M5s, la “festa della democrazia” è un doppio plebiscito per Conte, ma resta il dualismo con Di Maio
8 Agosto 2021Sommario
M5s, la “festa della democrazia” si risolve in un doppio plebiscito per Conte (sullo Statuto e su di lui), ma resta il dualismo con Di Maio. Beppe Grillo, intanto, sfotte… I futuri organigrammi del Movimento
Nb: questo articolo si compone di due parti: la prima è scritta in originale per questo blog, la seconda è stata pubblicata lo scorso 5 agosto 2021 sul sito di notizie TheWatcherPost.it
E’ un doppio plebiscito, per Conte, che al Fatto, house organ del Movimento, dice: “ci faremo sentire”
E’, nel voto di lunedì e martedì sullo Statuto (vedi articolo sotto) come in quello sulla sua figura, quella di Presidente del M5s, un vero plebiscito, quello che incorona Giuseppe Conte e avvia la nuova era del Movimento 5Stelle.
All’indomani del secondo voto, sulla nuova piattaforma SkyVote – che ha totalizzato 62.242 (92,8%) voti favorevoli e 4.822 (7,19%) contrari – l’ex premier suona la carica sulle pagine de Il fatto quotidiano e assicura: “Ci faremo sentire ai tavoli, sui contenuti concreti, non con slogan e dichiarazioni” e “vogliamo cooperare in modo franco e costruttivo col governo” (così tanto ‘costruttivo’ che promette di ‘smantellare’ la riforma Cartabia, anche se nel 2023, quando e se il Movimento vincerà le prossime elezioni…).
Tra i tanti temi toccati il rapporto con Luigi Di Maio (anche su questo aspetto, vedi l’articolo sotto) su cui scaccia ogni ombra: “Tra noi non c’è alcun dualismo. Nel M5S non ci saranno governisti e anti-governisti. Lavoreremo tutti per offrire leale collaborazione al governo di un Paese che deve ancora uscire dall’emergenza sanitaria”. E l’endorsement del ministro degli Esteri non si fa attendere: “Un risultato straordinario” che dimostra “l’entusiasmo di una grande comunità che non ha mai smesso di credere nel nostro progetto e ci spingerà a dare sempre il meglio”. Un cinguettio formale che nasconde molte crepe, come vedremo più avanti, ma onore al Vincitore, almeno per ora.
Certo è che Giuseppe Conte si gode in queste ore “l’ottima partenza” della sua leadership e prepara il piano di battaglia con l’obiettivo, in primo luogo, di ricompattare i 5 stelle attorno al suo progetto: “Non ho intenzione di utilizzare a fini personali l’investitura ricevuta da questa amplissima partecipazione degli iscritti. Voglio rafforzare le competenze”, dice, sicuro di sé, nell’intervista al Fatto.
La ‘squadra’ a settembre (ma girano già i nomi, e molti sono di donne…), ora arrivano le sudate ferie…
Dunque, la tabella di marcia è già scandita. L’avvocato pugliese presenterà la nuova squadra a settembre (non prestissimo, cioè), e “sarà la testimonianza di un grande rinnovamento, con l’inserimento di un centinaio di nuove figure”.
Però, sui giornali e nei boatos del Movimento, cominciano già a girare le prime indiscrezioni sui nomi dei nuovi vertici, a cominciare da quello di Chiara Appendino come vice del presidente, e di una serie di donne che dovrebbe comprendere anche la pasionaria Paola Taverna (senatrice), la ex ministra Lucia Azzolina (deputata), che potrebbero ricoprire il ruolo di vicepresidenti.
Ma anche l’ex ‘casaleggiana’ Barbara Floridia (altra senatrice), l’attuale assessore di Zingaretti in regione Lazio, Roberta Lombardi, assai vicina al ruolo di coordinatrice del comitato per i rapporti di ‘prossimità’ territoriale (nei partiti ‘normali’ sono né più né meno che gli enti locali).
Un ruolo di peso lo avrà di sicuro un contiano doc, il tarantino Mario Turco, e altri emergenti come il deputato Michele Gubitosa (deputato e imprenditore, avellinese), e il vicecapogruppo alla Camera, Roberto Ricciardi (attore, di Massa Carrara, carattere fumantino) mentre in caduta libera è il capogruppo, Davide Crippa, considerato da Conte ostile al suo corso, a differenza di un suo fan sfegatato come il capogruppo dei senatori, Ettore Licheri.
Ovviamente, l’Avvocato del Popolo stima molto Vito Crimi, cui imputa il successo e la regolarità della doppia consultazione, oltre che il divorzio da Rousseau, ma anche l’ostilità a Beppe Grillo. Non mancheranno ruoli di rilievi per il capo-delegazione del M5s al governo, il ministro Stefano Patuanelli, per l’ex viceministro Stefano Buffagni, che sta lavorando a un ‘patto’ con il sindaco uscente, Beppe Sala per le comunali di Milano, e ovviamente per l’ex guardasigilli Alfonso Bonafede, l’uomo della omonima riforma (oggi smantellata) che è sempre rimasto vicino a Conte e che lo ‘scelse’ come ministro in pectore della squadra pentastellata alle Politiche del 2018.
Intanto, Conte si gode qualche giorno di riposo, meritato dopo la lunga mediazione con il governo Draghi sulla riforma Cartabia e il lavorio dietro le quinte per ricompattare il Movimento.
La prima uscita pubblica di Conte neo-leader pentastellato dovrebbe arrivare solo fine agosto. L’ex capo di palazzo Chigi parteciperà infatti all’evento di Affaritaliani.it a Ceglie Messapica, cioè praticamente a casa sua e anche ‘a casa’ di un giornale on-line a sua volta fiancheggiatore. La kermesse è prevista per le serate del 27, 28 e 29 e sul palco sfileranno un po’ tutti, da Silvio Berlusconi a Matteo Salvini, ad Antonio Tajani.
Il malmostoso malcontento dei parlamentari e “l’obbligo” di difendere il reddito di cittadinanza
Alla ripresa dei lavori parlamentari, tuttavia, a settembre, torneranno sul tavolo dell’ex premier diversi dossier, tra cui quello dei malmostosi parlamentari – le famose ‘truppe’ – che non hanno digerito affatto il sofferto ok al disegno di legge.
Per ora si tratta di una manciata di deputati, certo, che però delineano un malcontento silente che potrebbe esplodere quando il ddl approderà in Senato e quando sia Renzi che Salvini porteranno all’attenzione del premier Draghi il reddito di cittadinanza. Draghi, salutando la stampa prima della pausa estiva, ha messo un freno ad eventuali rimaneggiamenti, almeno per ora, ma il tema potrebbe farsi caldo, soprattutto durante la campagna elettorale per le amministrative dove sono molti i comuni – grandi e piccoli – in cui si teme che il M5s non riesca neppure a presentare le liste mentre, in quelli più grandi, corre da solo a Roma, con Virginia Raggi e a Torino, con Valentina Sganga, mentre a Milano, per ora, è buio pesto, nel senso che il Movimento non ha ancora scelto chi dovrà sfidare Beppe Sala e non è detto un accordo in extremis con il Pd.
L’M5s, ad oggi, è alleato con il Pd solo a Bologna, dove sostiene il dem Matteo Lepore, e a Napoli, dove appoggia la corsa di Gaetano Manfredi, oltre che alle Regionali in Calabria, dove – dopo molti ripensamenti, dubbi e guai interni – il centrosinistra e l’M5s hanno scelto di puntare sulla loro unica candidata donna, la ricercatrice di scienze Amalia Bruni, già votata alla sconfitta.
I nomi del Comitato di garanzia e gli sfottò di Grillo
Da definire anche i nomi del comitato di garanzia. Quello ancora formalmente in carica (in pratica, per mesi, con il ‘reggente’ Vito Crimi, è stato il solo organo ancora ‘legittimo’ dei 5Stelle…) dà il suo contributo all’accelerazione del processo di rinnovamento mettendo a disposizione il mandato. Lo annunciano Vito Crimi, Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri, garantendo di rimanere comunque a disposizione per proseguire nelle loro funzioni, finché non saranno individuati ed eletti i nuovi membri del Comitato.
Gli occhi, per la nomina del Comitato di Garanzia come per il collegio dei Probiviri, restano però puntati su Beppe Grillo, che – invece di dire ‘bravo’ a Conte – ieri si è limitato a pubblici sfottò (“C’è una stanza per me nella nuova sede del Movimento?” ha chiesto tra l’ilare e l’acido) e che deciderà lui, e solo lui, i membri del Comitato di Garanzia come dei Probiviri.
Tra i primi – i soli che possono sfiduciare sia il Presidente che il Garante, previa consultazione tra gli iscritti – ci dovrebbero essere sia Luigi di Maio che Roberto Fico, le due ‘anime’ – la prima moderata e la seconda radicale, ex ortodossa – del Movimento delle origini. Un ruolo non secondario, il loro, nel M5s del futuro.
Ma gli occhi restano puntati anche sugli ortodossi contrari al nuovo corso e che lavorano in scia degli espulsi/reprobi/fuoriusciti (i vari Lezzi, Morra, ma anche lo stesso Casaleggio): annunciano per il 10 agosto (San Lorenzo, data non scelta a caso ma proprio perché è la notte delle ‘stelle cadenti’…) una uscita consistente di iscritti, militanti e dirigenti e che invitano tutti i contrari alla leadership di Conte a fare altrettanto, anche se bisognerà vedere quali nomi e numeri potranno vantare. Defilata, per ora, ma contraria comunque all’appoggio al governo Draghi, resta la posizione del ‘vacanziero’ Ale Di Battista, mentre all’opposizione, ma ‘interna’ al M5s, resta solo, ad oggi, l’ex ministro Danilo Toninelli.
Il plauso encomiastico del Pd al plebiscito contiano
Intanto, se il centrodestra praticamente ignora “l’incoronazione” di Conte, il Pd plaude convinto. “Complimenti e un grande in bocca al lupo da tutti noi a Giuseppe Conte per l’elezione a Presidente del M5Stelle”, scrive sui social Enrico Letta, beccandosi una serie di improperi e sfottò da parte di militanti dem che, evidentemente, non gradiscono troppo i ‘scappellamenti’ pro-Conte.
Eppure, l’ex dominus della segreteria Zingaretti e, oggi, ascoltato ‘consigliori’ proprio di Conte, Goffredo Bettini, riesce ad andare anche oltre e rilascia una dichiarazione tra il lirico e il ridicolo: “L’elezione di Conte a presidente del Movimento 5 stelle con una grandissima maggioranza di consensi è un fatto positivo per il centrosinistra, la democrazia italiana e la stabilizzazione ulteriore del governo Draghi. Si apre una nuova pagina per l’esperienza politica ispirata e fondata da Beppe Grillo. C’è un grande spazio per una ricerca unitaria e per ridurre le distanze che ancora ci sono con il Pd di Letta e la sinistra. Una ricerca iniziata e rafforzata durante gli ultimi due anni del governo presieduto da Conte. A Conte (citato cum laude quattro volte in meno di dieci righe, ndr.) auguro con amicizia buon lavoro”.
La ‘sinistra’ e l’ossessione del ‘Piccolo Padre’
Certo è che, ora, con i vertici dei 5Stelle messi in sicurezza, a sinistra si può ricominciare a parlare di alleanze, guardando anche alle Politiche 2023. Non ne fa mistero Pietro Grasso (LeU): “L’unica prospettiva per guardare con ottimismo ai prossimi appuntamenti elettorali è lavorare su ciò che ci ha legato al Governo e che potrà unirci in futuro”.
Stessa la linea di Nicola Fratoianni (SI): “Ora si lavori per dare anima e idee ad una coalizione in grado di rappresentare una reale alternativa alle destre”. Dove si dimostra che, in quello che resta della ‘sinistra’ a sinistra del Pd, l’atteggiamento encomiastico e succube verso Conte, ma anche verso i 5Stelle, raggiunge vette insperate e forse mai toccate dai tempi in cui sia il Pci che il Psi descrivevano Iosif Vissarionovič Džugašvili in arte Stalin, come “il Piccolo Padre” che ha “salvato il Mondo” dal nazismo, etc etc.
Qui l’articolo pubblicato il 5 agosto 2021 sulle pagine del giornale The Watcher Post.
Più che un voto, per Conte, è stato un plebiscito…
Un plebiscito e, anche, un’accelerazione. Inizia nel segno di questi due elementi la scalata alla leadership del M5S da parte di Giuseppe Conte. Il voto sul nuovo Statuto, di fatto, lo ha già incoronato leader del Movimento. La maggioranza degli aventi diritto tra gli iscritti al Movimento è stata ampiamente superata, questo nonostante le fosche previsioni della vigilia che temevano si dovesse ripetere la conta, ove non si fosse raggiunta la soglia dei 50 mila votanti, il che avrebbe voluto dire ripetere la votazione, dove sarebbe bastata la maggioranza semplice.
A votare, nelle due giornate di consultazioni su SkyVote (gli iscritti erano quelli della piattaforma Rousseau che sono stati ‘deportati’ sulla nuova piattaforma, manu militari, dopo il ‘divorzio’ dalla Casaleggio Associati a suon di avvocati). sono stati 60.940 iscritti su 113.894. A dire sì allo Statuto dell’avvocato del Popolo è stato l’87,35 dei votanti, anche se resta quel dato curioso del 12% di contrari (54 mila voti, in termini assoluti). Niente secondo turno, quindi. A votare, nella prima giornata, erano stati 35.200 attivisti, mentre nella sono stati 25.740 iscritti.
E, dunque, trattandosi, appunto, di ‘plebiscito’, l’ex premier decide di accelerare. Il 5 e 6 agosto – le date che erano previste per la seconda consultazione sullo Statuto, ove non si fosse raggiunto il quorum nella prima convocazione – si voterà per la leadership contiana. E, anche in questo caso, la vittoria di Conte è già assicurata.
Basti pensare che il ‘cambio’ di Statuto, lo scorso febbraio, fu votato da una media di poco più di diecimila iscritti. Bazzecole rispetto ai 60 mila di sì giunti allo Statuto contiano, definito da Crimi “una pietra miliare” (sic) del nuovo M5S.
La “festa della democrazia” (contiana) sventa pure gli attacchi hacker alla piattaforma Sky vote
“Oggi è un grande giorno, una grande festa di partecipazione democratica. Siamo quello in cui crediamo. Crediamo nella democrazia partecipata quale motore per dare ancora più forza alla nostra presenza sui territori e nelle istituzioni. Il voto di oggi non rappresenta un punto di arrivo, ma di ripartenza. Abbiamo un grande lavoro da fare, e come sempre dobbiamo farlo tutti insieme”, esulta il neo-leader Conte su Facebook subito, in un post pubblicato a ridosso della diretta in cui Vito Crimi e il notaio Alfonso Colucci hanno annunciato i risultati.
Crimi rivela anche che, nel corso delle votazioni, ci sono stati numerosi attacchi hacker, tutti respinti (evviva!). “Lo scrutinio è stato segreto e sicuro”, gli fa eco Colucci, notaio del nuovo corso del M5S. E sebbene non venga mai nominato pensare a una sotterranea frecciata alla piattaforma Rousseau di Davide Casaleggio non è un’esagerazione.
Ma restano molti nodi ancora aperti per Conte
Guai finiti per Conte? No. L’ex premier, una volta incoronato leader, dovrà presentare il suo organigramma, che è e sarà piuttosto complesso, tra vicepresidenti, consiglieri nazionali e numeri uno dei diversi comitati istituiti dal nuovo Statuto. La corsa alle cariche interne è già iniziata. Paola Taverna e Stefano Buffagni – tra i primi ad applaudire entusiasti il voto allo Statuto – sono in corsa, ma tanto quanto Lucia Azzolina, Chiara Appendino come pure diversi altri big.
Luigi Di Maio e Roberto Fico, che scelgono di non intervenire, per ora, sull’esito del voto, potrebbero invece rivestire il ruolo di ‘saggi’ nel Comitato di Garanzia proposto da Beppe Grillo – il quale, a sua volta, non dedica uno straccio di commento per dire ‘quanto è bravo’ Conte – Comitato che ha il potere, previa consultazione degli iscritti, di sfiduciare il leader, cioè Conte.
Le prime possibili espulsioni dell’era Conte…
E da neo-leader Conte avrà subito una grana: usare il bastone o la carota con i due voti contrari – i deputati Frusone e Vianello – al ddl sul processo penale approvato ieri alla Camera, oltre che ne confronti dei 16 assenti non giustificati in occasione del voto finale sulla riforma Cartabia.
E proprio nel giorno dell’approvazione della riforma Cartabia viene recapitata, ad alcuni deputati pentastellati, una lettera del Comitato direttivo del Movimento in cui si chiede – entro giovedì, cioè oggi – di “fornire una congrua ed esaustiva delucidazione” dopo che lo scorso 23 luglio non hanno preso parte alla votazione sul voto di fiducia e finale del Dl Semplificazioni.
Nella lettera si ricorda che l’assenza a votazioni politicamente ed istituzionalmente rilevanti “si pone in contrasto con i principi di partecipazione e di responsabilità, nell’ambito della leale collaborazione tra i componenti del nostro gruppo parlamentare”. La presa di posizione del Comitato direttivo, da quanto si apprende, avrebbe prodotto un certo malumore tra le truppe, e non solo tra i destinatari della lettera.
Il metodo adottato per la richiesta di chiarimenti non sarebbe infatti piaciuto tra le file grilline. Da capire adesso se lo stesso copione verrà adottato anche per le assenze che si sono verificate al Senato e per le votazioni di questi ultimi giorni, sempre a Montecitorio, sulla riforma Cartabia.
Il dualismo Conte-Di Maio non cessa, anzi aumenta…
La “festa della democrazia” è stata una Festa, ma va tutto bene, dunque? Mica tanto. Innanzitutto, i poteri del Garante, Beppe Grillo – è lui che ‘indica’ agli iscritti di eleggere Conte presidente – escono non solo intatti, ma rafforzati. E Grillo neppure si perita di dire una parola che sia una per esprimere, pubblicamente, la sua ‘gioia’ per la “festa della democrazia” che ha incoronato Conte.
In secondo luogo, emerge con sempre più forza la posizione ‘centrale’ – oltre che ‘moderata’ e ‘draghiana’ del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio che sempre di più si pone in antitesi a Conte. Certo, Di Maio non ha alcuna carica formale (ma dovrebbe figurare nei tre componenti del comitato di garanzia, l’unico che può sfiduciare il presidente, cioè Conte), mentre il secondo sta per assumere ‘pieni poteri’ nel M5s.
La cosa curiosa, e un po’ inquietante, è che i due – pur dissimulando contrasti e negando dissapori – si parlano, ormai, solo attraverso le interviste…
Prima, escono i retroscena in cui, sulla riforma della Giustizia, Conte ricopre la parte del ‘falco’, pronto persino a causare una crisi di governo, e Di Maio quella del ‘mediatore’ che porta a casa il risultato. Conte si imbufalisce, i suoi strepitano (“Di Maio è solo una minoranza, dentro l’M5s”), Casalino fa uscire una nota in cui ‘impone’ ai giornali il ‘divieto’ (sic) di scrivere che, nel M5s, esistono “le correnti”, “vietate dallo Statuto”.
Poi, Conte parla alla Stampa e scandisce: “tutti, ma proprio tutti, devono uniformarsi alla decisione e all’indirizzo assunti, altrimenti non avremo un movimento politico ma un condominio”. Tradotto: ‘questa è casa mia, e qui comando io’. O, anche, ‘Luigi statt’e bbuono e al posto tuo’…
Di Maio fa passare un giorno e, poi, a Repubblica dice: “chi minaccia il governo affossa la ripresa del Paese”, “chi pensa a elezioni anticipate è folle”, etc, ma fa pesare anche che la mediazione, sulla giustizia, l’ha trovata lui, come pure è vero: “Io mi sono esposto, andando incontro ad attacchi, ma l’ho fatto con in mente un obiettivo: trovare unità. Perché la mediazione, se non è al ribasso, porta sempre frutti. In questo caso sono stati avere il Movimento unito e riforma salva”.
Infine, sulle ‘veline’ di questi giorni, nota che “ricevo attacchi, ma non leggo smentite” e anche: “queste diatribe interne non indeboliscono solo il Movimento, ma chi lo guida, è sempre stato così” – dice con l’esperienza di chi il M5s lo ha guidato e se ne è dimesso.
Punture di spillo? Forse, ma il dualismo tra Conte e Di Maio resta in campo, nel M5s, e bello forte.