Camera vista Colle/2. Il centrodestra. Salvini rilancia su Draghi, il Cavaliere ci resta male e cerca voti, ma centristi decisivi

Camera vista Colle/2. Il centrodestra. Salvini rilancia su Draghi, il Cavaliere ci resta male e cerca voti, ma centristi decisivi

3 Novembre 2021 4 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

Camera con vista Colle/2, lato centrodestra. Salvini rilancia su Draghi, la Meloni pure, il Cavaliere ci resta male e continua a fare conti su conti sui numeri che ha, ma sono i centristi i reucci del Gran Gioco del Colle

Salvini rilancia su Draghi, il Cavaliere ci resta male e cerca voti

Salvini rilancia su Draghi, il Cavaliere ci resta male e cerca voti

 

Nb: l’articolo è stato pubblicato, in forma assai ridotta, sul sito di notizie The WatcherPost.it il 2 novembre 2021

 

 Qui gli altri due articoli usciti sullo stesso argomento: 

  1. La Corsa al Colle lato centrosinistra e M5sVeduta vista Colle/1. Pd e M5s non sanno che pesci pigliare in vista della corsa al Quirinale…
  2.  La Corsa al Colle, regole e numeri: Camera con vista Colle/3. Inizia la partita a poker e bisogna conoscere le regole, ma anche numeri e giocatori…

Il vero, grande, “bla-bla-bla” della Politica italiana è il Colle

Corazziere al Colle

Corazziere al Colle

Al netto della manovra finanziaria, che dovrà seguire il suo iter in Parlamento – iter che sarà lungo, faticoso e complicato, ma che arriverà ‘a dama’, anche se, naturalmente, last minute, cioè entro le festività di Natale, come è uso da anni (pratica atavica cui neppure Draghi può nulla…) – e archiviato il G20, con le sue ‘belle promesse’ sul clima, le riduzioni delle emissioni di Co2, la web tax (il “bla bla bla”, direbbe Greta Thunberg prosegue a Glasgow, in verità, ma almeno Roma è tornata una città vivibile, ecco), solo e soltanto un argomento resta al centro del dibattito politico e tale lo sarà i prossimi mesi. Si tratta ovviamente della prossima ‘corsa’ al Colle.

Qui un articolo che parla della Corsa al Colle, lato Pd-M5s-centrosinistra uscito una settimana fa: 

Veduta vista Colle/1. Pd e M5s non sanno che pesci pigliare in vista della corsa al Quirinale…

Salvini&Giorgetti rilanciano il nome di Draghi per il Colle

Mario Draghi

Mario Draghi

Il Gioco del Colle, dunque, appassiona e avviluppa la politica italiana da diversi mesi e continuerà a farlo anche in futuro. Troppo presto, forse, è parlarne a tre mesi dall’elezione del capo dello Stato, ma tutti ne parlano in un gioco di tattiche, temporeggiamenti, diversi desiderata.

Paolo_Gentiloni_Pd

L’ex premier, Paolo Gentiloni

Prima c’è stato il confronto a distanza tra Enrico Letta e Giuseppe Conte sul Quirinale in cui Conte ha ‘bruciato’ il nome di Gentiloni, Letta si è trovato nell’imbarazzo di dover chiedere “e Prodi?”, ma Conte ha nicchiato. Sul tavolo è rimasto il nome di Rosy Bindi, che è di sinistra, ulivista della prima ora, ex ministro alla Salute, ma piace molto ai 5Stelle, inoltre è pure donna…

Perche lItalia amo Mussolini Vespa

L’ultimo libro di Bruno Vespa (s’intitola, ovviamente, “Perché l’Italia amò Mussolini”, Mondadori, fresco di stampa: il fiuto di Vespa per stare ‘ncoppa alla notizia’ è leggendario)

Ora è Matteo Salvini a ‘ripescare’ – si fa per dire – il nome di Mario Draghi come prossimo inquilino al Colle. “Se mi chiedono se sarebbe un buon presidente della Repubblica, rispondo che lo voterei domattina”, dice secco nell’anticipazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa (s’intitola, ovviamente, “Perché l’Italia amò Mussolini”, Mondadori, fresco di stampa: il fiuto di Vespa per stare ‘ncoppa alla notizia’ è leggendario). La frase intera, ed esatta, di Salvini è questa: “Se mi chiedono se Draghi sarebbe un buon presidente della Repubblica, rispondo che lo voterei domattina. Ma sul Quirinale gli scenari cambiano ogni momento (e questo, però, si chiama come il blog dello scrivente, cioè “l’Uovo di Colombo”, appunto…). Draghi è certamente una risorsa per il Paese, ma non so se voglia andarci, ma anche se ci andasse, non credo che ci sarebbero le elezioni anticipate”, dice il leader della Lega a Vespa.

draghi berlusconi

Draghi e Berlusconi

Dietro la certezza che il premier “è una risorsa per il Paese”, il segretario della Lega rimette in campo il nome di Draghi, ma non quello di Silvio Berlusconi che il centrodestra si era impegnato a sostenere compatto. Il Cav, davanti a Salvini che rilancia Draghi, trasecola assai sbigottito e, pare, pure parecchio incavolato. Infatti, il Cav vorrebbe tenere Draghi a Chigi e ‘vede bene’ mandare se stesso al Colle… Ma Salvini svicola, tenendosi le mani libere: “Sul Quirinale gli scenari cambiano ogni momento”. Come a dire: non è colpa mia se ‘sei fuori’, diceva Donald Trump in Apprentice.

Giancarlo Giorgetti

Giancarlo Giorgetti

E, a tagliare fuori il nome di Berlusconi dal Colle, ci pensa anche il più forte ministro leghista dentro il governo, quel Giancarlo Giorgetti, titolare del Mise, che da un lato assicura che “nella Lega non esistono due Leghe, ma solo una, quella del segretario“, e dall’altro proprio sul Colle si mette in scia:  “Draghi potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale” dice Giorgetti, come raccontato a Bruno Vespa sempre per il libro «Perché Mussolini rovinò l’Italia (e perché Draghi la sta risanando)» in uscita il 4 novembre per Mondadori Rai Libri, sarebbe possibile. «Già nell’autunno del 2020 le dissi», dichiara Giorgetti a Vespa, «che la soluzione sarebbe stata confermare Mattarella ancora per un anno. Se questo non è possibile, va bene Draghi». E il governo? «Draghi potrebbe guidare il convoglio anche da fuori. Sarebbe un semipresidenzialismo de facto». Parole che non piaceranno, di certo, ai sovranità di destra come di sinistra, ma che certo rispecchiano, da vicino, la dura realtà.

Pure la Meloni vuole ‘spedire’ Draghi al Colle, ma per votare

arancione meloni draghi

Non che Giorgia Meloni la pensi diversamente(“Mandiamo Draghi al Colle e andiamo a votare presto, entro il 2022“, ha ripetuto diverse volte, in questi mesi), solo il ‘fine’ è diverso, rispetto quello di Salvini. La leader di FdI vuole mandare Draghi al Colle ‘e’, subito dopo, andare a votare subito, il prima possibile, cioè entro il 2022, tagliando di netto l’ultimo anno di legislatura, per cercare di sfruttare l’onda che la tiene ancora alta, nei sondaggi. Che, poi, per quanto ancora? Non si sa.

Anche la Meloni, del resto, mostra segni di cedimento ‘politico’ e di posizionamento elettorale. Le elezioni comunali sono andate come sono andate, cioè male, e i sondaggi sono effimeri, volatili, per non dire dei like sui social: un giorno ti portano in cielo, tra le stelle, il giorno dopo ti trascinano giù, nell’abisso, nella più cupa e nera disperazione (citofonare Salvini per aver maggiori ragguagli).

Matteo Salvini

Matteo Salvini

Salvini, invece, vuole mandare Draghi al Colle – almeno questa è l’intenzione che manifesta (ma, si sa, excutatio non petita, accusatio manifesta) ‘e’ tenere in piedi la legislatura: come ha detto in un moto di sincerità ai suoi parlamentari, riuniti in plenaria, una settimana fa, “tutti questi che vogliono restare col c. attaccato alla sedia, a casa prima del tempo non ci vanno”. Il che, peraltro, è pure, anche se assai tristemente, vero.

“Partita inizia quando arbitro fischia”, direbbe Boskov… Fico ha già pronta ‘la letterina’ di Natale per la convocazione

Roberto Fico

Roberto Fico

Certo è che, concluse le elezioni amministrative, archiviato lo scontro sul disegno di legge Zan e superata la prova del G20, la Politica comincia a studiare la partita clou di gennaio/febbraio, quella delle elezioni presidenziali. La data esatta è ancora incerta: dipenderà dalla ‘letterina’ che il presidente della Camera, Roberto Fico, manderà ai 1009 Grandi Elettori prima di Natale (o subito dopo, al massimo entro l’Epifania), 30 giorni prima della prima seduta comune che darà il via la ‘Grande Corsa’ del ‘Grande Gioco’, quindi se ne parla non prima del 4 gennaio. Di solito, spiega al colto e all’inclita, il deputato, e costituzionalista, Stefano Ceccanti,in genere si convoca la seduta comune alla metà del periodo previsto in Costituzione, cioè per il 19 gennaio”.

Stefano Ceccanti

Stefano Ceccanti

Ergo, se la convocazione arriverà subito dopo le festività di Natale, ed entro la festa della Befana (6 gennaio), si inizierà a votare da metà gennaio. Se invece arriverà dopo si apriranno le urne a fine gennaio. Unica data invalicabile il 3 febbraio: il settennato di Sergio Mattarella finisce in modo improrogabile, in quanto eletto sette anni prima.

camera transatlantico

Il Transatlantico

Certo è che Palazzo di Montecitorio, già tirato a lucido come non mai e, presto, anche il mitico Transatlantico(per tornare a coprire le ‘vasche’ l’appuntamento che ‘grandi e piccini’ attendono con ansia è il 9 novembre), è entrato, ormai da mesi, in grave apprensione. Sarà lì dentro che sciameranno i 1009 – 1008 se il seggio lasciato libero da Gualtieri non sarà coperto da nuove elezioni suppletive in tempo utile per la convocazione elettorale – Grandi elettori, per la riunione del Parlamento in seduta comune.

Draghi continua a ‘girare’ come unico nome spendibile, intanto Salvini si è già ‘dimenticato’ di volere Berlusconi

mario draghi

Mario Draghi

 Un Palazzo che, memore dei franchi tiratori che si sono esercitati il 27 ottobre al Senato sul ddl Zan – i quali fanno il paio con quelli che affondarono le candidature di Prodi e Marini nella corsa al Colle del 2013 e portarono al bis di Napolitano – si prepara a scenari editi e inediti. Torna così in ballo Draghi, declinato insieme a tante altre subordinate, a cominciare dalla data delle elezioni politiche (anticipate o a scadenza naturale della legislatura: marzo, ma del 2023). E anche se nessuno ha ancora chiesto, al premier, cosa intenda fare, dove voglia andare o restare, e con quali garanzie o impegni, voci ‘di Palazzo’ sostengono che Draghi, al Colle, ci andrebbe, e pure volentieri, perché teme che la “spinta propulsiva” del governo sta per esaurirsi presto.

Le parole di Salvini – frutto di più colloqui con Vespa, l’ultimo appena una decina di giorni fa, secondo la Lega, quindi ‘freschi di stampa’ – stridono con le rassicurazioni date proprio negli stessi giorni al e sul Cavaliere (“Se decidesse di scendere in campo, avrebbe tutto il nostro sostegno”, aveva detto il leghista il 21 ottobre, il giorno dopo la reunion dei tre leader alleati a Villa Grande a Roma). La Lega garantisce che Berlusconi resta ‘il piano A’, in attesa di capire cosa farà l’ex numero uno di Bankitalia e della Bce. Ma se, tra gli azzurri, nessuno ci crede, tuttavia FI non sembra né troppo sorpresa né delusa dall’ultimo rilancio di Salvini. Non si sa se per non mostrare il fastidio per il piano B (Draghi) o per sminuirne la possibilità di riuscita.

Il ‘piano A’ (Berlusconi) e il ‘piano B’ (Draghi) o viceversa. Prodi, invece, si tira di nuovo fuori, stavolta pare per sempre

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

E gli azzurri ricordano che, anzi, anche il Cavaliere aveva promosso Draghi come “un ottimo presidente della Repubblica” e l’aveva fatto tornando a Bruxelles dopo una lunga assenza, anche se, subito dopo, nella stessa frase, aggiungeva che chissà se non fosse meglio, per lui e per il bene dell’Italia, restasse a Palazzo Chigi e che lui stesso si ‘vedeva bene’ al Colle: “Berlusconi lo vedo in forma, dopo un po’ di acciacchi dovuti al Covid” aveva detto di sé…

Romano Prodi

Romano Prodi

Solo Romano Prodi si tira fuori lui, ancora una volta da Fazio in tv: “Ho 83 anni l’anno prossimo quando si vota. 83 più 7 fa 90 anni. Mi sembra un’attentato alla Provvidenza. Lui ne ha molti di più, si vede che ha una Provvidenza diversa”, dove per ‘Lui’ intendeva Silvio Berlusconi (Prodi, in fatto di battute sapide, è un vero genio).

Gli impedimenta reali e fittizi del Cavaliere per il Colle

toto nomi

Ancora un’impasse. Il ‘toto-nomi’ impazza, ormai, anche sul Colle più alto

Ma il leader della Lega, a furia di sponsorizzare Draghi e ‘sperare’ che vada al Colle più alto, si sta aprendo un problema ‘in casa’ (centrodestra) non piccolo e di non affatto piccola soluzione.

E il ‘problemino’ si chiama Silvio Berlusconi, cui Salvini aveva promesso, giurato e spergiurato di trovargli i voti uno a uno, per mandarlo al Quirinale. Eh sì, Berlusconi, a 82 – ottantadue – anni suonati, ci spera e ci crede per davvero, di avere i numeri e le carte andare al Colle, a coronare un sogno, un nuovo miracolo italiano.

Gli impedimenta – a volte reali, a volte fittizi – sono vari.  C’è l’età (avanzata). Gli acciacchi fisici (notevoli, specie dopo aver preso il Covid).

Marta Antonia Fascina

Marta Antonia Fascina

C’è la famiglia, assai allargata: sposato due volte, in chiesa, due volte convivente more uxorio, oggi Berlusconi ha una compagna, l’onorevole Marta Fascina, molto – forse troppo – più giovane di lui: come first lady, nelle cerimonie ufficiali, la cosa creerebbe imbarazzi, mentre i cinque figli, invece, ormai grandi e assai compiti, non sfigurerebbero.

Infine, ci sono i tanti processi. Riabilitato dopo la sentenza, passata in giudicato, per frode fiscale, che gli era costato il seggio in Senato in base alla legge Severino, pluri-assolto in alcuni, per decorrenza dei termini, prescrizione, o anche assoluzione, Berlusconi è ancora imputato in un processo alle ‘Olgettine’, a Milano, in pratica un filone del processo Ruby che ha varie sedi e sviluppi (a Siena, per dire, è stato prosciolto. E, insomma, il Capo di Stato presiede il Csm, ecco.

Ma, alla fine, per Berlusconi, il problema non è questo/i, tutti insieme, ma come al solito, cioè in ogni votazione presidenziale che si rispetti, i voti.

Berlusconi s’innervosisce sentendo Salvini, ma quanto può fidarsi delle promesse dei suoi, compresi quelli liberal?

Berlusconi Salvini

Berlusconi Salvini

 Voti, degli altri partiti, ma pure del centrodestra, che rischiano di mancare, come sempre succede, a chi, nel ‘conclave’ laico per eccellenza, l’elezione al Colle, entra ‘papa’ (cioè quirinabile) ed esce ‘cardinale’ (impallinato nel segreto dell’urna dagli ormai arcinoti ‘franchi tiratori’).

Non a caso, già si muovono i ras dell’ala liberal-moderata di Forza Italia (i Brunetta, le Gelmini, le Carfagna), messi nell’angolo per settimane, trattati come ‘colf’ peruviane dal riccone di turno, cioè da Berlusconi medesimo, che lo chiamano, gli mandano messaggini, e soffiano tempesta: “Lo vedi? Salvini vuole Draghi! Non ti voterà, al momento decisivo, per mandarti al Colle! E’ lui il ‘Traditore’, non siamo noi! Noi ti amiamoooo”.

Al netto di dichiarazioni assai pelose e untuose, sono pronti, a loro volta, i liberal&moderati, quelli che vogliono ‘costruire il PPE’ e non la destra al risotto milanese Orban (Salvini) o alla vaccinara Le Pen (Meloni), quelli che ‘lottano’ a viso aperto, che sono “più draghiani e draghisti di Draghi”, a dire e giurare a Silvio che voteranno con lui e per lui, perinde ac cadaver, e magari poi tradirlo, nel segreto dell’urna, per il primo Casini che passa, o comunque per un centrista appeling.

Berlusconi, instancabile, cerca i voti di tutti

conte berlusconi

Berlusconi Conte

Berlusconi, però, non demorde. Sono mesi che conta deputati e senatori, centristi e ‘fritti misti’ (componenti, cioè, dei due gruppi Misto), fa telefonare persino ai pentastellati, pure a Conte: Carissimo Giuseppi, ti ho mai detto quanto ho apprezzato il lavoro del tuo governo durante la pandemia? Non te l’ho mai detto? Ma te lo dico ora! E lasciati dire che come ti hanno buttato giù è stata una vergogna. Un complotto internazionale. Capitò pure a me, del resto…” (la telefonata non è una libera interpretazione di chi scrive, c’è stata né è stata mai manco smentita).

Renzi Matteo

Il leader di Iv Matteo Renzi

Con Matteo Renzi il filo è diretto, costante, mentre, per cercare di persuadere Enrico Letta, ha messo in campo la sua ‘Eminenza azzurrina’, alias Gianni Letta, che poi di Enrico è lo zio (zio diretto, di primo grado, non acquisito o altro).

Enrico Letta Gianni Letta

Enrico Letta Gianni Letta

Insomma, le sta provando tutte, è lì che conta e riconta i numeri e li mette in fila, somma e aggiunge, aggiunge e somma, e insomma, si vedrà, ma certo non si potrà dire che non ci ha provato, che poi l’uomo è così: tenace, pugnace. Se il ‘grande acchiappo’ gli riuscirà, è da vedere.

I parlamentari di FI e Pd, stavolta, non decidono nulla. Il grosso dei voti che pesano sta a destra e al centro…

Logo Forza Italia

Logo FI

Certo è che, dentro FI, fanno buon viso a cattivo gioco, del resto i loro voti sono quelli che sono: pochi, come quelli del Pd tra i giallorossi, mentre la parte del leone, in termine di Grandi elettori, la fanno e la faranno Lega e FdI a destra e il M5s a ‘sinistra’, più i centristi al… centro.

giovanni toti coronavirus

Giovanni Toti

Nella giostra del Quirinale, non a caso, interviene Giovanni Toti (Cambiamo-gruppo Misto), a cui non piace la strategia degli schieramenti e delle appartenenze (“Italia Viva ha idee liberali che spesso superano le mie”, nota) e che poi spiega: “io vorrei tenere Draghi a palazzo Chigi anche dopo il 2023, ma tra l’opzione di vedere Draghi sostanzialmente sparire dalla scena nella primavera del2023 oppure vederlo al Quirinale per i prossimi sette anni,andrebbe meglio la seconda. Se è l’unica opzione, allora viva Draghi al Quirinale, se ce n’è un’altra, i partiti s’incarichino di costruirla”.

casini

Pierferdinando Casini

L’altra opzione è quella a cui lavora Renzi, a stretto e continuo contatto con Salvini e il Cav e consiste nel far votare Pierferdinando Casini (una vita nell’Udc e nel centrodestra, ma nel 2018 eletto con i voti del Pd), o Marcello Pera, o Franco Frattini, o – se donna deve essere – l’attuale assessore lombarda Letizia Moratti, con i voti di Iv che, ovviamente, saranno decisivi, soprattutto se sommati a quelli degli altri ‘centristi’ e ‘centrini’ vari (sono un’ottantina).

Giuliano Amato

Giuliano Amato

O, male che vada, centro e centrodestra potrebbero ripiegare su un ‘socialista’ che piace a destra come Giuliano Amato, oggi giudice della Corte costituzionale, che sta mandando ‘segnali’ intensi e ripetuti di disponibilità manifesta all’alto e periglioso compito che attende un Presidente.

Certo è che lo schieramento centrista che va da Iv a Azione, da +Europa a Cambiamo, fino ai liberal di FI può giocare un ruolo, se non decisivo, di certo ‘centrale’, nella gara del Colle.

Pd e FI, stavolta, invece, sono massa di manovra, ruote di scorta che dovranno accordarsi alle gimcane spericolate altrui, e farsele pure piacere.

Ufficialmente, comunque, l’appoggio del centrodestra a Berlusconi non viene meno, così come l’impegno sulla legge elettorale per mantenere in piedi l’attuale sistema elettorale, semi-maggioritario, il Rosatellum, e arroccandosi duramente (soprattutto Salvini e Meloni) contro il proporzionale (puro, spurio, etc.) e, in ogni caso, contro una riforma elettorale caldeggiata dal Pd.

E anche se il centrodestra non ha i numeri, oggi, per approvarsi, da solo, una riforma della legge elettorale (come, neppure, per eleggersi un Capo dello Stato), basterebbe l’apporto dei centristi e, oplà, riuscirebbero entrambe le due operazioni.

“Tanto, anche con Draghi al Colle, mica poi si va a votare”… Una bella promessa, ma per niente facile da mantenere…

quirinale colle

Il Colle, Quirinale

Inoltre, non scandalizza più nessuno, a destra, nemmeno l’orizzonte del 2023, come fine legislatura, con rinuncia incorporata, quindi, al voto anticipato. Del resto, il flop sonoro delle ultime comunali certo non incoraggia la Lega a sfidare di nuovo gli elettori a breve. Del ‘non voto’ parla Salvini nel libro di Vespa, in merito sui presunti dubbi su Draghi al Quirinale: “Non so se voglia andarci. Anche se ci andasse, non credo che ci sarebbero le elezioni anticipate”. Insomma, Salvini garantisce, ai parlamentari ‘spaventati’ dalla sola idea del voto anticipato – e di tutti i partiti, il suo compreso – che anche se Draghi viene eletto al Colle, ‘tanto non si vota’.

Il che, però, prevede l’impresa, non piccola, di far nascere un nuovo governo (magari a guida di Daniele Franco, attuale ministro all’Economia), che con grande difficoltà otterrebbe i voti di una coalizione così larga – e già ora così litigiosa – come quella che sostiene, oggi, Mario Draghi.

Sarebbe più facile, e agevole, forse, ottenere una ‘maggioranza Ursula’ (senza la Lega, ma con FI), che sarebbe comunque assai risicata, con Lega e FdI compatti a fare opposizione dura, FI al governo e i 5S pieni di dubbi a restarci: a rischio di andare per aria un giorno sì e l’altro pure, sarebbe un governo Franco o chi per lui, ecco.

Il nodo centrale di una elezione di Mario Draghi al Colle vede dunque un bivio drammatico: l’ipotesi di un conseguente voto politico anticipato rispetto al 2023 o la formazione di un nuovo esecutivo che però sarebbe il quarto della legislatura, con un premier diverso (per la terza volta), potenzialmente sostenuto o meno, per un anno, dalla stessa larga maggioranza. Tanta roba.

Insomma, la paura che quelle urne anticipate oggi tanto aborrite precipitino per davvero e, davanti agli occhi degli inorriditi onorevoli, si materializzino, alligna e agita i sonni dei peones.

Di Maio boccia seccamente il rischio del ritorno alle urne. Conte vuole votare Draghi, solo Letta rifiuta l’argomento…

Luigi Di Maio M5s

Luigi Di Maio M5s

Boccia nettamente il ritorno alle urne anche Luigi Di Maio: “Molte forze politiche parlano di Quirinale perché vogliono elezioni subito, o meglio elezioni anticipate tra 4 mesi. Io no. In ogni caso, farlo non è un bene per il Paese”, scandisce il ministro degli Esteri ed esponente di spicco dei 5 stelle, spiegando che la pandemia non è finita ed è ancora aperto il cantiere del Pnrr e delle riforme collegate. Un modo come un altro per ‘rassicurare’ i tanti eletti pentastellati che, se il governo cadesse e si andasse a votare prima della scadenza della legislatura, vedrebbero ‘sfumare’ il loro sudato diritto alla pensione…

Un altro, Di Maio, che, però, ‘tifa’ per Draghi: apertamente non lo dice, ma il para-testo e la para-frasi che usa porta esattamente là…. “E’ troppo presto, stiamo solo bruciando i nomi migliori facendo questo gioco del toto nomine, a cui io non voglio partecipare”, taglia corto Di Maio, Il quale, a differenza di Conte, che ha apertamente aperto all’ipotesi Draghi al Colle, non intende ‘correre’ né precipitarsi al voto.

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Rosy Bindi

Un messaggio in bottiglia che, leggendo tra le righe, non nasconde l’insofferenza, emersa in tutto il Movimento 5Stelle, e che Di Maio raccoglie, verso la partita che Conte sta giocando sul Quirinale. Prima Paolo Gentiloni, poi Draghi: Conte ‘brucia’ nomi uno via l’altro. L’ultimo nome spuntato è quello di Rosy Bindi: si vedrà se reggerà al ‘Terminator’ di nomi Conte….

Un gioco che non piace alla galassia pentastellata, che vede sventolare in modo ancora più deciso lo spauracchio della chiamata alle urne prima di fine legislatura. Senza contare, e qui siamo dentro il malessere dei gruppi di Camera e Senato dei 5Stelle, che il presidente non ‘condivide’ le mosse e la linea da tenere.

E’ indiscutibile la frattura sul dossier Colle, nei 5S: un folto numero di parlamentari – tra cui gli esponenti dell’ala ‘governativa’ – vorrebbe tenere Draghi a palazzo Chigi (assicurando così il termine naturale della legislatura) e, magari, tentare la carta del Mattarella bis. Conte no, vorrebbe correre alle urne anticipate, alleato al Pd e nessun altro, perché teme, altrimenti, di finire ‘logorato’ nel rapido ‘declino’ del M5s.

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Giuseppe Conte

Inoltre, quando Conte ha detto, ai deputati e ai senatori, che eleggere Draghi poteva essere una ‘bella idea’ (“Se si dovesse realizzare la prospettiva di Draghi al Quirinale non dobbiamo pensare che sia automatico andare a elezioni”), quelli si sono subito spaventati. Sempre per il rischio di andare a casa, che tanto, agli stellati, nessuno più li rielegge o molto pochi e loro, ormai, si sono affezionati, al Parlamento (bisogna capirli: mica ragionano col portafoglio, in loro prevale il puro e cristallino sentimento…).

Conte c’ha dovuto mettere del buono e del tanto per rassicurarli e convincerli che “con Draghi al Colle non c’è il voto”, aggiungendo, in più, che “sul Quirinale va aperto un confronto anche con la destra”, cioè esattamente la mossa che il suo ‘alleato’, Enrico Letta, rifiuta da mesi.

Morale, Conte è riuscito a scontentare, in un colpo solo, sia i suoi – già malmostosi e sul piede di guerra per il ricambio alla guida dei gruppi che già si annuncia come una guerra fratricida – sia l’alleato. Quel segretario del Pd che è rimasto il solo politico italiano presente in Italia (e pure nel Resto del Mondo) che si ‘rifiuta’ anche solo di ‘parlare’ di Colle “perché – dice – noi del Pd ne parleremo solo a gennaio”. Ora, al netto del fatto che ‘tutti’ gli altri partiti lo fanno, il guaio è che pure nel suo partito, il Pd, non si parla d’altro. Ma Letta continua a ripetere “avanti con Draghi” come se non ci fosse un domani e, soprattutto, come se la corsa al Colle non fosse già iniziata.

Ma Letta è rimasto da solo, a ‘non’ parlarne, un po’ come il famoso soldato giapponese che, dopo la fine della seconda guerra mondiale, era rimasto a combattere un Nemico che, ormai, non c’era più e a difendere una Nazione già sconfitta.

‘Pie donne’ e ‘vecchi squali’. Nel Parlamento sono tutti uomini di mondo, pensano alla pensione, catto-fasci in testa

Paola binetti

La ultracattolica Paola Binetti

Ma il Parlamento, soprattutto e per fortuna – e, in fondo, è il bello della Politica – è composto da uomini e donne di mondo, non da ‘anime belle’. Ragioni molto più pragmatiche, per dire, quelle che indica Paola Binetti, senatrice dell’Udc, nel spiegare i motivi che la spingono, oltre che a pregare, a dire pane al pane e vino al vino, da buona cattolica (integralista, anti-abortista, anti-Zan): “Con il taglio del numero dei parlamentari pochi potranno sperare di essere ancora eletti. In più c’è la pensione che scatta dopo 4 anni, 6 mesi e un giorno, quindi a fine legislatura”.

Morale, tradotto dal gesuitismo posticcio (e mal digerito) dei cattolici integralisti di cui la Binetti è alfiere indomita, e neppure da oggi, ma da decenni: serve un Capo dello Stato che ci tenga, a tutti noi, lontani anni luce dalle urne. Se Draghi lo assicura, bene, altrimenti ‘avanti un altro!’.

Francesco Lollobrigida

Francesco Lollobrigida

 E se, formalmente, fuori dal coro resta Fratelli d’Italia, con il capogruppo alla Camera, Francesco Lollobrigida che insiste: “Il ritorno alle urne non è un nostro capriccio ma una necessità e in quest’ottica continuiamo a sostenerla”, persino il fronte dell’unico partito apertamente schierato per il voto ‘prima che si può’ sembra sfaldarsi.

Ignazio La Russa

Ignazio La Russa

Infatti, il capogruppo del Senato, Ignazio La Russa, colonnello meloniano, ammette placido: “con Draghi sono più probabili le elezioni anticipate, non certe. Del resto, mica si può far un patto davanti al notaio”.

di pirsona pirsonalmente

Di pirsona pirsonalmente

Ecco, questa del notaio è la frase perfetta: tutti vogliono, a parole, eleggere Draghi presidente, nessuno glielo chiede ‘di pirsona pirsonalmente’, ma soprattutto nessun ‘grande elettore’ può dire, e garantire, all’altro, suo vicino di banco, che “votando Draghi, caro Lei, dormiremo sonni tranquilli e la legislatura finirà solo nel 2023!”.

 Promesse scritte sull’acqua che valgono poco, ma soprattutto che si possono anche rifiutate. Ecco perché l’elezione del nuovo Presidente, stavolta più di altre, sarà un vero terno al lotto.

Gianfranco Rotondi “Berlusconi può farcela”

Gianfranco Rotondi “Berlusconi può farcela”

E così, per un Gianfranco Rotondi, cattolico ma soprattutto berlusconiano di provata fede che dice, arci-sicuro di sé, “Berlusconi può farcela” anche perché, sostiene, “ha apprezzamenti insospettabili nel Partito democratico e persino nel Movimento 5 stelle e in Leu”, Osvaldo Napoli (Cambiamo, ex FI), antico conoscitore dei meandri dei Palazzi, sospira: “Di confusione sotto quel cielo ce n’è anche troppa ma la situazione è tutt’altro che eccellente. A me sembra pessima”.

Osvaldo Napoli

Osvaldo Napoli

Ha ragione quella vecchia volpe di Napoli e pure, ovviamente, Matteo Renzi, che ricorda sempre: “chi entra Papa, al conclave, ne esce cardinale”. Appunto. Conviene che Draghi si metta comodo.