“L’onorevole dimezzato”. La proposta di modifica dei Regolamenti parlamentari del Pd: contenuto e critiche

“L’onorevole dimezzato”. La proposta di modifica dei Regolamenti parlamentari del Pd: contenuto e critiche

1 Luglio 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

“L’onorevole dimezzato”. La proposta di modifica dei regolamenti parlamentari del Pd è un rimedio peggiore del male. Prima illustriamo la proposta nel dettaglio, poi proviamo a dire perché

onorevole dimezzato

“L’onorevole dimezzato”. La proposta di modifica dei regolamenti parlamentari del Pd è un rimedio peggiore del male.

 

NB: questo articolo è stato pubblicato sul sito di notizie The Watcher Post il I luglio 2021

Enrico Letta

Enrico Letta

I cambi di casacca in Parlamento” sono la dimostrazione che “viviamo in una democrazia malata”. Con queste parole – e, dunque, con un piglio da grillismo antemarcia che appare, ormai, fuori tempo massimo – il segretario del Pd, Enrico Letta, ha presentato alla stampa, lunedì scorso, la proposta di riforma dei Regolamenti parlamentari promossa dai gruppi parlamentari del Pd che l’hanno studiata, confezionata e, in conferenza stampa, illustrata, ma a grandi linee, con gli interventi delle capogruppo del Pd di Senato e Camera, Simona Malpezzi e Debora Serracchiani, del presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, Dario Parrini, del responsabile Riforme della segreteria dem, Andrea Giorgis, della professoressa Carla Bassu e di Emanuele Fiano, capogruppo dem nella Giunta per il Regolamento di Montecitorio.

Simona Malpezzi

Simona Malpezzi

Silente, ma presente, la testa d’uovo del Pd in tema di riforme, il deputato Stefano Ceccanti che ha firmato la proposta depositata alla Camera insieme agli onorevoli Giorgis, Fiano e Serracchiani. 

Ceccanti

a testa d’uovo del Pd in tema di riforme, il deputato Stefano Ceccanti

Oggi – spiega Lettac’è una grande occasione per riformare i regolamenti parlamentari, resa obbligatoria dalla riduzione del numero di parlamentari (si tratta della riforma parlamentare che riduce da 945 a 600 i parlamentari e che entrerà in vigore dalla nuova legislatura e che dovrà, per forza di cose, rimodulare almeno il numero e la consistenza dei gruppi parlamentari, ndr.)”. “I regolamenti – dice Letta – devono cambiare per forza e noi proponiamo alle altre forze politiche alcuni importanti novità in vari ambiti. Sono tutte novità che servono a scongiurare la chiusura del Parlamento nei confronti dei cittadini, aumentare le forme di partecipazione, per rendere più efficiente il lavoro parlamentare”, aggiunge Letta.

Un rimedio, a nostro modesto avviso, peggiore del male, ma solo dopo proveremo a dire perché.

Il deprecabile fenomeno del “trasformismo” o, per dirla con il neologismo coniato da Letta, “transfughismo” parlamentare

I cambi di casacca in Parlamento

“I cambi di casacca in Parlamento”

Partiamo invece dai dati di fatto, inoppugnabili. Secondo i calcoli del sempre benemerito sito di monitoraggio degli atti parlamentari, Openpolis, aggiornati al 31 maggio scorso – cioè dopo la nascita di Coraggio Italia del governatore ligure Toti e del sindaco di Venezia, Brugnaro – i parlamentari che hanno abbandonato il proprio gruppo di appartenenza (quello in cui erano stati eletti) in questa legislatura XII, la sono stati 259, con buone possibilità, dunque, di raggiungere il record dei 569 della scorsa legislatura, la XI, che a oggi detiene il record dei cd “cambi di casacca”.

Conte

Giuseppe Conte

La “malattia” di cui parla Letta nella conferenza stampa di presentazione della proposta – conferenza stampa poco seguita e sfortunata, ma non per colpa del Pd, è solo che, poco dopo, Conte teneva la sua conferenza stampa sui casini scoppiati in casa del M5s – sta nel progressivo distacco tra i risultati delle elezioni (e la presentazione delle liste in cui i parlamentari vengono eletti) e quello che poi accade in Parlamento, dove sorgono sempre nuovi gruppi politici non usciti dalle urne.

transfughismo

Trasformismo” e “transfughismo” – un neologismo coniugato proprio da Letta

Trasformismo” e “transfughismo” – un neologismo coniugato proprio da Letta – ha definito questo fenomeno il segretario del Pd, che ha anche legato – ma il paragone non c’entra nulla – a questo fenomeno un altro fenomeno, squisitamente politico, cioè il fatto che “in sette anni abbiamo avuto sette governi e, negli ultimi tre anni, tre governi con maggioranze diverse”.

Ma la “breve durata” dei governi in Italia non c’entra nulla…

Ma la breve durata dei governi in Italia non centra nulla

Ma la “breve durata” dei governi in Italia non c’entra nulla

Dato di fatto che, però, vuol dire paragonare le mele alle pere: il fenomeno della breve durata dei governi in Italia è antico (attraversa la fase della monarchia costituzionale, passa per il sistema liberale, ‘salta’ solo la parentesi del fascismo, prosegue nella Prima Repubblica e, nonostante i nuovi sistemi elettorali, seguita nella Seconda) e c’entra molto con un fattore sistemico endemico (l’instabilità del sistema politico italiano) e con il regime parlamentare (i governi nascono e muoiono in Parlamento, dato che siamo in un regime di democrazia parlamentare, dato di fatto che il Pd dice, però, di non volere intaccare), molto meno, con i ‘cambi di casacca’.

In ogni caso, con questa proposta di riforma dei Regolamenti, Letta sottolinea anche di voler mettere in atto quanto affermato il 14 marzo all’Assemblea nazionale dei dem nel discorso di insediamento come segretario, quando attaccò proprio il “trasformismo” parlamentare. Reclama, insomma, un principio di coerenza (il che è vero).

Il principio del “senza vincolo di mandato” e la sua storia

articolo 67

Il moloch è l’articolo 67 della Costituzione

Ora, sul punto conviene intendersi. Il moloch è l’articolo 67 della Costituzione, l’ormai arcinoto principio del parlamentare eletto “senza vincolo di mandato”. Un Moloch che viene dritto dritto dalla storia del parlamentarismo occidentale e, in particolare, di quello della democrazia più antica del mondo, quella della Gran Bretagna. Fino a metà del’700, infatti, i parlamentari ce l’avevano eccome, il ‘vincolo di mandato’. Rispondevano, cioè, a chi li aveva eletti: in genere, si trattava di nobili, borghesi, comitati di affari e interessi costituiti, anche perché il diritto di voto era limitato (veniva attribuito, di norma, per censo e istruzione).

regno unito

La democrazia più antica del mondo, quella della Gran Bretagna

Eppure, tutte le democrazie occidentali, dalla Rivoluzione francese in poi, hanno aderito al sacro principio del ‘senza vincolo di mandato’. In buona sostanza, il parlamentare deve essere, e sentirsi, ‘libero’ di esprimere opinioni, voti e posizioni politiche a prescindere da chi lo elegge. Altrimenti è ‘limitato’, nella coscienza e nell’agire, e diventa, cioè, ‘vincolato’ a qualcuno.

Il principio, peraltro, andava poco a genio prima ai partiti socialisti e, poi, soprattutto, ai partiti comunisti che mettevano sempre ‘prima’ gli interessi, indefettibili, del loro Partito e/o organizzazione rivoluzionaria rispetto ai diritti del parlamentare, suscettibile alle mollezze ‘borghesi’ del ‘parlamentarismo democratico’, e i cui destini volevano che ‘dipendessero’, sempre e di fatto, dalle decisioni prese dal Partito. Non a caso, l’assenza di vincolo di mandato, nelle ‘democrazie’ dell’Est – quelle dell’Urss e dei suoi paesi satelliti, le cd. ‘democrazie popolari’ – non c’era come non figura nella Repubblica popolare cinese e simili (Vietnam, Corea, Cuba).

pci

Simbolo Pci

Persino durante i lavori dell’Assemblea costituente vi fu chi, come il Pci, voleva mettere in discussione il principio, trovando qualche sponda nella Dc, ma il pensiero liberale s’impose.

Negli ultimi anni chi ha cercato di intaccare il principio dell’assenza del vincolo di mandato è stato proprio il Movimento 5Stelle che, nel suo programma originario, ne chiedeva l’abolizione in nome del rapporto ‘fiduciario’ tra ‘portavoce’ eletti dal popolo e popolo-militanti elettori. Seguirono pernacchie, ma la proposta è agli atti.

Ora, il Pd – con la sua proposta – viola il sacro principio? Ovviamente, il Pd risponde di ‘no’. La nostra risposta è, invece, ‘un po’ no, un po’ si’. Ma meglio illustrarla per bene prima, la proposta.

La proposta di riforma dei Regolamenti del Pd e le sue altre proposte di riforma, peraltro tutte di rango costituzionale

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Una bandiera del Pd

 La proposta del Pd, in realtà, è molto ampia e tocca molti e diversi aspetti della vita parlamentare e attuazione della Costituzione (“Valorizzare le iniziative legislative popolari e dei Consigli regionali; Stabilire tempi certi per i voti del Parlamento; Vietare maxi-emendamenti eterogenei; Semplificare e razionalizzare numerosi atti e strumenti”; Superare alcuni vuoti e aporie: voto di fiducia, atti ispettivi, odg, etc.), alcuni dei quali richiederebbero, peraltro, modifiche di rango costituzionale (quindi con procedura aggravata e doppia lettura conforme da parte delle Camere), tranne nella parte della modifica dei Regolamenti che, essendo un interna corporis delle Camere, vengono approvate di concerto tra i gruppi.

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Emanuele Fiano, detto Lele, deputato del Pd

In sintesi, la proposta sui Regolamenti vuole: limitare i cambi di casacca e il fenomeno del transfughismo; valorizzare le iniziative legislative popolari e dei Consigli regionali; stabilire tempi certi per i voti del Parlamento; vietare maxi-emendamenti eterogenei; semplificare e razionalizzare numerosi atti e strumenti del lavoro parlamentare. Una proposta assai ampia firmata e presentata, per ora, solo alla Camera, dagli onn. Giorgis, Serracchiani, Fiano, Ceccanti.

Debora Serracchiani

Debora Serracchiani

Nello specifico, eccone i punti fondamentali. “Una riforma dei regolamenti Parlamentari – sostengono nella loro pdl i proponenti dem – è imposta dalla riduzione dei parlamentari, che rende necessario almeno rivedere quorum e soglie esistenti. Il Pd propone di farlo in modo non automatico, ma valutando le riduzioni in relazioni ai singoli istituti interessati. Il Pd pensa però che siano anche necessari interventi più incisivi per migliorare il funzionamento del Parlamento, in particolare: 1) migliorandone la capacità decisionale e rappresentativa; 2) contrastando il transfughismo”.

Le riforme dei Regolamenti parlamentari dovrebbero essere valutate in coordinamento tra le due Camere (a partire da numero e competenze delle Commissioni), così da evitare differenze irragionevoli tra i due diversi Regolamenti” (come oggi, invece, è e per ora così restano, ndr.).

Per limitare cambi di casacca e transfughismo, il Pd prevede che i deputati debbano aderire al Gruppo corrispondente al partito o movimento politico sotto il cui simbolo sono stati eletti.

Durante la legislatura, i deputati non possono aderire ad un altro gruppo o al gruppo Misto. Se lasciano il proprio gruppo, diventano “deputati non iscritti” a nessuna componente, come già è, oggi, dentro il Parlamento europeo.

L’unica eccezione prevista è nei casi di scissioni. In quel caso, possono nascere nuovi Gruppi parlamentari, ma solo se composti da deputati provenienti da un unico Gruppo parlamentare (in un numero minimo), che rappresentano una forza organizzata nel Paese (e con simbolo depositato alle precedenti elezioni politiche, come è già ora).

I deputati che abbandonano il proprio Gruppo parlamentare decadono dalle eventuali cariche acquisite in quanto rappresentanti di quel Gruppo.

Dario Parrini

Dario Parrini

Esclusa anche l’iscrizione a un altro gruppo:Per quanto riguarda il parlamentare che abbandona il gruppo di appartenenza non è possibile, per la nostra proposta, che si iscriva a un altro gruppo”, spiega Fiano e con lui Parrini, Ceccanti e tutti gli altri firmatari della proposta.

In pratica, il limite per fare gruppo scende da 20 deputati a 15 alla Camera e da 10 senatori a sette al Senato ma solo se ci si collega a un simbolo elettorale presentato alle elezioni, come oggi già è, in base al regolamento di palazzo Madama, per il Senato (Iv ha potuto fare gruppo solo grazie al ‘prestito’ del simbolo che gli è arrivato dal Psi di Nencini), mentre non è così alla Camera dei Deputati,dove si può formare un gruppo parlamentare nuovo a prescindere dalle liste presentate alle elezioni e dove, peraltro, i gruppi godono di speciali deroghe (LeU ha potuto costituire, in base a tale regola, solo così il suo gruppo, pur non raggiungendo i 20 deputati).

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Riccardo Nencini

Nello specifico, l’articolo della proposta del Pd propone “di consentire nel corso della legislatura la costituzione, in deroga ai requisiti sopra illustrati, di nuovi Gruppi solo se risultino composti esclusivamente da deputati provenienti da un unico Gruppo parlamentare, purché in misura pari ad “almeno un quinto dei componenti di tale Gruppo e comunque in numero non inferiore a dieci”, e che “rappresentino, in forza di elementi certi ed inequivoci, un partito o un movimento politico organizzato nel Paese; analogamente di consentire nel corso della legislatura la costituzione di nuove componenti politiche solo se risultino composte esclusivamente da deputati provenienti da un unico Gruppo parlamentare o da una unica componente politica del Gruppo Misto“, purché “in misura pari almeno ad un quinto dei componenti di tale Gruppo o componente politica e comunque in numero non inferiore a tre”, e che “rappresentino, in forza di elementi certi ed inequivoci, un partito o un movimento politico organizzato nel Paese”. Norme assai stringenti e anche eccessive.

Le ragioni del Pd sulla proposta di modifica dei Regolamenti

Modifica

Le ragioni del Pd sulla proposta di modifica dei Regolamenti

Il cuore di questa proposta, mantenendo in vita la previsione dell’art.67 della Costituzione, è che noi vogliamo far cessare questa dinamica, questo trasformismo parlamentare, questa pratica che ha reso questo nostro Parlamento” una istituzione “a cui cittadini guardano con occhi sfiduciati e non sanno più nemmeno a quale gruppo appartiene un parlamentare”, dice Letta.

Questa proposta, che può diventare norma rapidamente – insiste il segretario dem – si pone obiettivo che una volta che l’elettore vota, ci sia una rappresentazione del voto la più trasparente e stabile possibile. Non lo spostamento da un campo all’altro o il mettersi all’asta. Vogliamo ridare ai cittadini il senso della trasparenza e della pulizia della vita parlamentare. Non potrà più succedere quello che è successo in questa legislatura nella quale il gruppo Misto è diventato un paradiso a cui tendere. Va dato un colpo al trasformismo parlamentare, solo così si rafforza democrazia. Va bloccata la logica del trasformismo che umilia la vita democratica”.

“Crediamo – insiste Lettache vi sia la necessità di un sistema più equilibrato per dare centralità ai gruppi emersi dal voto e dare stabilità evitando la fluidità di questi tempi. Dando un colpo al trasformismo parlamentare si rafforza la democrazia, dando un colpo ai giochi di scambio e alle piccole convenienze si rende la democrazia più partecipata in un momento nel quale la partecipazione è in grande crisi ovunque”.

Siamo sempre partiti da un presupposto: farci carico di rivedere i regolamenti dentro le istituzioni. Per qualcuno non è di moda, ci diranno che c’è altro a cui pensare, ma per fare in modo che i cittadini abbiamo maggiore forza e che le misure possano avere una ricaduta più immediata sulla vita delle persone, serve proprio la riforma dei regolamenti”, sottolinea la capogruppo Pd al Senato, Simona Malpezzi.

“Credo che sia stato uno sforzo collettivo prezioso”, aggiunge Debora Serracchiani, capogruppo alla Camera del Pd. “Occorre restituire centralità al Parlamento. Per questo la nostra proposta di riforma dei regolamenti parlamentari, insieme alle previsioni per combattere il trasformismo ed i cambi di casacca, contiene altri accorgimenti che consentano alle Camere di funzionare meglio e superare il monocameralismo di fatto attuale. Con la semplificazione delle regole non ci sono più alibi. Su questo terreno si può raggiungere un’intesa di tutte le forze parlamentari”.

Andrea Giorgis

Andrea  Giorgis

Abbiamo interloquito con i presidenti delle Camere perché vorremmo che queste modifiche, che consideriamo necessarie e ragionevoli, urgenti ed essenziali, vengano condivise il più possibile”, sottolinea Andrea Giorgis, responsabile Riforme nella nuova segreteria di Enrico Letta.

Emanuele Fiano ha ricordato che “Enrico Letta, nel suo discorso con il quale ha chiesto il voto dell’assemblea del partito, ha messo la battaglia contro il transfughismo al centro della propria azione. Tutti noi abbiamo una percezione della crisi delle democrazie liberali che passa anche da quello. Oggi portiamo a compimento l’indirizzo che Enrico Letta aveva dato circa 100 giorni fa”.

Sul punto che riguarda il trasformismo, Fiano sintetizza così, secco, la sua posizione: “Non è una proposta di mediazione: tu ti fai eleggere in un partito o in una lista e in quella sederai nel corso della legislatura. Se ci sarà una scissione farai parte di un altro gruppo, altrimenti sarai un deputato libero delle sue scelte, ma non manterrai l’appartenenza a un gruppo. Sarai da solo”.

 

Le mie personali e modeste critiche alla proposta del Pd

Cossutta e Diliberto

Cossutta e Diliberto

Il punto è che, con la proposta del Pd, ‘fatti’ politici importanti e di rilievo politico, oltre che parlamentare, non sarebbero mai potuti accadere. Per fare solo alcuni esempi: la nascita del Pdci – scissione del Prc – di Cossutta e Diliberto nel 1998 che diede al governo Prodi I prima (poi caduto) la possibilità di giocarsela in Parlamento, sui voti di fiducia, e che poi permise la nascita dei governi D’Alema e Amato (I e II).

Gianfranco Fini

Gianfranco Fini

La nascita di Fli di Fini che, nel 2010, si distaccò dalla Pdl e che causò, non riuscendoci in prima battuta, ma in seconda sì, la caduta del IV governo Berlusconi. La nascita di Ncd di Alfano che, staccandosi da FI, permise la nascita del governo Letta (eh sì, sic…) nel 2013. La nascita di Ala di Denis Verdini che, nel 2015, permise al governo Renzi di continuare la sua azione di governo (legge sulle unioni civili compresa), ma anche la nascita di Mdp (poi Art. Uno) che ruppe col Pd di Renzi per legittime ragioni tutte politiche e che, in base a queste norme, non sarebbe nata.

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L’ex senatore e fondatore di Ala Denis Verdini

Infine, la nascita di gruppi di ‘ribelli’ ex 5Stelle che stanno formando, in questa legislatura, gruppi autonomi – quelli di Alternativa c’è – in dissenso dal voto di fiducia del M5s al governo Draghi.

renzi italia viva

Renzi Leader di IV

Per non dire della nascita di Italia Viva di Renzi, vitale e decisiva prima nella nascita del Conte II, poi nella sua fine e, oggi, nella nascita del governo Draghi. Infine, ultimo ‘nato’, il gruppo parlamentare di Coraggio Italia (24 deputati), legato al governatore Toti e al sindaco Brugnaro che sta nel centrodestra ma appoggia il governo.

I due ‘dogi’ Toti e Brugnaro prendono il largo

I due ‘dogi’ Toti e Brugnaro prendono il largo, Toti e Brugnaro

Tranne il caso di Iv – collegato, in forza del Regolamento del Senato – al Psi e che solo così è potuto nascere (alla Camera non ha avuto eguale problema: bastavano, appunto, i 20 deputati), si tratta di forze politiche – alcune scomparse presto o perché non si sono presentate più elezioni, o perché hanno preso risultati non ragguardevoli – che hanno però determinato lo svolgimento e la formazione di governi ‘politici’ importanti, a prescindere dal loro ‘colore’, e dunque di ‘fatti’ politici rilevanti che hanno cambiato la storia del Paese.

Certo, il gruppo Misto è cresciuto in modo abnorme (alla Camera conta 65 deputati e risulta essere il quinto gruppo, in termini numerici, mentre, al Senato, oggi, è il quarto gruppo per composizione, con 46 senatori, superiore persino ai 38 del gruppo del Pd), ma se si possono sicuramente trovare i correttivi giusti, ed equilibrati, per ‘penalizzare’ il Misto (togliere il diritto ai finanziamenti, al tempo di parola in Aula, al diritto di tribuna, alle corsie preferenziali per presentare proposte di legge e atti ispettivi), abolirlo del tutto è una penalizzazione eccessiva.

Un deputato, o un senatore, non iscritto ad ‘alcuna componente’ (oggi prerogativa dei soli senatori a vita), inoltre, diventa, di fatto, un animula vagula blandula che non avrebbe, dalla sua, alcun tipo di strumento per farsi valere e per far sentire la sua voce.

Infine, al di là del fatto che il collegamento con simboli e liste presentate alle elezioni, come prevede il nuovo Regolamento del Senato, approvato nel 2018, è facilmente aggirabile (prova ne è la nascita, appunto, di Iv, collegata al Psi di Nencini post quem, o la prossima nascita di gruppi di ex M5s che si ‘legheranno’ all’Idv di Messina e Di Pietro o a Rivoluzione civile di Ingroia), resta il punto politico.

riforma fraccaro parlamento

L’Italia, oggi il Paese in Europa con il maggior numero di rappresentanti eletti in Parlamento

Perché impedire che, in Parlamento, possano nascere ‘fatti’ politici nuovi ed originali? Come ci si comporterà, se la proposta passasse, nella prossima legislatura, di fronte a una o più scissioni dentro i 5Stelle, per dire, ove una o più di queste non rispondesse ai requisiti richiesti? Perché limitare, in questo modo, la democrazia parlamentare e il suo libero e franco svolgimento che è fatto ‘anche’ della nascita di nuovi gruppi che, poi, possono trasformarsi o meno in partiti? Non è meglio lasciar decidere e giudicare, del loro destino, e della loro fortuna, agli elettori?

Dubbi e domande aperte, ma che forse meritano, da parte del Pd, qualche ragionevole risposta.

Per approfondire l’argomento:

L’ottimo e sempre aggiornato sito Internet dell’onorevole e professore Stefano Ceccanti contiene tutte le proposte di modifica dei Regolamenti e costituzionali del Pd. E’ rintracciabile a questo link:

https://stefanoceccanti.it

La proposta di modifica dei Regolamenti parlamentari a firma del Pd è rintracciabile  cliccando qui