Il pelo nell’uovo è stato trovato. Il dottor Sottile vince la sfida contro milioni di firme dei cittadini…

Il pelo nell’uovo è stato trovato. Il dottor Sottile vince la sfida contro milioni di firme dei cittadini…

18 Febbraio 2022 0 Di Ettore Maria Colombo

Il pelo nell’uovo è stato trovato. Bocciati i due referendum sui temi etici e depotenziati quelli sulla giustizia. Il dottor Sottile vince la sua sfida contro milioni di firme dei cittadini…

Bocciati i due referendum sui temi etici e depotenziati quelli sulla giustizia

Bocciati i due referendum sui temi etici e depotenziati quelli sulla giustizia

Nb: questo articolo è stato pubblicato su Luce!, portale del gruppo Quotidiano nazionale il 18 febbraio 2022

Gli ermellini battono il Popolo sovrano due a zero

Gli ermellini battono il Popolo sovrano due a zero

Gli ermellini battono il Popolo sovrano due a zero

Alla fine, il “pelo nell’uovo” è stato trovato eccome. Il risultato finale è presto detto. Quindici ermellini (giudici togati) della Consulta battono la volontà popolare (600 mila firme sulla cannabis, di cui 500 mila raccolte via Spid, e un milione e 200 mila firme, di cui 400 mila raccolte on-line, sull’eutanasia, in totale: 1 milione e 800 mila) due a zero. I due referendum frutto di una campagna appassionata – portata avanti da due comitati nati nella galassia radicale (Eutanasia legale e Meglio legale) e non appoggiati da alcun partito politico – e che riguardavano due temi etici molto importanti (fine vita e liberalizzazione cannabis) sono stati sonoramente bocciati dalla Consulta.

Il pelo nell’uovo è stato trovato eccome, dagli ermellini e Amato

Il pelo nell’uovo è stato trovato eccome, dagli ermellini e Amato

Altro che “non cercate il pelo nell’uovo” come aveva esortato il presidente, Giuliano Amato, ai membri dell’organismo che presiede. Il pelo nell’uovo è stato trovato eccome, dagli ermellini e Amato, con una accorta e molto furba campagna mediatica, ha respinto le critiche alla decisione.

il pelo nelluovo

Fuori dall’antico palazzo della Consulta fioriscono già le polemiche e le accuse alla Corte, accusati – i giudici – di essere “insensibili, freddi e bacchettoni”, oltre che conservatori e cattolici, ma dentro, dopo due giorni di intenso lavoro, i giudici restano convinti di non aver avuto alcuna preclusione politica. Tutt’altro. L’invito a non cercare il «pelo nell’uovo» — a sua volta non una scelta politica, bensì di non contrastare quanto prescritto dalla Costituzione, precisa il presidente — era un sincero segnale di apertura. Ma senza andare oltre il consentito: “Non possiamo correggere quesiti mal formulati è la stilettata di Amato ai promotori di referendum.

Molte saranno le conseguenze politiche e delle due sonore bocciature, che fanno il paio con cinque quesiti su sei sulla giustizia approvati e che erano stati promossi da Lega e Radicali, ma meglio procedere con ordine, nell’analisi.

Il protagonismo mediatico del neopresidente Giuliano Amato

Eutanasia

La campagna referendaria per l’eutanasia legale lanciata da Radicali e associazione “Luca Coscioni”

Il primo referendum sui diritti civili che è stato bocciato è stato quello sull’eutanasia, già martedì. “Non mi pare che nessuno abbia cercato i peli nell’uovo” chiosa Amato, riprendendo la sua stessa battuta anticipatoria del risultato di qualche giorno fa. Solo che poi, nella conferenza stampa (e già questo è un unicum: è la prima volta, nella sua lunga storia, che la Consulta e il suo presidente ne tengono una per motivare le loro decisioni e non si affidano ai soliti, freddi, comunicati) si mette a battibeccare con i promotori (in testa a tutti il radicale Marco Cappato, in prima fila nella battaglia per l’eutanasia legale) e richiama pure il Parlamento al suo dovere di fare le leggi, come quella in materia, su cui è in ballo una proposta di legge che, però, da mesi entra e esce dall’aula della Camera dei Deputati senza vedere mai la luce.

La Triade Draghi Mattarella Amato

La Triade Draghi Mattarella Amato

Amato, dunque, è diventato interventista: parla, convoca conferenze stampa, fa inondare i social di comunicati della Consulta, rintuzza ogni accusa. In pratica, utilizza i media come – e, forse, meglio – degli stessi promotori dei referendum, oppone ragionamenti a giuste istanze e si pone – pur se resterà in carica solo un anno – come Molosso a difesa della Costituzione e, anche, del Potere costituito. Una triade formata, da lui, da Mattarella al Colle e Draghi a palazzo Chigi. Il ‘governo’ dei tre Presidenti contro l’afasia della Politica, contro la voce dei cittadini.

Il battibecco Cappato-Amato sull’ostico tema dell’eutanasia

Il battibecco Cappato-Amato sull'ostico tema dell'eutanasia

Il battibecco Cappato-Amato sull’ostico tema dell’eutanasia

Ma dove nasce il battibecco con i promotori? Cappato ha rimproverato la Consulta per la doppia bocciatura, sull’eutanasia e sulla cannabis, equiparati a un “furto di democrazia inaccettabile”. Amato, esondando dal suo ruolo di – teoricamente imparziale – presidente dell’ufficio che presiede, nato a garanzia della Costituzione, non si tiene e contrattacca: “Da parte di Cappato, che deve la giusta assoluzione nel processo che ha avuto per il caso del dj Fabo anche per la sentenza di questa Corte, dire che la Corte era maldisposta significa dire una cattiveria mentre doveva riflettere su cosa stava facendo. Lui parla di eutanasia, ma si tratta di omicidio del consenziente, e formulato in modo da estendersi a situazioni del tutto diverse da quelle per cui pensiamo possa applicarsi l’eutanasia. Un risultato costituzionalmente inammissibile”.

Amato rigetta le accuse e critica il Parlamento

Amato rigetta le accuse e critica il Parlamento

Amato rigetta le accuse e critica il Parlamento

Amato rigetta anche le accuse di insensibilità: “Leggere che chi ha preso la decisione non sa cosa è la sofferenza ci ha ferito, e ingiustamente. Il referendum – ripete all’infinito – non era sull’eutanasia, ma sull’omicidio del consenziente, che sarebbe diventato lecito in casi ben più numerosi e diversi da quelli sull’eutanasia”. Poi fa pure un esempio, per chi non avesse capito: “Il primo ragazzo 18enne che arriva e decide di farla finita trova un altro ragazzo come lui che glielo fa fare, inaccettabile”.

Tutto questo non ha nulla a che fare con i casi in cui ci si aspetta la non punibilità dell’eutanasia, né con le sofferenze dei malati che aspettavano una decisione diversa”, chiarisce Amato, lasciando trasparire molta – studiata – amarezza. Del resto, Amato si fa forte dei precedenti, e cioè del fatto che la Corte ha dimostrato una certa sensibilità su questa materia, dichiarando incostituzionale, in alcune circostanze, la punibilità del suicidio assistito. In quel caso i giudici, consapevoli delle implicazioni etiche e valoriali, avevano dato al Parlamento il tempo per legiferare, ma alla scadenza del periodo concesso non hanno esitato a cancellare la norma.

Camera Coronavirus Mascherine scaled

Il parlamento, con i deputati con le mascherine

Amato, dunque, ora ributta la palla al Parlamento, che “deve esprimersi”, lo critica perché “non dedica abbastanza tempo a cercare di trovare soluzione a temi che possono alimentare dissensi corrosivi per la coesione sociale”, dice che “lavora” ma che “ha grosse difficoltà a mettersi d’accordo su questi temi”. Come dimostra proprio la storia infinita dell’eutanasia che non a caso ha portato i promotori a scegliere la via referendaria, ieri sonoramente bocciata.

La decisione di bloccare il referendum sull’eutanasia è stata comunque travagliata e non unanime; qualche giudice (cinque su quindici, secondo le indiscrezioni trapelate) riteneva possibile l’ammissibilità, ma ha prevalso il rigetto. Che non significa che tutto debba restare com’è, ma per cambiare attraverso un referendum ci voleva un quesito diverso.

Il no (assai capzioso) anche sul referendum sulla cannabis

Il no (assai capzioso) anche sul referendum sulla cannabis

Il no (assai capzioso) anche sul referendum sulla cannabis

Poi arriva il no della Consulta anche al quesito sulla cannabis perché il suo via libera porterebbe a “violare obblighi internazionali” in materia di droghe. Allo stesso modo di quello riguardante l’eutanasia, Amato fa il filologo, dice che avrebbe dovuto chiamarsi, secondo un corretto utilizzo delle parole, “legalizzazione della coltivazione delle sostanze stupefacenti” perché, per come era scritta, la proposta da sottoporre ai cittadini, la vittoria dei ‘sì’ avrebbe esteso la legalizzazione anche a eroina e cocaina, con conseguente violazioni di obblighi internazionali e andando oltre l’obiettivo sottinteso al referendum.

La ‘rivoluzione’ Spid, una lunga battaglia dei Radicali

La ‘rivoluzione’ Spid, una lunga battaglia dei Radicali

La delusione dei promotori, anche qui, è cocente. Seicentomila firme raccolte in un amen, con una campagna – soprattutto on line, con le firme digitali o Spid – popolarissima tra i giovani, non sono bastate a modificare una legge sulle droghe che risale al Testo unico del 1990, cui poi sono intervenuti diversi correttivi, un coacervo di norme cui i promotori hanno dovuto districarsi.

Palazzo della Consulta Roma scaled

Palazzo della Consulta in Roma

La Consulta ha usato proprio questo grimaldello, rivoltandolo contro i promotori: Amato spiega che “il quesito era articolato in tre sotto quesiti, in una confusione di tabelle che ci ha portati a constatare l’inidoneità dello scopo perseguito”. Ma i promotori non ci stanno. “Motivazioni intollerabili”, ribattono, e parlano di “sconfitta delle istituzioni, del Parlamento, dei partiti che hanno messo la testa sotto la sabbia, non delle migliaia di cittadini che hanno firmato la proposta”. Lo scopo della consultazione popolare sarebbe stato da un lato la depenalizzazione della coltivazione di qualsiasi pianta per uso personale, mantenendo le pene legate alla detenzione, alla produzione e alla fabbricazione di sostanze. E, dall’altro, sul piano amministrativo, l’eliminazione della sospensione della patente di guida per uso di stupefacenti. Per farlo, per i promotori, l’unico modo era sbianchettare la parola ‘coltiva’ dal testo sugli stupefacenti, solo che gli articoli in cui si elencano altre droghe diverse dalla cannabis sono legate a doppio filo. Proprio la strategia che ha affossato il quesito.

Riccardo Magi Europa

Riccardo Magi +Europa

Amato ha fatto quello che aveva detto di non voler fare”, denuncia Riccardo Magi (+Europa), “ha cercato il pelo nell’uovo. La bocciatura è incredibile”. Denuncia Luigi Manconi: “La sentenza rischia di produrre un arretramento nella partecipazione politica, specie dei più giovani”.

Luigi Manconi

Luigi Manconi

Brindano, invece, i movimenti Pro Vita, i cattolici e tutte le destre, come già fatto sull’eutanasia. Anche qui si dovrebbe e potrebbe ripartire dal Parlamento, dove una proposta di legge che depenalizza i fatti di lieve entità legati alla cannabis (e inasprisce gli altri) è, però, fermo da mesi in commissione Giustizia e non esce da lì. Una doppia mazzata, per i promotori, la bocciatura sui quesiti di eutanasia e cannabis.

I cinque quesiti su sei ammessi sul pacchetto della giustizia

I cinque quesiti su sei ammessi

I cinque quesiti su sei ammessi

Infine, la giustizia. Un no secco, arriva dalla Corte, anche sulla responsabilità diretta dei giudici proprio perché sarebbe “diretta”. Se alle due bocciature sui temi etici si aggiunge quella che impedisce la consultazione sulla responsabilità civile diretta dei magistrati, nei confronti di una presunta parte lesa, senza più l’intermediazione dello Stato, il risultato è che la Consulta ha impedito il voto sulle questioni più popolari e più sentite da parte dei cittadini.

Gian Domenico Caiazza

Avv. Gian Domenico Caiazza

«Così la vicenda referendaria assume un peso decisamente marginale, anche se comunque salutare», commenta l’avvocato Gian Domenico Caiazza, presidente delle Camere penali e antico militante radicale. Alla Corte ne sono consapevoli, ma resta la convinzione che non potesse andare diversamente. Lo lascia intendere ancora Amato, quando spiega che dalla discussioni su ciascun quesito è emerso quasi sempre un orientamento chiaramente maggioritario, se non unanime, e dunque non c’è stato nemmeno bisogno di votare. 

referendum cannabis eutanasia

A parte l’eutanasia (anzi: l’omicidio del consenziente e la cannabis (anzi: le droghe), quello sulla responsabilità civile dei giudici sarebbe stato un referendum «innovativo più che abrogativo», operazione non consentita dalla Costituzione, ha rintuzzato le critiche Amato. Nessuna valenza politica, nemmeno in questo caso? Forse nei risultati, ma nelle motivazioni.

Ed è così anche per le consultazioni dichiarate ammissibili: “Non è detto che attribuire agli avvocati le prerogative riservate ai magistrati nei consigli giudiziari, o cancellare l’incandidabilità dei condannati”, siano le soluzioni migliori; noi diciamo solo che non ci sono ragioni per impedire che ciò possa avvenire per via referendaria”, chiosa il presidente Amato, come se le decisioni della Consulta fossero state prese in modo ‘tecnico’, senza curarsi di conseguenze politiche.

La Corte ha dichiarato più volte costituzionale la legge Severino che prevedeva le norme che ora i referendari vogliono abolire

La Corte ha dichiarato più volte costituzionale la legge Severino che prevedeva le norme che ora i referendari vogliono abolire

Del resto, la stessa Corte ha dichiarato più volte costituzionale la legge Severino che prevedeva le norme che ora i referendari vogliono abolire. «A ognuno il suo mestiere», si sente ripetere nel «palazzo dei diritti». Ma se tutti ritengono che i referendum abrogativi non possono essere la strada maestra per fare le riforme, non serve lamentarsi se a volte la si trova sbarrata perché così dice la Costituzione. Alla faccia dei cittadini.

Cosa resta in piedi, dunque? E su cosa si andrà a votare? Un quesito è quello sulla legge Severino. Si chiede di abrogare la norma che indica l’impossibilità per i parlamentari di mantenere il proprio ruolo dopo una condanna definitiva, ma anche per governatori, consiglieri regionali e sindaci e solo per una condanna in primo grado, norma assai odiosa e di cui si lamentano molto, e da tempo, gli amministratori locali di tutti i partiti.

Marta Cartabia

Marta Cartabia

Due, la limitazione della carcerazione preventiva, i cui presupposti resterebbero solo in caso di pericolo di fuga o per i reati più gravi (tolti anche per il reato di finanziamento illecito ai partiti). Tre, sulla separazione delle carriere. Secondo la norma attuale, i magistrati possono passare da giudice a pm e viceversa per quattro volte (norma che la riforma Cartabia riduce a due). Se vince il sì, il magistrato dovrà decidere a inizio carriere se vuole fare il giudice o il pm, mantenendo sempre quel ruolo. Quattro, la valutazione delle toghe. Il quesito introduce il diritto di voto degli avvocati nei Consigli giudiziari, ma questa norma diventa inutile se verrà approvata la riforma del Csm, che prevede identica misura. Cinque, le elezioni del Csm. La legge vigente prevede l’obbligo, per un magistrato che vuole essere eletto, di trovare da 25 a 50 firme per la candidatura. Il quesito elimina per chi si candida il via libera delle correnti, aprendo alle candidature senza appoggi, ma anche questa norma è dentro la riforma della legge elettorale per la componente togata del Csm che il Parlamento dovrebbe, in teoria, approvare. Resta fuori, non ammesso, il sesto quesito, quello sulla responsabilità civile diretta dei magistrati. Oggi un cittadino, danneggiato da comportamenti non corretti di un magistrato, può rivalersi solo in modo ‘indiretto’ (allo Stato che poi può intervenire sul magistrato). Per i promotori avrebbe dovuto essere chiamato in causa il magistrato in modo diretto ma, per la Corte, il quesito era ‘innovativo’, non abrogativo.

 

Le conseguenze politiche dei referendum. Il ‘battiquorum’ che fa tremare anche Salvini che sperava nei quesiti etici…

salvini

Salvini e il referendum sulla giustizia

Tre referendum bocciati, dunque, e altri cinque promossi, ma tutti e cinque sulla giustizia. Matteo Salvini, che li ha promossi, parla di “vittoria” ma sa bene che, senza i due referendum sui diritti civili, il quorum è ad altissimo rischio (serve la maggioranza assoluta degli aventi diritto al voto perché un referendum abrogativo sia valido), ecco perché chiede l’election day con le elezioni amministrative che si terranno a maggio. Ma è difficile che lo otterrà. Si dovrebbe votare tra il 15 maggio e il 15 giugno, in una domenica ad hoc. Un lasso di tempo che, peraltro, potrebbe consentire alla maggioranza di governo di portare a casa, nel difficile rimpallo tra una Camera e l’altra, la riforma del Csm che – secondo il Pd, e non solo – renderebbe inutili due/tre referendum.

Insomma, non a caso Salvini diceva “voterei no (ai referendum su eutanasia e droghe, ndr.), ma sarei andato comunque a votare” proprio perché temeva, e teme, l’alto astensionismo su quesiti molto, troppo, ‘tecnici’, quelli sulla giustizia, deprivati della spinta dei referendum su temi etici che avrebbero certo favorito l’alta partecipazione.

fine vita

Ma mentre il resto del centrodestra incassa lo stop sui due temi etici, su cui avrebbe dato battaglia per il ‘NO’ (sia FdI che FI sono contro, da sempre, sia l’eutanasia che le droghe leggere), anche il fronte giallorosso è nelle peste. L’onore della prova, sul fine vita, la cui proposta di legge entra e esce dal calendario della Camera, sta tutto sulle spalle di Pd-M5s-LeU che dicono di volere un testo ma sono molto titubanti nell’approvarlo perché temono la reazione del mondo cattolico.

La proposta di legge sul fine vita c’è, ma si gioca sul filo 

Il Vaticano è fermo nel sostenere che “sia il suicidio medicalmente assistito che l’eutanasia non sono forme di carità cristiana”

Il Vaticano è fermo nel sostenere che “sia il suicidio medicalmente assistito che l’eutanasia non sono forme di carità cristiana”

Il Vaticano è fermo nel sostenere che “sia il suicidio medicalmente assistito che l’eutanasia non sono forme di carità cristiana” e, in Parlamento, la Lega, FdI e FI si ergono a paladini della “sacralità della vita” e non vedono l’ora di affossare il testo in esame in aula, anche grazie a una gragnuola di voti segreti in agguato.

Giuseppe Conte ed Enrico Letta

Giuseppe Conte ed Enrico Letta

Ma la sfida resta è tutta aperta. Letta e Conte si spendono: “la legge sul fine vita va approvata”. Il testo, in verità, è stato costruito in modo accorto, riportando pari pari le indicazioni della sentenza della Consulta del 2019, quindi in teoria è a prova di bomba. La Corte giudicò non punibile l’aiuto al suicidio di persone che hanno patologie irreversibili, sofferenze intollerabili o che siano tenute in vita da trattamenti di sostengono vitale e dotati della capacità di intendere e volere.

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Alfredo Bazoli

I sostenitori del testo – il dem Alfredo Bazoli in testa – dicono che “una cosa è l’omicidio del consenziente” (appena ricordato, in modo negativo, da Amato, ndr.) e una cosa l’aiuto al suicidio, due cose ben diverse dal punto di vista etico e legale”. “La morte volontaria medicalmente assistita va normata, lo dico anche da credente e medico” dice l’ex capogruppo del Pd, Graziano Delrio.

Marco_Cappato_Radicali

Marco Cappato

Ma per Cappato, “la norma in esame alla Camera è un passo indietro rispetto ai diritti conquistati nei tribunali” e ricorda i troppi paletti imposti dalla legge per accedere al suicidio medicalmente assistito, incluso il requisito di essere attaccati a sostegni vitali, di avere sperimentato le cure palliative, di avere il visto di più medici, di prevedere l’obiezione di coscienza dei sanitari. Certo è che unaparziale e incompleta – legge sarebbe meglio di nessuna legge come sarà per la cannabis, il cui testo non uscirà mai – questa la facile previsione – dai cassetti della commissione.

Per ora, comunque, ermellini-popolo italiano è finita due a zero e non è stato certo un bel vedere.