In ginocchio da te, Fedez. Il Pd è diventato un partito radical-liberale di massa. E anti-cattolico? Ddl Zan e dintorni

In ginocchio da te, Fedez. Il Pd è diventato un partito radical-liberale di massa. E anti-cattolico? Ddl Zan e dintorni

25 Giugno 2021 0 Di Ettore Maria Colombo

“In ginocchio da te, Fedez!”. Il Pd è diventato un partito radical-liberale di massa. E, di fondo, anti-cattolico? Ragionando sul ddl Zan e i suoi dintorni…

Fedez

“In ginocchio da te, Fedez!”

Nb: La prima parte questo articolo è stato pubblicato sul sito del giornale The Watcher Post il 25 giugno 2021. A seguire, un articolo per il Quotidiano nazionale del 25 giugno e due schede tecniche sulla posizione del Vaticano – Santa Sede rispetto al ddl Zan.

Black Lives Matter sì, Chiesa cattolica no. Il Pd ‘s’inginocchia’ a piacere, o meglio a seconda dei soggetti sociali e politici che glielo chiedono…

letta

 

Curioso partito che è diventato, il Pd. I giocatori dell’Italia si dovevano ‘inginocchiare’, in segno di rispetto per la protesta del Black Lives Matter. “Una brutta scena non vederli inginocchiare tutti” ha detto, giorni fa, il segretario dem, Enrico Letta, negli studi di Otto e Mezzo (la 7), commentando il fatto che, all’inizio della partita con il Galles, alcuni azzurri si erano inginocchiati ma altri no. Ora, al netto di una protesta sacrosanta, quella dei neri d’America, contro le violenze della Polizia, persino negli United States non tutti i giocatori delle varie squadre di football, baseball, basket e, ovviamente, soccer, lo fanno, non si capisce perché lo dovrebbero farlo le squadre… europee.

vaticano

Il Pd non ha alcuna ‘intenzione’ di inginocchiarsi alle ‘tonache’ di OltreTevere

Dall’altra parte, invece, il Pd non ha alcuna ‘intenzione’ di inginocchiarsi alle ‘tonache’ di Oltre Tevere. Insomma, “il ddl Zan va bene così com’è, lo porteremo direttamente in Aula ha i numeri per passare, la Chiesa non s’ingerisca e non violi la libertà del Parlamento di legiferare” ha detto – schematizzando – Enrico Letta (cioè un cattolico, anche praticante) e a brutto muso alla Santa Sede e al Vaticano (e, quindi, pure al Papa), oltre che alla Cei, in merito alla nota diplomatica con cui la Chiesa ha eccepito sul ddl Zan il quale, almeno in alcune sue parti (la libertà di opinione e la libertà di insegnamento nelle scuole cattoliche) violerebbe alcuni principi fissati nel Concordato, quello del 1929 poi modificato nel 1984 da Craxi. E questo pure al netto dei fatti e a dispetto dei santi: infatti, senza un accordo con il centrodestra – ieri proposto, in modo ovviamente pretestuoso e presentuoso dalla Lega, il ddl Zan finirà bocciato in aula. In pratica, dovrà tornare in commissione prima e, dopo, pure alla Camera. La forrzatura della richiesta di una calendarizzazione per l’aula da parte di Pd-M5s-LeU non tiene conto di almeno tre incognite, tre macigni enormi lungo la strada: 1) se la maggioranza giallorossa (che, al Senato, senza Iv, NON è maggioranza) va sotto, il ddl torna in commissione Giustizia, presieduta dal leghista Ostellari, e lì resta seppellita per sempre; 2) quando ci sono voti che riguardano le libertà personali sono possibili i voti segreti, se appoggiati da un quinto dei senatori, e il leghista Calderoli ne ha già in serbo diverse decine: basta perdere su un comma; 3) nei voti segreti, anche se Iv – e alcuni senatori dem e persino pentastellati – spergiurano che votano a favore, ritrovarteli che votano contro è un attimo, tanto non li vede nessuno, e siamo di punto e daccapo. Certo, si può richiedere la ri-calendarizzazione (non si tratta di un voto finale sul testo da approvare, attenzione, ma solo di un voto sul calendario dell’aula) ma saremmo alla farsa. Morale, il Pd ci perde in ogni caso e la sicumera dei suoi è  incomprensibile. 

 

“Libera chiesa in libero Stato”. I dem ‘riscoprono’ Cavour…

I dem 'scoprono' Cavour...

I dem ‘scoprono’ Cavour…

“Libera chiesa in libero Stato” si stracciano però le vesti i dem, compresi quelli che vengono dalla Margherita, e non solo quelli che vengono dai Ds (per dire, pure Base riformista si è accodata al ‘dalli al pretazzo!’) manco fossero loro i degni eredi di Camillo Benso, conte di Cavour. Il quale fu padre dell’Italia Unita, sotto il regno di Savoia, sì, ma tra spruzzate di Massoneria e di anticlericalismo. Ora, al netto del fatto che gli ultimi epigoni del liberalismo italiano – il Pli di Malagodi e Zanone, il Pri di La Malfa (padre) e Spadolini – sono belli che scomparsi con la fine della Prima Repubblica e che quel poco di liberalismo – mal digerito – che è rimasto vivo nella seconda Repubblica trovò casa dentro Forza Italia, la Cdl e la Pdl, non certo dentro il centrosinistra, va riconosciuto che il rapporto tra la Chiesa cattolica e gli eredi del Pci-Pds-Ds, cioè il Pd, è sempre stato conflittuale, anche ai tempi dell’Ulivo.

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Romano Prodi e Monsignor Ruini

Chi ha dimenticato le parole del fondatore dell’Ulivo, Romano Prodi, contro l’allora segretario della Cei, mons. Ruini, che promosse l’astensione (vincendo la partita, una delle poche, va detto, vinte dalla Chiesa) sul referendum sulla procreazione assistita contro i “cattolici adulti”, come si definì Romano Prodi, che invece andarono a votare contro l’indicazione della Cei per abrogare, non riuscendoci, la legge?

Dai ‘cattolici adulti’ di Prodi al ‘laicismo’ spinto del Pd

Cardinale Bagnasco

Il Cardinal Bagnasco

La verità è che – dai Pacs ai Dico (sempre sotto un governo Prodi, provvedimenti mai approvati) fino alle unioni civili volute dal governo Renzi (e passate solo grazie al voto, in Parlamento, da Ala, il gruppo di Denis Verdini uscito dal Pdl-FI) – il Pd ha sempre dato grossi dispiaceri, alla Chiesa. Almeno a quella italiana, ecco, cioè alla Cei che, non a caso, sia in epoca ruiniana (durata più di un ventennio) sia in epoca post-ruiniana (quella del card. Bagnasco e l’attuale, guidata da Bassetti) si sono sempre ‘accomodati’, politicamente, più dalle parti del centro (Udc, FI e dintorni) e del centrodestra che dalle parti del centrosinistra, anche se, ovviamente, il ‘peso’ delle indicazioni della Cei nel voto, anche dei cattolici praticanti, si è ormai ridotto al minimo.

Aldo Moro

Aldo Moro

La tradizione ‘cattolica’ e, alla lontana, confessionale, del PPI di don Sturzo, della Dc di De Gasperi e di Moro, del PPI di Martinazzoli, Castagnetti (e Mattarella) è di fatto svaporata, una volta entrata nel Pd. Ultimo epigono, ancora combattente e resistente, quell’ex ministro all’Istruzione, il cattolicissimo Beppe Fioroni, che si oppose persino all’ingresso del Pd nel PSE-DE, unico e solo a votare ‘no’. Minutaglie. Oggi il Pd è un partito laico, laicissimo (fin troppo? Chi può dirlo), anche nella sua parte ‘post-diccì’ ed ‘ex-margheritina’, cioè in quella Base riformista che, su diversi temi, dà filo da torcere ai vari segretati che si succedono (da Letta a Zingaretti), ma che di battaglie cattoliche identitarie non ne fa e non vuole farne. Anche la parte ex comunista, ovviamente, è laica, anzi: direttamente ‘laicista’, con tratti anticlericali e, ormai, assai vicina alle posizioni dei radicali, dei boniniani e dei centristi laici alla Calenda.

Antonio Gramsci

Antonio Gramsci

Dimentichi della lunga, e raffinata, tradizione che aveva fecondato il pensiero di Gramsci sul ‘cattolicesimo di popolo’ e che fece cogliere prima a Togliatti, con il voto favorevole del Pci all’inserimento dei Patti lateranensi in Costituzione, all’articolo 7 (socialisti, azionisti e repubblicani erano contrarissimi, molti votarono no) e poi a Berlinguer, con la formulazione del ‘compromesso storico’, l’incontro con la Dc di Moro e il periodo della solidarietà nazionale, da Occhetto a D’Alema, passando per l’irenismo di Veltroni (ateo senza fede, eclettico, panteista…) e per l’indifferentismo di Zingaretti, gli epigoni del Pci, si sono dimostrati sostanzialmente ‘freddi’, se non distanti, dal fenomeno religioso. Per non dire di esponenti ex dc stile Franceschini o Renzi tesi solo al potere per il potere, all’opportunismo.

Wojtyla Bergoglio e Ratzinger

Wojtyla, Bergoglio e Ratzinger

Non hanno aiutato, va detto, i papi ‘stranieri’ dell’ultimo cinquantennio, lontani anni luce dalla politica italiana: l’anticomunista Wojtyla, il conservatore Ratzinger, l’ecumenico Bergoglio. La politica ‘interna’, ecclesiastica e sociale, è stata demandata, di papa in papa, alla Cei, e ai vescovi italiani, sempre meno influenti e capaci.

Il Pd non si inginocchia a nessuno! Tranne che… a Fedez…

Fedez contro vaticano

Il Pd non si inginocchia a nessuno! Tranne che… a Fedez…

Certo è che, da questo punto di vista, non stupisce che, dunque, oggi nel Pd contino molto di più, per peso politico specifico e visibilità mediatica, senatori come Monica Cirinnà – ‘paladina’ dei diritti della comunità Lgbtq, nonché ‘affiliata’ all’area di Goffredo Bettini, il quale a sua volta vagheggia un “socialismo cristiano”, per rifondare il Pd, di cui non si capisce storia e filo – e deputati come Alessandro Zan – gay dichiarato, eletto la prima volta con Sel, cooptato nel Pd da Renzi, oggi esponente della sinistra interna – che decine e decine di parlamentari che, banalmente, stanno sui territori, fanno politica dal basso, lavorano nelle commissioni, partecipano a poche manifestazioni (tantomeno ai vari Gay Pride…) e non vengono invitati, ogni giorno, in televisione.

DDL Zan

Come pure, si ‘capisce’ quanto pesi, oggi, nelle opinioni del Pd, nelle sue posizioni politiche (sic) e nella sua formazione del consenso mainstream la prese di posizione delle varie, e variegate, star musicali (Maneskin, Achille Lauro, Eloise, etc.), pop e social, fino al grottesco anticlericalismo di un ‘comunista col Rolex’ come il cantante Fedez che si chiede “chi cazzo ha concordato il Concordato”, attacca la Chiesa che “evade le tasse” (falso) e, ovviamente, “i preti pedofili”…

Norberto Bobbio

Norberto Bobbio

Certo, c’è da rimpiangere, se non i tempi in cui era il Partito che dettava la linea agli intellettuali (troppa grazia, in effetti), almeno quelli in cui gli intellettuali si chiamavano Norberto Bobbio, Umberto Eco e, perfino, Nanni Moretti, o, in campo musicale, Guccini, De André, De Gregori.

Una modesta proposta: chiamatevi partito ‘radical-liberale’

fedez vaticano

Un partito che ‘si inginocchia’ a Fedez

Ma un partito che ‘si inginocchia’ a Fedez un giorno sì e l’altro pure, tratta la Chiesa come “una putrescenza cui faremo sentire il liscio dei nostri manganelli” (e questo era il Duce, quello pre-concordatario, ma sempre rimasto anticlericale), nasconde, vergognandosi, un pezzo della sua storia e delle sue origini (la parte popolare-diccì, ma anche quella comunista e il suo tentativo di avvicinamento e conquista delle masse cattoliche) non può che trasformarsi, in definitiva, in un ‘partito radicale di massa’ come si diceva, in senso spregiativo, quando il Pci ‘sposava’ – in quel caso, invece, con esiti felici e capacità intuitive di andare contro una Chiesa retrograda – i referendum radicali sul divorzio e sull’aborto, seppure tra grandi timidezze, paure, incertezze. Invece, nessuna elaborazione di pensiero ‘democrat’ ha portato sollievo e intelligenze al dibattito sulla legge sulla fecondazione assistita, sull’eutanasia, sull’utero in affitto e, tantomeno, oggi, lo fa sulla teoria del gender, sul ‘pronismo’ alla frusta e isterica cultura del #Metoo e della ‘cancel culture’ (pericolosissima, peraltro), se non il ricalcare posizioni radicali, laiciste, iperliberali.

me too

Cosa e come si dovrebbe distinguere, oggi, il Pd dai radical-boniniani o dai liberal-liberisti italici non è più dato sapere, capire, comprendere. Sembrano identici, Come pure non si capisce in cosa un partito che si dice ‘socialista’ – in quanto appartenente alla famiglia del socialismo europeo – può contribuire e portare e innovare, in termini di difesa dei diritti di tutti (‘non solo’ dei diritti delle minoranze lesbogay, per essere chiari) e di una società ‘aperta’ che non può certo essere ‘clericale’ o ‘confessionale’ (stupido e grottesco anche solo il pensarlo) ma che non può neppure essere la società dove tutti hanno solo diritti, mai doveri, mai responsabilità. Una società così ‘aperta’ e ‘liberal’ da essere ‘liberal-liberista’. 

cambiare nome

Ecco, dunque, la nostra modesta proposta. Il Pd potrebbe, in coscienza, cambiare nome. Chiamarsi Prl (Partito radical-liberale) e chiudere, per sempre, la ‘finta’ storia di una lunga eccezione che ha attraversato due secoli della storia d’Italia, quella di una Sinistra che sapeva coniugare diritti e doveri, libertà individuali e libertà sociali, benessere e progresso, emancipazione e liberazione di tutti, donne, uomini e, ovviamente, gay e lesbiche, atei, cattolici e di altre religioni. Una storia onusta e gloriosa di cui il Pd, ‘o come si chiama adesso’, non reca traccia. 


Timeo Danaos et dona ferentes. Il ddl Zan andrà in aula, ma i giallorossi rischiano di finire ‘sotto’

Nb: questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno sulle pagine del Quotidiano Nazionale

timeo danaos

Timeo Danaos et dona ferentes

Il ddl Zan non è solo la pietra dello scandalo di un contenzioso senza precedenti che si aperto tra Stato Italiano e Santa Sede sulla interpretazione del Concordato, ma anche, come si sa, l’oggetto di un’aspra battaglia parlamentare. Battaglia che vede, su due opposti fronti, il centrodestra da un lato e l’alleanza rossogialla dall’altro. In mezzo, i centristi, Iv e non solo, vero ago della bilancia.

A causa di quella che Pd-M5s-LeU considerano un atteggiamento dilatorio del presidente della commissione Giustizia, il leghista Ostellari, e di tutto il centrodestra, i tre partiti che reggevano la maggioranza dell’ex governo Conte II hanno chiesto alla conferenza dei capigruppo di calendarizzare il ddl Zan in Aula, ‘saltando’ i lavori in commissione.

Andrea Ostellari - Lega

Andrea Ostellari – Lega

A fare, si può fare, ma serve l’unanimità dei gruppi di palazzo Madama, altrimenti si va in Aula e si vota – attenzione – non sul contenuto del decreto, ma sulla necessità o meno di farlo andare in Aula per ‘direttissima’. E così, mercoledì sera, si è riunita la conferenza dei capigruppo, presieduta dalla Casellati. Unanimità, ovviamente, neppure a parlarne, anzi. Dopo due ore di riunione e di non poche discussioni, molto accese, la conferenza dei capigruppo ha “deciso di non decidere” perché non c’era accordo, rinviando la decisione all’Aula. Pd-M5s-LeU chiedevano che si votasse subito, il centrodestra era contrario, ergo la mediazione della mediazione: si vota il 6 luglio, ma si tratta, appunto, di un voto ‘procedurale’.

L’Assemblea del Senato deciderà se votare la calendarizzazione del ddl Zan, per il 13 luglio, oppure rispedire il ddl dov’era, in commissione. Insomma, se anche passasse la richiesta, non vorrebbe dire che il ddl Zan viene approvato (ci vorrà, sempre in Aula, un altro, o meglio, più voti) ma solo che il ddl si vota dritto… in Aula Il guaio è che su un ddl come lo Zan, che riguarda le libertà personali, è lecito richiedere voti segreti. Il leghista Calderoli ne ha già preparati una marea con cui seppellire i rossogialli e farne brandelli. Basta che salti la maggioranza su un emendamento o un comma e, oplà, tutto da rifare.

robeto calderoli

Roberto Calderoli

L’altro guaio è che la somma di Pd-M5s-LeU (più qualche ex grillino del Misto) non ha la maggioranza. Per sperare di passare servono i voti di Iv (38 senatori) e Iv, sul punto, tentenna. Il capogruppo, Faraone, chiedeva la ricerca di un accordo con il centrodestra ed era contrario anche alla forzatura sul voto per la calendarizzazione. Renzi, in un’intervista, dà un colpo al cerchio (“Le leggi le fanno i parlamentari, non i cardinali, io ho fatto le unioni civili, sono a favore del ddl”) e uno alla botte (“suggerisco prudenza: se con il voto segreto va sotto su un emendamento, la legge rischia di essere affossata”) ed ha ragione. I franchi tiratori allignano in Iv e pure dentro il Pd. Eppure, il Pd non demorde.

Simona Malpezzi

Simona Malpezzi

La capogruppo Malpezzi esulta: “Il ddl Zan finalmente è in aula” e anche i 5Stelle applaudono. Ieri, Letta, ha rifiutato anche la mediazione offerta in extremis dalla Lega (“scriviamo un testo condiviso”), dicendo che “è improbabile. La strada maestra è votare il testo uscito dalla Camera. Con Iv la maggioranza c’è”. Insomma, una sorta, quella di Letta, di timeo Danaos et dona ferentes, ma teme pure i ‘doni’ che, in segreto, potrebbero arrivare dalle fila di Iv come dei democrat.

La scheda storica/1. Un contenzioso ‘concordato’

Stato Laico

Un contenzioso ‘concordato’

Uno scontro così forte, tra Chiesa e Stato, non si vedeva dai tempi del referendum su divorzio e aborto, o forse anche prima, dallo scontro tra fascismo e chiesa sui circoli dell’Azione cattolica. Certo è che bisogna risalire molto indietro, e affondare nella storia d’Italia, per capire la posizione del Vaticano sulla legge Zan e la diffidenza del mondo cattolico per lo Stato ‘laico’. Come si sa, la Città del Vaticano è uno stato autonomo, riconosciuto internazionalmente. Dopo l’occupazione di Roma del 1870, da parte dello Stato unitario (dinastia Savoia), e la fine dello Stato pontificio, vennero promulgate, in modo unilaterale, le “leggi delle Guarentigie” per assicurare al Pontefice, ‘confinato’ ai palazzi del Laterano, l’esercizio della propria missione spirituale, leggi che Pio XI mai riconobbe. Per ritorsione, il Papa pronunziò il non expedit: i cattolici non potevano essere, dello Stato italiano, “né eletti né elettori”. Il Papa si sentiva un ‘prigioniero’ in casa sua. Le cose andarono avanti – con l’eccezione di una parziale abrogazione del non expedit nel 1913 (patto Gentiloni) e nel 1919 (nascita del PPI di don Sturzo) – fino alla firma dei Patti Lateranensi del 1929 tra Italia e Santa Sede.

Mussolini ed il Papa

Il capolavoro di Mussolini (e del cardinal Gasparri) prevedeva che la religione cattolica diventasse religione di Stato

Il capolavoro di Mussolini (e del cardinal Gasparri) prevedeva che la religione cattolica diventasse religione di Stato, il suo insegnamento avvenisse in tutte le scuole del Regno, gli effetti civili del matrimonio cattolico e il riconoscimento dello Stato autonomo del Vaticano. Il Concordato viene recepito, alla fine della caduta del fascismo, nella Costituzione, all’articolo 7, su spinta di De Gasperi ma anche grazie alla volontà di Togliatti, leader del Pci, a non alienarsi le masse cattoliche.

L’allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, e il segretario di Stato del Vaticano, monsignor Casaroli

Nel 1984 arrivano le modifiche ai Patti Lateranensi, firmate dall’allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, e dal segretario di Stato del Vaticano, monsignor Casaroli. I trattati del Laterano non cambiano, il Concordato sì. La religione cattolica non è più religione di Stato, l’insegnamento della religione cattolica non è più obbligatorio, il matrimonio religioso deve essere confermato civilmente, etc.

Ma resta in piedi l’articolo 2 del Concordato, quello su cui la Santa Sede fa leva, oggi, per contestare il ddl Zan. Articolo 2 che prevede che “la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare, è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale”. I punti ‘lesi’ del concordato sono la “piena libertà di svolgere la sua missione pastorale” e la “piena libertà di manifestazione del proprio pensiero”, è la posizione del Vaticano. Lo scontro è appena iniziato, solo una trattativa diplomatica lo finirà.

La scheda politica/2. La nota del Vaticano sul ddl

stato Laico

“Non bloccare, ma rimodulare” è lo slogan della Santa Sede sul ddl Zan e di certo fa scalpore. Uno scontro così duro, tra Chiesa cattolica apostolica romana – di cui la Città del Vaticano è lo Stato autonomo che gode di extraterritorialità – e praticamente tutto il mondo cattolico italiano contro lo Stato ‘laico’ e partiti di governo ‘laicisti’ non si ricordava, a memoria d’uomo, almeno dai tempi dell’approvazione, in Parlamento, delle leggi sulla libertà di divorzio e poi sulla libertà di aborto, seguiti da due storici referendum (1974 e 1978) che i cattolici persero. Anche l’opposizione della Chiesa, e della Cei, a leggi sulle coppie gay mai approvate (i Dico) o approvate (le unioni civile) non fu così pesante. Certo è che, oggi, la Chiesa – e la Santa Sede, fatto politico e diplomatico assai più importante – chiedono di ‘rimodulare’ il ddl Zan in modo che “la Chiesa possa continuare a svolgere la sua azione pastorale, educativa, sociale liberamente”.

Parole pesanti, e che si appellano al Concordato (quello del 1929, riformulato nel 1984) e che non vengono da un vescovo e neppure dal segretario della Cei (i vescovi italiani), il cardinal Bassetti, ma dalla Santa Sede, cioè direttamente dal Papa.

Paul Gallagher

Paul Gallagher ha consegnato la nota

Con una nota verbale della Segreteria di Stato, infatti, per la prima volta dalle modifiche del 1984, il Vaticano si appella direttamente alla revisione del Concordato per chiedere di rivedere una legge italiana, il ddl Zan, peraltro non ancora una legge dello Stato, ma solo una ‘mezza legge’: passata alla Camera, è ferma nella commissione Giustizia al Senato, osteggiata dal centrodestra. Il passo è diplomatico e, dunque, politico. Il Vaticano, tramite il ‘ministro’ degli Esteri Paul Gallagher ha consegnato la nota “informalmente” all’Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani, il 17 giugno scorso, perché arrivasse alla Farnesina, ma solo ieri, con uno scoop del Corriere della Sera, è stato reso noto.

sebastiani

L’Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani

Nel documento si manifesta preoccupazione per la libertà di organizzazione della Chiesa sancita dalla revisione del Concordato del 1984 e, secondo il dossier, si indica che con il ddl Zan si attenterebbe in generale alla “libertà di pensiero” dei cattolici. “Non c’è la volontà di bloccare la legge, ma una richiesta di rimodulazione per consentire alla Chiesa di esercitare la libertà pastorale, educativa e sociale”, fa sapere, provando a smussare, una fonte dei Sacri Palazzi.

Non si registrano altre dichiarazioni ufficiali della Santa Sede. Bocche cucite anche dalla Cei, che è stata la prima a porre la questione del ddl Zan, negli stessi termini in cui la pone il Vaticano: non accantonare il provvedimento, ma ripensarlo, in un “dialogo aperto e non pregiudiziale in cui anche la voce dei cattolici italiani possa contribuire alla edificazione di una società più giusta e solidale”. Il nodo è soprattutto l’articolo 7 del ddl Zan che prevede di istituire la data del 17 maggio come “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”. Giornata in cui è previsto che le scuole di ogni ordine e grado siano tenute a organizzare iniziative utili al contrasto delle discriminazioni, non esentando le paritarie. Secondo il Vaticano si metterebbe in discussione la libertà di organizzazione della Chiesa sancita dalla revisione del Concordato e si attenterebbe in generale alla “libertà di pensiero” dei cattolici. Precedenti? Pochissimi. La ‘reprimenda’ del Vaticano alla Spagna di Zapatero per la legge sui matrimoni gay (con relativo scontro diplomatico) e la scomunica di papa Pio XII contro il nazismo, con tanto di enciclica, la Mitt brennender sorge… Una cosa è certa: papa Francesco, non solo non era all’oscuro della missiva del suo ministro, ma l’ha letta, limata, concordata. Il ‘capo dello Stato’ del Vaticano, infatti, è lui. 

Le parole recenti del cardinale Parolin sullo scontro in atto tra Vaticano e Stato italiano: 

https://www.repubblica.it/politica/2021/06/24/news/omofobia_parolin_nessuna_richiesta_di_modificare_ddl_zan-307505068/

Le parole del premier Mario Draghi al Senato: “L’Italia è uno stato laico, Parlamento è sovrano”

https://www.repubblica.it/politica/2021/06/23/news/omofobia_ddl_zan_fico_vaticano_parlamento_sovrano_non_ingerenze-307267762/

La scheda tecnica/3. Il ddl Zan e la libertà religiosa

Alessandro Zan, il papà della legge contro l’omotransfobia

Alessandro Zan, il papà della legge contro l’omotransfobia

Il ddl Zan si compone di dieci articoli. Con il ddl Zan l’omofobia nel codice penale viene equiparata al razzismo e all’odio su base religiosa. Questa legge aggiunge ai passaggi del codice penale (articolo 604 bis) che già puniscono, con il carcere fino a un anno e sei mesi, le discriminazioni a sfondo razziale, etnico o religioso, anche quelle basate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità. Prevede pene, fino a 4 anni, per chi istiga a commettere discriminazioni o violenze di stampo omofobo così come oggi è previsto per quelle di stampo razzista e punisce anche chi organizza o partecipa ad associazioni che istigano alla discriminazione e alla violenza. A differenza del razzismo, le norme sull’omofobia non si applicano al reato di propaganda, ma solo all’istigazione a commettere discriminazione o violenza: L’articolo 4 salva “la libertà di espressione di convincimenti e opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. Ma è proprio questo uno dei punti contestati dalla Santa Sede.

vaticano

Città del Vaticano

Il Vaticano, fa leva sull’articolo 2 del Concordato (sancito nel 1929 e modificato nel 1984) che recita: “la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare, è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale”. I punti ‘lesi’ del Concordato, per il Vaticano, sono la “piena libertà di svolgere la sua missione pastorale” e la “piena libertà di manifestazione del pensiero”.

Il ddl Zan introduce anche i reati di discriminazione omofoba, cui attribuisce anche un’aggravante, come per l’odio razziale, e istituisce una giornata nazionale “contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” da tenersi il 17 maggio, al fine “di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere con relative iniziative pubbliche, anche nelle scuole paritarie, cioè in quelle cattoliche.

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L’ex presidente della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli

Per la Santa Sede anche questa ‘giornata’ lede le prerogative del Concordato nelle scuole paritarie. Infine, ovviamente, il mondo cattolico contesta la “identità di genere”, che viene inserita nel codice, e che le parole e la campagna di opinione a favore delle famiglie tradizionali venga considerata reato attraverso la definizione di “discriminazione”. Il giurista Mirabelli spiega che “è rischioso se la previsione di norme penali limita la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero”.