La “disfida di Siena”. Letta ormai rischia pochissimo. A (non) rovinargli la festa, arriva la ‘strambata’ di Renzi

La “disfida di Siena”. Letta ormai rischia pochissimo. A (non) rovinargli la festa, arriva la ‘strambata’ di Renzi

28 Luglio 2021 1 Di Ettore Maria Colombo

La disfida di Siena. Letta rischia pochissimo, anche se resta quella sinistra promessa: “se perdo mi dimetto”. A non rovinare la festa dem arriva la ‘strambata’ di Renzi che garantisce l’appoggio di Italia Viva, ‘nonostante’ i suoi, i renziani toscani, più realisti del re. Resta il mistero sul collegio di Roma-Primavalle…

Siena panorama

Siena panorama

 

Nb: questo articolo è stato pubblicato, in forma ridotta, il 28 luglio 2021 su TheWatcherPost.it

 

A Siena si combatte (anche) la “guerra del pecorino”

Amalia Bruni

Amalia Bruni

“Eccellenze calabresi. Il mitico pecorino reggino e tanto altro…”. Quando i dem senesi hanno visto questo tweet di Enrico Letta, che l’altro giorno si trovava a Reggio Calabria, per sostenere la campagna elettorale della candidata del centrosinistra, Amalia Bruni (ricercatrice di fama internazionale e fra le pioniere negli studi sull’Alzheimer, nonché direttrice del centro di Neurogenetica di Lamezia Terme, zero possibilità di vittoria…), nel Pd senese si sono messi le mani nei capelli.

“il pecorino del Papa”

“il pecorino del Papa”

Ma come?! – sono insorti i democrat senesi – E il nostro pecorino che è il più buono del mondo, e non solo perché è DOP, ma proprio perché è il più buono di tutti?!”. Detto anche “il pecorino del Papa” (lo decantava papa Pio II Piccolomini) e ritenuto ben più pregiato del pecorino romano, anche di questi campanilismi è fatta una campagna elettorale…

Letta se perdo mi dimetto

Letta ha detto, in modo esplicito, che “se perdo le elezioni a Siena mi dimetto”

Certo è che Letta ha detto, in modo esplicito, che “se perdo le elezioni a Siena mi dimetto” (da segretario del Pd, ndr.). Per la precisione, lo scorso 18 luglio, l’ha messa così, la questione: “Faccio questa battaglia con grande determinazione, sono convinto di poter vincere. Sono abituato ad essere di parola. Se perdo ne trarrò le conseguenze: esistono i si e i no. L’ho già fatto una volta” (quando si è dimesso da premier, ndr.), aggiungendo anche “Non faccio mica come quell’altro (Renzi, ndr.) che lo diceva solo“…

Una frase impegnativa, di fronte alla quale i democrat toscani e senesi si sono messi subito le mani nei capelli: “Ma chi glielo ha fatto fare? Ma perché lo ha detto? Speriamo non lo dica ancora”. In effetti, nei giorni seguenti, Letta ha glissato, sull’argomento, per esempio alla Festa dell’Unità di Pistoia, ma la frase resta e peserà come macigno.

Senza dire che Letta, che è toscano, toscanissimo, è di Pisa, e in Toscana si vive di campanilismi: a Firenze i pisani sono odiati, a Siena meno, ma di certo non li amano.

 

I ‘conti della serva’ del collegio uninominale di Siena

pier carlo padoan

L’ex ministro Pier Carlo Padoan

Resta il punto. Il candidato alle elezioni suppletive – che si terranno nella stessa data del primo turno delle elezioni amministrative, quindi o il 3 o il 15 ottobre (data non ancora fissata, dal Viminale) – del collegio uninominale detto ‘Toscana 12’, che comprende il comune di Siena e ben altri 35 della cosiddetta ‘cintura senese’, sarà Enrico Letta.

claudio borghi

Claudio Borghi (Lega)

Il quale Letta concorre per subentrare a Pier Carlo Padoan (Pd) che – nel 2018 – vinse quel collegio per il rotto della cuffia (36,18% pari a 53.457 mila voti) contro l’allora candidato del centrodestra, il leghista Claudio Borghi (32,18% pari a 47.694 voti), poi recuperato nel proporzionale, e del M5s, che era tale Leonardo Franci (22,40% pari a 33.092 voti) con gli altri che si spartirono le briciole, e nonostante il modesto risultato del candidato di LeU, Fulvio Mancuso (3,76%, pari a 5.559 voti).

Leonardo Franci

Leonardo Franci (M5S)

Padoan, ai tempi, era stato ‘imposto’ ai senesi – che non amano imposizioni dall’alto da nessuno e prediligono esprimere loro i candidati del loro ‘territorio’ – dall’allora segretario del Pd, Matteo Renzi, già a novembre del 2020, lasciò il seggio per diventare membro del Cda di Unicredit, che poi lo ha eletto anche come suo presidente ‘non operativo’, e lo fece giusto in tempo, con una lettera inviata al presidente della Camera, Roberto Fico. La Giunta delle Elezioni della Camera dei Deputati stava per dichiararlo incompatibile, a causa del nuovo incarico per lui sopravvenuto, ma Padoan si è dimesso… 24 ore prima.

Fulvio Mancuso (LeU)

Fulvio Mancuso (LeU)

Non che Padoan si fosse visto molto a Siena, come registravano i giornali locali: “All’ombra della Torre del Mangia – scrivevano in diversi – Padoan si si è visto spesso: una visita a elezioni vinte e qualche altra sporadica apparizione nei due anni successivi: troppo poco e da domandarsi quale era stato il guadagno effettivo per il territorio”.

Eppure, la sua candidatura era stata fortemente voluta dal Pd, anche se il risultato, come visto, non era stato dei più brillanti in un seggio che il Pd, da sempre, considera ‘blindato’ (vi sono stati catapultati, ed eletti, in passato, un po’ tutti i ‘mammasantissima’ del centrosinistra, nel corso dei decenni, da Franco Bassanini a Giuliano Amato), ma che, nel 2018, subiva e subì il rebound negativo delle polemiche sulle ‘banche rosse’ e contro i governi a guida Renzi e Gentiloni, oltre che il disastro-collasso della banca Mps.

In ogni caso, con l’attuale legge elettorale, il Rosatellum, per i collegi uninominali funziona così: se un deputato o un senatore decade o si dimette, si procede a nuove elezioni, dette ‘suppletive’ (nella parte proporzionale, invece, scatta il seggio per il primo dei non eletti del partito che ha eletto il deputato o senatore che lascia il seggio).

 

Le molte ‘ragioni’ della candidatura di Enrico Letta

Enrico Letta

Il Segretario Enrico Letta PD

E così, dopo un ‘palleggiamento’ durato mesi, viene fuori che è lo stesso – e nuovo – segretario dem a ‘scendere in campo’ a Siena, la prima ‘suppletiva’ utile cui ci si trova davanti. Letta, ovvio, da un lato ambisce, comprensibilmente, a un seggio in Parlamento per ragioni personali, peraltro esplicitate in modo aperto e limpido: infatti, lasciando tutti gli incarichi precedenti, non ha uno stipendio e insomma, di qualcosa bisogna pur vivere.

Dall’altro, la ‘non presenza’ di Letta – che, dopo la caduta del suo governo, nel 2015, si dimise da parlamentare della precedente legislatura, la XVII per trasferirsi a Parigi – in Parlamento è sempre un problema, se sei un leader di partito. Tranne Berlusconi, decaduto, e tranne, oggi, Conte (di cui vedremo dopo), tutti i leader sono presenti, in Parlamento: da Salvini alla Meloni passando per Renzi e gli altri. Insomma, in Parlamento ci ‘devi’ essere, se vuoi guidare un partito e, a maggior ragione, controllare meglio gruppi parlamentari che, per quanto Letta abbia cambiato entrambi i capigruppo di Camera e Senato (Delrio per Serracchiani e Marcucci per Malpezzi), sempre sulla base di liste fatte nel 2018, e quindi dall’odiato Matteo Renzi, restano e sono.

A maggior ragione se si avvicinano, a grandi passi, le grandi manovre per eleggere il nuovo Capo dello Stato e sta iniziando il semestre bianco. Pensa che ci ripensa, alla fine Letta – spinto anche dai dem toscani, che volevano e chiedevano una candidatura radicata sul territorio, ma di prestigio, in testa a tutti la segretaria regionale, Simona Bonafé – ha mollato gli ormeggi e annunciato il grande passo: ‘yes, I can’, ‘sì, mi candido’ ha comunicato agli elettori, ai militanti e ai democrat toscani. E poco male che l’annuncio ufficiale sia arrivato solo dopo una fuga di notizie sul giornale La Nazione.

 

Il ‘fattore c.’ di Letta: la debolezza del candidato del centrodestra e la ritrovata ‘unità’ dei giallorossi

Tommaso Marrocchesi Marzi

Tommaso Marrocchesi Marzi

Ad agevolare le cose, due fattori molto ‘politici’, meglio noti come il ‘fattore c.’ di Letta. Il primo è che la coalizione di centrodestra schiera un nome assolutamente ‘battibile’ e alla portata di un ‘peso massimo’ come il leader dem. Tale Tommaso Marrocchesi Marzi, – dal cognome stile ‘contessa Mazzanti Serbelloni vien dal mare’ – che è un imprenditore nel settore del vino (manager di un’azienda vinicola del Chianti) e del petrolio (sic), nonché presidente del cda di Air Bp Italia. Signore distinto, 54 anni, proposto dalla Lega, ha ricevuto l’ok di FI-FdI-Cambiamo, ma di certo il suo nome poco dice, e poco scalda, i corpulenti e sanguigni senesi, una vita a sinistra. L’altro fattore politico che porta ‘bene’ a Letta è che la coalizione di centrosinistra o ‘rossogialla’ è già al gran completo: LeU (sia nella versione di Articolo Uno che di Sinistra italiana) c’è, e si mobiliterà, come pure ‘ci sono’ i Cinque Stelle. I quali hanno dato il loro placet alla candidatura, anche se, ormai, valgono il 15% dei consensi, sul piano nazionale, e a Siena di certo anche di meno.

Inoltre, si punta – come sempre, dentro il Pd – sul ‘civismo’, cioè sulle varie associazioni locali. Insomma, tutto è bene quel che finisce bene, pare, anche per ‘merito’ di… Renzi...

Dario Parrini

Dario Parrini

Inoltre, spiega il ‘mago’ di sistemi elettorali dem, il senatore Dario Parrini, “altro che chiacchiere. Quello di Siena è un collegio blindato e non ho, né abbiamo, alcuna paura. Inoltre – ammette – alle suppletive vota circa il 30% dell’elettorato e, di sicuro, vanno a votare i nostri. A Siena si vince con oltre il 50% dei voti, sono pronto a scommetterci”.

Al netto delle previsioni, e calcoli su percentuali che è sempre difficile basarsi su quelli ‘vecchi’, restava un solo, grosso, problema, per Letta: Italia Viva di Matteo Renzi, partito ridotto ai minimi termini a livello nazionale, ma che a Siena e dintorni vale almeno il 7%. 

 

La ‘strambata’ improvvisa di Renzi: Iv appoggerà Letta

ITALIA VIVA

Il quale Renzi, però, ieri sera, alla fine ha ‘strambato’ e, nonostante l’ostilità – a dir poco preconcetta – dei suoi, che non ne volevano proprio sapere di appoggiare la corsa di Letta, ha deciso di scendere a più miti consigli. Un occasione, in fondo, da sfruttare, per Renzi, anche solo per non apparire sempre il ‘Pierino’ che vuole rovinare le ‘feste’ altrui. 

Sembra, infatti, essere arrivato a una svolta il caso della posizione di Italia Viva rispetto alla candidatura di Enrico Letta a Siena per le suppletive. A sciogliere il nodo è il leader del partito, Matteo Renzi. Lo fa in diretta televisiva, proprio ieri sera, ospite di Rete4: “Sono convinto che si debba dare una mano a Letta a Siena, può fare molto bene. Lì c’è stato un corto circuito legato ad alcune vicende toscane”, dice riferendosi all’altolà arrivato a Letta dagli esponenti renziani. “Il Pd – aggiunge – ha fatto un inciucio con la Lega per aumentare le poltrone. Oggi in Toscana ci sono crisi aziendali, è assurdo aumentare le poltrone”. Ma poi conclude: “È stato chiesto a Letta di fare una iniziativa sua. Chiederò agli iscritti di Italia Viva di sostenere Letta a Siena. Oggi ha detto parole importanti, ha fatto un passo avanti nella direzione di un allargamento della coalizione, spero si possa chiudere nelle prossime ore per sostenere Letta a Siena”. Infine chiosa, sul filo dell’ironia: “Così ci togliamo dalla storia dello ‘stai sereno’…”.

Matteo Renzi appoggerà Letta

Matteo Renzi appoggerà Letta

Per una volta, peraltro, a tendere ‘il trappolone’ a Letta non era stato Renzi in persona, ma i renziani che, probabilmente più realisti del re, in pratica, gli avevano già detto di ‘no’. Ora, Renzi rimette le cose a posto: Iv appoggerà Letta. Forse, per Renzi, le porte del centrosinistra, in questo modo, si riaprono o non si chiudono. Di certo, Letta ha, di fatto, già vinto le suppletive. E il pecorino senese Dop? Si farà un selfie addentandone i pezzi…

 Più realisti del re: i renziani che volevano affossare Letta

Nicola Danti

Nicola Danti

Le ‘truppe’ (sic) toscane di Italia Viva si erano date appuntamento, giovedì scorso, per discutere della ‘spinosa’ vicenda della candidatura nelle suppletive di Siena di Letta proprio nel giorno in cui nell’aula del consiglio regionale era scoppiata una polemica durissima tra renziani e dem. Beghe toscane, baruffe chiozzotte assai localistiche.

Incredibile e scorrettissimo l’accordo tra Pd, Lega e Forza Italia sulla modifica dello Statuto” tuonava l’europarlamentare renziano, Nicola Danti. “In questo modo si aumenta il numero degli assessori e dei sottosegretari facendo lievitare di un milione i costi quando la Toscana è alle prese con i vaccini, i contagi e la pandemia”. E la decisione di Iv su Letta? “Non è stata presa nessuna decisione per il momento”, avvertiva Danti, “ma non posso certo nascondere che dal territoriomi giungano perplessità e segnali di profondo malessere su questa decisione del Pd. Ne parleremo a Roma con i vertici di Iv”.

simona bonafé

Simona Bonafè

Al netto delle facili ironie dei dem toscani, compresi quelli ex renziani (“Ah, ma perché, ora Iv ci ha pure le truppe e ascolta ‘i territori’?!”), che lavorano pancia a terra – Bonafé in testa – per far vincere Letta e in modo netto – la decisione sembrava essere un ‘no’.

piomboni.scaramelli

Piomboni e Scaramelli

Erano circolati addirittura due nomi di possibili candidate renziane da opporre a Enrico Letta, Paola Piomboni ed Eleonora Contucci, definite “espressioni del territorio” dal capogruppo del partito in consiglio regionale Stefano Scaramelli, che si è molto speso per ottenere un confronto con i Democratici almeno a livello regionale, e che è tra i più agguerriti italovivi ‘anti-Letta’.

Eleonora Contucci

Eleonora Contucci

Ma è chiaro che le ruggini tra renziani e lettiani sono di ben più antica – e storica – origine. Attengono a quel famoso “Enrico stai sereno” pronunciato da Renzi poco prima di scalzarlo da palazzo Chigi. Nessuno dei due, è comprensibile, si fida dell’altro e, in effetti, non si fa fatica a capirli, nessuno dei due…

Stefano Scaramelli

Stefano Scaramelli (Italia Viva)

Il nome di Letta? E’ troppo divisivo, un accordo è improbabile” rincarava la dose Scaramelli, che arrivava a dire “il Pd ritiri la candidatura di Letta e discutiamo di un nome condiviso a Siena”. quella che si chiama un’offerta impossibile da accettare. Un affronto, per il Pd, che ha fatto finta di non sentire fino a quando Simona Bonafè, che è stata una renziana, e che ha finora aveva evitato le polemiche, rispondendo alla richiesta di Letta di mantenere la giusta serenità, aveva risposto per le rime: “La candidatura di Letta nasce come richiesta del territorio e se Iv decidesse di non sostenere il segretario del più grande partito del centrosinistra, peraltro senza una vera motivazione, farebbe un grave errore e un regalo alla destra che gli elettori toscani farebbero davvero fatica a capire”. Un avvertimento: okkio a cosa fate perché, dopo, ‘non faremo prigionieri’.

Renzi era già intervenuto a ‘calmare’ le sue truppe

Renzi Letta

Renzi e Letta

A quel punto, era dovuto intervenire Matteo Renzi in persona per frenare i ‘bollenti spiriti’ dei suoi. Consapevole che, se Iv avesse detto di no a Letta a Siena, si sarebbe tagliato per sempre i ponti con il centrosinistra e, dunque, ogni possibile accordo in vista di future elezioni politiche e anche amministrative, e considerando che, in generale, la ‘voglia’ del Pd – di Letta e non solo – di imbarcare Iv, oggi data stabilmente sotto il 2% in tutti i sondaggi – è assai scarsa, se non pari a zero, Renzi ha avocato la pratica  Siena.

agnese pini

Agnese Pini direttore della Nazione

Intanto, ovviamente, Renzi aveva lanciato segnali multipli a Letta: “Sul nostro appoggio alla sua candidatura è ancora tutto aperto. Massima disponibilità se si vuole evitare la guerra fratricida, ma bisogna che ci sia almeno reciprocità. Enrico ci faccia sapere”. E lunedì scorso, in una intervista al direttore della Nazione, Agnese Pini, Renzi ha rivolto un vero “appello a Enrico: dicci con chi vai e ti diremo se veniamo con te anche noi”.

Dario_Nardella_Firenze

Dario Nardella

Certo, per Renzi– nel pieno del tour per presentare il suo nuovo libro, “Controcorrente”, “il Pd è diventato la ‘sesta stella’ dei 5 Stelle”, ma – pur lisciando il pelo al suo ‘discolo’ Scaramelli (“il mio vero candidato in pectore”), riconosce anche che “appoggiare Enrico significa chiudere un capitolo, ha anche il significato di voltare pagina. Tuttavia, se vuole i nostri voti, è bene che almeno ci consulti. Sceglie i 5Stelle? E per quanto ancora può farlo? A noi dovrebbe almeno riservare pari dignità nella partita di Siena”. Pari dignità, non la luna, ecco… In ballo, del resto, non ci sono solo le questioni tutte ‘toscane’ e le liti in consiglio regionale o sull’aeroporto di Firenze (che il sindaco, ex renziano, Dario Nardella, ha deciso di rinviare sine die in luogo dello sviluppo della ferrovia per Pisa), ma anche un’altra questione. Una candidatura sempre in un’elezione suppletiva ma a Roma.

L’altra suppletiva, quella del collegio Roma-Primavalle

Emanuela Del Re

Emanuela Del Re

Succede, infatti, che – sempre in autunno, e sempre in abbinata con le elezioni amministrative – si voterà per un’altra suppletiva, quella del collegio uninominale Lazio 1 – 11 di Roma-Primavalle (periferia romana piena), collegio lasciato libero da una deputata M5s, Emanuela Del Re, nominata rappresentante speciale della Ue per il Sahel.

giuseppe conte

Giuseppe Conte

Un collegio di cui si era parlato anche per Giuseppe Conte, ‘nuovo’ capo politico dei 5Stelle, e oggi non parlamentare, il quale, però, ha ‘gentilmente’ declinato l’offerta: lì si rischia grosso: il collegio è tutto tranne che ‘blindato’, predominio storico della destra.

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Marco Bentivogli

A un certo punto, l’altro giorno, è stato lanciato anche il nome dell’ex segretario della Fim-Cisl, e oggi fondatore di un movimento politico di area centrista, ‘Base Italia’, Marco Bentivogli, come candidato nel collegio romano di Primavalle, ma subito è arrivata, immediata, la retromarcia. L’ex sindacalista, pur contattato da diversi dem, ha detto di no, pur ammettendo di aver ricevuto “diverse telefonate” che lo invitavano a lanciarsi.

Carlo Calenda

Carlo Calenda

A proporlo, poche ore prima, era stato lo stesso Renzi da Bari, a margine della presentazione del suo libro: “C’è questa ipotesi che sta girando di Bentivogli. È un’ipotesi tirata fuori con Calenda. Ma può essere quella o un’altra. Il problema è un quadro di insieme. Se a Siena su tutte le questioni danno le botte a Italia Viva vuol dire che evidentemente hanno scelto di non averci”. Poche ore e lo stesso Renzi fa retromarcia: “Era un’idea di Calenda, ma non se ne fa nulla”, sfuma

Una candidatura, dunque, quella di Bentivogli, che dura lo spazio di una mezza giornata. A complicare il quadro, ma anche a vincere la partita, è stata, però, la tigna del segretario del Pd che sul tema dello ‘scambio’ dei collegi non è voluto scendere a compromessi.

 

“Noi tiriamo dritto”. Parola di Letta e del Nazareno

Roma palazzo del bufalo 03 largo del nazareno

Largo del Nazareno, ove ha sede il PD

Dal Nazareno non a caso fanno sapere che il leader del Pd sentirà tutti nei prossimi giorni, compreso Renzi, ma che non ci potrà essere nessun tipo di trattativa nazionale “perché la sua è una candidatura legata al territorio senese”. Poi arriva la stilettata contro “il verticismo che fu del Pd di Renzi in un territorio che gli errori degli ultimi anni hanno regalato alla destra”. Parole al fiele che vengono però mitigate dal Letta di ieri.

Il leader del Pd affida un appello (a Renzi e non solo) tramite il suo profilo Facebook. “In queste settimane- scrive Letta – ho avuto i primi incontri sul territorio del collegio Toscana 12, nella provincia senese e in quella aretina. Incontri che mi hanno persuaso ancora di più di aver fatto bene ad accettare l’invito a candidarmi alle elezioni suppletive giunto dal Pd delle due province. Rifiutare sarebbe stata una diserzione. Sottovalutare la sfida sarebbe un atto di arroganza e miopia verso il mio partito e questo territorio”.

Poi conclude così: “L’elezione suppletiva, in un collegio uninominale e per l’attuale scenario politico, è una corsa sostanzialmente a due”. Dunque, scrive Letta nel suo post, “avendo le forze politiche del campo contrapposto al nostro trovato un accordo unitario su un candidato, ritengo prioritario ricercare l’unità più ampia possibile. È solo in questa direzione, con la massima apertura e la massima umiltà, che sono intenzionato a muovermi”. Che è come dire: se ci state, bene, se ne parla, e di tutto, non solo di Siena, ma anche del futuro del centrosinistra, altrimenti ciccia, non mi fate paura, voi di Iv…

Anche Carlo Calenda si è ‘messo in mezzo’, su Siena…

Roberto Gualtieri

Roberto Gualtieri

Inoltre, a Roma, fonti vicine al candidato sindaco, Roberto Gualtieri, dicono che i dem presenteranno un loro candidato nel collegio romano. “Anche perché – notano – Renzi a Roma appoggia Calenda, non Gualtieri”. Nonostante tutto però, Renzi – che in mattinata scherzava così: “non dirò più ‘Enrico stai sereno’…” – prova a restare in partita e da Pescara torna sul tema di Siena: “Farò di tutto per sostenere Letta”. Infine, la strambata.

Marco Remaschi

Marco Remaschi

Ma ora, di mezzo, ora ci si mette anche Calenda: “Azione presenterà una sua candidatura alle suppletive della Camera a Siena, è un’occasione importante e vogliamo misurarci. Sarà un volto molto conosciuto”, annuncia Marco Remaschi, l’ex assessore regionale e coordinatore del partito di Carlo Calenda in Toscana (in Toscana c’è spazio per tutti, evidentemente: anche per Azione…). Potrebbe trattarsi di Rosanna Pugnalini, ex consigliera regionale Pd ed ex sindaca di Sarteano. Per Letta un’altra grana sulla strada senese, in uno scenario che mescola dinamiche locali e scenari nazionali.

Rosanna Pugnalini

Rosanna Pugnalini

Sorpresa per queste polemiche. Abbiamo sempre detto che auspichiamo convergenza la più ampia possibile com’è nella logica di una suppletiva” ribattono dal Nazareno, aggiungendo che Letta è pronto ad una campagna nei 35 Comuni senesi e che punterà su lavoro, cultura e turismo, grande attenzione a Mps, aprendo anche a quel civismo “che si era allontanato dal Pd renziano” (aridaje, come si dice a Roma…).

 Il clima si era fatto sempre più teso, tra Pd e Iv

Iacopo Melio, consigliere regionale Pd

Iacopo Melio, consigliere regionale Pd

Il clima, tra Pd e Iv, si era fatto sempre più teso. E i ‘più realisti del re’ allignano pure in casa dem. C’è chi nel Pd sostiene la necessità di mettere con le spalle al muro Renzi. Lo dice apertamente Iacopo Melio, consigliere regionale Pd dell’ex area zingarettiana: “Far saltare la candidatura di Enrico Letta, persona capace e di esperienza, in un territorio molto importante come quello di Siena, significa dimostrare (se mai ce ne fosse ancora bisogno) di non sapere cosa significhi stare in un gruppo. Basta manie di protagonismo, altrimenti è sufficiente decidere e il Pd trovi la forza di farlo: fuori Iv dalla coalizione”.

Palazzo Vecchio Firenze

Palazzo Vecchio Firenze

Un rischio che, per Renzi, diventava davvero troppo alto. Avrebbe significato buttare fuori Stefania Saccardi, oggi vicepresidente della giunta regionale guidata da Eugenio Giani. E le ripercussioni sarebbero potute arrivare fino a Palazzo Vecchio, dove il sindaco Dario Nardella ha in giunta una esponente di Italia Viva, Titta Meucci, che in caso di Armageddon finale sarebbe potuta saltare, in caso di rottura totale tra Renzi e Letta. A quel punto, con conseguenze inimmaginabili anche e persino sul governo Draghi. Rottura evitata, sul filo di lana, dalle parole soft di Letta e dalla strambata di Renzi. Siena, a ottobre, avrà un nuovo deputato di collegio e su chi vince ha ragione Dario Parrini: al 99% si chiamerà Enrico Letta.