Giorgia e le altre, Identikit, vita e idee di una donna contestata ma che sta per diventare la prima donna premier dell’Italia

Giorgia e le altre, Identikit, vita e idee di una donna contestata ma che sta per diventare la prima donna premier dell’Italia

21 Settembre 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

“Io sono Giorgia!”. Identikit, vita e idee di una donna – molto contestata dalle femministe e dalla comunità Lgbtq – che però sta per diventare la prima donna premier della nazione Italia…

io sono giorgia

 

Nb: questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2022 sul sito del gruppo QN, “Luce!” (http://www.luce.lanazione.it )

 

Sarà donna, la prima donna premier in Italia (e che donna!)

SONDAGGI

Se i sondaggi – che non sono pubblicabili, sono predittivi e non assertivi, probabilistici e non deterministici – avessero ragione, in Italia è possibile che, per metà ottobre circa, arrivi una ‘prima volta’ che, nella storia del nostro Paese, non si è mai verificata. Una donna presidente del Consiglio. Il ‘tetto di cristallo’, cioè la possibilità delle donne di rompere un potere, quello politico, sempre ed esclusivamente maschile, si è rotto poche volte, nella lunga storia repubblicana italiana. 

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Nilde Jotti, Pci, dal 1979 e per tre legislature

Pochissime le donne all’Assemblea costituente, con un diritto di voto fresco fresco, concesso solo nel 1946, al referendum Monarchia/Repubblica (le sinistre non volevano concedere il voto alle donne perché temevano che votassero per la Dc e la Monarchia…), per vedere una donna ministro si è dovuto attendere fino agli anni Settanta (Tina Anselmi, Dc, 1976) e, per vedere una donna presidente della Camera dei Deputati, più o meno gli stessi anni (Nilde Jotti, Pci, dal 1979 e per tre legislature).

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L’ex presidente della Camera, Laura Boldrini

Poi, certo, ci sono state Irene Pivetti (1992-1994), presidente della Camera, Laura Boldrini (2013-2018) e, infine, la prima donna presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati (2018-2022).

Maria Elisabetta Alberti Casellati

Infine, è arrivata anche la prima presidente donna della Corte costituzionale, Marta Cartabia, e molte donne sono diventate ministre (il record, in questo caso, spetta al governo Renzi, 2015-2017). Ma mai una donna è diventata Capo dello Stato e, fino ad oggi, mai presidente del Consiglio, anche se diversi incarichi, pur se solo ‘esplorativi’, sono stati affidati a delle donne (Jotti, Casellati, etc.).

Marta Cartabia

Marta Cartabia

Ora, però, sembra proprio che stia per succedere. ‘Solo’ che, per molti gruppi di donne femministe e pure per la comunità Lgbtq, l’idea stessa di vedere Giorgia Meloni diventare premier è pari a una iattura. Uno sciame sismico. Un’Apocalisse. E la Meloni non è vista come una donna, ma una Erinni. Vediamo, allora, di capire chi è, Giorgia Meloni.

“Io sono Giorgia”. Un libro, una donna, una vita, un profilo

“Sono Giorgia”. Un libro, una donna, una vita

“Sono Giorgia”. Un libro, una donna, una vita

Io sono Giorgia”. Tutto nasce con quella, ormai famosa, autobiografia (Rizzoli, Milano, 2022, 336 pagine, che sono tante, costava 18, ora te lo tirano dietro a 10). Sottotitolo “Le mie radici, le mie idee”. Uno stra-botto di copie vendute, una di quelle cose che, ai libri dei politici, non capitano mai, ma proprio mai: pubblicano libri su libri e, di fatto, non li legge mai nessuno o quasi nessuno, ecco.

Roma La Garbatella

Uno scorcio del quartiere La Garbatella in Roma

Lei, nella introduzione, detta anche ‘sinossi’, dice: “Ho visto troppa gente parlare di me e delle mie idee per non rendermi conto di quanto io e la mia vita siamo in realtà distanti dal racconto che se ne fa. E ho deciso di aprirmi, di raccontare in prima persona chi sono, in cosa credo, e come sono arrivata fin qui” “In questo libro” – e questa è, invece, la quarta di copertina – “Giorgia Meloni parla per la prima volta di sé a tutto tondo. Delle sue radici, della sua infanzia e del suo rapporto con la mamma Anna, la sorella Arianna, i nonni Maria e Gianni e del dolore per l’assenza del padre; della passione viscerale per la politica, che dalla “sua” Garbatella l’ha portata prima al Governo della Nazione (scritto tutto in maiuscolo, antico vezzo della destra, ndr.) come ministro e poi al vertice di Fratelli d’Italia e dei Conservatori europei; della gioia di essere madre della piccola Ginevra e della storia d’amore con Andrea; dei suoi sogni e del futuro che immagina per l’Italia e per l’Europa.

Giorgia Meloni con il compagno Andrea e la piccola Ginevra

Giorgia con il compagno Andrea e la piccola Ginevra

“Ma la Meloni – continua la introduzione al libro – affronta anche, con la schiettezza e la chiarezza che la caratterizzano, temi complessi come la maternità, l’identità e la fede. Un racconto appassionato e appassionante, scandito nei titoli da quel tormentone nato per essere ironico ma diventato un manifesto identitario. Passato, presente e futuro del leader politico sul quale sono puntati gli occhi di molti, in Italia e non”. Classe 1977, romana (anzi, romanissima), una figlia (Ginevra), un compagno (non è sposata), una sorella (Arianna) e una madre cui è legata (anzi, legatissima), non staremo certo qui noi a tracciare la ‘bio’ di Giorgia Meloni. Si sa già.

Quello che meno si sa è che, nel suo privato, la Meloni è spiritosa, accetta battute e sfottò di buon grado e che la ‘faccia truce’ la lascia alle sue apparizioni pubbliche, ai comizi e ai talk show. Insomma, la Meloni è molto meno ‘bau bau’ e donna ‘terribile’ di quello che si pensa, ecco…

 

Come è nato lo slogan tormentone di “Io sono Giorgia”

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Poi, però, ci sono i ‘tormentoni’, e aiutano, a costruire l’immagine di un politico, a volte in bene, a volte in male. Quello della Meloni nasce da uno slogan che diventa, subito, tormentone o – come si dice oggi – ‘meme’. In un comizio, di diversi anni fa (2019) a piazza San Giovanni – storica piazza della sinistra ‘espugnata’ dalla destra, dove già aveva surclassato, in applausi, Salvini e Berlusconi – la Meloni, coerentemente all’opposizione di tutti i governi che, negli anni, si sono via via succeduti (Monti, Renzi, Gentiloni, Conte I e II, Draghi: una ‘vita’ passata all’opposizione…), lancia quello slogan che diventa presto un brand: “Io sono Giorgia / sono una donna / sono una madre / sono cristiana”.

La comunità Lgbtq prova a ‘usare’ il rap, ma gli si ritorce contro…

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Il duo Mem & J ci scrive un rap sopra, lo fa ascoltare, il 26 ottobre, al pubblico del Toilet, club Lgbtq friendly milanese, frequentato spesso dai due ragazzi. Poi, arriva l’upload su YouTube.

Tommaso Zorzi

Tommaso Zorzi

Ma è la domenica successiva, quando l’influencer Tommaso Zorzi, alfiere della comunità Lgbtq italiana, ricondivide il video, che “Io sono Giorgia” inizia a riecheggiare sugli smartphone. L’opera di ‘taglia e cuci’ del comizio di Meloni voleva ribaltare il messaggio in difesa della famiglia tradizionale, rendendolo uno slogan musicale dei diritti degli omosessuali. Sotto le movenze, ripetute in loop, della leader di destra, la voce, in synth, cantava: “noi siamo lgbt / difenderemo la nostra identità”. Erano gli ultimi mesi di vita pre-pandemica, che poi chiuse l’Italia in una ‘lunga notte’ di tristezza e di solitudine, quella del Covid-19: in pratica, Io sono Giorgia fu l’ultimo sprazzo di luce, prima del buio. 

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Io sono Giorgia Meme

Ed è allora che “Io sono Giorgia / sono una donna / sono una madre / sono cristiana inizia rimbalzare dagli altoparlanti dei bar, delle discoteche affollate sotto Natale. I meme, condivisi su Instagram con hashtag #iosonogiorgia, spopolano. Su TikTok, la #iosonogiorgiachallenge, sfida in cui i giovani inventano balletti su quel brano, raggiunge milioni di visualizzazioni. E, su YouTube, il video di Mem & J macina 11 milioni di visite. Un comizio politico diventa la hit della stagione. Un unicum nella storia della discografia italiana. Solo che, anche quello, Meloni lo sa usare e ‘sfruttare’. Insomma, la comunità Lgbtq perde, Meloni vince: una donna (di destra) ritorce contro una comunità intera le sue stesse ‘armi’. 

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Tommaso Longobardi è il ‘genius loci’ di Giorgia Meloni sui social network

“Il trend ‘Io sono Giorgia’ – raccontava, in un’intervista concesse a QN, poche settimane fa, Tommaso Longobardi, ‘genius loci’ di Giorgia Meloni sui social network: dal febbraio del 2018 ‘accompagna’ l’ascesa della leader di FdI: decide dove, come e quando farla “parlare” sulla Rete – si sviluppa dopo un suo discorso a piazza San Giovanni e dopo una challenge nata su TikTok con gli influencer. L’obiettivo della challenge era quello di ridicolizzare il suo discorso, ma alla fine si rivelò un boomerang per chi la lanciò e divenne pura propaganda per Giorgia. Da lì fu u un’ascesa: tra remix, video di influencer e video montaggi di ogni tipo. Non ci fu nulla di studiato, se non rilanciare qualche simpatico video nato in Rete per incoraggiare il fenomeno”.

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Crosetto Meloni e La Russa

Sarà, che non c’era nulla di ‘studiato’, ma certo è che, da allora in poi, l’ascesa della Meloni e FdI (partito fondato nel 20’’ insieme all’amico Guido Crosetto, il solo a provenire dalla Dc, poi da FI, e Ignazio La Russa, Fabio Rampelli e pochi altri, tutti provenienti dal ‘mondo’ dell’Msi, poi An) è stata irresistibile. Insomma, la Meloni ha sfondato soprattutto nell’immaginario popolare (e popolano). 

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Fabio Rampelli (FdI)

La Meloni ha preso FdI al 4%, intorno la soglia di sopravvivenza, e lo ha portato – almeno negli ultimi sondaggi pubblicabili – ben oltre il 25% (il risultato delle elezioni, si vedrà).

 

Una donna, ‘di destra’, Meloni, che fa arrabbiare e che scandalizza

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Loredana Bertè contro Giorgia Meloni

Solo che, la Meloni, ‘scandalizza’. Cantanti (dalla trapper Elodie alla melodica omonima Giorgia, che ha detto ‘Mi chiama Giorgia pure io, ma non rompo le palle“, alla rockettara Loredana Berté) vivono come una iattura la possibilità che diventi premier. La nota influencer Chiara Ferragni ha imbastito, sul suo prediletto terreno di scontro, i social, una vera e propria ‘campagna’ contro Meloni premier (ha vinto, ai punti, però, Giorgia, e perso Chiara), in particolare perché “offende i diritti delle donne e vuole conculcare il diritto all’aborto”, tutti temi che, ovviamente, la ‘paladina’ Ferragni difende.

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Laura Pausini e Elodie contro Giorgia Meloni

Registi, attori, altri cantanti e uomini (e donne) dello spettacolo, ma anche della cultura, dicono, in buona sostanza, che se la Meloni diventasse premier “lutti infiniti addusse” alla povera Italia. La sinistra, ovviamente, si è scatenata, con tutte le donne contro di lei, in prima fila. Le femministe, ovviamente, pure. Parlano di “trionfo del patriarcato” e di “delegittimazione della donna”, con la Meloni a palazzo Chigi. 

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Ferragni Vs. Meloni

In particolare, in campagna elettorale, la polemica si è concentrata sul diritto all’aborto. Le femministe e la Ferragni dicono che la Meloni e FdI lo vogliono limitare, conculcare, se non abolire.

Polemica sul diritto all’aborto ‘conculcato’ in regioni ‘meloniane’

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Lei ha risposto, più volte: “non ci penso neppure, voglio riconoscerlo e rispettarlo, voglio solo dare, alle donne, anche il ‘diritto’ di non abortire…”. Scoppia il ‘caso’ delle Marche, regione governata da un di FdI, Francesco Acquaroli, che, per l’accusa, conculca il diritto all’aborto. Peccato che la difficoltà ad abortire nelle Marche, che pure c’è ed è evidente, è praticamente inferiore a quella che trovano, le donne partorienti, nella ‘rossa’ Emilia-Romagna, dove pure di ostacoli, a tale diritto, ce ne sono.

Francesco Acquaroli

Francesco Acquaroli

In buona sostanza, normale polemica politica si somma, e si confonde, con dosi di forte ideologia. Che la ‘sinistra’ le usi, e faccia il suo mestiere, ci sta (le elezioni è ‘a la guerre comme a la guerre’) ma che le femministe – certo, non tutte, ma molte – usino gli stessi ‘argomenti’ fa un po’ sorridere.

Ma quali sono i veri ‘pensieri’ di Giorgia Meloni su questi temi, oltre che su molti altri? Vediamoli.

Una frase ‘rivelatrice’ e l’alleanza di ferro con la spagnola Vox…

Giorgia Meloni e Santiago Abascal

Giorgia Meloni e Santiago Abascal

L’ultima l’ha detta stamane, martedì 20 settembre e pure di mattina presto, a cinque giorni dal voto. Giorgia Meloni, da leader di Fratelli d’Italia, auspica che la vittoria del suo partito “possa aprire la strada a qualcosa di simile in Spagna tra pochi mesi”, spiega in un’intervista all’agenzia spagnola Efe. Apriti cielo. Tutti a darle addosso come non ci fosse un domani. Certo, non è il massimo, per una donna che aspira a diventare premier, vantare alleanze con partiti ultranazionalisti come Vox. 

Nella stessa intervista in cui prova a rassicurare la Ue: “Non siamo affatto contro l’Europa, ma per un’Europa più efficiente” e qui replicava a una frase ‘dal sen fuggita’: “Per la Ue è finita la pacchia”, frase di stampo decisamente salviniano e decisamente malriuscita.

Santiago Abascal

Santiago Abascal

Il guaio – almeno agli occhi dei commentatori, più o meno interessati, specie se italiani – è che ‘aprire la strada a qualcosa’ in Spagna si traduce, dallo spagnolo all’italiano, con la speranza di un’affermazione del partito ultra-nazionalista di Vox, guidato da Santiago Abascal, che sta, per capirsi, molto più a destra del PPS spagnolo, il quale già non è un partito ‘moderato’ di suo. La Meloni ha pronunciato le parole ‘incriminate’ (“Yo soy Giorgia, soy una mujer, soy una madre, soy cristiana. No me lo pueden quitar!!!”) perché partecipava, in quel di Marbella, parlando pure un impeccabile spagnolo, lo scorso 13 giugno, a un comizio a sostegno del candidato governatore di Vox in AndalusiaMacarena Olona. In Spagna, presto si rivoterà presto, per le elezioni politiche e Vox è un partito di estrema destra con cui Fratelli d’Italia ha, storicamente, ottimi rapporti.

Macarena Olona

La candidata di Vox in Andalusia, Macarena Olona

Le previsioni dicono che Vox può fare ‘il pieno’ (proprio come FdI in Italia), scalzando dal potere, e governo, i socialisti di Pedro Sanchez, anche se, per governare, dovrà fare un patto coi popolari (in ogni caso, in Spagna non si vota prima della metà del 2023, quindi si vedrà).

“Yo soy Giorgia, soy una mujer, soy una madre, soy cristiana. No me lo pueden quitar!!!”

Yo soy Giorgia soy una mujer soy una madre soy cristiana. No me lo pueden quitar

“Yo soy Giorgia, soy una mujer, soy una madre, soy cristiana. No me lo pueden quitar”

La Meloni, in visita in Andalusia, si è prodigata in un accorato discorso in spagnolo, presto destinato a trasformarsi in un meme, anche per via del crescendo emotivo del parlato con quel “Yo soy Giorgia, soy una mujer, soy una madre, soy cristiana. No me lo pueden quitar” assai efficace, ma anche assai rivelatore del suo vero pensiero.  

Il discorso ‘spagnolo’ della Meloni 

Il discorso ‘spagnolo’ della Meloni

Il discorso ‘spagnolo’ della Meloni era, oggettivamente, privo di zone grigie e articolato per coppie antitetiche, seguendo la logica del “sì” e del “no”, politicamente la più radicale esistente. Lo aveva reso chiaro lei stessa: «Non ci sono mediazioni possibili, o si dice sì o si dice no. Sì alla famiglia naturale, no alla lobby Lgbt, sì alla identità sessuale, no alla ideologia di genere, sì alla cultura della vita, no a quella della morte!».

Giorgia meloni a Marbella

Giorgia Meloni a Marbella

Sempre a Marbella, la leader di Fratelli d’Italia ha ‘lisciato’ gli animi dei sostenitori delle “radici cristiane” dell’Europa, una punta di islamofobia: «Sì ai valori universali cristiani, no alla violenza islamista». Largo spazio anche ad alcuni temi caldi della sua campagna internazionale: «Sì alle frontiere sicure, no alla immigrazione massiva». E ancora: «Sì al lavoro per i nostri cittadini, no alla finanza internazionale». Infine, il gran finale: il pericolo della “sostituzione etnica” e i vecchi nemici, i burocrati di Bruxelles: «Sì alla sovranità del popolo, no ai burocrati di Bruxelles, sì alla nostra civiltà e no a chi vuole distruggerla».

Un profilo ‘radicale’ cristiano che diventa, col tempo, ‘moderato’

meloni profilo

Un profilo ‘moderato’ sempre più accentuato

Certo è che, Giorgia Meloni, con quel discorso –molto visto, molto letto e che molto gli è stato, anche, rimproverato – ha un po’ ‘tradito’ il suo processo di ‘moderazione’ e di spostamento al centro dell’asse politico (e pure istituzionale) che, invece, ora che è impegnata nella corsa alle elezioni politiche sta compiendo con gran abilità. Nel senso che Meloni, sui ‘valori’ fondamentali (Dio, Patria, Famiglia) è rimasta, coerentemente, quello che è mentre sui rapporti politici – interni e, soprattutto, internazionali – è molto cambiata.

Insomma, quale è il ‘vero’ volto della Meloni? Quello filo-occidentale, e filo-atlantico, sulla guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia, ma anche quello filo-europeista sulla volontà di non fare extradeficit e pure sul tetto al prezzo del gas o quella testimoniata dal video girato in Spagna che pure ha fatto, in pratica, il giro del mondo?

La Meloni, in ogni caso, non può diventare “altro da Sé”…

cultura politica

Cultura Politica

Al netto delle opinioni (di chi scrive) sulla guerra e dei ‘sentiment’, è importante non dimenticare la cultura politica da cui Meloni proviene e le battaglie che ha portato avanti negli ultimi anni: l’intransigenza sull’immigrazione clandestina, la difesa dei valori della famiglia tradizionale, il favor agli schieramenti pro-vita, per lo più di matrice cattolica, come il Popolo della Famiglia, l’enfasi sulla sacralità del ruolo della madre e la professione della sua fede cattolica rappresentano il core business della sua comunicazione politica.

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Sigmund Freud

Insomma, ‘non’ si può chiedere, alla Meloni, di dimenticare quello che è o diventare un’altra cosa (“Altro da Sé” si diceva in psicoanalisi freudiana) e le parole del “discorso di Marbella” dimostrano che, con buona pace dei teorici del ‘doppio volto’, Meloni è sempre rimasta fedele a sé stessa: la mamma, la donna, la cristiana. Invece, non è più (o almeno non sembra più…) il baluardo del sovranismo euroscettico in salsa italiana, anzi.

Gli euroscettici e poco atlantisti nel centrodestra oggi sono altri

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Matteo Salvini in compagnia di Silvio Berlusconi

Infatti, mentre gli altri due leader della coalizione di centrodestra, Salvini e Berlusconi, seppure per motivi diversi, hanno mostrato molte perplessità verso l’alleanza Atlantica (Salvini è finito nell’occhio del ciclone per via del suo passato e dei suoi legami anti-sanzioni e filo-moscovite e Berlusconi, amico di Putin da tempi non sospetti, ha puntato il dito contro l’atteggiamento del governo e dell’Occidente, sanzioni comprese), la Meloni ha scelto di giocare a carte scoperte e non concedere spazio ad alcuna ambiguità.

patto atlantico nato

 

Ha sempre sposato la linea della Nato, sin dall’inizio del conflitto, rimarcando la necessità di evitare che l’Italia possa trasformarsi nel “ventre molle” dell’Occidente, allineandosi all’indirizzo del governo Draghi, pur standone all’opposizione: un atteggiamento strategico e prudenziale che le è valso un’importante crescita nei sondaggi.

 

Forte dei consensi che sta ricevendo, Meloni ‘studia’ da premier

logo fdl

Fratelli d’Italia

Inoltre, non solo i sondaggi, ma pure le ultime elezioni amministrative suggeriscono che Meloni abbia allargato il suo bacino di elettori potenziali. Fratelli d’Italia continua a mietere consensi senza soluzione di continuità: ha sorpassato la Lega in 22 capoluoghi di provincia su 26 e, già all’indomani della caduta del governo, dello scioglimento delle Camere e dell’Election Day, è stato chiaro che la Lega ha abbandonato il ruolo di azionista di maggioranza del centrodestra, ruolo che aveva ‘conservato’ dal 2019 al 2021.

Insomma, la Meloni sta studiando da premier: sa che le possibilità di prevalere, nelle politiche, sono altissime – come dicono tutti i sondaggi – e, se nel prossimo futuro dovesse vedersi accordato un mandato per la formazione di un governo, dovrà farsi trovare pronta e ‘irrobustire’ la sua capacità di sintesi. Trovare una maggioranza non sarà semplice, non perché – nei sondaggi –Lega come FI perdono colpi – ma lei, da politica navigata, ne è ben consapevole: all’occorrenza, è pronta a accordarsi pure con alleati insospettabili, almeno ad oggi, come, ad esempio, il Terzo Polo.

Le ‘amicizie’ in Europa, atlantiche e internazionali della Meloni

amicizie

Le ‘amicizie’ Ue e internazionali della Meloni

Di sicuro, e da tempo, la ‘politica estera’ della Meloni è molto cambiata, si è spostata e si è ‘moderata’. Lo dimostra, innanzitutto, il rapporto di ‘amicizia’, ormai solide, con i Repubblicani Usa (oggi all’opposizione dell’amministrazione Biden, ma pronti, e presto, a tornare al governo tra 2 anni), e i rapporti con gli uomini di Biden, sono cosa nota. Come pure quelli con la Nato, l’alleanza militare strategica di cui l’Italia fa parte – e dalla sua fondazione (1949) – che è anche “l’ombrello protettivo” dell’Europa atlantica nei confronti di una Russia (la ex Urss) in fase sempre più aggressiva, come dimostra la guerra e l’invasione dell’Ucraina e pure molte altre mosse.

Manfred Weber

Il presidente del Ppe, il tedesco Manfred Weber

Ma la Meloni ha intessuto, negli ultimi mesi, rapporti di ‘buon vicinato’ anche con la ‘grande famiglia’ del popolarismo europeo (presidente del Ppe il tedesco Manfred Weber, presidente dell’Assemblea dell’Europarlamento, Roberta Metsola, presidente commissione Ue, Ursula Von der Layen: due tedeschi su tre, la Metsola è maltese, ma nota, con polemiche annesse, per le sue posizioni proprio su un tema scabroso come l’aborto…) e lo testimonia ogni giorno che passa.

Ursula von der Leyen

Ursula von der Leyen

Del resto, un PPE in crisi di consensi e governi ‘amici’ (le ultime tornate elettorali le hanno vinte tutti governi di sinistra: Germania, Francia, etc.) cerca la ‘riscossa’ proprio con la vittoria di FdI e della Meloni in Italia, del PPE e Vox in Spagna. Insomma, gli ‘conviene’, al PPE, avere governi amici, per rafforzare il proprio potere nella Ue.

Conservatori e destre, nel panorama europeo, ormai dilagano…

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Raffaele Fitto

E questo nonostante la Meloni sia la presidente di un gruppo europeo transnazionale europeo che si chiama ‘Conservatori e Riformisti’ (ci ha lavorato, a lungo, l’europarlamentare Raffaele Fitto: per lui, posto di governo già ‘prenotato’).

 Marine Le Pen

Marine Le Pen

Il quale gruppo (ECR in sigla), vede, al suo interno, partiti e governi ‘di destra-destra’ (i polacchi, i cechi, etc.). Inoltre, tale gruppo, per quanto non sia affatto sovrapponibile con il gruppo dove siede la Lega (Identità e democrazia) e, soprattutto, il Front National di Marine Le Pen (altra donna che, sull’aborto, ha posizioni intransigenti quanto reazionarie…), oltre al partito di estrema destra tedesco, l’Afd, noto per le sue simpatie ‘para-naziste’.

 Jimmie Akesson

Jimmie Akesson

Peraltro, dal Nord Europa, segnatamente dalla Svezia, sono arrivate altre ‘buone nuove’, per la Meloni. Per dire, domenica scorsa, le elezioni politiche le ha vinte, diventando il primo partito svedese, un partito di estrema destra: si chiama ‘Partito democratico’, ma di ‘democratico’ ha solo il nome (viene, in buona sostanza, da gruppuscoli neo-nazisti), il cui leader, Jimmie Akesson, ha sconfitto il PDS, cioè una socialdemocrazia dall’antica nobiltà e lignaggio, quella svedese di Olof Palme e altri.

olof palme

Olof Palme

E anche se il risultato della composizione del nuovo Parlamento è, ancora oggi, incerto (si saprà oggi), gli svedesi – che sono gente sportiva di natura – di fronte al 20.7% del Partito democratico e nonostante il 30,5% del PDS (ma comunque con la coalizione di destra che sfiora i 176 seggi contro i 173 del centrosinistra), hanno  assistito alle dimissioni della prima ministra Magdalene Andersonn, premier uscente, che ha detto “bisogna lasciare che la democrazia faccia il suo corso”. Di quelle dichiarazioni ineccepibili che, però, in Italia capita di sentire molto di rado.

Le ‘liasons dangereuses’ di Meloni (e Salvini) con Viktor Orban

Premier Orbán Coronavirus Ungheria

Il premier ungherese Viktor Orban

E, certo, la democrazia ha ‘fatto il suo corso’ pure in Ungheria, dove Fidez, il partito del premier, Viktor Orban, le elezioni le ha vinte più volte, ma ora è finito sotto durissime sanzioni della Ue in quanto l’Europa, dopo aver accolto a braccia aperte Paesi come l’Ungheria, la Ceca, la Polonia, la Romania, la Bulgaria (e pure i paesi baltici), etc, ora come ‘il sole all’improvviso’ ha scoperto una verità chiara da anniOrban, a casa sua, conculca e fa strame di tutti i diritti fondamentali (libera stampa, libera magistratura, libero diritto di riunione e di associazione, diritti delle persone Lgbtq, diritto all’aborto, etc.) e, di fatto, governo il Paese ‘europeo’ con un pugno di ferro degno delle peggiori autocrazie ‘non’ Ue (Russia, Turchia, Egitto e via in peggio dicendo).

E qui scatta un altro problema perché non solo la Lega di Salvini, ma anche FdI della Meloni, sono ‘buoni amici’ di Orban, anche se con molte differenze. La Lega ‘sposa’ la politica di Orban in tutto e per tutto mentre la Meloni, anche qui, ha posizioni molto più sfaccettate. Infatti, non solo Orban – che, fino a meno di un anno fa, militava nel PPE – non fa parte, pur avendolo chiesto più volte, della ‘famiglia’ dell’ECR (Conservatori), perché soprattutto polacchi e cechi non ne vogliono proprio sapere di metterselo ‘in casa’ (il problema, in questo caso, non sono le posizioni sullo stato di diritto, ma quelle ‘filo-russe’, nemico storico di quei Paesi), ma che la Meloni, pur dissimulando e, a volte, difendendone i ‘diritti’ di leader liberamente votato ed eletto dai suoi concittadini, ne diffida.

Il tour nelle maggiori capitali Ue che prepara la premier in pectore

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Il tour Ue che prepara la premier in pectore

Insomma, da un lato ne difende ‘la sovranità’, dall’altro non è l’Ungheria il suo ‘modello’ di democrazia. Tanto che, se mai diventerà premier, il primo tour della presidente del Consiglio donna (e donna ‘de destra’) dell’Italia, oltre a uno ‘scontato’ viaggio nelle capitali mondiali (Usa e non solo, a metà novembre, poi, c’è il G20 a Baku), la Meloni non lo farà – come pure aveva pensato di fare, in un primo momento – nelle ‘capitali dell’Est’ (Europa), cioè Ungheria, Polonia, Cechia, dove è zeppa di storici ‘amici’, ma nel temibile asse franco-tedesco che ancora regge, nonostante tutto, le sorti della Ue attuale.

Macron

Emmanuel Macron

E, quindi, in Germania – dove governa la Spd, insieme ai Verdi e ai Liberali – e in Francia, dove il presidente, appena riconfermato, è il ‘progressista’ ma ‘non’ di sinistra Macron – oltre che nella Gran Bretagna della nuova premier tory, Liz Truss, un’altra donna.

Liz Truss

Liz Truss

Come è ‘donna’ pure la premier finlandese, Sanna Marin, che ha pur detto che “il risultato delle elezioni italiane andrà rispettato, chiunque vinca, compresa la Meloni” (la Marin è un’altra fiera socialdemocratica).

sanna marin premier finlandese

Sanna Marin

E come sono ‘donne’ molte altre importanti leader di molti altri Paesi stranieri. Manca, invece, in Italia, e da sempre, una ‘prima ministra’ donna. In Europa e nel Mondo è la normalità, da noi no.

Giorgia meloni

Giorgia Meloni

Forse è il caso che arrivi, al Potere, forse no, ma di certo Giorgia Meloni va – e andrà – giudicata per quel che è, quello che dice e ciò che, nel caso, farà. Senza pregiudizi, ideologici o di altro tipo, e senza finti ‘peli sullo stomaco’. I quali, di solito, come si sa, sono appannaggio dei ‘maschietti’…