Berlusconi va a Canossa. “Sono il Re-Cavaliere!”. “Piacere, papessa Giorgia”

Berlusconi va a Canossa. “Sono il Re-Cavaliere!”. “Piacere, papessa Giorgia”

17 Ottobre 2022 1 Di Ettore Maria Colombo

Sommario

Berlusconi va a Canossa. “Io sono il Re-Cavaliere!”. “Piacere, papessa Giorgia”. Meloni e Berlusconi oggi si vedono di persona. “Svolta o rottura”? Alcuni segnali sono positivi, ma è solo una tregua, una pace armata, poi sarà soltanto un duro Vietnam…

meloni berlusconi vietnam

Meloni e Berlusconi oggi si vedono. ‘Svolta o rottura’? Alcuni segnali sono positivi, ma è solo una tregua, poi sarà un Vietnam…

 

Nb: questo articolo è stato pubblicato, in forma molto più succinta, sul sito di notizie Tiscali.it il 17 ottobre 2022

 

Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi si vedono oggi pomeriggio, ma è Enrico IV che va a Canossa dalla ‘papessa’ Giorgia…

enrico IV neve canossa

Meloni Berlusconi si vedono oggi, ma è Enrico IV che va a Canossa dalla ‘papessa’ Giorgia…

E’ stato, finalmente, fissato per il pomeriggio di oggi, intorno alle 16, l’incontro fra la leader di FdI e premier in pectore, Giorgia Meloni, e il leader FI, Silvio Berlusconi. Trattasi dell’incontro chiarificatore, e faccia a faccia, per ricucire lo strappo consumato sul secco ‘no’ alla senatrice, nonche ‘badante’ (del Cav e pure di Forza Italia), Licia Ronzulli, nella squadra di governo, opposto dalla ‘donna’ (tosta) Meloni allo stesso Berlusconi. Un tackle scivolato contro la vera ‘reggitrice’ dei destini di ‘casa Arcore’ e di FI, cui ha fatto seguito, come fallo di reazione, il mancato sostegno nell’urna di palazzo Madama, di Forza Italia al neo-presidente di FdI del Senato Ignazio La Russa (fallo, però, andato a vuoto: FI ha cercato la prova di forza e l’ha pure persa) e poi l’appunto, più o meno privato&pubblico, di epiteti stroncanti di Berlusconi sulla Meloni, infine la sua replica a favor di telecamere “non sono ricattabile”. Un crescendo di accuse e liti, odi sotterranei – e antichi – rivalità mai sopite.

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Enrico 4° fu costretto ad umiliarsi pubblicamente, prima di concedergli l’assoluzione, il papa, lo obbligò a restare per tre giorni e tre notti in mezzo alla neve.

Eppure, è il re Enrico IV che va a Canossa, (“umiliarsi, piegarsi di fronte a un nemico, ritrattare, ammettere di avere sbagliato, fare atto di sottomissione” recita il dizionario). a prostrarsi dalla ‘papessa’ Matilde di Canossa, alias Giorgia, nella fattispecie pure nelle vesti di ‘papessa’, dato che è lei che sta per ricevere l’incarico di governo (le due figure erano distinte: Matilde di Canossa, da un lato, e il papa-re Gregorio VII dall’altro).  

Il ‘mediatore’ Crosetto intervistato da Quotidiano Nazionale: “Non si fa governo senza FI. Berlusconi dia altri nomi, non la Ronzulli”

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Ignazio La Russa  Guido Crosetto

A lavorare alla ricucitura, indefessi, per tutto il fine settimana sono stati i pesi massimi del centrodestra. Dallo stesso presidente del Senato Ignazio La Russa a Guido Crosetto – definito, in una intervista rilasciata a QN, ‘il mediatore’ – che, sul fronte Meloni hanno portato a casa la richiesta “tassativa” della premier in pectore che fosse Berlusconi ad andare da lei e non viceversa, escludendo campi neutri come il Parlamento, con i gruppi di FdI o FI di Camera o Senato inclusi.

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Giorgia Meloni

Ma è il ‘gigante buono’ Crosetto – da FI ci viene, conosce Berlusconi a menadito, anche se lo mollò per fondare FdI con la Meloni, di cui oggi resta uno dei più ascoltati e fidati consiglieri economici (ma non è detto che, per questo, diventi ministro, anzi: lui non vuole affatto lasciare le sue aziende) – a rompere il gelo che si è creato tra i due leader, rilasciando una intervista, che esce di domenica, sul Quotidiano nazionale, a firma del sottoscritto, in cui difende a spada tratta, ovviamente, Meloni, ma tende pure un ramoscello d’ulivo al Cavaliere. Ramoscello d’ulivo ricambiato, come vedremo dopo, con una ‘corona’ di spine: il Cavaliere si appresta a chiedere la ‘testa’ di Crosetto, alla Meloni, in cambio della rinunzia alla Ronzulli e mettere al Mise un suo uomo, e pure fidatissimo (l’ex confindustriale D’Amato, Cattaneo o altri).

Licia Ronzulli

Licia Ronzulli

Forza Italia poteva avere tutte le soddisfazioni che voleva, ma ha fatto problemi solo su un nome”, dice Crosetto. “Meloni gli ha risposto: ‘voglio le donne e gli uomini migliori’ – spiega Crosetto intervistato dal Quotidiano nazionale -. Berlusconi dovrebbe scegliere, per il governo, le persone con il metro con cui ha fatto fortuna nelle sue aziende: selezionando i migliori tra tutti“. Poi: “C’è stato un atto di rottura forte, simbolico, al Senato, ma alla Camera tutto il centrodestra ha votato, compattamente, per Lorenzo Fontana. – ricorda ancora Crosetto riferendosi al mancato voto forzista per La Russa a Palazzo Madama -. Dopo la lite, ci sarà la ricomposizione. Meloni non è una che porta rancore. E’ donna pragmatica. Il Paese ha tanti problemi. Non si può aspettare“.

Nessuno – garantisce ancora il fondatore di FdI – vuole fare un governo senza Forza Italia o che non sia di centrodestra. Abbiamo visto, per anni, governi tra Lega e M5s, M5s e Pd, Lega-Pd-M5s. Volete che ora non ne nasca uno di centrodestra? Vorrebbe dire farsi molto male. Non succederà. E neppure che FI vada da sola alle consultazioni”.

berlusconi Ronzulli

Foto LaPresse – Mourad Balti Touati – Silvio Berlusconi Licia Ronzulli

Certo, resta il fatto che “da parte di Berlusconi c’è stata una richiesta specifica, per Licia Ronzulli. Meloni ha ritenuto di scegliere un’altra figura. Potevano cambiare obiettivo e invece – avverte Crosetto – si sono infilati in un braccio di ferro, tra minacce, atti, gesti, voti, eccetera. Potevano chiedere compensazioni di altro tipo…“. Della Meloni, l’ex parlamentare del Pdl fa notare che “chiede a sé stessa sempre di più”, ma anche che “non ha debiti da pagare verso nessuno” e dunque, “sceglierà i più bravi”. Tra loro ci sarà anche Crosetto? “E’ l’ultimo dei miei pensieri. Non passo un solo secondo a chiedermi se farò il ministro. Quando sento Meloni, non ne parliamo. Se il futuro premier riterrà che possa essere in qualche modo utile, servendo l’Italia in qualche ruolo, me lo dirà e allora mi porrò il problema a mia volta ma sto bene anche fuori dal governo”.

La ‘minaccia’ che il Cavaliere starebbe per fare: se noi dobbiamo rinunciare a Licia, lei deve rinunciar a Crosetto, così è menomata

Le parole rivelatrici di Guido Crosetto (FdI)

Le parole rivelatrici di Guido Crosetto (FdI)

Al netto delle possibilità che Crosetto diventi ministro (dovrebbe o potrebbe andare al Mise) e anche delle battute che fa, in separata sede, tra un compleanno della figlia e un po’ di sano riposo (“Berlusconi dovrebbe fare come fece col Milan: proporre i Gullit e i Van Basten, non i brocchi”), ma anche al netto della capacità di mediazione che, se è connaturata all’homus crosettianus, non è detto che lo sia ugualmente la femina meloniana resta il fatto che oggi pomeriggio Meloni e Berlusconi si incontreranno per siglare, più che una pace, una tregua. La sinistra dunque “si metta l’anima in pace: siamo qui per risollevare la nostra Nazione”, dice la leader di FdI dopo aver passato la domenica a rintuzzare gli “attacchi scomposti della sinistra”, specie quelli di casa Ue.

E dopo una serie di contatti telefonici con il Cav, pone così le premesse per una tregua, dopo le tensioni che hanno reso turbolenta la partenza della nuova maggioranza. Il faccia a faccia si terrà dunque intorno alle 16, negli uffici di FdI, a via della Scrofa. Con l’auspicio di entrambe le parti di un epilogo ben diverso rispetto all’incontro di giovedì scorso alla Camera, quando i due ruppero, malamente, proprio sul ministero da assegnare, o meno, alla Ronzulli…

Gianni Letta

Gianni Letta

Intanto si è stemperato il clima, sempre grazie al lavoro “di fioretto” dei pontieri, lungo l’asse fra Gianni Letta (che ieri è volato fino ad Arcore) e il nuovo presidente del Senato La Russa. Un punto di caduta potrebbe alla fine trovarsi sulla GiustiziaMeloni per quel posto pensa da tempo all’ex magistrato Carlo Nordio, ma, secondo varie ricostruzioni, ci sarebbero margini di trattativa affinché, invece, venga concesso a FI: in quel caso potrebbe andare a Casellati o a Sisto. In alternativa, Berlusconi è pronto a rivendicare il Viminale (con una figura di alto profilo, di garanzia), o il Mise, che è però uno dei dicasteri chiave per la premier in pectore che lì vuole proprio il suo ‘gigante buono’, Guido Crosetto. Anche se, a notte fonda, gira una strana ‘voce’ che arriva, però, direttamente dall’inner circle di Arcore: “Se noi ci dobbiamo privare del nostro pezzo migliore, l’amica Licia, lei deve rinunciare a Crosetto, che ha troppe relazioni e conta troppo nei posti che contano, così le decapitiamo la testa e le rendiamo monchi gli arti, senza il suo amico” – sarebbe un ricatto bello e buono, ma il Cav ne è capace, dipenderà tutto dalla Meloni, accettarlo.

 

Più che una pace, quella di oggi è e sarà una tregua. Le richieste di compensazione di Forza Italia, che vuole molti altri dicasteri

tregua

Più che una pace, quella di oggi è una tregua

Altrimenti, in ultima istanza, FI chiederebbe un ministero in più di quelli della Lega. Finora sono quattro quelli attribuibili a Forza Italia, fra cui gli Esteri per Antonio Tajani, l’Università per la Bernini, la Pa per Gasparri o per la Casellati, se non andasse alla Giustizia, e un altro considerato ‘minore’ (Turismo e/o Sport). Ad ogni modo, l’esito della trattativa dovrà incastrarsi con i desiderata della Lega, che non sembra incline a rinunciare al Viminale, ma che si è già assicurata il Mef con Giancarlo Giorgetti (a meno che si riapra l’opzione di Fabio Panetta, ma è pia illusione).

Giancarlo Giorgetti

Giancarlo Giorgetti

Su un aspetto Meloni non arretra, si sottolinea in ambienti del suo partito: la volontà di avere ministri di alto profilo e chiudere senza perdere tempo, entro il 25 ottobre. “Si mettano l’anima in pace: siamo qui per risollevare la nostra Nazione. Sarà un percorso pieno di ostacoli, ma daremo il massimo. Senza mai arrenderci”, scrive all’attacco di “attacchi scomposti della sinistra, un insulto ai cittadini che scelgono da chi vogliono essere rappresentati”.

 

I mediatori di FdI (Crosetto, La Russa) e di FI (Letta, Confalonieri, Tajani) sudano le famose sette camicie per rabbonire il Cavaliere. Ed entrano in campo anche i figli del Cavaliere come mediatori…

sudare 7 camicie

Sul fronte di Forza Italia, da Gianni Letta ad Antonio Tajani e Fedele Confalonieri hanno sudato non poco, cioè le proverbiali sette camicie, per convincere Berlusconi a compiere il passo e accettare le condizioni della premier in pectore. Con il leader della Lega Matteo Salvini a fare da mediatore e, ormai, nelle inedite vesti di paciere: rimasto a Roma nel fine settimana ha avuto ripetuti e fitti contatti con Meloni e Berlusconi.

licia ronzulli giorgia meloni silvio berlusconi

Ronzulli Meloni Berlusconi

Le cui ultime resistenze, secondo fonti di Forza Italia, sarebbero state superate solo dopo che la sua stessa compagna, Marta Fascina, avrebbe valutato, con Licia Ronzulli, la accettabilità della proposta ricevuta dalla loro ‘nemica’ Meloni. Ma la versione sa tanto di versione ‘di comodo’. La verità è che lo ‘stop’ alle smanie e ai desideri ‘ministeriali’ della Ronzulli è arrivata, come sempre accade nei momenti e nei casi più caldi, dai figli del Cavaliere: Marina e Piersilvio. I quali hanno ben altre gatte da pelare, e cioè tenere in piedi un impero mediatico, e molte aziende, che senza l’aiuto statale, cioè le sovvenzioni governative, pur se indirette (bollette, energia, gas, luce, telefonia) e le linee di credito bancarie, rischierebbero seri guai, se non un vero crollo. E, guarda caso, il ministero che se ne occupa (Mise), con tanto di delega sulle tlc, finirà a FdI, non a FI.

Piersilvio e Marina Berlusconi

Piersilvio e Marina Berlusconi

Passa un fine settimana di trattative ininterrotte, dunque, tra Meloni e Salvini a Roma, da un lato, Berlusconi e lo stato maggiore FI, ad Arcore, che non ha visti estranei gli stessi figli di Berlusconi, Marina e Piersilvio in testa. A tal punto, il loro intervento, da suscitare protesta pubblica del Pd che ha chiesto a Meloni di rendere pubblico se è vero e su cosa si sarebbe confrontata con i figli di Berlusconi, al vertice delle aziende di famiglia.

 

Il conflitto d’interesse: mentre il Pd scopre l’acqua calda, si scopre che anche FI, in Parlamento, darà filo da torcere a Meloni

Enrico Borghi

Enrico Borghi-PD

L’ultimo affondo del Pd è arrivato pochi minuti dopo. “Nella trattativa per la formazione del governo entrano in campo i figli di Berlusconi, cioè i proprietari di Mediaset – dice Enrico Borghi, esponente della segreteria del Pd -. Di cosa parlano con Meloni? Del futuro dell’azienda? Cose inconcepibili in qualunque altro paese occidentale”. La famosissima scoperta dell’acqua calda, quella di Borghi: il conflitto d’interesse di Berlusconi, le sue aziende, l’interesse dei figli…

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Di certo, le tensioni dopo lo strappo di FI in Senato e lo scontro sul caso degli appunti di Berlusconi su Meloni, hanno prodotto incertezza

Di certo, le tensioni dopo lo strappo di FI in Senato e lo scontro sul caso degli appunti di Berlusconi su Meloni, hanno prodotto un’incertezza tale da generare preoccupazione anche nella famiglia del Cavaliere. Non solo per gli scenari legati al governo, ma anche per il subbuglio che attraversa il suo partito.

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Giorgio Mulè

Dopo l’esclusione dal governo per il veto di MeloniLicia Ronzulli mira alla guida del gruppo al Senato, e un azzurro a lei vicino, Giorgio Mulè, è l’alternativa al ‘tajaneo’ Barelli per Montecitorio, mettendo nell’angolo l’area moderata di Tajani e portando FI su posizioni barricadere anti-Meloni.

Una ‘militarizzazione’ del partito e dei gruppi che potrebbe portare, in futuro, guai al governo Meloni che si troverebbe, in Parlamento, a fare i conti con gruppi azzurri sostanzialmente ‘ostili’ che potrebbero darle parecchio filo da torcere, specialmente al Senato, causa gli scarsi numeri che arridono, a palazzo Madama, al centrodestra.

 

La minaccia del Cav: non indicare Meloni e la contro-minaccia:  formare il governo, con tecnici, e andare lo stesso in Parlamento

La minaccia del cav

La minaccia del Cav

Perché se Marina e Piersilvio l’hanno scaricata, Licia Ronzulli non si dà per vinta. L’ultima mossa che sta escogitando è quella di farsi eleggere capogruppo a Palazzo Madama, mettere a capogruppo della Camera il fidato Giorgio Mulè al posto del tajaneo Paolo Barelli, convincere Berlusconi a recarsi senza alleati al Quirinale per le consultazioni, così va da solo scortato dai capigruppo di Camera e Senato. 

Il Presidente Mattarella

Il Presidente Mattarella

A quel punto, al cospetto di Mattarella – è il capo dello Stato a nominare i ministri su proposta del premier – Berlusconi chiederà se c’è un veto su Ronzulli ministro. Così si ricomincia da capo e la Meloni il suo veto lo pagherebbe assai caro.

giuseppe vincenzo mangialavori

Giuseppe Vincenzo Mangialavori

Tra i fan – e pretoriani – di ‘Licia’ alla Camera ci sono Giorgio Mulè, Alessandro Cattaneo (candidato a un posto di ministro), Andrea Orsini (che scrive le interviste di Berlusconi), Vincenzo Mangialavori, Alessandro Sorte (l’esperto del Rosatellum che ha compilato le liste elettorali e fatto strage di ex, dalla Giammanco a Calabria, dalla Savino alla Prestigiacomo, compreso – ma è assurdo – il tesoriere del partito, Alfredo Messina).

Gianni Letta, invece, è stato richiamato in servizio, sta trattando per ricomporre la frattura, anche perché la Meloni non arretra di un centimetro. Fino a minacciare, ma lei, se non trovano un accordo, una volta ricevuto un incarico esplorativo da Mattarella, di fare un governo con i suoi di Fratelli d’Italia e 5/6 tecnici di alto profilo nei ministeri chiave (Economia, Viminale, Esteri, Difesa, Infrastrutture, Giustizia) e di presentarlo al voto. Chi ci sta, ci sta. Se non ottiene la fiducia? Si ritorna al voto e Meloni fa cappotto…

 

Il resto del sudoku che riguarda gli altri ministeri e gli altri partiti

sudoku

Sudoku

Ove questo scenario da tregenda non si compisse, in ogni caso, solo dopo la formazione dei gruppi e l’elezione dei vicepresidenti delle due Camere, e solo se oggi si arriverà a una tregua tra i due leader, si completerà il sudoku dei ministeri.

Matteo Salvini

Matteo Salvini

Salvini, che a vedere i suoi social ha trascorso parte della domenica a raccogliere castagne, è destinato alle Infrastrutture. FdI intende tenersi stretti Difesa (Adolfo Urso), appunto il Mise (per Crosetto, ma si parla anche dell’ex presidente di Confindustria, Antonio D’Amato), poi anche Transizione ecologica, Famiglia e Cultura. Potrebbe rientrare nella partita anche Letizia Moratti.

Marina Calderone

Marina Calderone

Per il Lavoro è concreta l’ipotesi di Marina Calderone, presidente dell’Ordine dei consulenti del Lavoro. Avrebbe anche il compito di riformare le pensioni, anche estendendo agli uomini ‘Opzione donna’ per superare la Fornero: via dal lavoro già a 58-59 anni e 35 anni di contributi, ma perdendo fino al 30% di pensione.

 

Di certo, più diversi di così, i due non potrebbero essere…

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

Ma sarà, dunque, ‘svolta’ o sarà ‘rottura’, nell’incontro del (presunto) disgelo che si terrà oggi pomeriggio tra i due nuovi ‘duellanti’ che sta appassionando gli italiani e distruggendo la coalizione di centrodestra? Al netto di Freud (i figli che devono uccidere i padri), qui pure mal citato: la Meloni è donna, mai stata ‘figlia’ politica di Berlusconi, a differenza di Fini, mai esistita una donna così distante e diversa da lui. E al netto pure di Shakeaspeare, con la donna – madre del Riccardo III che, al suo re, urla e sibila: “Domani nella battaglia pensa a me/ Cada la tua spada senza filo/ dispera e muori” (Tomorrow in the battle think on me, And fall thy edgeless sword. Despair, and die!). Giorgia Meloni, leader di FdI, premier in pectore, uscita vincitrice dalle urne, in testa a tutti i sondaggi che neppure è premier, ha un partito che le sta dietro e si muove come una perfetta falange macedone.

La ‘nanetta’ o ‘fascistella’ della Garbatella. Così la chiamano gli avversari, non quelli di opposizione, ma pure gli azzurri e i leghisti che la detestano. Una che, però, ormai di tali epiteti non si cura, si è persino rifatta il look da capo a piedi: lo standing da premier c’è tutto, la tigna e la ‘cazzimma’ quelle le ha sempre avute, da quando era piccola e ci viveva, alla Garbatella.

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

L’altro, il Cavaliere Silvio Berlusconi, abituato a vivere non in bilocali arredati senza alcun stile, ma in villoni così grandi che ti perdi anche solo a contarli perché sparsi in giro tra Italia e Mondo. Troppi anni, troppi acciacchi, fisici e mentali. Troppe ‘badanti’ attorno lui: Fascina&Ronzulli arrivano solo buone ultime, ormai a fine corsa, dopo la Pascale e la Rossi, dopo le ‘olgettine’, dopo tutte le tante, troppe, ‘vergini del Drago’. Troppe liti nel suo partito, già diviso in due, troppe discussioni con i figli, già di nuovo tesi e preoccupati e non per lui, ma per le ormai ‘loro’ aziende. Leader di FI o manco di mezza FI, forse pure di meno, non di più, ad oggi, che il suo partito, ridotto all’8%, è un partito balcanizzato, ridotto allo stato gassoso, persino quel ‘cuor di leone’ di Tajani è sulla strada della ribellione.

Antonio Tajani

Antonio Tajani

Storico ‘padre-padrone’ di un centrodestra che ha ‘mangiato’ tutti i suoi presunti figli. Alfano, ‘senza quid’, Casini, ‘troppo bello per fare politica’, il Fini del celebre ‘che fai mi cacci?’. In effetti, poi lo cacciò, gli altri se ne andarono loro e persino Verdini se n’è andato e ora non ha più nessuno, si è visto al momento di fare le liste.

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L’ex senatore di Forza Italia Denis Verdini

Il Berlusconi che non legge un libro, neppure quelli di carton gesso appesi alle pareti, e Meloni che studia come una secchiona, da una vita, e mica ha letto solo Tolkien, pure tutto il resto. Silvio che ha avuto mille donne e lei un amico che è diventato il suo compagno, di fatto marito. Si potrebbe andare avanti a lungo, con i paragoni, ma sarebbe tempo perso. Due personalità più diverse non si potrebbero neppure immaginare.

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J. R. R. Tolkien

Insomma, mica si può sapere come finisce, oggi. La domanda resta, la risposta non è affatto facile, anche se tutti, ovviamente, sperano andrà bene, o quantomeno benino. E che il governo si faccia.

 

Tutte le caratteristiche di Giorgia M che indispettiscono il Cav

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Tutte i particolari che indispettiscono il Cav

Ma sono anche molti altri i particolari che, allo stato, indispettiscono, e non poco, il Cavaliere. L’incontro, per dire, si tiene nella sede di FdI, a via della Scrofa, e questa è una di quelle cose che, al Cavaliere, lo mandano ai matti: dover andare ‘LUI’ a casa di qualcun altro e non ricevere gli ospiti a casa sua. Nella fattispecie: villa Grande, sulla Nomentana, era una villa che regalò al regista Franco Zeffirelli, la tenne fino alla fine per semi-usucapione, poi dopo la sua morte è tornata al Cav che ne ha fatto il suo quartier generale romano dopo aver rinunciato al mitico – e passato alla Storia patria – palazzo Grazioli, il cui costo era diventato assai oneroso pure per lui. Inoltre, è Berlusconi che deve ‘rinculare’, rispetto alle sue posizioni di questi giorni, non la Meloni. Altra cosa che manda ai matti il Cav, abituato solo a persone che gli dicono sempre sì, folle plaudenti, sorrisi Durbans.

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Il romanziere tedesco Uhlman

Infine, come ormai sanno anche i sassi, sia quelli davanti palazzo Madama che di Montecitorio, siamo a pochi giorni dal famoso ‘pizzino’ in cui Berlusconi, seduto nel suo scranno del Senato (“l’amico ritrovato”, lo scranno da senatore, come avrebbe scritto il romanziere tedesco Uhlman), verga – ovviamente a favor di telecamera – che “Giorgia è supponente, prepotente, arrogante e offensiva”, pur avendo cancellato l’ultimo epiteto (“ridicola”). Berlusconi è offesissimo perché la sua ‘collaboratrice’ n. 1, Licia Ronzulli (senatrice, e già da diverse legislature, per decreto divino, come la fidanzata Marta Fascina è deputata per identici, inconfessabili, motivi), non solo non diventerà ministro di ‘serie A’ (Sanità), ma manco di ‘serie B’ (povero Berlusconi: si era inventato un fantomatico ‘ministero agli Anziani’ che, ovviamente, non esiste da nessuna parte), perché la Meloni, alla Ronzulli, non la vuole vedere neppure dipinta. Conclusione: “con quella non si può parlare”.

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Meloni “Mancava un punto. A capo. E non ricattabile”

 

Replica puntuta della medesima, la sera stessa: “Mancava un punto. A capo. E non ricattabile, dove non si capisce se il ‘ricattato’ è Berlusconi, o le ‘badanti’ medesime sono le ‘ricattatrici’, o è Arcore un groviglio di ricattatori e ricattati, ecco.

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La lite raggiunge i livelli di urla dei bassi napoletani, la tensione si taglia a fette, volano i coltelli tra i coltelli

Bum. La lite raggiunge i livelli di urla dei bassi napoletani, la tensione si taglia a fette, volano i coltelli tra i coltelli, ci si mette in mezzo pure il neo-presidente del Senato, Ignazio La Russa (il quale non deve ancora essersi registrato, al ruolo di seconda carica dello Stato, cioè super partes, del resto è tifoso dell’Inter, il cui motto è ‘amala’, sottinteso quando perde, che l’Inter perde spesso) e molti altri colonnelli di ambo le parti in contesa. Un disastro che dura, in pratica, due giorni buoni. Se ne deduce sarà un disastro, con tali premesse. Invece, non è affatto detto vadano così, le cose, anche se solo oggi sapremo come sono andate…

 

“Svolta o rottura?” L’endiadi resa famosa da Fausto Bertinotti…

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“Svolta o rottura?” L’endiadi di Bertinotti…

Sarà svolta o rottura, tra Meloni e Berlusconi? Il segretario della Rifondazione comunista che fu, Fausto Bertinotti, il quale amava i calembour, come il ‘citazionismo’ – ovviamente di sinistra: “svolta o rottura?” si chiedevano i sociali francesi alle prese con la II Repubblica, a metà Ottocento – codificò la questione, in una famosa intervista (data a Repubblica, si capisce, il 9 luglio 1988) in cui rese ‘immortale’, si fa per dire, la questione in tali termini: “Là dove viene fissato il filo di lana conclusivo, là si decide se è svolta o rottura”.

ROMANO PRODI

Romano Prodi

La endiadi era riferita all’appoggio (decisivo) che il suo Prc dava al I governo Prodi che, solo due anni prima, nel 1996, era potuto nascere grazie a una (malferma) vittoria elettorale, frutto della divisione del centrodestra di allora (Polo delle Libertà, composto da FI-An-Udc che si presentò alle elezioni senza la Lega, che correva da sola, e così perse moltissimi collegi uninominali, un disastro causa la legge di allora, il Mattarellum) e alla (finta) unità del centrosinistra (unità da un lato e accordi, nei collegi, di ‘desistenza’ col Prc).

Unità che, appunto, se pur permise la nascita del primo (e unico) governo dell’Ulivo, guidato proprio da Romano Prodi, presto andò in frantumi perché la Rifondazione di Bertinotti era inquieta, insoddisfatta e pure un po’ molesta, nei confronti di Prodi: il Prof ex Dc più a sinistra dell’intera sinistra Dc era poco ‘keynesiano’ e troppo ‘liberista’ (sic) per i rifondaroli di allora.

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Armando Cossutta

Morale, tempo due anni e Bertinotti, dopo essersi chiesto – tenendo un governo e un Paese intero sulle spine, oltre che il meglio dei salotti romani -se era meglio la ‘svolta’ o la ‘rottura’, optò decisamente per la prima. E tanti cari saluti al primo governo di centrosinistra della Repubblica (almeno della Seconda di Repubblica). Ne nacque persino una scissione (il Pdci di Cossutta che ruppe con il Prc di Bertinotti) per permettere al governo Prodi di sopravvivere, ma a nulla servì. Seguirono pallidi governi D’Alema e poi Amato.

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L’ex ministro alla Difesa del governo Prodi, Arturo Parisi

Prodi cadde, e pure in Parlamento, unico caso, nella storia contemporanea, di governo caduto ‘in piedi’, cioè nelle Camere: si replicò nel 2008 con il Prodi II. Leggenda vuole che tutte e due le volte il Prof in seconda, Arturo Parisi, sbagliò i calcoli su quanti erano i deputati e senatori pronti a votare la fiducia, ma i calcoli li aveva fatti bene: vollero cadere, i due Prof, ‘in piedi’, e tante care cose al governo e pure a Hobbes e Machiavelli. Il centrosinistra formato Ulivo, come poi quello formato Unione, mai più risorse dalle sue ceneri. Morale, si trattò di ‘rottura’, invece che ‘svolta’. Chissà se, invece, stavolta andrà diversamente…