“Questa è Roma!”. Le ‘tre città’: quella del Potere, quella ‘godona’ e quella della Suburra, non si combattono, ma ‘convivono’

“Questa è Roma!”. Le ‘tre città’: quella del Potere, quella ‘godona’ e quella della Suburra, non si combattono, ma ‘convivono’

17 Dicembre 2021 0 Di Ettore Maria Colombo

Questa è Roma!”. Le tre città, quella del Potere, quella ‘godona’ e la Suburra non si combattono, ma ‘convivono’. “Perdere la strada vuol dire ritrovarla“. La mostra dei fotografi Cenciarelli e Gazzilli in esposizione a partire da oggi al palazzo Brancaccio

Paolo Cenciarelli alla mostra inaugurale a Palazzo Brancaccio Roma

Paolo Cenciarelli alla mostra inaugurale a Palazzo Brancaccio Roma

Nb: questo articolo è stato pubblicato sul portale del gruppo Qn “Luce!” dedicato a inclusione, coesione e diversità il 17 dicembre 2021 e poi pubblicato sulle pagine del Quotidiano nazionale

paolo cenciarelli giudo gazzilli

“Questa è Roma!”. Una canzone che ormai è un inno

Accetta i cookie preferenze, statistiche, marketing per visualizzare questo video.

Questa è Roma, i campetti le bische, i quartieri/ I coatti, le guardie, le troie e i mestieri/ Questa è Roma i rioni, lo stadio, le bombe/ Le spade sotto al fiume, le strade, le sponde/ Questa è Roma, i campetti le bische, i quartieri/ I coatti, le guardie, le troie e i mestieri/ Questa è Roma i rioni, lo stadio, le bombe/ Se è Roma che te chiama, te non te nasconde/ Vengo da Roma, la Città Eterna che splende sotto il sole/ È fuoco che riscalda esplode se incrocia queste parole/ Me li bevo st’infami come boccie de Splugen/ Sono io il verdetto che ve incastra non se discute/ Nato in mezzo al fango, sputo ed esce fango/ Ogni giorno io ne mangio e ancora in piedi/ Rimango so mafia e spaghetti qui, western italiano/ Sì, la gente se spara e non c’è la fiducia/ Al Pacino dentro un film con i chili de coca/ Pischelli che s’ammazzano pe npezzo de robba/ Da Torpigna a Magliana qui, hasta manana sì/ Questa è la realtà più dura, cresci o riparati(cresci)/ Giro con la gente che ha rispetto e rispetto/ Chi ha preso calci in bocca è ancora qui e non ha smesso/ Perché è pronto a tutto, vuole affrontar tutto/ Chi vuole facce fuori qui, vuole affrontà un lutto/ Questa è Roma, i campetti le bische, i quartieri/ I coatti, le guardie, le troie e i mestieri/ Questa è Roma i rioni, lo stadio, le bombe/ Le spade sotto al fiume, le strade, le sponde/ Questa è Roma, i campetti le bische, i quartieri/ I coatti, le guardie, le troie e i mestieri/ Questa è Roma i rioni, lo stadio, le bombe/ Se è Roma che te chiama, te non te nasconde/ Ciò Roma sotto ai miei piedi, città de suore e preti / Città dei malandrini, carrozzieri e panettieri/ Ho il controllo da TB fino a su giù a Torrino/ Se i miei affari li controlla il mio socio Santino/ Chiamo Cream passa il beats, sale su dal litorale/ A piramidella a punto, oggi arrivo puntuale/ Se mi sveglio giù in fermata c’è una rissa per il bus/ Sono scontri manco fosse tra Irriducibili e crew/ Questa qua è la mia città, me la vivo per davvero/ Ogni giorno un quarto d’ora prima di arrivare in metro, seh/ E troppa gente si riempe la bocca di, storie che non vive/ Tanto a loro non gli tocca/ Io, posso riconoscere i quartieri dalle facce/ C’è chi per vivere qui è pronto a fare carte false, (seh)/ Questa è Roma città dei papi e paparazzi/ Tengo il nome in alto in mezzo a troppi succhiacazzi/ Questa è Roma, i campetti le bische, i quartieri/ I coatti, le guardie, le troie e i mestieri/ Questa è Roma i rioni, lo stadio, le bombe/ Le spade sotto al fiume, le strade, le sponde/ Questa è Roma, i campetti le bische, i quartieri/ I coatti, le guardie, le troie e i mestieri/ Questa è Roma i rioni, lo stadio, le bombe/ Se è Roma che te chiama, te non te nasconde( Puoi beccarmi sempre in giro, con i beats, sempre in movement/ Mentre scrivo un’altro pezzo un’altro stronzo va giù/ So, fiero, più reale, più leale, di chi/ Qua ne parla ma la strada non la vive così/ Ci sta gente che non esce mai dal proprio palazzo/ E quando passo, mi guarda con la faccia da cazzo ho/ Le chiavi della mia città la prendo la chiudo/ Non, passi senza il mio permesso qui te lo giuro/ Questa è Roma, i campetti le bische, i quartieri/ I coatti, le guardie, le troie e i mestieri/ Questa è Roma i rioni, lo stadio, le bombe/ Le spade sotto al fiume, le strade, le sponde/ Questa è Roma, i campetti le bische, i quartieri/ I coatti, le guardie, le troie e i mestieri/ Questa è Roma i rioni, lo stadio, le bombe/ Se è Roma che te chiama, te non te nascondi

(testo di “Questa è Roma” del rapper Amir Issaa)

Gualtieri Sindaco di Roma

Gualtieri Sindaco di Roma

Nel ventre malefico e maleodorante – nonostante il nuovo ‘sinnaco’, Roberto Gualtieri, la spazzatura è ancora tutta lì – di Roma, tutti noi che l’abitiamo siamo piccoli, ma Roma è grande. “Questa è Roma!” canta il trapper Amir Issa in una canzone che ne è diventata in nuovo inno (“Se è Roma che te chiama, te non te nasconde”).

Perla del cinema italiano è "La grande bellezza" di Sorrentino, il film ambientato a Roma in cui il protagonista cerca l'autentica bellezza

Perla del cinema italiano è “La grande bellezza” di Sorrentino, il film ambientato a Roma in cui il protagonista cerca l’autentica bellezza

La città si dipana silenziosa, cattiva, fredda, matrigna, in una occulta geografia fatta di ragazzi privi di futuro, lavori che non sono veri ‘lavori’, espedienti e feste da ‘far fallire’, prima ancora che ‘far riuscire’, come in “La Grande Bellezza”, mezzucci per vivere (o, meglio, sopravvivere) e un Potere invisibile ma presente a tutti coloro che Roma la abitano ma fanno fatica a viverla.

 

La ‘doppia Roma’, quella del Potere e quella della Suburra

Carl Gustav Jung

Carl Gustav Jung

Carl Gustav Jung ha scritto “la cosa migliore è di non dimenticare mai quanto limitati siano il nostro sapere e il nostro Potere” – è l’incipit di un articolo pubblicato su il Foglio lo scorso 2 dicembre per la penna di Andrea Venanzoni, attento osservatore di Roma e dei suoi luoghi, oscuri e mefitici come ‘illuminati’ e sfavillanti.

Andrea Venanzoni

Andrea Venanzoni

Nel ventre serpentino di Roma, tra le luci che prendono a sfarfallare d’arancio alll’imbrunire, tra rovine, chiese, vicoli e palazzi istituzionali, sembra quasi che ogni pietra stia lì proprio per ricordarci la nostra dimensione lillipuziana.

‘Suburra’ – le periferie romane, quelle dove “nessuno” vorrebbe vivere e dove, eppure, milioni di persone vivono

‘Suburra’ – periferie romane, quelle dove “nessuno” vorrebbe vivere e dove, eppure, milioni di persone vivono

Roma è, dunque, la magmatica e caotica città di un potere diffuso, crepuscolare, perso dietro i propri miti e riti come pure di una ‘Suburra’ – le periferie romane, quelle dove “nessuno” vorrebbe vivere e dove, eppure, milioni di persone vivono – brutta, sporca, cattiva, ‘bastarda’ e arruffona.

sindrome di Stendhal

La sindrome di Stendhal

Smaltito lo sdilinquimento di Goethe in contemplazione dei vespri serali recitati dai frati nei Fori, come della sindrome di Stendhal, oggi la città si dipana silenziosa in una occulta geografia di un Potere invisibile ma ben presente come di un degrado e di una sporcizia senza eguali che avviluppa tutto e tutti, anche i Potenti.

Piove ‘merda’ di piccione sul povero come sul ricco…

i piccioni ‘cagano’ in testa al proletario come all’imprenditore, al ricco come al povero

I piccioni ‘cagano’ in testa al proletario come all’imprenditore, al ricco come al povero

Ma i piccioni ‘cagano’ in testa al proletario come all’imprenditore, al ricco come al povero, in un rovesciamento farsesco delle liriche francescane (e della mitologia pasoliniana di “Ucellacci e uccellini”, non a caso tutto ambientato a Roma), il guano dei loro escrementi cade su povere scassate utilitarie e su Jaguar nuove fiammanti, le ‘protezioni’ che il Comune mette in atto sono patetiche, se non ridicole (i megafoni per provare a farli volar via, spaventandoli con il rumore).

La ‘monnezza’ è ovunque

ROMA: La ‘monnezza’ è ovunque

La ‘monnezza’ è ovunque: agli angoli di via Condotti e di via del Babuino, dove le signore ingioiellate passeggiano e fanno shopping inviperite per il cotanto ardire di tanta indecenza come nei quartieri residenziali di Prati e Parioli, dove la buona borghesia ancora si rifugia nelle sue antiche terrazze, quelle immortalate dai film di Ettore Scola come dall’intellighentsjia comunista (che, ovviamente, non esiste più), fino ai quartieri di Talenti e Bastogi, Torrino e Corviale dove sarebbe ‘naturale’ trovarla, prorompente, vanagloriosa, astiosa, la monnezza.

I mezzi pubblici non vanno da nessuna parte

I mezzi pubblici non vanno da nessuna parte

I mezzi pubblici non vanno da nessuna parte: sulla Roma-Lido si sviene e si soffoca, i tram ‘nuovi’ sono già stati tutti vandalizzati, divelti, bruciati, quelli vecchi vanno avanti claudicanti, come in una Lisbona degli anni Cinquanta che, a differenza di Lisbona, è priva di ogni poetica, ma dall’altra parte “non si trova un parcheggio a pagarlo”, si lamentano nouveau riches e vecchi nobili decaduti, e dunque avvocati in grisaglia, parlamentari ‘forastieri’ (e persi, dispersi, e attoniti di fronte alla mostruosità della Capitale) e madamine uscite dal parrucchiere si devono accontentare dei monopattini, sfreccianti e cattivi, nuovo dramma estetico e pratico del vivere quotidiano che a Roma non lascia alcuno scampo. E così, anche i Palazzi del Potere sono brutti, cupi, anche quando sarebbero, in teoria, maestosi.

 

I Palazzi del Potere sono visibili, ma suscitano solo diffidenza

Il Campidoglio, con la sua geometrica piazza progettata da Michelangelo

Il Campidoglio, con la sua geometrica piazza progettata da Michelangelo

La liturgia del comando si dipana, di palazzo in palazzo, di ufficio in ufficio, tra arazzi, tendaggi, preziosi dipinti, capolavori architettonici, da palazzo Chigi al Quirinale, da Palazzo Montecitorio a Palazzo Madama, da Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato alla sede della Consulta che affaccia proprio sul Quirinale, fino al Campidoglio, con la sua geometrica piazza progettata da Michelangelo, ma ogni singolo palazzo del potere parla una lingua silente, sconosciuta al comune cittadino.

Palazzaccio, sede della Corte di Cassazione, con la sua maestosa e sovrabbondante facciata, che rappresenta il mefistotelico e minaccioso potere giudiziario

Il Palazzaccio, sede della Corte di Cassazione, con la sua maestosa e sovrabbondante facciata, che rappresenta il mefistofelico e minaccioso potere giudiziario

I palazzi del Potere sarebbero, in teoria, un autentico florilegio di dipinti, statue, tendaggi barocchi a spiovere su finestre, ma il mondo sembra tagliato fuori. Le meravigliose raffigurazioni dei principali miti greci e latini, da Orfeo a Enea, passando per Amore e Psiche, non sono visibili perché è il Potere che è ‘invisibile’, a Roma. Si ‘vede’ – e i romani vedono – solo il Palazzaccio, sede della Corte di Cassazione, con la sua maestosa e sovrabbondante facciata, che rappresenta il mefistofelico e minaccioso potere giudiziario, peggiore di qualsiasi potere politico, e la ‘macchina da scrivere’, come la chiamano i romani, alias il Vittoriano, sede di tutte le cerimonie ufficiali, simbolo del potere dei Re che volevano rivaleggiare coi Papi e che hanno ‘regalato’ a Roma un obbrobrio che deturpa la millenaria Roma dei Cesari, quella dei Fori imperiali e del Colosseo, dell’Ara pacis e della Domus augustea – in rifacimento da tanti di quei decenni che i suoi cantieri sembrano più vecchi di una vestigia della Roma più antica – dei Fori di Traiano e delle Terme di Diocleziano.

Ara pacis, un altare realizzato all'epoca del classicismo augusteo che si trova a Roma e che fu inaugurato in data 30 gennaio 9 a.C.

Ara pacis, un altare realizzato all’epoca del classicismo augusteo, fu inaugurato in data 30 gennaio 9 a.C.

Le porte dei palazzi del Potere suscitano, da sempre, ammirazione e insieme diffidenza, proprio per ciò che incarnano e per il loro presentarsi impenetrabili all’occhio del cittadino comune che ‘sopporta’ il Potere, e i suoi Palazzi, proprio come sopporta la sua città: un misto di rassegnazione, orgoglio, vanità, superbia.

 

“L’altra Roma” che vive tra lo stordimento e la disperazione

“L’altra Roma”, quella dello stordimento e della disperazione

“L’altra Roma”, quella dello stordimento e della disperazione

Poi, però, esiste “un’altra Roma”. Quella del ‘sottobosco’ del Potere, quelle delle feste, la Roma ‘godona’ di Dagospia e, soprattutto, di ‘Dago Cafonal’, quella che si vuole farsi guardare, prima ancora che guardare gli altri, dei locali dove la jeaunesse doreé spende i suoi soldi: il ‘Sanctum’, dove si balla fino a stordirsi, il Blume Garden, la Terrazza del Gianicolo. O la Roma dove si beve e si spendono cifre colossali per ottimi drink (il bar Camponeschi e il Bar-Ristorante ‘del Fico’) o dove ci si stordisce per pochi spiccioli, bevendo vino scadente (Monti, il Pigneto, Campo de’ Fiori, Trastevere). La Roma dove puoi incontrare Matt Dillon (a piazza della Pace) o Keanu Reeves (alla Cantina Bleve), William Dafoe (a Monti), o Daniel Craig. al ristorante dei vip e degli attori hollywoodiani “Pierluigi”. La Roma delle serate al St. Regis Hotel di Lulù Buti, i cui lombi sono quelli di chi, negli anni ’80, aprì e poi dissipò le sue fortune con il “Fashion Cafè” di New York, con socie Claudia Schiffer e Naomi Campbell.

St. Regis Hotel a Roma

St. Regis Hotel a Roma

Il paradosso è che la ‘Terza Roma’ – dopo la ‘Prima Roma’ del Potere, quella che non si muove dal ‘triangolo delle Bermude’ di piazza Coppelle-Pantheon-piazza di Pietra e dopo quella dei vip, o presunti tali, dei ricchi o presunti tali –  quella ‘proletaria’, povera, ‘smandrappata’ e ‘tossica’ delle periferie romane, di ‘Suburbia’, quella che una volta era il regno dei clan (oggi trasmigrati ad Ostia, come il clan Spada), che era il tempio della Banda della Magliana e di tutte ‘le peggio cose’, dalla mafia ai ‘coatti’, non ha più soluzione di continuità con le prime due. Vive, e si abbevera, come una sanguisuga, come un idrovora, come un Dracula in formato ‘burino’ che ha una sete immensa delle altre due Rome.

La mostra di due fotografi romani, Cenciarelli e Gazzilli: “sbagliare la strada serve a conoscere la strada”

Paolo Cenciarelli

Paolo Cenciarelli

Ed è una Roma che non c’entra più nulla con Pasolini e con Fellini, con i ‘Mostri’ della commedia all’italiana, anche se i suoi ‘eroi’ e ‘anti-eroi’ ancora quelli sono, pasoliniani e felliniani, monnicelliani e scoliani. Questa ‘doppia’ Roma è la città che raccontano due fotografi, Paolo Cenciarelli/Guido Gazzilli, che hanno avuto due percorsi personali e artistici molto diversi ma che sono nati nello stesso milieu – quello di una Roma ‘bastarda’, ‘cattiva’, ‘fatta’, e pure ‘strafatta’, di abusi e soprusi, glorie e viltà, alto e basso.

Guido Gazzilli

Guido Gazzilli

Non a caso, i due fotografi romani, nati a pochi numeri civici di distanza al quartiere del Torrino, si ritrovano insieme in mostra allo “Spazio Field” per un nuovo appuntamento del progetto “Unlimited” (opening day il 16 dicembre, alle ore 18, in un altro splendido, maestoso, palazzo romano, palazzo Brancaccio, la mostra resterà aperta fino al 19 febbraio 2022). E lo fanno tra personaggi e ritratti di comunità, luoghi in luce quanto in ombra e momenti veri e vissuti della città di Roma che da anni raccontano entrambi.

Drink Art Gallery Roma

Drink Art Gallery Roma

I due fotografi si sono divisi i compiti: Cenciarelli – fotografo eccentrico, geniale, sveglio e rapido come ‘una spada’, personalità sui generis che vive di mondi glamour, patinati, fotografa modelle e auto di lusso, ma poi finisce le sue serate alla Drink Art Gallery, luogo metafisico tenuto in piedi dalla family Tiziano, Mary ed Elisa dove, in piazza del Fico, si vive come sospesi nel nulla cosmico, tra scacchisti assatanati e immigrati che vivono di espedienti esattamente come i romani e come pure tra drop out di tutte le specie e razze, per bere un calice di vino in compagnia di una variopinta umanità che non ha nome, razza, religione, ideali – racconta la Roma dei ‘nuovi mostri’ (rapper, trapper, skater, modelle, vip veri e presunti, tutti fatti o ‘strafatti’) con una fotografia nuda, dura, cruda, realista, immaginifica ma iperrealista, che arriva come un pugno nello stomaco, e che fa male, con un arte sopraffina nel saper cogliere le contraddizione nei volti e nelle storie di personaggi che si sono ‘persi’ perché volevano perdersi e di luoghi che restano lì, immobili, sullo sfondo, incoscienti e inconsapevoli dei drammi che si consumano in vicoli antichi, millenari.

 

Gazzilli racconta i volti della Roma ‘di strada’, delle periferie brutte e infinite, di personaggi che non hanno nome perché non hanno (più) storia e storie da raccontare, di mondi che non vivranno mai un loro riscatto perché non credono in alcun riscatto. Entrambi rappresentano, in modo realistico, vero, una Roma che è popolata da ‘freaks’ di tutte le classi sociali ma che ha ‘invaso’ salotti e quartieri della Roma ‘bene’ e del Potere.

Mostra, a cura di Giacomo Guidi

Mostra, a cura di Giacomo Guidi

Sbagliare la strada, serve a conoscere la strada” è il motto di entrambi e giustamente li accomuna in una mostra bellissima che racconta Roma perché anche “questa è Roma”.

Ps. La mostra, a cura di Giacomo Guidi e realizzata in collaborazione con Perimetro e NFC Edizioni, farà da apripista alla pubblicazione, ed. NFC, “After Tears Party”.