Renzi lascerà il Pd? “Meglio un partito nuovo che un nuovo partito”. Renziani pronti alla “traversata nel deserto”

Renzi lascerà il Pd? “Meglio un partito nuovo che un nuovo partito”. Renziani pronti alla “traversata nel deserto”

18 Novembre 2018 0 Di Ettore Maria Colombo

 

Pubblico qui l’analisi e l’articolo, in forma ampliata, uscito oggi, 18 novembre 2018, sul Quotidiano Nazionale. 

 

1. Il Pd, da solo, non basta più. Renzi e i suoi tentati dal fare un nuovo partito. 

 

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Il logo ufficiale del Pd

Il Pd, da solo, non basta più”. Lo dicono, apertamente, molti renziani della prima e della seconda ora come Sandro Gozi e Ivan Scalfarotto, ma anche la cerchia ristretta del famoso ‘giglio magico’ (anche Luca Lotti e Maria Elena Boschi risultavano assenti, all’Assemblea nazionale di ieri e così pure Lorenzo Guerini, detto ‘il Forlani’ di Renzi), per non dire di altri colonnelli.

Ma, soprattutto, inizia a pensarlo anche Matteo Renzi. Ieri ‘non pervenuto’ all’Assemblea nazionale del Pd, ‘Matteo’ è tentato di fare quello che molti dei suoi pasdaran gli suggeriscono: dare vita a un ‘nuovo partito’ e non a un ‘partito nuovo’ (la citazione è di Palmiro Togliatti e riguardava il Pci…) che nasca non contro, si capisce, ma ‘al fianco’ del Pd. Un partito che, del Pd, sarebbe dunque alleato, non lontano e non in competizione con i dem, ma assai ‘diverso’ da essi. “Senza Renzi il Pd diventa solo un partito evanescente” fa sapere a un amico Roberto Giachetti, che invece c’era in quell’hotel Ergife dove ieri il Pd – quello che ancora c’è – ha dato il via a nuove primarie, previste per il 3 marzo 2019, a conclusione di un nuovo iter congressuale anticipato (in teoria, Martina, eletto segretario all’Assemblea nazionale del giugno scorso, sarebbe dovuto restare in carica fino al 2020). 

E così Renzi – che guarda con speranza e attenzione i movimenti di protesta nati dentro la società civile a Roma come a Torino contro il governo gialloverde – starebbe seriamente pensando di lanciarsi in una nuova, rischiosa, avventura. I “Comitati civici” nati all’ultima edizione della Leopolda e coordinati da Gozi, sarebbero, se l’operazione acquisterà consistenza, lo ‘zoccolo duro’ del nuovo partito di Renzi e dei renziani. Un partito di stampo liberal-democratico, dal profilo molto europeista, che punterebbe a intercettare chi non vota Lega e M5S, insomma i ceti medi (e moderati) delusi e preoccupati dalle scelte del governo Conte sul fronte economico. Le elezioni europee potrebbero segnare il suo battesimo. Specie se le primarie, indette ieri, dovesse vincerle Zingaretti, ma paradossalmente pure se le vincesse Minniti che oggi, finalmente e dopo tanto attendere, ufficializzerà la sua candidatura, in teoria appoggiato proprio dai renziani. Certo, se dovesse prevalere Zingaretti, per i renziani l’aria si farebbe irrespirabile. E’ solo lui il candidato che, agli occhi dei renziani rappresenta la “rivincita di D’Alema”, cioè il Male Assoluto. Ma anche un cattodem come Beppe Fioroni – che dal Pd non ha alcuna intenzione di andarsene e punta tutte le sue carte sul suo ‘cavallo vincente’ Minniti – esprime, con parole diverse, lo stesso concetto: Zingaretti è solo un “Bersani 4.0” che “vuole solo riesumare la Ditta”.

 

2. I candidati al congresso dem schierano le truppe. Oggi è il turno di Minniti. 

 

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I possibili candidati alle primarie del Pd

E così – al di là del fatto che pare ormai accertato che proprio lui, D’Alema, appoggerà Minniti ‘e non’ Zingaretti nella corsa alle primarie dem (il motivo starebbe nelle antiche ruggini con il governatore del Lazio sul partito romano…) – il guaio, per Minniti, che una scelta così radicale da parte di Renzi e dei suoi – quella di fondare un nuovo partito – rischia di mettere il piombo nelle ali a una candidatura, quella di Minniti, che verrà formalizzata proprio oggi con un’intervista. Probabile che, a Renzi, abbia dato molto fastidio il secco rifiuto di Minniti di fare un ticket con la ex cigiellina Teresa Bellanova, renziana doc. Ma se Minniti non vuole ‘padrini’, Renzi compreso, molti renziani nutrono dubbi crescenti su… Minniti. Anche Martina dovrebbe candidarsi, ma lunedì (forse e forse, ormai, fuori tempo massimo…). Ieri, però, all’Assemblea dem, c’erano – e tutti presenti – anche i candidati che hanno deciso, da tempo, di correre al congresso. Nicola Zingaretti, come si sa, è sceso in campo da mesi, ma saranno della partita, in modo ufficiale, il renziano atipico Matteo Richetti, il campione del governatore pugliese Michele Emiliano, Francesco Boccia e il ‘laburista radicale’ Cesare Damiano, oltre al giovane (e molto polemico) Dario Corallo. E così, l’Assemblea nazionale del Pd convocata ieri all’Ergife è servita solo ad adempiere ai passi formali necessari per preparare il partito al congresso straordinario. Tutto il resto fila via liscio, con l’eccezione di un paio di giovani peones che sparano ad alzo zero contro gli attoniti big presenti in sala. La Commissione congressuale si riunirà per la prima volta martedì, presieduta da Gianni Dal Moro, e presiederà le tre fasi canoniche del congresso: voto tra i soli iscritti al Pd (prima fase), Convenzione nazionale (con i tre candidati che avranno superato il primo turno) e infine primarie aperte a tutti i simpatizzanti ed elettori democratici. Ma Renzi e i suoi, a marzo del 2019, saranno ancora nel Pd? Difficile dirlo oggi, ma potrebbe anche essere di no. Intanto, il ‘Grande Gioco’ delle primarie dem è iniziato.

 


Nb. Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2018 sul Quotidiano Nazionale.