“Heri dicebamus”… Letta e Renzi vanno di nuovo, tanto per cambiare, ‘ai materassi’ in un gioco di sospetti reciproci

“Heri dicebamus”… Letta e Renzi vanno di nuovo, tanto per cambiare, ‘ai materassi’ in un gioco di sospetti reciproci

29 Ottobre 2021 0 Di Ettore Maria Colombo

“Heri dicebamus”… Tanto per cambiare, Letta e Renzi vanno di nuovo ‘ai materassi’ in un gioco di accuse e contro-accuse reciproche, sospetti e veleni. Centrosinistra in panne, Ulivo 4.0 già in crisi e una guerra infinita, quella dei due ‘duellanti’, che ha attraversato gli ultimi dieci anni della sinistra italiana 

“Heri dicebamus”… Letta e Renzi vanno di nuovo, tanto per cambiare, ‘ai materassi’ in un gioco di accuse e contro-accuse reciproche, sospetti e veleni

“Heri dicebamus”… Letta e Renzi vanno di nuovo, tanto per cambiare, ‘ai materassi’ in un gioco di accuse e contro-accuse reciproche, sospetti e veleni

Nb: una parte, più ridotta, di questo articolo è stata pubblicata il 29 ottobre 2020 sul sito Tiscali.it

 

Cosa farà e che ruolo giocherà ora il Centro? Le accuse di ‘intelligenza col nemico’ a Renzi e le partite Colle&elezioni

Luigi Di Maio M5s

Luigi Di Maio M5s

Presto vedremo Renzi nel centrodestra” dice in tv, anzi sentenzia, Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, ex capo politico del M5s. “Si comportano peggio della Lega” sibilano i dem, lettiani e non.

Leoluca_orlando_palermo

Leoluca Orlando

Vogliamo il partito di Renzi nel centrodestra. E’ un obiettivo già raggiunto per le Comunali di Palermo. Sceglieremo insieme il candidato per la successione a Leoluca Orlando, in primavera. Già deciso a cena” (a Firenze, nella esosa enoteca Pinchiorri, pare che abbia pagato Renzi…) dice Gianfranco Micciché, presidente dell’Ars e gran visir azzurro nell’isola, al Corriere della Sera.

Il quale Micciché aggiunge: “Poi vedremo per le Regionali”, ma con buone speranze di riuscita. Il leader di Italia Viva nel centrodestra con Salvini “non è un modo per sganciare la Lega in Sicilia. Il mio obiettivo è stare tutti insieme. Con gli uomini di Renzi e Salvini insieme. Perché Salvini non dovrebbe accettare un allargamento verso il centro?”, si chiede, come un ingenuo, la vecchia volpe di Micciché, creando un altro baillamme.

gianfranco miccicchè

Gianfranco Micciché

Parole che, ovviamente, fanno infuocare il clima, già infuocato, dei rapporti tra il Pd e Italia Viva.

La scusa è il voto che ha affossato il ddl Zan, con i renziani finiti subito sul banco degli imputati, ma è, appunto, solo e soltanto una buona ‘scusa’.

Dietro, c’è, invece, la Grande Politica, quella vera. Innanzitutto, il Grande Gioco del Colle, che si avvicina a grandi passi (febbraio 2022): i centristi, più o meno assortiti, più o meno in arnese (uno schieramento che va da Iv ad Azione, da Coraggio Italia a Più Europa più altri spuri, magari persino un pezzo di Forza Italia liberal), potrebbero giocare un ruolo decisivo. C’è chi dice che sono “più di cento”, come si dicono loro stessi, da soli, di essere, ma anche se fossero – come sono – al massimo 85,  pesano e peseranno, al punto da risultare decisivi, nel voto per eleggere il nuovo Capo dello Stato, voto che si tiene a scrutinio rigorosamente segreto, ovviamente a prescindere dai noti franchi tiratori.

Ma anche alle future – quando ci saranno – elezioni politiche (marzo 2023, sempre non si vada a votare prima, nel 2022, si capisce), una formazione neocentrista, a prescindere da ‘chi’ – particolare, però, non indifferente – dovrebbe guidarla (Renzi? Calenda? Toti? Carfagna? Loro tutti insieme? Boh), potrebbe pesare, e non poco, nella competizione elettorale, e far pendere il piatto della bilancia dal lato del centrosinistra oppure del centrodestra.

Enrico Letta

Enrico Letta

Francamente, da quest’ultimo punto di vista, che la ‘coalizione larga’, il famoso ‘Ulivo 4.0’ immaginato da Enrico Letta, quello che dovrebbe andare “da Conte a Calenda” (che, poi, Letta, a Renzi, non lo cita mai, nel novero), cioè la stessa coalizione vittoriosa in tante città e nel collegio che ha eletto, a Siena, il segretario dem, fosse ancora tutta da costruire in chiave nazionale e che mancassero, alla ‘casa’, tetti, bagni e cucine era cosa assai nota. Ma ad appena due settimane dalla vittoria elettorale, quanto accaduto sul ddl Zan al Senato evidenzia tutte le molte difficoltà del progetto ideato dal Pd. Insomma, tra Pd che litiga al suo interno, Letta che accusa Renzi (e viceversa), Calenda che impone diktat a tutti (a Renzi, che insulta, al Pd, che snobba, alla Sinistra, che detesta, etc.), mancano all’appello solo i 5Stelle. I quali, del tutto silenti sul tema alleanze e pure sul tema Quirinale, stanno lì ancora, belli intronati e imbambolati, a leccarsi le ferite di risultati elettorali devastanti (per loro) e della ‘grande fuga’ non solo degli elettori, dal loro partito, ma pure degli eletti (presto altri usciranno, dal M5s, a livello di parlamentare), oltre che a baloccarsi di incarichi e strapuntini distribuiti da Conte nel nuovo organigramma interno, senza capire che vanno a fare la guardia a un bidone vuoto. 

 

La posizione di Iv e pure quella di FI ormai “è nota”, dice Letta, “stanno con la destra sovranista”

Forza Italia

Bandiera di Forza Italia

Tra i dem in Parlamento c’è chi dice che, se non altro, la sconfitta di mercoledì a palazzo Madama ha ‘svelato’ i posizionamenti in campo: di Italia Viva, innanzitutto, ma anche di Forza Italia. Il ‘collante’ del sogno-Colle per Silvio Berlusconi, tiene gli azzurri al momento saldamente ancorati a Lega e Fdi, è la lettura in uso ripetuto tra i dem.

Tiziana Ragni

Tiziana Ragni – Giornalista

“Nella giornata di ieri si è sancita una rottura, anche una rottura di fiducia, a tutto campo. Con Italia Viva ma complessivamente con la parte che ha votato in quel modo. Forza Italia dov’è? Forza Italia sta con Pillon e Orban? E’ la Forza Italia che sta nel Ppe, dove la Von der Leyen è la più dura avversaria di Orban?”, è il ragionamento che il leader del Pd, Enrico Letta, ha tenuto ieri in un filo diretto a “Radio Immagina”, la web-radio del Pd, oggi diretta da  Andrea Bianchi, e condotta, per anni, da Tiziana Ragni, oggi capo ufficio stampa del Pd. E guarda caso, nella trasmissione di ieri, numerosi sono stati i messaggi degli ascoltatori che caldeggiavano una rottura definitiva con Iv e con Matteo Renzi.

Matteo renzi 1

Matteo Renzi

Letta, non pago, continua così: “Nella giornata di ieri (mercoledì, ndr.) si è sancita una rottura, anche una rottura di fiducia, a tutto campo, con Italia Viva ma complessivamente con la parte che ha votato in quel modo”, dice il segretario del Pd. Dopo il voto che ha affossato la legge contro l’omotransfobia, continua Letta, “Italia viva immediatamente ha cominciato a prendersela con noi. Chi reagisce così ha qualcosa da nascondere. Una reazione così vocale (sic), sguaiata, la dice lunga”. Renzi risponde, per le rime, con un video dal Senato che è pure un mezzo retroscena: “Finite le amministrative Letta è stato molto gentile, va da Fazio e mi manda un messaggino: ‘Apro, lavoriamoci insieme’. Ho detto: ci siamo. Questo domenica”, sostiene Renzi. “Mi sono fatto carico di chiamare tutti per avvisare che o si fa l’accordo prima di mercoledì o al voto segreto può succedere di tutto. Niente. Martedì, alla riunione al Senato, Zan e gli esponenti Pd e 5 stelle hanno detto, questo è il testo, prendere o lasciare. Hanno detto, cioè, che volevano il muro contro muro. Bravi, con una scelta suicida avete distrutto il Ddl Zan, ha chiuso il leader di Italia viva. Insomma, un gioco di accuse e contro-accuse, tutte al fulmicotone.

 

“Chi ha tradito chi?” La verità contrapposte del Pd e di Iv

ddl zan

Ddl Zan

La tesi dei dem è che, ad affossare lo Zan, sia stato il centrodestra con ‘l’aiuto’ di Matteo Renzi che ha iniziato a far pesare la golden share del suo gruppo al Senato in vista della partita del Quirinale. Ribatte il leader di Iv: a far fallire lo Zan è stato il “muro contro muro” di Pd e M5S,una scelta suicida”. Uno dei senatori dem che ha seguito passo passo il pallottoliere del voto a palazzo Madama racconta all‘Adnkronos una versione diversa: “I numeri in partenza non erano buoni, poi ci sono state rassicurazioni. E’ finita peggio delle previsioni di partenza, almeno 20 voti si sono spostati dall’altra parte. Qualcuno, dunque, è venuto meno alla parola data” (cioè Iv, ovviamente, ‘traditori’ per natura…).

Dario Stefano

Dario Stefano

Su chi abbia ‘tradito’ il gioco è al tutti contro tutti, anche perché il voto è, appunto, ‘segreto’, quindi dai tabulati risultano solo presenti e assenti, e ci si può sbizzarrire, con la fantasia. Il Pd e M5S accusano Iv, i renziani accusano dem (alcuni dei riformisti, ex renziani) e 5 Stelle. Con alcuni distinguo: il dem Dario Stefano, scettico da sempre sull’alleanza con i grillini, punta il dito sui senatori pentastellati.

Alessandra Maiorino

Alessandra Maiorino

Alessandra Maiorino, senatrice M5S, dice all’Adnkronos: “Il Vaticano borbotta e i cattodem obbediscono, non vogliamo annessioni” fino al punto – è il ‘sospetto’ dei 5S che Letta abbia voluto perderla apposta, la ‘conta’, per ingraziarsi il Vaticano con cui aveva strappato (“E’ un baciapile”, dicono, perfidi i 5S). La stessa Maiorino che a botta calda aveva detto: “Ci siamo fidati del Pd, questo è il risultato“, non tiene però conto che diversi senatori pentastellati (attuali ed ex) hanno votato ‘no’…

stefano fassina

Fassina Stefano

E c’è anche Stefano Fassina di Leu a dire la sua: il ddl Zan è fallito per colpa dell’arroganza del Pd, la tesi, e per la sua mancata volontà di dialogo: “È chiaro che dopo le interessanti dinamiche di disarticolazione del centro-destra indotte dai risultati delle recenti elezioni amministrative, ora si sono ricompattati gli avversari e allontanati dei potenziali alleati”.

Certo è che quanto accaduto sullo Zan non solo evidenzia le difficoltà nella costruzione di un fronte ampio del centrosinistra, che vada da Calenda a Conte (troppi i protagonisti della commedia che non sono d’accordo…) ma si intreccia anche il voto a breve sulla presidenza della Repubblica. Lo dice in chiaro lo stesso Letta, sempre a ‘Radio Immagina’: “Ieri è stata una prova generale dei giochi politici per il Quirinale” ma, “ribadisco, di Quirinale si parla l’anno prossimo, quando saremo vicini alla scadenza. Adesso, con tutte le cose davanti che ci sono, ci si concentri sulle cose da fare per il Paese e si evitino questi giochi o giochini politici, messaggi incrociati e in codice”. Belle parole, per carità, ma assai inutili: giochi e giochini politici, quando parte la corsa al Colle, sono pane quotidiano, e per tutti, franchi tiratori in testa.

Senza dire che il ‘rifiuto’ di Letta a ‘parlare’ di Quirinale – come pure, peraltro, di legge elettorale – ha indispettito molti dem, sia della sinistra interna che di Base riformista e liberal perché – dicono – “non è che possiamo nascondere troppo a lungo la testa sotto la sabbia e far finta che questi temi non siano all’ordine del giorno come pure sono”.

 

La ‘difesa’ di Iv: “non andremo mai con la destra”, peccato che, a partire dalla Sicilia, proprio quella sembra la strada…

Ettore Rosato

Ettore Rosato

Non abbiamo bisogno di questi mezzucci per dire quello che pensiamo”, replica Ettore Rosato parlando con l‘Adnkronos. E se la fiducia tra Iv e Pd si è rotta – aggiunge – è successo “quando l’apertura di Letta si è mostrata una finzione”. E a chi gli chiede se Iv sia ancora nel centrosinistra, Rosato risponde chiedendo di guardare con chi sono state fatte le alleanze alle amministrative.

bellanova italia viva mai con salvini

Teresa Bellanova

Teresa Bellanova poi è esplicita rispondendo a Giorgia Meloni: “Non c’è e non ci sarà mai nessun asse Italia Viva-Centrodestra. Non è un’eventualità ‘abbastanza avveniristica’, come la definisce la Meloni. È un’eventualità che non esiste”. Parole che echeggiano, identiche, ma dette ‘con il cuore’, da Gennaro Migliore nel cortile di Montecitorio, sede della Camera dei Deputati. A un collega l’ex esponente di Rifondazione e poi di Sel, oggi colonnello renziano e di grande esperienza dice: “Io sono antifascista e lo resto. Con la destra mai. E anche questi abboccamenti con Micciché, francamente, non li capisco e non li riconosco”. Il guaio è che gli ‘abboccamenti’ con Micciché ci sono e restano né Renzi li ha mai, pubblicamente, disconosciuti, anzi: sembra farsene quasi vanto…

Giorgia Meloni

La leader di Fdi Giorgia Meloni

Infatti, guarda caso, Iv a Palermo va – nel senso che sceglieranno un candidato comune, alle prossime elezioni comunali che si terranno nel giugno 2022 e, probabilmente, lo farà anche in vista delle elezioni siciliane per l’Ars (ottobre 2022) con Gianfranco Miccichè e Forza Italia. Il che provoca subito la critica di Carlo Calenda che, ormai, le ‘canta’ e le ‘suona’ più a Renzi che al centrodestra e con Letta cerca ‘abboccamenti’.

Calenda

Carlo Calenda

Noi – replica Rosatonon abbiamo paura di dialogare con chi vuole costruire un’alternativa al disastro della giunta Orlando, da cui siamo usciti da mesi. E vogliamo vedere dove si posizionerà Calenda nel confronto su Palermo”. Come a dire: prima o poi, ‘arriverà’ anche lui, tra i centristi, e noi saremo già lì…

 

Non che, dentro il Pd, si respiri un’arietta molto migliore… Al Senato volano sospetti e accuse, tra i democrat, sulla gestione

guerini lotti

Guerini Lotti

Tornando in chiave Pd, l’affondo di Letta nei confronti di Italia Viva crea qualche tensione anche in Base Riformista, l’area Guerini-Lotti.Ci vedremo nei prossimi giorni per fare una valutazione”, dice sempre all’Adnkronos un big della componente dem che raccoglie il grosso dei parlamentari del Pd, soprattutto al Senato. La prossima settimana ci sarà anche una riunione del gruppo Pd a palazzo Madama, che si annuncia molto tesa e che servirà per individuare le responsabilità sulla gestione dell’aula. “Non ci saranno processi per la gestione del ddl Zan”, si spiega, però, da Base Riformista, area a cui appartiene proprio la capogruppo Malpezzi, la prima a finire sul banco degli imputati.

Simona Malpezzi

Simona Malpezzi

Ma già dal giorno del voto sulla ‘tagliola’, alcuni esponenti dem, da Andrea Marcucci a Valeria Fedeli (femminista doc, in lacrime il giorno del voto, accusata di aver votato con il centrodestra, accusa che ha, sdegnosamente, rigettato, dicendo che “Io ho sempre il coraggio delle mie azioni”), hanno criticato la gestione del provvedimento. Il dito è puntato sui vertici del gruppo, da Malpezzi al segretario d’aula, Vincenzo D’Arienzo (il quale, però, aveva avvertito i suoi: ‘okkio che finiamo sotto’), fino al capogruppo in commissione Giustizia, Franco Mirabelli. “Finirà 148 a 141 per noi. Abbiamo previsto tutto fino a notte”, si riferisce così, fossero state queste le assicurazioni ai senatori dem e anche degli altri gruppi a favore dello Zan. Tanto che, dopo il voto, c’è chi avrebbe sentito Emma Bonino chiedersi in che mani sia finito il Pd, “dove li hanno presi questi geni della matematica?”. Che, poi, è la stessa accusa di Renzi: “Bastava sapere di matematica, non serviva sapere di politica”. Il che è pure vero.

 

Heri dicebamus… Renzi e Letta stanno ancora lì, fermi al 2014, e se le danno di santa ragione…

Renzi Letta

Renzi e Letta

Ma la questione, parlando di Letta e Renzi, è come al solito, più complessa e vede in gioco anche due leader che ‘non si amano’, per usare un eufemismo, da tempi immemori e che sono diversi in tutto: stile, carattere, gusti, idee, formazione politica e persino modi di porsi e dire.

Letta non vuole avere a che fare con Renzi (“con quello io non prenderò mai più neppure un caffè” disse Giancarlo Pajetta di Giulio Andreotti, dopo il fallimento dei governi della ‘non sfiducia’ e del precedente compromesso storico) e Renzi non vuole ancora aver a che fare con Letta (“Mi odia, e io lo detesto. Inutile parlarci”).

Il resto, cioè le dichiarazioni buone per riempire le agenzie e a far ‘vomitare’ i fan sui social, lasciano il tempo che trovano. Pura propaganda. Matteo Renzi ed Enrico Letta si fronteggiano e, come si vede, se le danno di santa ragione. Dov’è la novità, e la notizia? – si potrebbe anche dire.

benedetto croce

Benedetto croce – heri dicebamus

Heri dicebamus scriveva il filosofo Benedetto Croce, dopo vent’anni di dittatura fascista, come se nulla fosse accaduto, nel frattempo. Ecco, siamo sempre lì, diciamo dal febbraio del 2014, quando Letta venne disarcionato dalla guida del (suo) governo con un tweet, o meglio con il ‘seguito’ di quel tweet, il noto #enricostaisereno. Anzi, stiamo molto peggio di allora, del 2014, anche se sono passati, esattamente, ben sei anni. I due ‘duellanti’, proprio come quelli del film di Ridley Scott, non hanno mai smesso di inseguirsi e di giurarsi eterno odio, oltre che eterno duello.

 

Sono sei anni che se le danno di santa ragione, i due “duellanti” del centrosinistra e del Pd

enrico letta pd parigi

Uno era andato in Europa (a Parigi), a fare il ‘professore’ a Sciences Po’ (il mestiere che, peraltro, gli riesce meglio), dicendo che avrebbe abbandonato la politica attiva (non l’ha fatto, in realtà, e ora è tornato, con tanto di seggio vinto, a Siena, e ritorno, in gran spolvero, alla Camera).

L’altro – che aveva promesso di ‘abbandonarla’, la Politica, se avesse perso il referendum già nel 2015 (e lo ha perso), ma la Politica non l’ha mica lasciata, si è ricandidato, è in Parlamento dal 2018 e ha prodotto pure una scissione, dal Pd, quella di Iv, e ha pure fatto cadere due governi (il Conte I e il Conte II) e ne ha fatti nascere altri due (il Conte II e l’attuale governo Draghi), in una sorta di modalità Crono che mangia i figli, saltimbecca da un consesso di ricchi a un ‘rinascimento saudita’ in veste di conferenziere (il mestiere che, peraltro, gli riesce peggio).

Italia viva renzi

Matteo Renzi

Il guaio è i due ‘duellanti’ hanno sempre continuato a guardarsi in cagnesco, in tutti questi anni. Un timido, iniziale, pranzo di riconciliazione, quando Letta è diventato segretario del Pd (febbraio 2020), non è bastato. Non poteva di certo bastare, d’altra parte, ovvio, un pranzo per mettere d’accordo i nemici storici di una vita. Una di quelle rivalità che, per capirsi, Massimo D’Alema e Walter Veltroni erano due ‘amiconi’, nati e fatti per capirsi e volersi bene.

 

Ma, oggi, sono cambiati i rapporti di forza: Letta-Achille ucciderà finalmente la tartaruga Ettore? Sì, se riesce a prenderla…

 

Bersani Speranza

Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani

E così, dopo una ‘sospensione’, durata giusto qualche mese, ma sempre continuando a guardarsi in cagnesco, Matteo Renzi ed Enrico Letta hanno ripreso a darsele di santa ragione. Il risultato, però, è che il centrosinistra – che, dopo le amministrative, aveva ripreso fiato e coraggio – si piega, rischiando di spezzarsi, di ritirarsi, oltre che di frammentarsi, sulle proprie interiora. Con una sola differenza. All’epoca, cioè nel 2014, Renzi era all’apogeo della sua fortuna: aveva ‘scalato’ il Pd, scippandolo a Pier Luigi Bersani, partito che, peraltro, era tutto compatto con lui, minoranza di ‘sinistra’, quella guidata da Roberto Speranza, in testa, che votò il famoso odg, in Direzione, utile per dire a Letta “fatti da parte”. Letta era, invece, al vertice della sfortuna: guidava, sì, un governo di larghe intese, ma non aveva truppe, né seguito, nel partito come fuori, e mal gliene incolse proprio la caduta del governo.

Inoltre, Renzi sembrava meno protervo, e pure assai più furbo, di come appare ora, mentre Letta appariva come un agnello mansueto, votato al sacrificio, come Isacco che ‘segue’ Abramo.

Oggi, le parti si sono decisamente invertite: Letta guida un partito – e, di fatto, una coalizione, quella di centrosinistra – che è diventato il primo partito d’Italia (20% nei sondaggi), e con il quale ha vinto tutte le amministrative, con gli altri partiti della coalizione – 5Stelle in testa – nel ruolo, se va bene, di junior partner, inconcludenti (i 5S) o ininfluenti (la sinistra di Articolo Uno), in ogni caso non decisivi nelle decisioni clou.

Renzi ed il 2% di Italia Viva

Renzi ed il 2% di Italia Viva

Invece, Renzi guida un partito che vale, se va bene, il 2%, nei sondaggi (e poco importa aver eletto consiglieri comunali a Domodossola o a Pescasseroli) e che, pur contando su una nutrita pattuglia parlamentare (16 senatori e 28 deputati), è sostanzialmente da un intero Paese, e non certo per i suoi – fin troppo frequenti – viaggi in Arabia Saudita o le inchieste sulla Fondazione Open, ma perché – capita a tutti gli esseri umani, anche ai migliori – quando vai sulle ‘scatole’ a 60 milioni, o quasi, di cittadini, poco importa che alcune migliaia ti ‘spingano’ a manetta, sui social.

la lotta non è più equa: l’invincibile Achille (Letta), giusta o sbagliata che sia la cosa, avrà presto o tardi ragione del prode Ettore (Renzi)

la lotta non è più equa: l’invincibile Achille (Letta), giusta o sbagliata che sia la cosa, avrà presto o tardi ragione del prode Ettore (Renzi)

 

Insomma, la lotta non è più equa: l’invincibile Achille (Letta), giusta o sbagliata che sia la cosa, avrà presto o tardi ragione del prode Ettore (Renzi), a prescindere da chi difenda le ragioni più ‘giuste’ della Polis (Troia o Micene che sia). Poi, però, si sa come vanno queste cose, specie quando c’è di mezzo la Politica italiana: non è sempre detto che l’invincibile Achille vinca e non è sempre detto che il perdente Ettore perda, anche e soprattutto perché, diceva Zenone in uno dei suoi paradossi, non è facile, per Achille, per quanto “pié veloce” riuscire, correndo, a inseguire e raggiungere la tartaruga.