“Brutti, sporchi e cattivi”. Leader e partiti ‘letti’ da tre esperti della comunicazione social… bocciati!

“Brutti, sporchi e cattivi”. Leader e partiti ‘letti’ da tre esperti della comunicazione social… bocciati!

19 Settembre 2022 0 Di Ettore Maria Colombo

“Brutti, sporchi e cattivi”. Leader e partiti ‘letti’ da tre esperti della comunicazione social che, in buona sostanza, li bocciano tutti… Parlano, a Quotidiano.net, Nicodemo, Russo e Travini.

 

brutti sporchi e cattivi

 

Nb. Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2022 nello ‘Speciale Elezioni 2022’ del portale web ‘Qnet’ (www.quotidiano.net/elezioni)

 la campagna elettorale di leader, partiti e coalizioni sui social

La campagna elettorale di leader, partiti e coalizioni sui social

Come è andata, e come è stata, la campagna elettorale di leader, partiti e coalizioni sui social? Quali giudizi si possono dare di politici che, all’improvviso, hanno ‘scoperto’ Tik-tok, social preferito da giovani che a stento hanno l’età per poter votare, alle prossime elezioni politiche? O che hanno usato, ‘a manetta’, tutti gli altri social?

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Lo abbiamo chiesto a tre esperti del settore, bravi, volti noti e pure molto attivi sui social medesimi. Sono Gian Piero Travini (“Piave Digital agency”), giovane nuovo e talentuoso, in questi mondi, che lavora con candidati del Pd e sinistra. Francesco Nicodemo, comunicatore giovane ma già molto esperto, dalla lunga carriera e che ha anche lavorato a palazzo Chigi con Matteo Renzi. E, infine, a Franz Russo: digital e social media, blogger e fondatore del sito web @InTimeblog.

 

La versione di Travini: voti e pagelle a leader di partiti e coalizioni

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La versione di Travini: voti e pagelle ai leader

Secondo Gian Piero Travini (“Piave – digital agency”), che ha analizzato per noi i vari leader, “è vero: Giorgia Meloni è ‘pronta’, e da tempo, per governare. Online punta su un doppio binario: sorriso rassicurante, toni pacati e concilianti, voglia di dialogo, temi ‘di sinistra’ che si discostano molto dagli alleati (pensioni, salario minimo, eutanasia e aborto), profilo atlantista per prepararsi a governare; forte identità sociale, richiamo alle radici e alle tradizioni. Mette a terra il lavoro di polarizzazione fatto dal 2019 senza bisogno di polarizzare”.

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Enrico Letta

Invece, “Enrico Letta ha “scelto” come sua avversaria proprio la Meloni. La grande scommessa è che il Pd fosse il primo partito e Letta si dimostrasse come “front runner” di poter battere Meloni, polarizzando. Noi o loro. Io o lei. 

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Giorgia Meloni

‘Meloni’ è la quinta parola più usata da Letta online. La strategia funziona, ma solo in parte: l’engagement di Letta – il tasso di coinvolgimento online – è oltre il 9%, il migliore tra tutti i leader, ma è un percorso che non porta risultati reali nell’immediato. La polarizzazione fa poi perdere di vista il valore del contenuto e il peso dei territori nel messaggio politico: per un elettore di centrosinistra può essere un problema”.

Matteo Salvini

Matteo Salvini

Salvini ha tenuto, paradossalmente, toni molto pacati. Nel 2019 la retorica del “Capitano” è finita sul fondo di un mojito al Papeete e, oggi, può solo contenere il crollo della Lega. Il claim ‘Credo’ è un appello alla base per evitare ulteriori fughe verso Fratelli d’Italia, ma la sua ultima difesa potrebbe essere un canto del cigno”.

Conte, dal canto suo, prova a pacificare i parlamentari

Conte Giuseppe

La campagna del M5S si spiega semplicemente con il testo del ‘santino’ elettorale: Per votare Giuseppe Conte fai solo una X sul simbolo del M5s”. È tutto qui: Conte è la garanzia del reddito di cittadinanza e la ragione per cui il M5S al Sud può superare il Pd e diventare il secondo partito”.

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Calenda sa che più del 78% del suo elettorato arriva dal centrosinistra

Calenda sa che più del 78% del suo elettorato arriva dal centrosinistra. Adesso che ha finito di drenare i voti dei liberaldemocratici di sinistra con una campagna tutta contro Letta, punta a erodere qualcosa a Forza Italia, ma bisognerà ancora vedere come gestirà l’affaire Richetti”.

 

La versione di Franz Russo: “i like ai post mica sono voti”…

franz russo

La versione di Russo: i like mica sono voti…

Franz Russo, Social Media Strategist e Blogger, la mette così: “La campagna elettorale è stata segnata da un uso massiccio dei Social Media da parte dei partiti politici e dei loro leader, come mai prima d’ora, ma non significa che ne abbia giovato la qualità dei contenuti o conversazioni, anzi. L’uso dei Social Media è stato scomposto. Parliamo di “strumenti” nati per creare conversazioni dirette tra gli utenti che sono stati utilizzati come alternativa ai manifesti elettorali.

linguaggio Social Media

Linguaggio social

Nel dettaglio, la campagna elettorale dei partiti e dei loro leader sui Social Media si è giocata a suon di slogan tra “Pronti”, “Scegli”, “Credo”, tutte forme verbali trasformate in hashtag che hanno accentuato le divisioni tra gli utenti, invece che provare a creare un dibattito costruttivo. Le forme verbali degli slogan hanno solo rivelato una pochezza dei contenuti condivisi, prestando il fianco alla derisione. Per non parlare della scarsa qualità delle rarissime conversazioni generate.

I Social Media vanno presidiati con coscienza e competenza, senza dare adito a incomprensioni, perché dietro l’angolo c’è sempre la possibilità di un passo falso che si trasforma in un boomerang.

like

like non corrispondono ai voti espressi e i Social Media sono stati usati non per allargare la platea dei votanti ma per fidelizzare le idee degli utenti.
Se guardiamo come si sono mossi i leader, seguendo i dati rilevati da ‘Arcadia’, dal punto di vista dell’engagement (coinvolgimento), si nota la netta polarizzazione tra Meloni e Letta, con la presidente di FdI più forte su Instagram e Facebook, mentre il segretario del PD si è difeso su Instagram e su Twitter, presto appannaggio di Carlo Calenda, terzo in termini di engagement.

Di Maio

Luigi DI Maio

Se guardiamo il sentiment, i social hanno premiano Paragone e Calenda, mentre la sfida da Meloni e Letta l’ha vinta la prima. Su TikTok, di cui tanto si è parlato, ha primeggiato Berlusconi in termini di follower, ma ha vinto Di Maio, almeno per il numero di interazioni generate”.

 

La versione di Nicodemo: una campagna troppo ‘cringe’…

francesco nicodemo

La versione di Francesco Nicodemo: campagna ‘cringe’…

Chiudiamo con Nicodemo per un bilancio finale, o quasi, e complessivo, della campagna elettorale: “Manca una settimana, ma questa è sicuramente la campagna elettorale più brutta della storia repubblicana. Almeno fino alla prossima. Probabilmente perché improvvisa, breve e assolutamente inedita (colonna sonora “Odio l’estate” di Bruno Martino…).

Bruno Martino

Colonna sonora “Odio l’estate” di Bruno Martino…

In ogni caso, contro la distrazione generale e l’altissima probabile astensione, tutti i leader e partiti avrebbero dovuto impegnarsi in una campagna più concreta e più fattuale. Così non è stato. Invece, e sin dall’inizio, si è sentita una stanchezza di fondo, forse dovuta al fatto che nessuno davvero era pronto alla campagna elettorale. Tra gli slogan hanno prevalso quelli bisillabici: pronti, scegli, credo. Immediati, ma letti tutti insieme sembrano una canzone trap, più che un payoff elettorale.

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Molto bella l’idea alla base di “Credo” della Lega

Molto bella l’idea alla base di “Credo” della Lega (i dem americani avevano usato “I believe”, qualche anno fa), ma la crisi di leadership di Salvini e la saturazione dei suoi messaggi politici hanno azzoppato la campagna. La stessa corsa alla presenza su Tiktok sembra dettata più all’improvvisazione che alla strategia.

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La parola cringe (“imbarazzante”, detto di scene e comportamenti altrui che suscitano imbarazzo e disagio in chi le osserva, cfr. l’Accademia della Crusca…) è diventata di uso comune e non solo tra le giovani generazioni. Da una parte abbiamo assistito a un paternalismo spiccio del tipo ‘cari giovani, ora vi spieghiamo come è il mondo e come usare tale piattaforma’, dall’altra a leader che, a loro insaputa, sono diventati dei ‘meme’ viventi. 

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L’effetto di Tiktok sulle elezioni? Lo scopriremo solo vivendo

L’effetto di Tiktok sulle elezioni? Lo scopriremo solo vivendo. Al momento direi che i temi politici che funzionano di più sono la lotta alla crisi climatica e a favore dell’ambiente e la difesa dei diritti civili. Come anche molto interessante sarà vedere se l’impegno di creator e influencer (non solo quelli super famosi…) genereranno una mobilitazione importante, almeno nelle generazioni under30”.