pd è reduce da cinque anni di opposizione dura e pura contro la candidata sostenuta dal M5s che, complice anche il faticoso percorso di rinnovamento dei Cinque Stelle, ha reso impossibile raggiungere l’accordo. 

Enrico Michetti

Enrico Michetti

Ma al momento, lo stato maggiore del Pd invita a non proiettarsi troppo in la’ nei pronostici, pensando ad arrivare bene al secondo turno. “Da oggi comincia un sfida nuova“, avvertono. Nonostante questo, e’ indubbio che una sfida fra Roberto Gualtieri ed Enrico Michetti ricompatterebbe il centrosinistra in funzione anti-destre. Su questo, il sentiment dei dem e’ al momento positivo: “Vediamo una polarizzazione centrosinistra-centrodestra crescente nei sondaggi”, riferisce un esponente dem: “Le ‘terze posizioni sono più forti all’inizio della campagna elettorale e vanno sempre più perdendo vigore con il passare del tempo. La verità è che l’unica vera alternativa alla destra, oggi, è il Partito Democratico che, dove possibile, cercherà l’accordo con le altre forze di centrosinistra. Dove non sarà possibile, ci rivolgeremo direttamente agli elettori per spiegare che da una parte ci siamo noi e dall’altra c’è la destra”. Un concetto ribadito anche oggi nel corso dell’incontro fra il segretario dem, Enrico Letta, e il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti. Il governatore non tornava al Nazareno dal giorno delle dimissioni, ma tra lui e Letta il “rapporto è ottimo e non si è mai interrotto”, viene riferito sottolineando che nel corso dell’incontro è stata sottolineata la necessità che “tutte e tutti si ritengano in campo per vincere. Nelle città il protagonismo del Pd e del suo sistema di alleanze è l’unica credibile alternativa alle destre”. 

Francesco Boccia

Francesco Boccia

Sullo schema delle alleanze nei comuni si sofferma il responsabile Enti Locali del Pd, Francesco Boccia, tra i più attivi nel tessere la rete dei rapporti con gli alleati, M5s in primis. Anche per lui, in assenza di un accordo finale con le forze politiche, occorrerà rivolgersi direttamente agli elettori, sulla falsariga di quanto fatto dall’ex segretario Zingaretti in occasioni delle ultime regionali: “Anche allora i sondaggi ci davano sconfitti e invece, grazie anche a Nicola Zingaretti, furono un successo”, sottolinea Boccia. Il riferimento è al successo dei candidati dem in Regioni come la Puglia e l’Emilia Romagna, dove e’ mancato l’accordo con i Cinque Stelle o con Italia Viva. Il Pd, con l’allora segretario Nicola Zingaretti, fece appello all’elettorato di centro sinistra, non potendo fare più appello alle forze politiche. “Noi insistiamo con l’unità “, spiega Boccia, “lo facciamo con le forze politiche e, se con le forze politiche non sarà possibile, lo faremo con gli elettori”.
Prima di rivolgersi agli elettori, tuttavia, c’è ancora il tempo di cercare la quadra, almeno in alcune realtà. A seconda di come si piazzeranno i candidati del Pd, infatti, sarà possibile cercare l’accordo con le altre forze di centrosinistra al secondo turno. Anche su questo, Boccia è chiaro: “In sette città il centrosinistra e’ unito. Nelle altre sette dove si potrà fare lo faremo, dove non si potrà vedremo al secondo turno, sapendo che l’avversario e’ la destra”. Ma poi appunto contano le singole città dove si voterà. Per ora si è votato solo alle primarie di Roma e Bologna.

“Questa è Roma!”. Vittoria scontata e respiro di sollievo per la buona partecipazione degli elettori alle primarie

Roma caput mundi

I dem della Capitale festeggiano per la vittoria (scontata) e per la partecipazione (il vero timore): circa 5mila votanti in più rispetto al 2016 (ma come vedremo su questo dato c’è contestazione). L’ex ministro dice: “E’ andata come speravamo” e sembra vederlo mentre tira un sospirone di sollievo e sfodera uno dei suoi impacciati sorrisi. Ora però dovrà confrontarsi con gli sfidanti, da Michetti a Calenda e Raggi, ed evitare una spaccatura interna al centrosinistra. Infatti, il suo avversario alle primarie, Giovanni Caudo, da un lato denuncia presunti brogli e sospette irregolarità e dall’altro dice quello che molti dem pensano ma non osano di certo dire: “Se non si sta attenti si rischia di non andare al ballottaggio”.

Il risultato, si diceva, era più che scontato. La partecipazione molto meno. Il Pd romano riesce a salvare la faccia: come previsto vince Roberto Gualtieri, ma soprattutto le 48mila persone che si sono recate a votare alle primarie romane scacciano i fantasmi del flop totale. Sono poco più di 5mila rispetto al 2016 (ma con 3 mila votanti on-line), quando i militanti dem erano ‘fiaccati’ (e stomacati) dalle vicende di Roma Capitale e dalla defenestrazione di Ignazio Marino e meno della metà rispetto ai 100mila del 2013 che, appunto, avevano visto trionfare Marino.

roberto mancini euro 2020 scaled

Siamo una squadra unita, come l’Italia di Roberto Mancini

Ma tanto basta per fare festa, cavalcando persino l’entusiasmo nato intorno alla Nazionale di calcio che, a gazebo aperti, sconfigge il Galles: “Siamo una squadra unita, come l’Italia di Roberto Mancini” dice soddisfatto il neo candidato sindaco di Roma del centrosinistra Gualtieri quando arriva al centro di raccolta dati, allestito in via dei Cerchi. Dal Circo Massimo, che si trova di fronte, arriva il suono dell’orchestra dei musicisti dell’Opera. Il viavai per le scale che portano all’interno dell’edificio incuriosisce i passanti: “Ma che c’è una festa? Si può entrare?”, chiede una coppia di fidanzati. “No, sono le primarie del Pd, ha vinto Gualtieri”. “Ah. Vabbè”. E, giustamente, girano i tacchi.

L’entusiasmo di Gualteri e i ‘calcoli’ dei suoi sul futuro

calcoli

L’entusiasmo di Gualteri e i ‘calcoli’ dei suoi sul futuro

I seggi del centrosinistra sono chiusi dalle ore 21, ma già un’ora dopo il quadro è chiaro. Per questo l’ex ministro dell’Economia, nonostante le sezioni scrutinate siano solo 40 su 187, non perde tempo. E parla, timidamente, quale è, da vincitore: “È andata come speravamo, è stata una bellissima giornata di partecipazione e democrazia”, dice Gualtieri, primo grazie a 28561 preferenze (il 60,6% dei voti). “Sono onorato per la fiducia che mi è stata accordata. Da domani tutti uniti, si lavora per rilanciare Roma. Molti parlavano di flop delle primarie, invece non c’è stato, la partecipazione è superiore a quella del 2016, segnale di gran voglia di cambiare Roma”. Anche Zingaretti twitta felice (Gualtieri è un ex dalemiano oggi molto vicino all’asse con Conte, ma anche a Zingaretti, oltre che, ovvio, a Bettini): “Grazie Roma! Lasciamoli chiacchierare. Intanto con la grande partecipazione di oggi il centrosinistra è più forte. Tutti con Gualtieri ora con le idee e la passione. Uniti per vincere”.

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Virginia Raggi

Insomma, nel Pd si tira un sospiro di sollievo. La strada per le elezioni amministrative, però, è ancora lunga. Più della sindaca Virginia Raggi, “il nemico da battere è Enrico Michetti“, il candidato di centro destra, spiega l’entourage di Gualtieri che, almeno fino a quando le correnti Pd non inizieranno a farsi sentire per le candidature, può contare sul sostegno di quasi tutti i “big” romani. Da Dario Franceschini (la candidata alla teorica poltrona di vice-sindaco è sua moglie, Michela De Biase, forte nella base dem romana) a Nicola Zingaretti. Gli ostacoli, però, sono dietro l’angolo.

Dario Franceschini

Dario Franceschini

C’è il fuoco amico di Carlo Calenda, l’eurodeputato sostenuto dai “renziani” romani, presenti anche nel Pd. La sua candidatura rischia di far ripetere uno schema che a destra conoscono bene. Nel 2016, infatti, Forza Italia sostenne Alfio Marchini, che prese l’11%, e non Giorgia Meloni (che arrivò al 20,66%), aprendo in questo modo le porte del ballottaggio con Virginia Raggi a Roberto Giachetti, che al primo turno aveva preso circa il 25%. “

Giachetti roberto

Roberto Giachetti

Calenda rosicchierà voti alla Raggi, non a noi”, confidano gli uomini di Gualtieri, ma è una teoria tutta da dimostrare e, anzi, molti pensano l’esatto contrario: sarà Calenda a togliere voti a Gualtieri e all’elettorato ormai ‘storico’ del Pd (quartieri della Roma bene, insegnanti, lavoratori statali, intellettuali, artisti).

Le ‘profezie’ e anche le ‘minacce’ dell’outsider Caudo

Caudo

Giovanni Caudo si è classificato al secondo posto con il 15,7% delle preferenze

Giovanni Caudo si è classificato al secondo posto con il 15,7% delle preferenze (7388 voti). Un buon risultato, anche se lui sperava di più. L’ex assessore all’urbanistica dell’era Marino, oggi presidente del popoloso Terzo Municipio, prima dei risultati definitivi, mette subito le cose in chiaro: “Siamo molto soddisfatti. La nostra proposta politica era alternativa a quella di Gualtieri. Ora può anche darsi che faremo una lista autonoma. Vediamo. Ma sempre nel centrosinistra. Non possiamo far vincere la destra frammentandoci ulteriormente”.

Caudo è uno storico outsider, nel Pd romano. Un ‘piantagrane’ poco amato al Nazareno, ma molto radicato nel territorio. La sua analisi è impietosa: “Se non si sta attenti si rischia di non andare al ballottaggio e di mandarci la Raggi al posto nostro. Calenda continua a drenare voti. Di questo 18% di gente che è venuta a votare noi – analizza Caudo – molti non votano sicuramente Gualtieri. Non è che posso prendere questi voti e dire: adesso li diamo a Gualtieri. Non è così – aggiunge Caudo – il nostro è un voto d’opinione che si è manifestato contro la scelta di Gualtieri. Ora bisogna convincere le persone, deve succedere qualcosa politicamente. Non mi interessa andare in giunta o altro. Non ce ne frega niente. Però bisogna fare un ragionamento serio. La nostra proposta politica non può essere ignorata dal Pd e da Gualtieri. Voglio far parte del centrosinistra ma voglio pesare”, conclude Caudo.

marco rizzo

Marco Rizzo

La sua è una ‘minaccia’ bella e buona: se non otterrà una lista nel centrosinistra, ma “alle mie condizioni”, ne presenterà un’altra separata. Sarebbero altri voti in meno per Gualtieri, che pure non avrà altri veri candidati competitor, almeno a sinistra, se si esclude il nome che il Partito comunista di Marco Rizzo presenterà giovedì prossimo in sostituzione di quello dello stimato professore e medico universitario Claudio Puoti, impegnato nel salvataggio dei migranti, figura bella e impegnata della sinistra comunista, stroncato lo scorso 20 giugno da un infarto.

Gli altri ‘nanetti’ e le loro diverse aree di appartenenza

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Il consigliere regionale del Lazio Paolo Ciani (lista “Demos”)

Intanto, nel cuore della notte, intorno alle 4 meno dieci, al Nazareno arrivano i risultati definitivi. Al terzo posto, dopo Gualtieri e Caudo, c’è il consigliere regionale Paolo Ciani con il 7,16% (3372 voti) . Ciani, segretario di Demos, è espressione dell’associazionismo cattolico che ruota intorno alla comunità di Sant’Egidio, un’istituzione potente e centrale nella Roma democratica, impegnata, civile e, ovvio, cattolica. Poi c’è il 6,18% di Imma Battaglia (2987 voti), ex presidente del Circolo di cultura omosessuale “Mario Mieli”, che già nel 2013 era stata eletta in Campidoglio, nelle file dell’allora Sel di Vendola e che stavolta era sostenuta da Liberare Roma, “movimento civico ed ecologista” riconducibile all’europarlamentare Massimiliano Smeriglio, anche lui ex Sel e oggi in area Pd ma ‘bettiniano’, molto legato alla ex gestione di Zingaretti.

Stefano Fassina

Stefano Fassina

Sempre nella ‘sinistra-sinistra’, ma stavolta dal double face, cioè dal coté ‘sovranista’ e ‘nazionalista’ c’è Stefano Fassina che proverà a far pesare il quinto posto col 5,57% (2625 voti). Il deputato di Liberi e Uguali, che alle scorse amministrative ottenne il 4,47%, ma da candidato sindaco, su Twitter si è subito complimentato con i primi due arrivati: “Ora, tutte e tutti insieme per le elezioni generali a Ottobre!”, con un chiaro riferimento all’Ottobre ‘rosso’ della Rivoluzione bolscevica del 1917 che non farà impazzire Letta.

Tobia Zevi, esponente della comunità ebraica

Tobia Zevi, esponente della comunità ebraica

Infine, il giovane esponente della comunità ebraica, Tobia Zevi, si deve accontentare del sesto posto, con il 3,53% e Cristina Grancio (ex M5S e oggi nel Psi) del settimo con solo l’1%.

Le (infuocate) polemiche sui numeri dell’affluenza. Caudo e Marino attaccano: “Mancano 10 mila voti”

Andrea Casu

Andrea Casu – Pd Roma

Ma non mancano le polemiche sull’affluenza. Anzi, sono feroci. Per il Partito democratico, alla fine del conteggio si arriverà di certo a 48 mila votanti. Tanti. Ma il solito guastafeste, Giovanni Caudo, è più che dubbioso: “Quella del Pd è una proiezione non confortata dai dati – dice il secondo classificato alla sfida dei gazebo – e alla fine i votanti si attesteranno intorno ai 35 mila”.

Sarebbero, cioè, diecimila in meno di quelli dichiarati dal segretario cittadino del Pd, Andrea Casu. Ove fosse vero, sarebbe un mega-broglio, stile primarie annullate (due volte…) a Napoli. “Alle 19 – prosegue Caudo – avevamo dai nostri conteggi 27 mila votanti in 132 gazebo su 187. Difficile che in due ore ci sia stato questo balzo”.

Chi bara?

Chi bara?

L’obiettivo della coalizione, considerato il caldo e la concomitanza della partita dell’Italia, era di raggiungere, se non di battere, il dato del 2016, quando per incoronare candidato sindaco Roberto Giachetti ai gazebo si presentarono in 42 mila mentre il paragone con i 100 mila votanti del 2013, quando vinse Marino, è improponibile. Con 45 mila votanti l’obiettivo è più che centrato, con 35 mila decisamente no. Dunque, chi bara? Possibile che il Nazareno l’abbia ‘fatta sporca’?

Per il comitato organizzatore, a ieri mattina, siamo a più di 48 mila votanti. Per l’esattezza, contando anche i voti espressi attraverso la piattaforma online, 48.624. La polemica monta.

Ignazio Marino

Ignazio Marino

Ad accenderla, oltre Caudo, è Ignazio Marino. L’ex sindaco, rimosso dal Campidoglio con un blitz dal notaio della maggioranza dem nel 2015, attacca a testa bassa: “I numeri dei partecipanti non sono chiari. Secondo alcuni riscontri siamo sotto i 37 mila C’è chi dice 45 mila, E parla di successo. In realtà, siamo ben lontani dai 110 mila romani che votarono alle primarie nel 2013. È evidente che limitando il dibattito e usando espressioni come ‘candidato unico’ si è limitata la motivazione ad esprimersi dei cittadini”.

Tornato dagli Stati Uniti proprio per ‘rompere le uova nel paniere’, oltre che per aiutare la corsa di Caudo, presidente del III Municipio ed assessore all’Urbanistica della sua giunta, l’ex primo cittadino stuzzica il Partito democratico da giorni. Prima l’attacco a Roberto Gualtieri, accusato di far parte della stessa corrente che ha causato la fine della sua avventura in Campidoglio. Ora l’affondo sui numeri. “Nun ce vo’ sta’” liquidano le cattiverie di Marino dentro il Pd capitolino. “E’ solo la rabbia e il livore incontenibile dell’ex” dicono dal Nazareno, dove non è stato mai amato.

Il Pd romano ribatte secco che è stato “tutto regolare”ma temono che si possa saldare l’asse Calenda-Caudo

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La trasparenza delle primarie di centrosinistra è massima. Non permetteremo a nessuno di sporcare un risultato storico: in condizioni difficilissime oltre 48 mila elettrici ed elettori hanno potuto votare grazie al lavoro di migliaia di volontari. Chi lo mette in dubbio non manca di rispetto al Pd ma a tutti loro”, ribatte Andrea Casu, segretario Pd Roma, ai microfoni di Radio Immagina, in merito alle dichiarazioni di Marino. “La trasparenza è stata massima, non permetterò a nessuno di sporcare un risultato storico” chiude.

Claudio Mancini

Claudio Mancini – Deputato PD

Il Pd, in ogni caso, è soddisfatto e canta vittoria. “Il successo di partecipazione alle primarie è direttamente proporzionale all’improvviso silenzio di chi ce vò male”, esulta anche Claudio Mancini, deputato ed ex tesoriere dei dem romani, nonché vero ‘organizzatore’ (mente e pure braccio) della lunga cavalcata di Gualtieri, compito cui lo ha demandato il sempieterno Bettini. La battuta è per Carlo Calenda, ma anche per Caudo e i suoi vecchi sponsor, come Marino.

Il Senatore Bruno Astorre

Il Senatore Bruno Astorre

Una grande partecipazione e una bella giornata di democrazia” aggiunge il senatore e segretario del Pd laziale, Bruno Astorre, ‘nemico’ storico di Mancini perché vengono da filiere diverse (democristiano il primo, ex comunista il secondo) ma accomunati dal forte sostegno a Gualtieri.

Alla fine, però, dal Pd, almeno per ora, lasciano cadere le accuse. Lo spoglio è andato avanti fino alle 4 del mattino – spiegano – e a verificare la correttezza dei verbali in arrivo da ogni gazebo c’era anche un rappresentante di Caudo. Lo stesso candidato è stato invitato a partecipare alle operazioni di conteggio. Tensioni a parte, oggi collegio dei garanti vaglierà di nuovo i numeri delle primarie e poi proclamerà il vincitore.

Ma c’è anche chi, tra i dem, c’è chi ricorda i messaggini di Azione ne di Calenda elle chat municipali piddine per chiedere il supporto a Caudo, il candidato alle primarie con cui Carlo Calenda si è complimentato in più occasioni. Insomma, si teme un asse Calenda-Caudo e, forse, che questi trasmigri nelle liste di Azione…

Qui Bologna. Vince Lepore, secondo copione…
Ma la partecipazione lascia molto a desiderare

bologna

Qui Bologna. Vince Lepore, secondo copione…
Ma la partecipazione lascia molto a desiderare

A rappresentare il centrosinistra alle elezioni comunali di Bologna dell’autunno prossimo sarà Matteo Lepore. L’assessore alla Cultura e candidato ufficiale del Pd, oltre che della sinistra radicale (a Bologna si chiama ‘Coalizione civica’, dei Verdi e di altri pezzettini di sinistra, dal Psi a LeU) infatti, si è imposto su Isabella Conti, sindaca di San Lazzaro ed esponente di IV, che era appoggiata da ‘Base riformista’ e singoli dem.

“Grazie Bologna, sarà una bellissima storia da scrivere insieme, senza lasciare indietro nessuno” è il primo commento, a caldo, del vincitore delle primarie del centrosinistra Matteo Lepore, 41 anni ad ottobre, dopo essere stato incoronato, ieri notte, candidato sindaco per le elezioni comunali che si terranno tra il 15 settembre e il 15 ottobre.

Virginio Merola

Virginio Merola

L’assessore alla Cultura uscente della giunta di Virginio Merola ha incassato il 59,6% dei voti (15.708) contro il 40,4% (10.661) della sfidante Isabella Conti, sindaca di San Lazzaro, alle porte di Bologna, iscritta a Italia Viva – ma che si era dimessa dagli incarichi di partito e che era scesa in gara come indipendente – la cui candidatura era però stata lanciata da Matteo Renzi, gettando lo scompiglio tra i dem, terrorizzati – a Bologna come a Roma – che il ‘barbaro’ Renzi potesse imporre il suo ‘imperatore’ nella ‘rossa’ Bologna.

Isabella Conti

Isabella Conti

Poco meno di un quinto dei voti, 4.553, sono stati espressi online: 2.495 (54,8%) per Lepore, 2.058 (45,2%) per Conti. Il dato dell’affluenza ha rivelato un tasso di partecipazione buono ma non eccezionale, che ha visto 26.455 votanti esprimersi alle urne, avvicinandosi alla cifra dei 28.390 che parteciparono alle primarie del 2011 che designarono come candidato l’attuale sindaco di Bologna, Virginio Merola. “Con questo risultato – gioisce Lepore, assai incredulo davanti ai numeri della sua vittoria -, Bologna si conferma la città più progressista d’Italia con un centrosinistra forte e unito che saprà vincere l’appuntamento di ottobre”. Esulta il segretario nazionale del Pd, Enrico Letta, su Twitter: “Le primarie, un grande successo che rende ancora più forte Lepore: sarà un grande sindaco di Bologna. Ho chiamato Isabella Conti per darle un abbraccio. Il centrosinistra avrà bisogno di lei”.

Anche Lepore tende la mano all’avversaria con l’annuncio: “Nei prossimi giorni ci incontreremo. L’ho già sentita, e voglio ringraziarla per il percorso che abbiamo fatto insieme e che faremo d’ora in poi per la nostra città”. Un annuncio che è un sospiro di sollievo, anche perché senza i voti e la forza e le capacità della Conti di ‘pescare’ nell’elettorato centrista e moderato, la vittoria – per Lepore – potrebbe essere non così scontata.

La Conti si sente ‘Davide contro Golia’, ma è assai delusa…

David vs Goliath

La Conti si sente ‘Davide contro Golia’, ma è assai delusa…

La sindaca di San Lazzaro ha incassato la sconfitta con molto fair play ed emozione: “Mi sono buttata nel fuoco, ero Davide contro Golia. Ma rifarei tutto, e faccio i complimenti a Lepore: che ha vinto meritatamente. Su alcuni temi abbiamo visioni diverse, ma siamo figli della stessa terra e da domani lavoreremo insieme per questa città spettacolare. Abbiamo ottenuto un risultato davvero insperato superando la soglia del 40% in un mese di lavoro forsennato e bellissimo. Siamo stati ribelli e gioiosi”. E poi: “Per un sindaco donna verrà il tempo, verrà il momento. Erano anni che non si parlava di politica a Bologna – ha aggiunto -: ne avevamo bisogno. Mi ha chiamato Enrico Letta e lo ringrazio perché ha speso parole molto belle. La comunità del centrosinistra stasera è più ricca”.

In realtà, la Conti si aspettava molto, molto di più, dai risultati delle primarie, almeno un testa a testa, anche perché i ‘moderati’ della città (vari civici, commercianti dell’Ascom, pezzi di FI) gli avevano garantito appoggi e voti mai arrivati.

Il Partitone ha vinto ma si è anche spaccato in due

spaccato in 2

Il Partitone ha vinto ma si è anche spaccato in due

Il ‘partitone’, dunque, ha resistito all’assalto di Conti e da oggi parte la corsa di Lepore e del centrosinistra che dovrà riuscire a salvare ancora una volta Bologna, una delle roccaforti ‘rosse’, dall’assalto del centrodestra che, nelle ultime elezioni locali, ha tallonato molto da vicino il Pd.

Ma non sarà un’impresa facile per due motivi. Innanzitutto, la difficoltà di rimettere insieme la comunità dem che, in questa competizione per le primarie, si è letteralmente spaccata in due.

Alberto Aitini

Alberto Aitini

A dimostrarlo anche il gran numero di voti incassato da Conti, che ha ottenuto l’endorsement di pezzi importanti del partito, a partire dall’attuale assessore alla Sicurezza, Alberto Aitini, fino all’europarlamentare Elisabetta Gualmini.

Elisabetta Gualmini

Elisabetta Gualmini

La sfida tra Lepore, appoggiato dall’establishment della “ditta”, a partire dal segretario Enrico Letta, ma anche dall’ex premier e leader in pectore del M5s, Giuseppe Conte, e la sindaca ex Pd che nel 2014 sfidò il partito e Legacoop opponendosi a un enorme progetto di cementificazione a Idice è stata ricca di recriminazioni e liti, trasformandosi quasi in una guerra civile, con tanto di scontri e battibecchi pubblici (al mercato, nei dibattiti, in tv, etc.).

A tenere banco sono state soprattutto le accuse a Conti di agire “per conto di Matteo Renzi” – che si è eclissato per tutta la campagna elettorale – e di prestarsi a fare da cavallo di Troia per l’ingresso alle primarie di esponenti del centrodestra desiderosi di far trionfare la sindaca di San Lazzaro, vissuta come il male minore tra i due contendenti.

matteo renzi

Matteo Renzi – Italia Viva

Scontri che non si sono fermati neanche ieri, giorno di silenzio elettorale, iniziato con un attacco informatico al sito del Pd di Bologna, risolto nel giro di poco, accuse di scarsa opacità e trasparenza, da parte dello staff della Conti, sulle modalità del voto on-line e infine con tensioni nel seggio di via Murri, con alcuni votanti che non hanno voluto sottoscrivere di essere elettori di centrosinistra. “Isabella Conti? Ci siamo già sentiti, nei prossimi giorni ci incontreremo”, ha assicurato ieri Lepore, ma non sarà facile per lui ricucire le due anime del Pd.

La sfida non facile di Lepore e la sua future coalizione

bonaccini

Il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini

In più Lepore dovrà cimentarsi anche in un’altra impresa, quella di tenere unito il campo largo che lo ha sostenuto: dalla sinistra di Coalizione civica ed Emilia-Romagna Coraggiosa al Movimento 5 Stelle, passando per le Sardine. “Il Pd e tutta la sinistra saranno di nuovo insieme, dopo tanti anni e al Movimento 5 stelle dico: questa strada è anche la loro” ha ripetuto ieri dopo la vittoria, indicando la via anche a livello nazionale. Parole rafforzate dal sindaco Merola, grande sponsor di Lepore, che è il suo pupillo: “E’ stata una vittoria dell’alleanza larga, che coinvolge anche il Movimento 5 Stelle e Coalizione civica. Questo è importante anche per il Pd nazionale, perché segna la possibilità di un percorso”. Il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, da buon ‘saggio’ del mondo post-comunista emiliano che ha vinto con le Sardine e i moderati, lancia un’esortazione ai dem perché si lascino alle spalle divisioni e contrasti: “da oggi al lavoro insieme per rafforzare il centrosinistra e vincere le prossime elezioni amministrative con Lepore candidato sindaco, l’avversaria era e rimane la destra”.

Il segretario del Pd bolognese, Luigi Tosiani

Il segretario del Pd bolognese, Luigi Tosiani

Il segretario provinciale del Pd, Luigi Tosiani, dopo una campagna bollente, tira finalmente un sospiro di sollievo: “Adesso inizia una stagione nuova che insieme andremo a scrivere non solo per la città ma anche per il nuovo centrosinistra che deve partire dal territorio” ha commentato. Ma se a Bologna la strada è segnata (chiusura al centro, che sarà preda del centrodestra, ove mai sarà capace di candidare un civico o un moderato e apertura ai 5Stelle come alla sinistra-sinistra), a Roma, invece, non è ancora chiaro cosa accadrà.

Il Pd bolognese come quello nazionale è già diviso in due

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Il Pd bolognese si è diviso in due come una mela

La verità è che il Pd bolognese si è diviso in due come una mela e ha introiettato la divisione tra due diversi modelli di società, di partito, di mondo: quella dell’ex Pci-Pds-Ds-Pd, post-comunista, e quella degli ex PPI-Margherita-Pd, ex dc e liberal, che non si sono mai amalgamati davvero tra di loro e compongono due partiti nel partito, di cui uno – quello ex Pci – ovviamente dominante e preponderante, nelle scelte come nelle strutture, e come è sempre stato, a Bologna, anche quando comandava Renzi, unica parentesi di un dominio, quello degli ex Pci, sempre ferreo.

Goffredo Bettini

Goffredo Bettini

Due partiti che, anche a Roma, stanno iniziando a entrare in frizione, anche perché Letta si è molto spostato verso ‘l’asse’ degli ex Pci-Pds-Ds e gioca di sponda molto con i vari Orlando-Provenzano-Cuperlo (ma anche Zingaretti), oltre che con Bettini, più che con l’asse degli ex renziani (Guerini e Lotti, ma anche Franceschini), che alla fine non sopporta o di cui diffida neppure troppo di nascosto: li considera ‘intendenza’ del nemico, nel migliore dei casi, ‘nemici in casa’ nel peggiore. Se potesse, ne farebbe strame, nelle liste elettorali e sulla tolda di comando del partito. Se vincerà o pareggerà le elezioni amministrative, potrebbe anche venirgli la voglia di farlo davvero.