“Speciale Quirinale”. Cinque diversi articoli su cinque diversi aspetti del Grande gioco del Colle

“Speciale Quirinale”. Cinque diversi articoli su cinque diversi aspetti del Grande gioco del Colle

21 Gennaio 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

“Speciale Quirinale” per lo speciale di Qnet. Cinque articoli su cinque aspetti del Grande gioco del Colle: il borsino dei candidati; i 1009 Grandi elettori; le modalità del voto al tempo del Covid; il bis di Napolitano; il palazzo del Quirinale

Speciale Quirinale. Cinque articoli su diversi aspetti del Grande gioco del Colle

Speciale Quirinale. Cinque articoli su diversi aspetti del Grande gioco del Colle

Nb. questo ‘speciale Quirinale’ è stato pubblicato su Qnet, il sito internet del Quotidiano Nazionale

Lo speciale, in formato originale e integrale, lo trovate qui: https://www.quotidiano.net/inchieste/elezionipresidente/

 

Il ‘borsino’ del Colle. Le ‘profezie’ degli scommettitori inglesi e i vari scenari in campo. Berlusconi, Draghi o Mattarella bis?

Le chance di Silvio Berlusconi di ascendere al Colle più alto aumentano a vista d’occhio, di giorno in giorno

Le chance di Silvio Berlusconi di ascendere al Colle più alto aumentano a vista d’occhio, di giorno in giorno

Fino a una settimana fa, volendo dare retta agli scommettitori – che in questa come in altre occasioni politiche clou come le elezioni politiche dicono sempre la loro – non c’erano dubbi: le chanches di Silvio Berlusconi di ascendere al Colle più alto aumentavano a vista d’occhio.

Insomma, si avvicina il 24 gennaio, giorno dell’avvio delle votazioni per il nuovo presidente della Repubblica, e con il passare delle ore si faceva più forte la posizione di Silvio Berlusconi, il candidato scelto – in via ufficiosa – dal centrodestra. Secondo AgiPro News, l’agenzia di stampa ufficiale di giochi e scommesse, “la possibilità di vedere il Cavaliere al Quirinale è ora in quota a 7 rispetto al 15 offerto la scorsa settimana dai betting analyst internazionali”.

Le ‘quote’ sul Colle degli scommettitori inglesi

Mario Draghi al Quirinale

Per i bookmakers inglesi favorito resta Mario Draghi per il Quirinale

 

Le quote sul Colle degli scommettitori inglesi

Le quote sul Colle degli scommettitori inglesi

Le quote sul Colle degli scommettitori inglesi

Ma per il bookmaker inglese Ladbrokes rimane favorito il premier Mario Draghi, proposto a 1,50. Dietro Berlusconi, si gioca a 9 la conferma di Sergio Mattarella, con la ministra della Giustizia Marta Cartabia offerta a 11. Vale 15 volte la posta invece Pier Ferdinando Casini, mentre sale a 17 il presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati. Più attardato il Commissario europeo per gli affari economici, Paolo Gentiloni a 26 e l’ex premier Giuliano Amato, ultimo a 51”.

Poi, in pochi giorni, ecco la svolta: le quotazioni di Berlusconi, sull’orlo del definitivo passo indietro ad horas causa fallimento dell’operazione ‘scoiattolo’ crollano verticalmente fino a terra.

Crollano le quote del Cavaliere, salgono quelle della Casellati

La presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, esce da palazzo Madama

La presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, esce da palazzo Madama

Del resto, Matteo Salvini ha ammesso l’esistenza di un piano B se l’operazione ‘scoiattolo’ del Cavaliere non pare porti alla sua elezione: gli indizi, ora, portano a Elisabetta Casellati, che fa un balzo in avanti nelle quote dei bookmaker internazionali, che ora la piazzano in seconda posizione alle spalle del favorito, Mario Draghi. L’attuale premier si conferma a 1,73 su Ladbrokes, con la presidente del Senato che insegue a 8 (dal 17 della scorsa settimana).

Giuliano Amato

Giuliano Amato

Stessa quota per un secondo mandato di Sergio Mattarella, con la ministra della Giustizia Marta Cartabia che vale 11 come Berlusconi. Si sale a 13 per il vicepresidente della Corte costituzionale, Giuliano Amato; stessa quota per Pier Ferdinando Casini, con il Commissario europeo per gli affari economici Paolo Gentiloni che scivola all’ultimo posto in lavagna a 15. Queste le quote di mercato degli allibratori.

Gentiloni P

Paolo Gentiloni, non è mai neppure ‘entrato in partita’ in questa gara del Colle

Va detto che se, da un lato, gli scommettitori, per quanto ‘sgamati’, non sempre ci azzeccano, alcuni dei nomi che girano nel ‘giro-scommesse’, come quello di Paolo Gentiloni, non sono mai neppure ‘entrati in partita’ in questa gara del Colle, è anche vero, dall’altro, che i bookmakers fiutano l’aria. E che Silvio Berlusconi voglia ‘lanciarsi’, nella corsa al Colle, non è ormai più un segreto per nessuno, anche se manca ancora la formale ufficializzazione della sua candidatura.

Berlusconi si giocherà le sue carte, poi è buio fitto

Berlusconi si giocherà le sue carte, poi è buio fitto

Berlusconi si giocherà le sue carte, poi è buio fitto

Berlusconi, dunque, ma solo dal IV scrutinio in poi. Come si sa, infatti, nei primi tre scrutini, bisogna ‘gareggiare’ e misurarsi su un quorum molto alto (673 voti su 1009 Grandi elettori) e nessun candidato pensa davvero di poterlo fare.

Dal IV scrutinio in poi, invece, il quorum si abbassa di molto e, pur restando ragguardevole, scende a 505 voti, la maggioranza assoluta. Ed è qui che Berlusconi vuole misurarsi con l’impresa e sta cercando di pescare a più non posso voti sia nel gruppo Misto che nei vari gruppi centristi. Il centrodestra parte da 451 voti e il centrosinistra da 414 Grandi elettori, mentre i centristi ne hanno una cinquantina, tutti compresi, e i gruppi Misti assommano all’astronomica cifra di 113 membri. Insomma, se nessuno dei due schieramenti è in grado di potersi votare, da solo, il Capo dello Stato, l’aiutino del gruppo Misto è fondamentale.

Se Berlusconi venisse preso di mira dai franchi tiratori?

Se Berlusconi venisse preso di mira dai franchi tiratori?

Ma cosa potrebbe succedere se, invece, al IV scrutinio, la candidatura di Berlusconi venisse affondata dai ‘franchi tiratori’ interni ed esterni al centrodestra? A quel punto salirebbero le chanches di candidati ‘bipartisan’ (Amato, prediletto dalla sinistra dem, ma osteggiato dal centrodestra, e Casini, il nome in pectore di Renzi e di molti altri centristi) o, se il centrodestra avesse ancora la forza, e i numeri, per imporsi, lancerebbe uno dei nomi, tenuti per ora coperti, che Salvini e Meloni hanno in mente (Letizia Moratti, Franco Frattini, Marcella Pera), cercando di vincere la sfida da soli, o meglio agguantando i voti dei centristi e lasciando al centrosinistra la difficile decisione di accordarsi al loro nome o di astenersi dal voto. Centrosinistra che, di fronte al nome Berlusconi, medita di salire sull’Aventino, disertando il voto.

Le due soluzioni possibili: Draghi o Mattarella bis

Le due soluzioni possibili: Draghi o Mattarella bis

Le due soluzioni possibili: Draghi o Mattarella bis

Infine, se Salvini e Letta, ma anche la Meloni – e, ovviamente, Renzi – riuscissero a mettersi d’accordo, i maggiori partiti potrebbero, alla quinta o sesta o settima votazione, convergere su Mario Draghi oppure chiedere a Mattarella il bis, anche se quest’ultima carta appare, ad oggi, più la ‘carta della disperazione’ che una vera chance mentre la possibilità di mandare Draghi al Colle si scontra con la ‘Grande Paura’ dei peones di un vuoto, alla guida del governo, che con difficoltà sarebbe colmato e che metterebbe seriamente a rischio la durata della legislatura.

Cartabia e Casellati

Cartabia e Casellati

Escludendo nomi che pure sono girati per mesi (Casellati e Cartabia, in quanto donne, da un lato, Pera o Tremonti, in quanto troppo targati a destra, dall’altro lato) è difficile che vengano fuori soprese dell’ultima ora o che possano farcela i nomi che pezzi di ex M5s vogliono lanciare (Liliana Segre, Silvana Sciarra, Sabino Cassese).

Insomma, se Berlusconi fallirà l’obiettivo, come è molto probabile, non resterà, al Parlamento, che convergere su Draghi o su un Mattarella bis. E’ su questi due nomi che si concentra l’attenzione, a prescindere da cosa dicono i bookmakers


I Grandi elettori. Chi sono e come sono divisi nel Parlamento

 

I Grandi elettori. Chi sono e come sono divisi

I Grandi elettori. Chi sono e come sono divisi

Le incognite sul nome del prossimo presidente della Repubblica sono ancora tante, soprattutto su chi può più o meno aspirare all’alto incarico, ma almeno una certezza c’è: dal 24 gennaio in poi si voterà, finalmente, per eleggere il dodicesimo capo di Stato della Repubblica italiana dal 1948.

Il magic number è di 1009 Grandi elettori

magic number

Il magic number è di 1009 Grandi elettori

Il ‘magic number’, ogni volta variabile, per eleggere il Capo dello Stato della Repubblica Italiana è fissato stavolta a 1009 Grandi elettori. Il quorum è fisso e le due maggioranze possibili (qualificata e assoluta) anche, lo sono, ma il numero dei Grandi elettori è invece variabile (sono stati oscillanti tra i 950 dell’immediato secondo dopoguerra e i 1009 degli scorsi decenni). Ma come si raggiunge il numero di 1009 Grandi elettori? Dalla somma dei 951 parlamentari (630 deputati, 315 senatori elettivi, sei senatori a vita) cui si aggiungono i 58 delegati regionali per un totale di 1009 Grandi elettori. Infatti, non votano ‘soltanto’ i 945 parlamentari eletti e attualmente in carica (630 deputati e 315 senatori), cioè gli eletti dal popolo alle elezioni politiche (siamo nella XVIII legislatura, quindi, si tratta dei parlamentari eletti alle Politiche del 2018), cui vanno aggiunti i sei senatori a vita, ma anche 58 delegati regionali. I quali votano, però, solo dal 1971 in poi, quando sono state istituite le Regioni a statuto ordinario.

Chi sono i 58 delegati regionali che sono Grandi elettori

delegati regionali

Ettore maria Colombo a Uno Mattina che spiega il numero dei delegati regionali

Di solito i consigli regionali mandano il presidente della Giunta (detto Governatore), il presidente del Consiglio regionale, che è sempre espressione della maggioranza che regge il governo regionale, e un consigliere regionale, scelto di solito nelle fila dell’opposizione.

La proporzione ‘politica’, cioè, è sempre di 2 a 1, tanto che, per la prossima elezione del Capo dello Stato, i conti, pur a tavolino (le votazioni, nelle varie Regioni, inizieranno dall’11 gennaio e dovranno completarsi entro il 18), sono già state fatte e lo score recita: 33 delegati regionali per il centrodestra e 25 delegati per il centrosinistra. Quasi tutte le Regioni hanno assegnato i loro delegati per l’elezione del Presidente e, in alcune regioni (Lombardia, Lazio, Sicilia) non sono mancate polemiche su quali nomi mandare a Roma, specie dentro il centrosinistra, tra Pd e 5s.

I numeri ‘ballerini’. C’erano due seggi vacanti, ma sono stati ‘colmati’…

Roberto Gualtieri, diventato a metà ottobre sindaco di Roma

Roberto Gualtieri, diventato a metà ottobre sindaco di Roma

Un numero, però, quello dei Grandi elettori che diversi giornali, sbagliando, hanno contato a lungo in modo ‘ballerino’, come se la matematica fosse un’opinione, il che non è. Alcuni hanno scritto che erano solo 1007, altri 1008. C’è un problema di numeri, dunque? Sono davvero 1009, i Grandi elettori, nel loro perfetto plenum? Non lo erano, almeno non fino a oggi. Fino a un paio di settimane fa, infatti, i Grandi Elettori sono stati soltanto… 1007. Ne mancavano, cioè, ben due, nelle due Camere, ma per ragioni diverse.

Cecilia D'Elia

Cecilia D’Elia

Alla Camera, mancava il plenum (630 deputati) perché fino ad oggi un seggio era vacante, quello di Roberto Gualtieri, diventato a metà ottobre sindaco di Roma. Si trattava, per di più, di un seggio uninominale, quello di Roma 1, che è stato ‘riempito’ proprio il 16 gennaio con le elezioni suppletive che hanno visto la vittoria del candidato del Pd-centrosinistra, Cecilia D’Elia.

fabio porta scaled

Fabio Porta

Anche al Senato mancava un seggio. Era quello del senatore, eletto all’Estero, Adriano Cario, dichiarato decaduto dall’Aula a dicembre per un riconteggio dei voti, dopo un lungo contenzioso tra Giunta ed Aula su presunti brogli. Il suo posto – essendo gli eletti all’estero eletti con metodo proporzionale – lo ha preso il secondo in lista, Fabio Porta, che però è iscritto al Pd e, quindi, porterà un voto in più da Grande elettore ai dem. Il Senato ne ha convalidato l’elezione ed ecco che il plenum, da oggi, è tornato a 1009.

Il problema dei due quorum (molto alti) da raggiungere: le due maggioranze

Il problema dei due quorum da raggiungere

Il problema dei due quorum da raggiungere

Ma perché il numero dei Grandi elettori è così importante? Perché serve a stabilire il quorum. Quorum che la Costituzione prescrive così: il Capo dello Stato necessita, per essere eletto, della maggioranza qualificata dei 2/3 dei voti nei primi tre scrutini e della maggioranza assoluta (50+1 dei voti) dal IV scrutinio in poi. Tradotto in numeri, con il plenum fissato a 1009, l’asticella da superare è di 673 voti (e sono tanti) nei primi tre scrutini e 505 dal quarto in poi (e comunque resta un bel numero). Questi i numeri, e le ‘asticelle’, che i tanti pretendenti al ‘trono’ (Draghi, Berlusconi, Casini, Amato, Cartabia, o altri) dovranno superare per andare al Quirinale. E qui entrano ed entreranno sicuramente in gioco i famosi ‘franchi tiratori’, bau bau di ogni elezione per il Colle che si rispetti, oltre che di ogni governo, e di ogni legge, quando e se – come nel caso dell’elezione per il Quirinale – si vota in modo segreto, oltre che personale.

Certo è che l’elezione del prossimo presidente della Repubblica non si annuncia per niente semplice: nessuno dei due schieramenti (centrodestra e centrosinistra) ha i numeri, in partenza, per godere di una maggioranza assoluta (505 voti) ed eleggere, dal IV scrutinio, il proprio candidato. Inoltre, questo Parlamento è nato sull’onda della grande vittoria del M5S che però negli anni si è sbriciolato: basti pensare che i parlamentari dei 5s a inizio legislatura erano 338 e ora sono rimasti, tra cambi di casacche e nuovi gruppi, solo 233 (-108, cioè un numero grande quanto un partito grande…). Un gran numero di eletti pentastellati, confluiti nel gruppone del gruppo Misto, che non risponde ad alcuna indicazione di partito ed è difficile darli nel calcolo di teoriche maggioranze.

I rapporti di forza tra partiti e schieramenti in vista della gara per il Colle

I rapporti di forza tra partiti e schieramenti

I rapporti di forza tra partiti e schieramenti

Ma ecco i rapporti di forza, almeno sulla carta, delle varie forze politiche e dei vari schieramenti.

CENTRODESTRA: può contare su 455 grandi elettori che fanno riferimento ai cinque partiti (tre grandi e due piccoli) presenti dentro la coalizione: 197 sono della Lega, 131 di FI, 58 di FdI, 31 di Coraggio Italia-Cambiamo-Idea, 5 di Noi con l’Italia, più i 33 delegati regionali.

CENTROSINISTRA-M5S: Può contare su 413 voti se si esclude Iv, su 462 se si conteggia anche il partito di Renzi (44) e di Azione (5). Il Pd conta 134 grandi elettori, M5s ne ha 230, Leu ne ha 18, Centro democratico di Bruno Tabacci ha 6 deputati. A questo blocco si aggiungono i 25 delegati regionali, più Gianclaudio Bressa, iscritto al gruppo per le Autonomie ma eletto con il Pd.

Se si aggiungono i parlamentari di Iv (44) e quelli di Azione-+Eu (5) il numero salirebbe ancora (482) ma qui nulla è scontato, anche perché i 49 centristi quasi sicuramente faranno partita a sé.

SENATORI A VITA: Per questa elezione del presidente della Repubblica i senatori a vita sono 6: Giorgio Napolitano, Mario Monti, Liliana Segre, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia. Napolitano e Cattaneo sono iscritti al gruppo Autonomie, Segue e Monti al Misto, Piano e Rubbia iscritti a nessuna componente.

AUTONOMIE: Il gruppo delle Autonomie-minoranze linguistiche conta 4 deputati e 5 senatori, al cui gruppo a Palazzo Madama sono però iscritti anche Gianclaudio Bressa (Pd), Pier Ferdinando Casini (Centristi per l’Europa) e i senatori a vita Cattaneo e Napolitano per un totale di otto senatori.

GRUPPO MISTO: In questa legislatura il gruppo Misto di Camera e Senato è lievitato fino a un totale di 113 componenti (66 deputati e 47 senatori) e mutato a secondo della nascita di nuove componenti. Il gruppo più nutrito è la pattuglia di ex M5s di Alternativa C’è che per le votazioni del Quirinale ha 16 grandi elettori (16 deputati), poi c’è il Maie-Facciamo Eco (sono in 9: 8 deputati e 1 senatore), cioè gli eletti all’Estero. Nel gruppo Misto della Camera (66 componenti in totale) sono tanti i fuoriusciti dal M5s: 24 i deputati che, alla Camera, che risultano non iscritti a nessuna componente, insieme all’ex Leu Michela Rostan, mentre nel Misto di Palazzo Madama (47 componenti) sono presenti 21 ex M5s non iscritti, i 3 ex 5s ora in ‘Italexit’ e 2 ex 5s, uno ora di Potere al Popolo, uno del Partito comunista (sic).

Le possibili ‘combinazioni’ dicono questo: centrodestra (455 Grandi elettori), se sommati ai 44 di Iv, fa 499 Grandi elettori. Se, invece, si sommano i Grandi elettori del centrosinistra (413) ai centristi (49) la somma fa 462 Grandi elettori. Infine, sommando centrosinistra, centristi e gruppi minori (20) si arriverebbe a un totale di 483 Grandi elettori. Ma sono somme che valgono solo sulla carta.


Eleggere un Presidente con una pandemia in corso.

Il voto al tempo del Covid. Regole e modalità di voto

votare un Presidente al tempo del Covid

Il grande “conclave laico” che serve per eleggere, ogni sette anni, un nuovo Capo dello Stato ha delle regole ben precise, stabilite da antiche prassi ma che stavolta saranno stravolte, causa Covid. Infatti, se il luogo dove si vota resta l’aula di Montecitorio (non sarà ammesso, come pure da più parti richiesto, il voto a distanza) cambierà, e molto, il ‘come’ si vota. Vediamo i punti salienti.

I “catafalchi” restano, ma saranno tutti nuovi e, soprattutto, molto ‘igienizzati’

Ci saranno nuovi catafalchi

Ci saranno nuovi catafalchi

Innanzitutto, va detto che resteranno in vita i vecchi “catafalchi”, le cabine montate ai piedi dello scranno del presidente della Camera, dove i Grandi elettori depositano la scheda con il nome del candidato al Colle, ma non saranno più quelli tradizionali e, da tre che erano, saranno quattro. Via le tendine di feltro, saranno aperti, più alti e più lunghi. Una sorta di “quinte”, o di cabina elettorale ‘normale’ dentro cui esprimere il voto e poi inserire la scheda nell’”insalatiera”, la cesta di vimini foderata di raso verde che resta com’è.

L'insalatiera dove apporre la scheda

L’insalatiera dove apporre la scheda

Inoltre, è prevista una sola votazione al giorno (e non due come era prassi, che però non sono neppure ancora escluse) e un massimo di 200 – su 1009 – Grandi elettori in aula, più 100 postazioni previste nelle tribune. Le fasce orarie saranno in ordine alfabetico e vedranno partecipare al voto non oltre i 50 votanti a volta. L’accesso all’Aula avverrà, per i Grandi elettori, dall’ingresso posto sul lato sinistro, mentre per l’uscita si utilizzerà quello situato sul lato destro.

Prima che i Grandi elettori accedano alla cabina elettorale (il vecchio ‘catafalco’) sarà loro chiesto di sanificare le mani e, insieme alla scheda elettorale, sarà data una penna, prima disinfettata, per esprimere la preferenza (di solito erano matite o lapis) e che poi sarà deposta in un cestino con tutte le altre. Al termine delle operazioni di voto, l’intera Aula sarà sanificata, seggi compresi.

Le decisioni prese in merito al problema del Covid dai questori della Camera

Il problema dei quorum da raggiungere e il ‘come si vota’

Il problema dei quorum da raggiungere e il ‘come si vota’

I tre questori della Camera – il grillino Francesco D’Uva, il forzista Gregorio Fontana ed Edmondo Cirielli di Fratelli d’Italia – hanno fornito le nuove disposizioni in un documento, dal titolo “Disposizioni per l’elezione in sicurezza del presidente della Repubblica”, e le hanno illustrate alla conferenza dei capigruppo, che hanno varato le nuove norme il 13 gennaio.

Va anche detto che, per ogni altra possibile novità, spetta a Montecitorio e al suo presidente, Roberto Fico, decidere su come garantire il massimo di sicurezza, dal momento che la seduta comune si tiene appunto alla Camera dei deputati.

“Lavori in corso” dentro il Transatlantico, che sarà riaperto…

"Lavori in corso” dentro il Transatlantico…

“Lavori in corso” dentro il Transatlantico…

In ogni caso, saranno smontati gli scranni che sono stati predisposti in questi ultimi 15 giorni in Transatlantico, proprio per adottare il distanziamento come è stato già fatto durante i lunghi mesi di lockdown, cioè per quasi due anni.

Le ultime giornate prima del 24 gennaio saranno utilizzate per terminare gli allestimenti: dalle cabine per votare, posizionate all’interno dell’emiciclo, ai gazebo coperti nel cortile interno della Camera, alle postazioni per tv e radio – che, per la prima volta saranno non nel cortile d’onore ma al quarto piano, sede della commissione Bilancio in numero di sei – fino allo smantellamento delle riallestite postazioni destinate al voto dei deputati in Transatlantico, che tornerà accessibile a partire dal 24 gennaio.

A Montecitorio potranno accedere tutti i cronisti iscritti all’Associazione stampa parlamentare

A Montecitorio potranno accedere tutti i cronisti iscritti all’Associazione stampa parlamentare

A Montecitorio potranno accedere tutti i cronisti iscritti all’Associazione stampa parlamentare (Asp) ma sarà prevista una quota extra a testata. L’aula della XII commissione, situata ai piani alti del Palazzo, sarà utilizzata per le conferenze stampa dei gruppi parlamentari durante il voto.
Prevista, inoltre, la copertura del cortile di Montecitorio con una tensostruttura per offrire, insieme con il Transatlantico, uno spazio in più. A Montecitorio si entrerà con il Green Pass semplice, oppure tampone anti-Covid negativo, misurazione della temperatura (con oltre 37,5 non si entra) e mascherina regolare (la Ffp2).

Tampone obbligatorio a tutti i Grandi elettori nel giorno del giuramento

covid negativo

Tampone Covid

Tampone obbligatorio anche la mattina del giuramento, cerimonia in cui è previsto il solo intervento del nuovo presidente della Repubblica. Quindi, nel giorno del giuramento, i 1009 Grandi elettori potranno – e solo in quel momento – essere tutti presenti in aula, ma la mattina stessa saranno obbligati a fare il tampone antigenico, prima dell’ingresso. Deputati e senatori potranno sedere nell’emiciclo, mentre i 58 delegati regionali potranno assistere al discorso dalle tribune. In aula parlerà solo il nuovo capo dello Stato. Contingentati i tempi pure per il nuovo Presidente: non potrà parlare oltre i 50 minuti. 

Ma è già scoppiata la grana dei malati da Covid…

La variante Omicron cala sull'aula di Montecitorio. Paure, possibili rimedi ed effetti sui quorum

La variante Omicron cala sull’aula di Montecitorio. Paure, possibili rimedi ed effetti sui quorum

Ma già scoppia la grana dei positivi da Covid e assenti forzati per malattia o per quarantena che, al 16 gennaio, risultavano essere quasi cinquanta. “Il Parlamento non ha gli strumenti per permettere ai positivi di venire a Roma. Detto questo, anche se ci fossero 100 positivi, non è che la votazione non è valida”, spiegano dalla Camera. Per ora, nessuna soluzione e nessuna eccezione è stata prevista dal presidente Fico.

Il costituzionalista Stefano Ceccanti

Il costituzionalista Stefano Ceccanti

L’incertezza Omicron resta, dunque, uno dei giocatori di questo voto per il Quirinale e si somma a quella politica: se gli assenti forzati fossero un centinaio, gli stessi equilibri e maggioranza sarebbero alterati come pure i due quorum. E’ questo che il centrodestra sottolinea e vuole evitare. Il costituzionalista e deputato dem, Stefano Ceccanti avverte da settimane, vox clamantis in deserto, del rischio di un voto falsato dalle assenze, causa i molti contagi e quarantene.

Ma il voto a distanza o la proposta di votare nella Camera di appartenenza, ovvero deputati a Montecitorio e senatori a Palazzo Madama, sono state scartate, anzi: mai prese in considerazione.

Inoltre, già pendono sul voto, dal punto di vista organizzativo, anche i ricorsi dei parlamentari delle isole, che non hanno il Green Pass rafforzato, perché convinti no Vax e che, non essendo ammessi né sui traghetti, né sugli aerei, non potranno raggiungere il seggio elettorale.

Le altre operazioni di voto restano quelle solite cioè non sconvolte dalla pandemia

votazioni presidente della repubblica

Le altre operazioni di voto che restano quelle solite

Ricordato che la ‘chiama’ dei Grandi elettori verrà effettuata due volte e che, per votare, entrano prima i senatori a vita, poi quelli elettivi, poi i deputati e, infine, i delegati regionali, va detto che lo spoglio delle schede sarà ‘normale’: sarà eseguito dal presidente della Camera che legge in Aula i nomi dei candidati uno ad uno ad alta voce. Il conto delle schede viene tenuto da scrutatori speciali: i funzionari della Camera e ai componenti dell’ufficio di presidenza di Fico.

A ogni votazione i voti vengono prima conteggiati, poi letti all’Assemblea al termine dello spoglio. Per essere messe a verbale, le preferenze ai candidati devono essere almeno due. Chi riceve un solo voto viene conteggiato genericamente tra i voti dispersi mentre le schede bianche vengono nominate e citate nella lettura. Solo i nomi dei ‘franchi tiratori’ non si sanno…


Il bis eccezionale, quello di Giorgio Napolitano, avvenuto nella ‘tempesta perfetta’ del 2013…

Il bis eccezionale, quello di Giorgio Napolitano, avvenuto nella ‘tempesta perfetta’ del 2013…

Il bis eccezionale, quello di Giorgio Napolitano, avvenuto nella ‘tempesta perfetta’ del 2013…

La pressante richiesta a Mattarella di un bis…

La pressante richiesta a Mattarella di un bis…

La pressante richiesta a Mattarella di un bis…

Da più parti – pezzi della politica, partiti, istituzioni italiane ed europee, persone comuni – e in modo sempre più insistente, si chiede un ‘bis’ all’attuale Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Ma il Presidente della Repubblica ancora oggi in carica (il suo mandato scade il 3 febbraio) ha chiarito, e in più occasioni, sia formali che informali, che non intende concederlo, richiamando precedenti illustri (le indicazioni date, in questo senso, da Antonio Segni come da Giovanni Leone, con messaggi ufficiali e motivati), ma anche dicendo anche che “sette anni possono bastare”, come ha fatto parlandone con ragazzi e scolaresche cui ha confidato, in alcune occasioni, di sentirsi “stanco” perché il suo compito è stato finora “abbastanza gravoso”.

sergio mattarella giorgio napolitano quirinale ansa

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il Presidente Emerito Giorgio Napolitano alla Camera dei Deputati

Per Mattarella, il bis renderebbe la figura del Presidente della Repubblica più simile a quella di un papa, o di un re, che a un capo di stato di una Repubblica costituzionale. Eppure la Costituzione repubblicana non ha, formalmente, vietato il bis (sul punto, tace) e un precedente, assai illustre, di rielezione di un Presidente della Repubblica c’è stato: è occorso con il bis di Giorgio Napolitano, rieletto presidente dal 2013 al 2015, quando si dimise. Ma come andarono le cose quella volta?

Come andarono le cose con la rielezione di Napolitano a Capo dello Stato

Giorgio Napolitano prevalse su Rodotà

Giorgio Napolitano prevalse su Rodotà

Bisogna tornare con la memoria alle elezioni presidenziali del 2013 che si svolsero tra il 18 e il 20 aprile di quello stesso anno. Si trattava di eleggere il 13 capo di Stato e Giorgio Napolitano prevalse, con 738 voti (quasi tutto il Parlamento) contro i 217 voti andati a Stefano Rodotà, insigne giurista, scelto e contrapposto a lui dal M5s. La scadenza naturale del primo mandato di Napolitano era fissata al 15 maggio 2013, essendo stato eletto la prima volta nel 2007, ma proprio a causa della sua rielezione, e del suo giuramento, che si tenne il 22 aprile del 2013, la fine del primo mandato venne anticipata, dando così inizio subito al suo secondo. Un record.

Una concitata, e drammatica, corsa al Quirinale

Ciampi e Napolitano

Ciampi e Napolitano

Già in vista della scadenza del mandato di Napolitano, tra alcune forze politiche (Pd, Pdl, Lega Nord, Scelta civica, Udc) nasce l’ipotesi di una sua rielezione, anche per mantenere un punto fisso nella politica italiana molto apprezzato dai cittadini e all’estero in un periodo politico che, allora, era molto turbolento. Ma Napolitano, a più riprese, ribadisce la non disponibilità al rinnovo del mandato, sia per ragioni anagrafiche, sia perché ritiene che un secondo settennato mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana dello stato italiano, secondo quanto affermato anche dal suo predecessore, Ciampi.

Lo scenario politico delle elezioni del 2013

Lo scenario da cui si usciva è quello delle elezioni politiche del febbraio 2013 che decretano la ‘non vittoria’ della coalizione di centrosinistra (maggioranza assoluta alla Camera, maggioranza relativa al Senato), la robusta presenza del Pdl come forza di opposizione e il boom del M5s che diventa il dominus delle Camere, ma che rifiuta alleanze con chiunque. Il tentativo di Bersani, un incarico ‘esplorativo’, per formare un nuovo governo va a vuoto proprio per l’ostilità del M5s e Bersani rimette l’incarico. Resta in carica il governo guidato da Mario Monti – che si era insediato a dicembre del 2011 – e, causa scadenza termini, bisogna procedere, in ogni caso, all’elezione del nuovo Capo di Stato.

Le ‘quirinarie’ dei 5s e la fallita candidatura Marini

Milena Gabanelli,

Milena Gabanelli

Il M5s conduce delle votazioni on-line tra i propri iscritti, battezzate quirinarie, per individuare un candidato da proporre in sede di votazione. La persona scelta è la giornalista Milena Gabanelli, ma dopo la rinuncia di quest’ultima e del secondo più votato, Gino Strada, i parlamentari del M5S convergono sul nome del terzo classificato, il giurista Stefano Rodotà, che viene proposto dai grillini come candidato comune col Pd.

gino strada

Gino Strada

Il 17 aprile, nel corso di un’assemblea molto contestata, i parlamentari e i delegati regionali del Pd decidono a maggioranza di votare, come loro candidato, l’ex presidente del Senato Franco Marini, sul quale era stato raggiunto un accordo trasversale con PdL e SC per la prima votazione, quella in cui bisogna raggiungere il quorum più alto, la maggioranza dei due terzi dei votanti.

Franco marini

Franco Marini

Il nome di Marini era stato proposto dal segretario del Pd Bersani al presidente del PdL Silvio Berlusconi, in una rosa che comprendeva anche l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato e il giudice costituzionale Mattarella.

Matteo Renzi

Matteo Renzi

La scelta di Marini determina il dissenso esplicito dei grandi elettori vicini a Matteo Renzi, allora nel Pd, molti dei quali decidono di votare l’ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, alla prima e alla seconda votazione, e di altri dem che scelgono di sostenere la candidatura di Rodotà. La designazione di Marini viene duramente contestata anche da parte dei grandi elettori di SeL, guidata da Nichi Vendola, tanto da indurli ad abbandonare l’assemblea del Pd, cui partecipavano in virtù dell’alleanza elettorale nella coalizione Italia Bene Comune, e che poi ufficializzano la loro convergenza su Rodotà.

Nichi Vendola

Nichi Vendola

La Lega Nord decide, invece, di votare Marini, insieme anche a Pdl, Fratelli d’Italia, Udc e parte di Sc. Ma la prima votazione non attribuisce alla candidatura di Marini i risultati sperati, anche se i voti ottenuti (521) sarebbero stati sufficienti a garantirne l’elezione dal quarto scrutinio in poi, superano di gran lunga quelli poi ottenuti da Prodi. I voti ottenuti da Marini sono anche più di quelli ottenuti in passato da tre presidenti eletti (Einaudi, Segni e Leone) e di poco inferiori a quelli ottenuti da Napolitano nel 2006.

La candidatura Prodi e il “complotto dei 101”

Sergio Di Caprio, meglio noto come Capitano Ultimo

Sergio Di Caprio, meglio noto come Capitano Ultimo

Nonostante ciò, la candidatura di Marini viene, troppo frettolosamente, ritirata dal Pd. Alla seconda tornata il PD, il PdL e la Lega Nord indicano di votare scheda bianca, scelta che non viene condivisa dall’ala renziana e dall’ala più a sinistra del Pd. Fratelli d’Italia, invece, sceglie di votare il colonnello Sergio Di Caprio, meglio noto come Capitano Ultimo. Alla terza votazione anche Scelta civica indica di votare scheda bianca. Morale, è impasse totale.

romano prodi

Romano Prodi

Dalla quarta votazione è richiesta la sola maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea. Il PD e SEL lanciano la candidatura dell’ex premier e fondatore dell’Ulivo, Romano Prodi, osteggiata da tutto il centrodestra, che decide di non partecipare alla votazione, uscendo dall’aula. La candidatura non viene condivisa neanche dal Movimento 5 Stelle, che continua a votare Rodotà, e dai montiani, che propongono invece il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. Prodi raggiunge alla quarta votazione solo 395 voti, evidenziando così la presenza di almeno 101 franchi tiratori all’interno dell’alleanza di centrosinistra. Ancora oggi, i loro nomi sono sconosciuti…

Anna Maria Cancellieri

Anna Maria Cancellieri

Peraltro, anche se quei 101 voti fossero andati a Prodi, portando i consensi per quest’ultimo a 496, non sarebbero stati sufficienti a determinarne l’elezione, con il quorum fissato a 504 voti.

Prendendo atto della disfatta, la sera del 19 aprile anche Prodi ritira la propria disponibilità e, a cascata, Rosy Bindi si dimette da presidente del Pd e Bersani annuncia le dimissioni dall’incarico di segretario.

Rosy Bindi si dimette da presidente del Pd e Bersani annuncia le dimissioni dall'incarico di segretario

Rosy Bindi si dimette da presidente del Pd e Bersani annuncia le dimissioni dall’incarico di segretario

Alla quinta votazione, PD e Scelta Civica annunciano di votare scheda bianca, mentre Il Popolo della Libertà e la Lega Nord decidono ancora di non prendervi parte; il Movimento 5 Stelle conferma la candidatura di Rodotà, su cui confluiscono i voti di SEL.

La processione di tutti i capi partito da Napolitano per chiedergli un ‘bis’

La processione di tutti i capi partito da Napolitano

La processione di tutti i capi partito da Napolitano

Nella mattinata del 20 aprile, Monti, Bersani, Berlusconi e alcuni delegati regionali (tra cui i leghisti Maroni, Cota e Zaia) incontrano separatamente il presidente della Repubblica Napolitano per analizzare l’incerta situazione creatasi e trovare una soluzione per uscire dall’impasse. Nei rispettivi incontri, da parte dei vari interlocutori, viene espressa la convinzione che «nella grave situazione venutasi a determinare col succedersi delle votazioni per l’elezione del nuovo capo dello Stato, sia altamente necessario e urgente che il Parlamento in seduta comune possa dar luogo a una manifestazione di unità e coesione nazionale attraverso la rielezione dello stesso Napolitano».

Viene pertanto richiesta, da un ampio schieramento parlamentare, la disponibilità di Napolitano ad essere rieletto alla presidenza della Repubblica. Il presidente uscente decide di accettare la ricandidatura e viene pertanto eletto alla sesta votazione, ricevendo consensi da parte di tutta l’assemblea, con eccezione di Movimento 5 Stelle e SEL, che mantengono la candidatura di Rodotà, e Fratelli d’Italia, che conferma la propria preferenza a De Caprio. Napolitano, con 738 voti, diventa così il primo presidente della Repubblica ad essere eletto per un secondo mandato. Ne nascerà un nuovo governo istituzionale o di ‘larghe intese’ guidato da Enrico Letta, a giugno del 2013, che si dimetterà a febbraio del 2014, quando gli subentrerà Matteo Renzi col suo nuovo governo.

Le dimissioni, stavolta irrevocabili, di Napolitano

Le dimissioni, stavolta irrevocabili, di Napolitano

Le dimissioni, stavolta irrevocabili, di Napolitano

Infine, il 14 gennaio 2015, il presidente Napolitano rassegna le sue dimissioni, preannunciate nel suo messaggio di fine d’anno e dovute al mutato quadro politico e alle difficoltà legate all’età. Alla scadenza naturale del secondo mandato (22 aprile 2020), qualora l’avesse completato, Napolitano avrebbe avuto 95 anni. Gli subentrerà, nel 2015, proprio Mattarella, cui oggi si chiede, da più parti, di dare un nuovo bis…

 


Il Quirinale, maestosa residenza del Presidente della Repubblica che lo fu anche di molti Papi e vari Re e la maledizione che pesa

Quirinale, il salone dei Corazzieri

Quirinale, il salone dei Corazzieri

La leggenda ‘nera’ che grava sul Palazzo del Quirinale: la maledizione dei Papi…

Enrico De Nicola

Enrico De Nicola

Una leggenda ‘nera’ vuole che il Quirinale – palazzo simbolo della Repubblica che è stato, per secoli, residenza dei Papi e per oltre settant’anni la casa dei Re d’Italia – “porti male” per un antica maledizione impartita dai Papi che vi furono sfrattati.

Il Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, superstizioso per natura, non voleva viverci (né abitarlo né dormirci) e risiedette sempre a palazzo Giustiniani, dove aveva l’ufficio da senatore. Anche Sandro Pertini non volle mai abitarlo, ma non per superstizione, bensì per understatement: il presidente ‘partigiano’ tornava a dormire a casa sua insieme alla moglie, Carla Voltonina, per dare l’immagine del Presidente ‘frugale’ e ‘popolare’. Quasi tutti gli altri Presidenti ci hanno sempre vissuto, ma nessuno di loro lo ha mai amato più di tanto.

sandro_pertini_quirinale

Sandro Pertini, sesto presidente della Repubblica (1978-1985)

La ‘maledizione’ che i Papi, sfrattati dal loro potere temporale con la breccia di Porta Pia nel 1870, avrebbero mandato sulla testa dei Savoia, re d’Italia insediati sul Colle più alto di Roma, si sarebbe allungata fino, dunque, ai Presidenti della Repubblica.

Da palazzo dei Papi a palazzo dei Re d’Italia. La storia secolare del Quirinale

Quirinale ha cambiato più volte pelle, ma è sempre restato il cuore del potere romano

Il Quirinale ha cambiato più volte pelle, ma è sempre restato il cuore del potere romano

Certo è che il Quirinale ha cambiato più volte pelle, ma è sempre restato il cuore del potere romano: guardie svizzere o corazzieri, cardinali o ministri repubblicani, da più di cinquecento anni i suoi frequentatori sono gli attori dello stesso Grande gioco che ha come posta la salute – e le redini – dello Stato.

Nell’antica Roma tempio del Dio Quirino e della Dea Salute, detto Monte Cavallo per la presenza dei Dioscuri, il colle del Quirinale, nella seconda metà del Cinquecento, era un ameno luogo di campagna, dove sorgevano ville e giardini di nobili e prelati.

quirinale dentro

Quirinale, interni

Ai nostri giorni è una piccola città con le sue 1200 stanze e i suoi quasi mille dipendenti che, oltre a lavorare per le attività del presidente della Repubblica, devono gestire un patrimonio inestimabile composto da arazzi di grande pregio (ben 261 pezzi), mobili e dipinti, sculture e carrozza storiche. Un tesoro racchiuso in un gigantesco palazzo costruito alla fine del ’500 che ha ospitato una trentina di papi (l’ultimo fu Pio IX) rimanendo per secoli la sede dei pontefici che lì svolgevano le loro attività più “politiche” mentre il Vaticano era soltanto un luogo di culto.

scala mascarino

La scala del Mascarino al Quirinale

Il primo papa a mettere gli occhi sulla proprietà fu Gregorio XIII: a sue spese fece trasformare, nel 1573, la palazzina che sorgeva nella tenuta in una grande villa il cui pezzo forte era la spettacolare scala elicoidale progettata dall’architetto Ottaviano Mascarino. Nel 1587 il suo successore, Sisto V, decise di comprare villa e giardino e ne fece la residenza estiva della corte pontificia. Di ampliamento in ampliamento (il Quirinale così come lo conosciamo è frutto dell’intervento di famosi architetti come Domenico Fontana e Carlo Maderno) il palazzo divenne il cuore del potere della Chiesa, una vera e propria cittadella del Papa e della corte. Nell’800, però, fu travolto da ben tre rivoluzioni, anche se, nella sua storia, ha accolto ben 30 Papi.

appartamenti Imperiali al Quirinale

Vista appartamenti Imperiali al Quirinale

Per tre volte, infatti, i Papi furono sfrattati dal palazzo: da Napoleone nel 1809, da Mazzini nel 1848, da Vittorio Emanuele II nel 1870, quando Pio IX dovette lasciare la sua residenza e riparare in Vaticano. Non prima, secondo la leggenda, di aver lanciato, appunto, una terribile maledizione sul re usurpatore. Dopo l’addio del “Papa re”, il consiglio dei ministri del regno d’Italia stabilì che il Quirinale dovesse “appartenere allo Stato ed essere destinato alla residenza del Re” ma fu solo con l’arrivo al trono di Umberto I, figlio di Vittorio Emanuele III, che il Quirinale diventò una vera reggia. Durante la prima guerra mondiale conobbe una temporanea mutazione: da sontuosa reggia si trasformò in ospedale militare.

Tra Monarchia e Repubblica: quanti scossoni!

Il Duce ovvero Benito Mussolini

Il Duce ovvero Benito Mussolini

Con l’avvento al potere di Mussolini, sotto Vittorio Emanuele III, perse gran parte della sua centralità politica e, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, conobbe nuove tribolazioni. Lasciato in fretta e furia da Vittorio Emanuele III e famiglia, in fuga verso Brindisi, il palazzo accolse nuovamente i Savoia due giorni dopo l’ingresso degli alleati a Roma, il 4 giugno 1944.

Re Vittorio Emanuele III

Re Vittorio Emanuele III

Nei due anni che seguirono, il Quirinale tornò a essere parte del gioco politico, ma il potere si stava trasferendo altrove. Diventato re il 9 maggio del 1946, Umberto II abbandonò il Quirinale e l’Italia poche settimane più tardi, il 13 giugno 1946, dopo la vittoria della Repubblica nel referendum.

luigi einaudi

Il presidente Einaudi

Ma per fare del palazzo sul colle più alto di Roma il simbolo della Repubblica, fu necessario aspettare ancora due anni perché dal 1946 al 1948 il capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, non volle salire al Quirinale per esercitare il suo mandato: a lui monarchico convinto, sarebbe sembrato di profanare un simbolo. Fu Luigi Einaudi, nel 1948, il primo presidente ad insediarsi nel famoso Palazzo, anche se pure lui si rifiutò sempre di abitarvi.

I presidenti della Repubblica che abitarono al Colle e quelli che non vollero farlo

Loggia d'Onore, Quirinale-Roma

Loggia d’Onore, Quirinale-Roma

Giovanni Gronchi (Dc) fu il primo presidente che visse nel palazzo seguito da Antonio Segni (Dc), Giuseppe Saragat (Psdi), Giovanni Leone (Dc), tutti con le rispettive famiglie. Sandro Pertini (Psi) e Francesco Cossiga (Dc) invece utilizzarono il Quirinale solo come ufficio, ma non vi pernottarono mai continuando a vivere rispettivamente Pertini vicino alla Fontana di Trevi, Cossiga in via Quirino Visconti. Oscar Luigi Scalfaro (Dc) vi si trasferì, anche se continuò a usare la sua abitazione nel Quartiere Aurelio. Vi si trasferirono, invece, in pianta stabile, i tre successori: Carlo Azeglio Ciampi (tecnico), Giorgio Napolitano (Pci-Pds), con le rispettive mogli, e Sergio Mattarella (Ppi) da solo.

La maestosità del palazzo del Quirinale e le sue bellissime sale dove si svolgono le cerimonie ufficiali

La Sala del Bronzino al Quirinale

La Sala del Bronzino al Quirinale

Il palazzo del Quirinale ha una superficie di 110.500 mq ed è, per superficie, il sesto palazzo nel mondo, nonché la seconda residenza di un presidente (prima è l’Ak Saray di Ankara). Si consideri che il complesso della Casa Bianca ha una superficie pari a 1/20 di quella del Quirinale. Nell’immediato secondo dopoguerra, nacque un dibattito su come utilizzare il palazzo, dato che sembrava improponibile che continuasse ad essere utilizzato come Palazzo Reale o come residenza del Presidente della Repubblica.

Federico Zeri

Federico Zeri

Alcuni studiosi, tra cui Federico Zeri, avanzarono l’ipotesi di utilizzarlo come Museo Nazionale, ma quando il Quirinale venne scelto come palazzo del Presidente della Repubblica la proposta morì.

Gli interventi avvenuti nel Quirinale negli ultimi decenni si sono ovviamente limitati al recupero e alla conservazione dell’immenso patrimonio artistico del palazzo. In particolare, degni di nota sono stati i restauri, avvenuti durante le presidenze Ciampi e Napolitano, che hanno interessato l’ala che dà su piazza del Quirinale e che hanno visto riaffiorare le decorazioni seicentesche deturpate dagli interventi dei primi anni del XIX secolo, opera degli architetti napoleonici (Sala Gialla e nella sala di Augusto).

Salone delle feste

Salone delle feste

L’intervento più appariscente, però, è stato il restauro delle facciate, che ha riportato il palazzo all’originale colore travertino, in sostituzione dell’ocra di epoca sabauda. L’originalità del colore travertino fu attestata attraverso lo studio dei quadri dei grandi vedutisti del XVIII secolo (Pannini e Vanvitelli), nonché con indagini scientifiche dei successivi strati di intonaco.

Tra i luoghi degni di nota e diventati ‘famosi’, quando il Presidente della Repubblica riceve visite, appuntamenti istituzionali, opera nelle sue funzioni di Capo di Stato (crisi di governo, etc.) sono da ricordare lo Scalone d’onore e il salone dei Corazzieri, che – con i suoi 37 metri di lunghezza, 12 di larghezza e 19 di altezza – è il primo ambiente che si trova saliti dallo Scalone ed è dedicato alla rivista del reparto dei corazzieri in occasione delle più importanti cerimonie. Nel salone, progettato come sala del trono pontificio, hanno luogo anche molte attività del presidente della Repubblica, soprattutto pubbliche udienze.

La Cappella Paolina

La Cappella Paolina

Poi, la cappella Paolina, dove si tengono i concerti, molte altre, e bellissime sale (delle Logge, Gialla, degli Ambasciatori, Augustea, del Bronzino) fino alla Loggia d’Onore. È l’ambiente che si affaccia sul cortile d’onore, illuminato dai grandi finestroni posti sotto il Torrino, che ospita le conferenze stampa delle personalità politiche consultate per la formazione dei governi e dove il presidente del consiglio in pectore annuncia l’accettazione dell’incarico e talvolta rende pubblico l’elenco dei ministri. Poi, sempre di rilievo ‘politico’, vi è lo studio del Presidente alla Vetrata.

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È uno dei due studi del Presidente assieme a quello che si trova nella Palazzina del Fuga, ed è l’ufficio di alta rappresentanza, dove il presidente della Repubblica tiene gli incontri ufficiali con i Capi di Stato e con i segretari di partito durante le consultazioni per la formazione del governo. Da citare anche la Sala degli Arazzi di Lilla, dove il Presidente riceve gli ambasciatori accreditati, la Sala degli Specchi, che ospita alcune udienze del capo dello Stato e il giuramento dei giudici della Corte costituzionale, il Salone delle Feste, l’ambiente più fastoso e solenne del palazzo, dove giura il governo e si tengono i pranzi ufficiali e, infine, ovviamente, i magnifici e immensi Giardini del Quirinale, dove si tiene il tradizionale ricevimento del 2 giugno in occasione della Festa della Repubblica.