Due pezzi difficili. La sinistra e il ‘blairismo’. E la sindrome dell’eterno ritorno del fascismo

Due pezzi difficili. La sinistra e il ‘blairismo’. E la sindrome dell’eterno ritorno del fascismo

11 Settembre 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

Due pezzi difficili… La sinistra e il ‘blairismo’ che non esiste più. E la sindrome dell’eterno ritorno del fascismo, ovvero l’eterna Paura dell’Uomo Nero… Un excursus storico dal Pci fino al Pd

difficili

Due pezzi difficili

 

I due articoli che state per leggere sono stati pubblicati, in diversa successione temporale, sullo ‘Speciale Elezioni 2022’ del Quotidiano.net, dove però sono usciti tutti e due in formato molto ridotto rispetto a questo.

 

“Archiviamo il blairismo”. Basta un tweet di Enrico Letta e si scatena la polemica sui social

Basta un tweet di Enrico Letta e si scatena la polemica sui social

Basta un tweet di Enrico Letta e si scatena la polemica sui social

È bastato un solo tweet del segretario dem, Enrico Letta, in cui si cita l’ex primo ministro inglese, simbolo della svolta ‘capitalista’ del Labour Party, per accendere la polemica tra l’ala sinistra del partito e i liberisti fuoriusciti verso Italia viva e Azione. “Archivieranno Blair, dopo aver abolito la povertà con il reddito di cittadinanza”, scrive Matteo Renzi.

blair

Tony Blair

Il quale, Tony Blair (a stento, però, i due si conoscono) lo ha sempre adorato e, da segretario del Pd, ha provato pure a imitarlo. Un tentativo di riposizionamento a sinistra del Pd.

In una campagna elettorale che è un lungo viaggio tra un’ossessione e l’altra, il tema è, dunque,… Tony Blair. “Il programma del Pd supera finalmente il Jobs Act, sul modello di quanto fatto in Spagna contro il lavoro povero e precario. Il blairismo è archiviato. In tutta Europa sono rimasti solo Renzi e Calenda ad agitarlo come un feticcio ideologico”, scrive Letta. Il quale cita, non a caso, un’intervista rilasciata al quotidiano ‘comunista’ il manifesto. 

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Carlo Calenda e Matteo Renzi

Subito appare come un tentativo di riposizionamento a sinistra dopo un inizio sbilanciato al centro. Ma Letta dimentica di aver sponsorizzato la legge ‘renziana’ sul lavoro (il Jobs Act) ai tempi in cui era premier, spingendo per una sua rapida approvazione.

Anche questo timido accenno, però, basta per scatenare i contro-tweet dei ‘blairiani’ italiani. “Enrico Letta è ossessionato da noi: ogni giorno un attacco. Oggi ha detto che lui, Di Maio e Fratoianni archivieranno Blair, dopo aver abolito la povertà col reddito di cittadinanza. Chi gli vuole bene, gli stia vicino”, reagisce Renzi. Offensiva a cui dal Pd replicano (le solite, anonime, ‘fonti del Nazareno’): “Parole che confermano una dissociazione dalla realtà. Renzi e i suoi pretoriani, che hanno dovuto regalare il simbolo a Calenda pur di entrare in 3/4 in Parlamento, sono rimasti fermi ai tempi del pizza e birra con Blair per darsi il tono riformista. Il Jobs Act è del 2015, un’era geologica fa. Dopo c’è stata la più grave crisi di sistema dal 1945”.

corbyn

Jeremy Corbyn

Anche Carlo Calenda attacca piccato il leader del suo ex partito: “Sulla stagione di Blair e Clinton ho un pensiero un poco più articolato di così. Ti mandoOrizzonti selvaggi” (un suo libro, sic, ndr.).

Poi Calenda continua così: “Il blairismo è stato archiviato dopo aver fatto molte cose buone e alcuni errori molto gravi. Il corbynismo (la corrente laburista radicale dell’ormai ex segretario Jeremy Corbyn, ndr.) è morto prima di esistere. Come il campo largo”.

rosato

Ettore Rosato

Il vicepresidente di Iv, Ettore Rosato, allarga, a dismisura, il raggio dell’indignazione: “Archiviano Blair, commemorano la rivoluzione bolscevica del 1917 e fanno i manifesti rosso contro nero. È il nuovo Pd di Letta e Speranza”.

Andrea Orlando

Andrea Orlando

Accanto al segretario si schiera il ministro del Lavoro, Andrea Orlando: “Blair si è archiviato da solo con la disastrosa guerra in Iraq. I rapporti della sinistra italiana con l’Urss li ha archiviati Berlinguer. Tutto il resto è noia”. 

marta fana

Marta Fana

Si occupa, invece, di fare un fact-checking del tweet di Letta, la nota assai nota ricercatrice Marta Fana, voce autorevole sulle politiche del lavoro: “La parola Jobs Act e i suoi contenuti principali non appaiono mai nel pdf del programma elettorale del Pd. Su lavoro ci sono molte contraddizioni”.

Ma cosa fu, esattamente, la stagione di Blair?

il signore degli anelli

La stagione del ‘blairism’ comportò una discussione lunga, problematica, infinita. Ovviamente, non ne venne fuori niente di utile o di concreto. Soprattutto, si perde nella notte dei Tempi – stile prequel del ‘Signore degli Anelli’: ti devi rileggere tutti i ponderosi volumi per ritrovare il filo della narrazione, oppure non ci capisci nulla – e, in particolare, la Notte dei Tempi della Sinistra.

La quale Sinistra ha tempi, giustappunto, biblici, per metabolizzare non solo le sue sconfitte (tante) ma pure le sue vittorie (poche, almeno in Italia). Parliamo, appunto, del ‘blairismo’ che, divenuto, nel corso del Tempo, una vera parolaccia, oggi il segretario del Pd, Enrico Letta, vuole ‘archiviare’.

Nicola Zingaretti Pierluigi Bersani

Bersani e Zingaretti

Ma, anche qui, Letta arriva buon ultimo: il compito era, in realtà, già stato portato a termine con successo, da diversi segretari prima di lui, da Pier Luigi Bersani fino a Nicola Zingaretti.

tony blair

Tony Blair impose la sua guida al Labour inglese e britannico dal 1994 al 2007

Non che, in verità, il ‘blairismo’ (il neologismo viene da Tony Blair che, vincendo una lunga serie di regolari congressi, impose la sua guida al Labour inglese e britannico dal 1994 al 2007 e, soprattutto, fu primo ministro inglese, dal 1997 al 2007, quando perse, insieme, governo e partito), sia mai stata una ‘moneta’ di facile corso, nella lunga Storia della Sinistra, specie quella italica.

Walter_Veltroni_Pd

Walter Veltroni, , fondatore e ‘padre nobile’ del Pd

Infatti, provenendo dalla litania del ‘Pci-Pds-Ds-Pd’ (uno dei più belli j’accuse coniati da Berlusconi), i nostri ‘leader maximi’ (da Achille Occhetto a Massimo D’Alema, da Piero Fassino ai – tanti – segretari del Pd, con l’eccezione di uno solo, Walter Veltroni, ‘tifosssimo’ di Blair), e i loro partiti di riferimento non ci hanno mai voluto, e avuto, che fare con uno che voleva ‘aiutare’ le imprese, archiviare lo strapotere dei sindacati (in Uk si chiamano ‘Trade Unions’ e sono sempre state di super-sinistra), ‘fare la guerra’ (in Iraq, Kossovo, Libia o altrove) e, in buona sostanza, ripiegare le ‘rosse bandiere’. Tranne che, però, per una brevissima stagione, quella in cui, appunto, il ‘blairismo’ sembrò che stesse per attecchire persino nella nostra Italia.

bill clinton

Bill Clinton

Fu, appunto, una discussione lunga e oziosa. In pratica, volendo banalizzare – e dovendo citare, per forza di cose, pure Bill Clinton, e l’altra idea che, a metà anni Novanta, pure si fece largo, quella dell’Ulivo ‘Mondiale’ (sic), cui partecipò almeno in parte anche il fondatore dell’Ulivo (italico), Romano Prodi, il concetto di fondo era che la Sinistra andava ‘modernizzata’ e che – si sarebbe detto ai tempi in cui la socialdemocrazia tedesca si contrapponeva ai bolscevichi russi – la pecora del capitalismo andava tosata, non uccisa.

Lunghi e corposi saggi, politici e accademici, furono scritti, sul tema. Non ne venne fuori nulla. Blair, in Uk, fu sconfitto dal radicale di sinistra (e, di fatto, anti-semita) Jeremy Corbyn, che impose, a sua volta, un lungo regno nel Labour (2015-2020), ma perse tutte le elezioni politiche.

Keir Starmer

Keir Starmer

Solo da pochi anni, i laburisti inglesi sono usciti dalle macerie che Corbyn ha lasciato loro in triste eredità, eleggendo, guarda un po’, un post-blairiano a loro leader, Keir Starmer dal 2020 e, ora, gli tocca pure vedere la nuova premier tory ‘impalmata’ dal nuovo re, Carlo III, e in prima fila in tutte le celebrazioni per la regina Elisabetta I che si è appena spenta, dopo 70 anni di regno.

Elisabetta II

Elisabetta II

Insomma, voler ‘archiviare’ una stagione che, nei fatti, non esiste più da decenni, è quantomeno singolare, ecco. Ma, per Letta, questo e altro…


 

La paura dell’Uomo Nero. L’atavico terrore della Sinistra per l’Uomo Forte e il presidenzialismo è scritto nei suoi cromosomi.

La paura dell’Uomo Nero.

La paura dell’Uomo Nero

Lo stantio dibattito sul presidenzialismo e sulla “democrazia in pericolo” che, secondo Letta, coinvolge pure Mattarella…

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

In questi ultimi giorni di campagna elettorale, è tornato in ballo il tema del presidenzialismo. Nel centrodestra, Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha affermato che “Possiamo ripartire da sistema francese, qualcuno propone il premierato, il sindaco d’Italia, importante è che si parli di questa che è la madre di tutte le riforme. La Bicamerale è una delle soluzioni su cui sono d’accordo, sono per aprire un dibattito”. Dal centrosinistra, il leader del Pd, Enrico Letta, ha replicato che “Siamo qui per difendere la sacralità della Costituzione, per dire che la Costituzione è un punto fermo della nostra democrazia oggi e domani. Diciamo no a chi vuole trasformare il nostro Paese con il presidenzialismo”.

Il Cavaliere Berlusconi

Il Cavaliere Berlusconi

In più Letta, dopo l’uscita di Silvio Berlusconi – che l’ha sparata bella grossa – sulla possibilità che Mattarella debba ‘sloggiare’ anzitempo, nel caso in cui, effettivamente, il centrodestra metterà in cantiere e varerà, il semi-presidenzialismo (o ‘intero’), ha detto che non solo “la democrazia è in pericolo” (da un governo di destra, il quale, per una banale logica aristotelica, sarebbe ‘anti-democratico’…), ma pure Mattarella lo è. 

Sergio Mattarella capo dello stato

Sergio Mattarella Capo dello Stato

Forse qualcuno vuole ‘attentare’ alla vita del nostro Capo dello Stato? Siamo alla vigilia di un ‘colpo di Stato’, con tutti i crismi, fatto come Dio comanda, o siamo solo in campagna elettorale? Forse, a occhio, la seconda.

Siamo alla vigilia di un ‘colpo di Stato’? No.

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Siamo alla vigilia di un ‘colpo di Stato’? No.

Ora, al netto del piccolo particolare che, per varare il presidenzialismo, servono almeno due/tre anni buoni (è una legge costituzionale e cambierebbe in modo così profondo la nostra Costituzione, fino a stravolgerla, che va scritta in modo argomentato, ma soprattutto abbisogna di una doppia lettura, e in entrambe le Camere, a maggioranza assoluta, cui può seguire una referendum popolare confermativo, cui non si può accedere solo con una maggioranza di due terzi) e che, da qui ad allora, il governo ‘delle destre’ potrebbe essere caduto non una, ma più volte, resta da capire una cosa. E non facile, capirla.

Un complesso antico, quello dell’Uomo Nero, che – ai tempi delle  matrone romane, veniva declinato con ‘Hannibal ad portas!’

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“Hannibal ad portas”, ovvero “Annibale è alle porte” dicevano le matrone romane ai loro figli per spaventarli…

Ma perché la sinistra, e dunque il Pd di Letta, cioè una sinistra che non ha più nulla a che fare (o dice così) con i postumi del Pci-Pds-Ds, ha ancora ‘paura’ dell’introduzione di un regime di tipo presidenziale, o semi-presidenziale, in Italia? Cioè la riforma costituzionale che, oggi, propone la destra e, in particolar modo, Giorgia Meloni?

Giorgia Meloni leader di FdI

Giorgia Meloni leader di FdI

Si chiama, in letteratura, e non solo per l’infanzia, “sindrome dell’Uomo Nero”. In pratica, pur con il fine (lodevole) di addormentare i bambini, finisci per spaventarli e quelli, poi, non dormono.

Volendola dire in modo più colto, si può ricordare come le matrone romane della Repubblica romana (siamo, è chiaro, prima dell’Impero…), sempre per addormentare i figli, dicevano loro “Hannibal ad portas!” (Annibale è alle Porte!). Nel senso che il pericolo dell’arrivo delle armate puniche del valoroso generale Annibale – il quale con i suoi coscritti punici, numidi e italioti girovagava impunito per la Penisola, impunito, sconfiggendo tutte le legioni che i consigli romani gli mandavano contro (una per tutti: Canne), ma senza mai puntare veramente la Capitale, Roma (per la cronaca, alla fine Annibale fu sconfitto) – era talmente rimasto impresso nella memoria, e nell’angoscia, dei cives romani che il pericoloso Annibale poteva sempre ritornare, prima o poi, a fare capolino e presentarsi sotto le mura di Roma. Ergo, era un modo ottimo per spaventare i bimbi e convincerli ad andare a letto all’ora consona.

Il problema è che gli elettori non sono affatto dei ‘bambini’

Il problema è che gli elettori non sono affatto dei 'bambini'

Il problema è che gli elettori non sono affatto dei ‘bambini’

Ecco, è un po’ come se la Sinistra, ogni volta che uno ‘de Destra’ (si chiami Berlusconi, Salvini o Meloni poco importa) sta per andare al governo, tira fuori lo ‘spettro’ del fascismo e del rischio di un ‘golpe’, o ‘colpo di stato’. Si chiama ‘allarme democratico’. Non a caso, Letta lo usa. Serve, in buona sostanza, per riprendere qualche voto. Se gli elettori – sostanzialmente ‘bambini’ – si spaventano, magari vanno a votare e a votare noi che nei sondaggi stiamo messi come stiamo messi (cioè molto male). Il piccolo guaio è che 1) gli elettori non sono ‘bambini’ e 2) i ‘bambini’ medesimi non han alcuna voglia di andare a letto. Anzi, non vedono l’ora di sapere come va a finire, sia la fiaba, che il film o la serie, che le elezioni.

 Il ‘Grande Trauma’ del fascismo per e nella Sinistra italiana

fascismo

Il ‘Grande Trauma’ del fascismo per e nella Sinistra italiana

Uscendo, però, dalla metafora, e pure dal (aperto) sarcasmo, va fatta una lunga digressione storica che motivi la ‘sindrome’ dell’Uomo Nero, nella storia della sinistra italiana. Ci si prova di seguito.

 Vittorio Emanuele III di Savoia

Vittorio Emanuele III di Savoia

Tutto inizia nel lontano 1922… quando Mussolini, ‘non’ con un colpo di Stato, come tutti pensano, ma in modo ‘costituzionalmente’ corretto (incarico di formare il governo, peraltro un governo di coalizione, con liberali e popolari, conservatori e altri, oltre che, ovviamente, fascisti, che gli viene conferito dal Capo dello Stato, che allora era il re, Vittorio Emanuele III di Savoia, detto ‘sciaboletta’ per la bassa statura), la sinistra ha un solo, erroneo, retropensiero: ‘questo non dura’.

Giacomo Matteotti

Giacomo Matteotti

A maggior ragione, lo pensa, quando, nel 1924 viene barbaramente ucciso – da una squadraccia fascista al soldo del capo della Polizia, omicidio avallato, se non commissionato, da Mussolini, allora capo del governo da due anni – il deputato socialista, e grande accusatore dei misfatti del Regime fascista (brogli elettorali, sì, ma anche affari sporchi dell’antesignano di Eni), Giacomo Matteotti, la sinistra pensa – e tutta: comunisti e socialisti, repubblicani e liberali, popolari e azionisti – ‘ora il Re lo fa dimettere’.

L’avvento di Mussolini al Potere, l’Aventino, la dittatura fascista

L'avvento di Mussolini al Potere

L’avvento di Mussolini al Potere

Eh sì perché Mussolini, che pure aveva appena stravinto le nuove elezioni del 1924, specie grazie alla legge Acerbo che permetteva, alla lista arrivata prima, di ottenere il 65% dei seggi con appena il 25% dei voti (cose che, al confronto, il Porcellum era una legge perfettamente consona), sempre nella ‘cornice’ del regime parlamentare (e monarchico) doveva muoversi. Non a caso, appena si libererà degli ultimi suoi oppositori, farà approvare, da un Parlamento inerte e imbelle, le ‘leggi fascistissime’ (gennaio 1925) che, quelle sì, trasformano una monarchia costituzionale ed elettiva in un regime fascista a pieno titolo.

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Le opposizioni democratiche, però, intanto, erano sull’Aventino (in realtà una sala della Camera, i cui lavori disertano, ma detta da allora Aventino) e, tranne i comunisti, che mangiano la foglia e presto disertano i lavori per tornare in aula – credono che il fascismo sarà solo “una parentesi”.

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Come si sa, il regime fascista è durato vent’anni e solo la folle e sciagurata partecipazione alla II guerra mondiale, oltre che il patto con la Germania di Hitler, ha permesso che cadesse. Non a caso, il Portogallo di Salazar (autoritario) o la Spagna di Franco (fascista) hanno governato, serenamente, fino alla loro morte, negli anni ’70, restando ‘neutrali’, in guerra, e pur avendo note e aperte simpatie per i nazi-fascisti.

Venti anni di esilio per decidere sul ‘da farsi’: lo slogan degli antifascisti diventa “mai più!”

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Nei vent’anni di esilio, gli antifascisti di tutti i partiti, mentre litigano su come dovrà essere l’Italia ‘democratica’ e ‘libera’ del post-fascismo (perché sanno, in cuor loro, che quel giorno sarà), sono d’accordo solo su una cosa: ‘Il mio nome è mai più’, come nella nota canzone di Ligabue. Mai più una dittatura, un Duce, un partito unico, un sindacato unico, una sola religione di Stato, più leggi razziali, l’alleanza con il nazismo, etc. Oggettivamente, avevano ragione. Il guaio era ed è come ottenere e raggiungere l’obiettivo.

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Il filosofo liberale Benedetto Croce

A fronte di chi, come il filosofo liberale Benedetto Croce, parlava del fascismo come di una ‘parentesi’ nella storia d’Italia, una ‘calata’ di Barbari che, come erano venuti, se ne sarebbero, prima o poi andati, per ricominciare come prima, le menti – meno raffinate, ma più sagge – di Togliatti e Nenni, Saragat e Turati, Amendola e Terracini, ma pure di De Gasperi e di don Sturzo, studiano e ristudiano come dovrà essere il nuovo assetto politico-istituzionale del Paese che uscirà dalle macerie della guerra e che dovrà impedire ogni forma di ‘revanscismo’, cioè di ‘fascismo’.

Il ‘patto tra gentiluomini’ che fa nascere la Costituzione e la rottura tra Pci-Psi e Dc-laici

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Firma dei patti Lateranensi

La sinistra impone una repubblica parlamentare e una Costituzione non ‘socialista’, più o meno, ma pure che rende il Capo dello Stato una figura in buona sostanza ornamentale, mentre la destra (la Dc) impone i Patti lateranensi, in ossequio a Papa e Chiesa, e li fa digerire ai socialcomunisti, ma anche mille ‘guarentigie’ su diritti personali, diritti di proprietà, controllo su partiti e sindacati.

Si tratta, oggettivamente, di un vero e proprio ‘patto tra gentiluomini’. Un onesto compromesso stipulato tra partiti che sono, storicamente, politicamente e ideologicamente, agli antipodi.

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Pietro Badoglio

Una volta scritta e votata la Costituzione, però, cioè nel ‘periodo d’oro’, il triennio 1944-1947 – che comprende governi provvisori di CNL, detti di ‘unità nazionale’, dopo la caduta del regime e dopo il I governo Badoglio, quello della resa (Bonomi I, Bonomi II, Parri, De Gasperi I, II e III) – le ricette iniziano a divergere parecchio. Le strade della sinistra e quella della Dc più partiti laici minori si dividono in via irrimediabile. Dopo lo sbarco delle sinistre socialcomuniste dal III governo De Gasperi (marzo 1947), solo la Carta (costituzionale) si salva. Il resto salta per aria. Sinistra e Dc si fanno una guerra spietata, dura, cattiva, fino al culmine: le Politiche del 1948, stravinte dalla Dc e straperse dal Fronte popolare che, con la faccia di Garibaldi, univa Pci e Psi.

 

Il mito fondativo: impedire la paura dell ciclico ‘E’ tornato!’ e i tre meccanismi ‘difensivi’ previsti dalla Carta costituzionale

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Ma è allora che, nella coscienza della Sinistra, forgiata nella guerra partigiana di Liberazione, ritorna e si consolida un vero ‘mito fondativo’. Tutti i partiti della sinistra – il Pci, soprattutto, ma anche Psi, Psli, il Partito d’azione, il Pri, etc, cioè tutti i partiti antifascisti che non erano la Dc – s’impegnano in modo strenuo per ‘impedire’ che il ‘fascismo’ possa, in qualsiasi modo, ritornare.

meccanismi escogitati dai padri costituenti a mo’ di autotutela o di safetycard o allarme rapido sono sostanzialmente tre. La pregiudiziale antifascista (XII norma transitoria e finale della Costituzione che vieta la ricostituzione del partito fascista e, di fatto, impone la teoria dell’arco costituzionale: tutti i partiti possono governare, tranne l’Msi, teoria vigente per oltre 70 anni). Ma condita da quella antimonarchica (XIII norma, che vieta il ritorno in patria di tutti i Savoia, norma solo diversi anni fa abrogata per sempre).

E una Costituzione stessa che, nella sua II Parte (ordinamento dello Stato) disegna e costruisce una Repubblica di tipo rigidamente parlamentare, con poteri attribuiti al Capo dello Stato che sono, in buona sostanza, solo formali. L’idea è quella di un ‘taglia nastri’ che fa tanti bei discorsi e poco più. Poi, nell’evoluzione dei Poteri, i Presidenti della Repubblica, hanno acquisito sempre più perso e forza, ma questo è tutt’altro discorso. In buona sostanza, pur se nessuno, manco a sinistra, credeva nel ritorno del ‘vero fascismo’ (ormai sconfitto dalla Storia), di timori ne restavano altri.

 

Lo spauracchio del gollismo e, persino, quello del ‘colpo di stato’

Charles De Gaulle

Charles De Gaulle

Come il timore dell’avvento di forme di ‘gollismo’ (il termine deriva dalla figura del generale francese Charles De Gaulle che, nel 1956, torna al Potere in Francia e trasforma una repubblica parlamentare, la IV, in una presidenziale, la V Repubblica, ovviamente diventandone lui il presidente, con ampi poteri), è molto presente, ai vertici dei partiti della sinistra.

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Enrico Berlinguer, storico leader del Pci

Condito, tale timore – quello dell’Uomo Nero – da un altro rischio. Quello di un ‘colpo di Stato’ che, in un Paese che già vive sotto “l’ombrello della Nato”, come dirà il segretario del Pci, Enrico Berlinguer, in una nota intervista (1976), consapevole che il Pci apparteneva al ‘campo’ comunista, legato all’Urss, ma l’Italia a quello occidentale che rientrava nella giurisdizione Usa, rischiava di far scivolare l’Italia in una situazione da golpe strisciante o addirittura di golpe di fatto.

Salvator Allende

Picture of late Chilean President Salvador Allende, taken in February 1973. The remains of former Chilean president Allende are scheduled to be exhumed on May 23, 2011 in hopes of finally determining whether he committed suicide or was executed during a 1973 coup. Chile remains locked in a decades-old controversy over Allende’s death in his presidential palace on September 11, 1973 in the midst of the coup that brought Pinochet to power. The official version of events was that Allende killed himself with an assault rifle that was a gift from then-Cuban president Fidel Castro, as the presidential palace was under attack from the air and ground. AFP PHOTO/FILES

La ‘lezione’ della insurrezione comunista in Grecia (1947) cui segue ‘regime dei colonnelli’, e del colpo di stato di Pinochet in Cile (1973), che umiliò, e incarcerò il governo delle sinistre guidato da Salvator Allende (che venne ucciso), liberamente eletto in libere elezioni, grazie all’intervento fattivo della Cia e degli Usa, è sempre stata un ‘pensiero fisso’, la ‘Gran Paura’ della sinistra, specie se comunista, italiana.

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Aldo Moro, statista della Dc, rapito e ucciso dalle Brigate Rosse nel 1978

Da qui, non a caso, nasce l’idea – geniale – del ‘compromesso storico’ e dunque dell’incontro con la Dc, allora incarnata dal premier Aldo Moro che poi verrà rapito e ucciso dalle Br. Oltre che, ovviamente, dal contemporaneo esplodere della ‘strategia della tensione’ (le bombe nere) e dall’eversione del terrorismo nero come rosso.

 

La ‘grande paura’ del Pci: finire in esilio o, addirittura, in galera…

Palmiro Togliatti

Palmiro Togliatti

Non a caso, sia Palmiro Togliatti che Enrico Berlinguer, cioè i più intelligenti e arguti segretari del Pci, avevano talmente ‘introiettato’ e financo sulla propria pelle tale rischio (e il Pci già subiva la ‘conventio ad excludendum’ perché, di fatto, non poteva mai partecipare al governo), da temere di finire fuorilegge o persino in galera) che fecero di tutto – i governi di unità nazionale con De Gasperi (Togliatti) e i governi di solidarietà nazionale o della ‘non sfiducia’ con Andreotti (Berlinguer si dovette accontentare e non andò bene) –pur di evitare che ‘il fascismo’, sotto mentite spoglie, ritornasse, in Italia. Fino al punto, dunque, di subire l’ira, il rancore, la disillusione della propria ‘base’ (il Pci di Togliatti) e di aprire ‘vuoti’ a sinistra, nell’elettorato, che iniziava a smottare verso altri partiti di sinistra più radicale (Pci di Berlinguer).

Ma se questo è il ‘passato remoto’ passiamo ora al ‘passato prossimo’ e poi al tempo ‘presente’.

 

La Seconda Repubblica doveva cambiar tutto e, invece, ecco che ti spunta il ‘Cavaliere Nero’ e si torna alla paura dell’Uomo Nero…

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L’ex Capo dello Stato Francesco Cossiga

Una tale paura, quella dell’Uomo Nero, però, finita la Prima Repubblica (1992), crollata sotto i colpi di Mani Pulite, e iniziata la Seconda (1994), si è in modo del tutto irrazionale, trasferita anche al Pds-Ds e, poi, è ‘trasmigrata’ nel Pd. Senza ricordare – meriterebbe un capitolo a parte – la vera e propria ‘guerra’, con tanto di richiesta di “messa in stato di accusa” (oggi si dice impeachment) del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga da parte di un Pci che già diventava Pds, quello di Achille Occhetto (1991), ‘l’Uomo Nero’ per antonomasia prese subito le fattezze del Cavaliere Nero, Silvio Berlusconi.

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L’ex leader della Lega, Umberto Bossi

L’allora fondatore di FI sdoganò la Lega dell’indipendentista Bossi e, soprattutto, gli ‘eredi’ dell’Msi, l’AN di Gianfranco Fini, cioè il partito in cui una giovanissima Giorgia Meloni muoveva i primi passi. Un po’ per il (evidente) conflitto di interessi (le tv), un po’ per la ‘sindrome’ dell’Eterno Ritorno (dell’Uomo Forte, dunque Uomo Nero, appunto), la sinistra, pur se ormai post-comunista, aveva totalmente introiettato la sindrome suddetta. Solo che, però, all’epoca, veniva definita ‘morettiana’ (dal regista Nanni Moretti) o ‘girotondina’ (dal movimento di intellettuali gauchiste Micromega).

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Amintore Fanfani, storico leader della Dc

E così, per combattere “l’evidente” tentativo di scivolamento verso una ‘Dittatura’ (sic) bisognava non solo “scendere in piazza” ma anche lottare, in tutti i modi e luoghi possibili, contro la ‘Reazione’. Termini e atteggiamenti decisamente ridicoli e, ormai, anti-storici, ma tant’è: la sinistra li ha avuti e messi in campo. Dai tempi in cui il leader della Dc degli anni Settanta, Amintore Fanfani, veniva disegnato, sui muri, come campione del ‘fanfascismo’ alle accuse a Berlusconi di essere un ‘dittatore’ la continuità – politica, ideologica e pure culturale – è chiara.  

 

Due soli i realpolitiker, a sinistra: D’Alema e Matteo Renzi…

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L’ex premier e leader del Pds-Ds Massimo D’Alema

Con due sole, rare, e rimaste uniche eccezioni. La prima è il Massimo D’Alema – e mal gliene incolse – che tentò l’impossibile: dare vita a una commissione Bicamerale per le Riforme da condividere con il Nemico Pubblico n. 1, e cioè proprio Berlusconi, e portarla fino in fondo fino a cambiare, appunto, l’ordinamento dello Stato. In senso presidenziale.

Ovviamente, il tentativo fallì, peraltro per colpa dello stesso Berlusconi, ma la nomea di traditore della Sinistra D’Alema non se la scrollò più di dosso, neppure oggi che è diventato ‘filo-Conte’.

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Un primo piano di Matteo Renzi

Il secondo è Matteo Renzi che ha tentato, a sua volta, da premier come da leader del Pd, una riforma costituzionale (bocciata, in questo caso, dagli elettori, referendum del 2015) che non introduceva affatto il presidenzialismo, voleva solo differenziare Camera e Senato, ma che è stato a sua volta additato come un ‘Traditore’ (della Sinistra) e, persino, di essere un ‘ducetto’.

Insomma, la Sinistra – pur con figure nobili, riformiste, democratiche, persino ‘liberal’, dal primo segretario del Pd, Walter Veltroni, all’attuale, Enrico Letta – non si libera, mai, proprio non ci riesce, dal ‘complesso’ dell’Uomo Nero e dal timore del ‘ritorno del Fascismo’.

caduta del fascismo

Anche se i tempi, dalla nascita della I Repubblica e dal crollo del fascismo, quello ‘vero’, sono passati ormai da un pezzo. Si chiama, però in psicanalisi, e freudiana, ‘coazione a ripetere’.