Pacchetto Pd 1. Pronto il nuovo partito di Renzi: tappe e uomini. Pochi renziani, molta società civile

Pacchetto Pd 1. Pronto il nuovo partito di Renzi: tappe e uomini. Pochi renziani, molta società civile

7 Dicembre 2018 0 Di Ettore Maria Colombo

Pubblico qui il primo articolo  di tre, sul (disastroso) stato dell’arte del dibattito congressuale nel Pd in vista delle primarie e usciti dal 5 al 7 dicembre, su Quotidiano Nazionale, ma qui presenti in forma più complessa, ragionata e articolata. Il secondo ed il terzo a seguire.

 

 

Renzi lavora al suo nuovo partito. I comitati civici ne saranno il nerbo. Ma molti renziani resteranno nel Pd, da Lotti a Guerini. Scatenata, invece, la Boschi. Il ruolo del manager Lucio Presta.

 

 

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L’ex premier ed ex leader del Pd Matteo Renzi

Che Matteo Renzi volesse dare vita a un nuovo partito (il suo) e non a un partito nuovo (il Pd) lo sapevano in molti da mesi, compresi alcuni giornalisti, e con il relativo timing. Una vecchia volpe del Transatlantico, Augusto Minzolini, lo aveva scritto in un articolo uscito il 25 maggio sulle pagine de il Giornale, in piena crisi di governo e con all’orizzonte il governo gialloverde. Naturalmente, l’articolo di Minzolini era stato smentito dall’ufficio stampa dell’ex premier, ma con scarsa forza, e da allora ad oggi Renzi non ha mai smentito le ricostruzioni (tra cui quelle del sottoscritto) sui suoi sogni di gloria fuori dal Pd. Solo ieri, a ‘caos scissione’ scoppiato e a buoi usciti dalla stalla, si è deciso a negare: “Non uscirò mai dal Pd, non farò la scissione, non sono il burattinaio di nessuno né un capocorrente, mi occupo del Paese e non della Ditta”, etc. Tutte e solo tante chiacchiere, però, le sue.

Del resto, i comitati civiciRitorno al futuro” lanciati alla IX edizione della Leopolda, tenuta tra il 19 e il 21 ottobre, erano già in incubazione e, in questi mesi, si sono molto rafforzati. E se è vero che alcuni sono ‘in sonno’ o vivi solo su carta (220 realmente operanti sui 380 dichiarati, ma in crescita), il loro organizzatore, Ivan Scalfarotto, è un renziano che la fuoriuscita dal Pd l’ha teorizza apertamente in diverse interviste rilasciate a molti giornali. E lo stesso ex premier ed ex leader dem ha ‘fatto correre’, senza smentita, tutti i retroscena che lo vedevano impegnato solo a formare la sua nuova creatura e non certo a occuparsi di congresso del Pd.La verità è che Renzi e i suoi giudicano il Pd attuale, e pure quello venturo, “imbarazzante e inutile”, un “ferro vecchio da “dismettere”.

Insomma, il dado era già tratto da ben prima che la pochade della candidatura, per troppo tempo attesa, e poi improvvisamente e frettolosamente ritirata di Marco Minniti, dalla corsa alle primarie, si materializzasse e facesse deflagrare il quadro. Tanto aveva deciso, Renzi, il suo ‘che fare’ che, al convegno dell’area (il primo dell’era renziana visto che lo stesso Renzi si è sempre fatto un vanto di “non avere una corrente” e di non voler darne vita a una adesso), che i renziani hanno tenuto a fine ottobre a Salsomaggiore le due linee di faglia del renzismo erano emerse entrambe. La prima, quella di Renzi e dei suoi fedelissimi, era, appunto, quella delle “mani libere” e del “nessun coinvolgimento” nelle beghe interne al Pd. La seconda faglia, quella di molti renziani – anche molti un tempo definiti ortodossi (Guerini, Giacomelli, Rosato, Fiano), e per lo più provenienti dalla ex Margherita era quella di chi sosteneva, pur se in modo soft, che di uscire dal Pd – loro – non ne avevano voglia né poco né punto. Volevano restare, cioè, nel partito e impegnarsi a fondo per far vincere la gara delle primarie a Minniti. Una faglia di divisione, quella emersa a Salsomaggiore, che, per un paio di mesi, è solo rimasta sottotraccia, ma che, alla fine – quando Minniti si è trovato di fronte al sostanziale ‘disimpegno’ di Renzi e dei suoi che recalcitravano anche solo all’idea di firmare un documento che li impegnasse a ‘non’ uscire dal Pd “qualsiasi cosa accada” (cioè, anche in caso di sconfitta del loro candidato) – è esplosa portandosi dietro il – catastrofico, per tutti – ritiro della candidatura dell’ex ministro degli Interni. Insomma, “era già tutto previsto” avrebbe detto, o meglio cantato, Riccardo Cocciante. Restano da capire, ora, solo i prossimi passi, da qui al 2019.

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L’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti

Renzi, come si sa, ha in testa un solo appuntamento, le elezioni europee. Renziani pasdaran (o fedayn) parlano di cifre elettorali “intorno al 20%: doppieremo il Pd, inchiodato al 10%, ma non vogliamo essere in concorrenza, solo arare terreni diversi. ‘Dopo’ ci potremo anche alleare, ma dopo…”. Sarà, si vedrà, certo è che un conto sono i sondaggi e le percentuali che ci si dà per farsi coraggio, un conto sono i voti veri. Anche se Renzi e i suoi pensano, oltre ad attrarre pezzi di mondi berlusconiani (parlamentari di Forza Italia ed ex di Ala di Verdini) anche a rivolgersi a tutti quei mondi ‘moderati’ oggi in fibrillazione contro un governo, quello gialloverde, che non tutela i loro interessi e che minaccia di dismettere tutte le grandi opere in atto.

Il guaio è che i renziani che seguiranno Renzi saranno pochi, molti pochi, ma all’ex premier va bene così: innanzitutto, ‘non’ li vuole perché ritiene molti di loro ‘una zavorra’. Peraltro, tra di loro, non ci saranno alcuni dei nomi simbolo del renzismo storico, come Luca Lotti e Lorenzo Guerini, che hanno lavorato fino all’ultimo per convincere Minniti a candidarsi e che, alla fine, sono rimasti con il cerino in mano, mentre sarà presente solo una stretta cerchia di pretoriani (Ascani, Nobili, Marcucci, Parrini etc.). Una cerchia così ristretta – e asfittica – dalla quale potrebbe restare fuori persino Maria Elena Boschi, anche se c’è, invece, chi dice che sia proprio lei, la ex ministra, la più scatenata nel chiedere a Renzi di andare ‘oltre’ (e di molto) dal Pd e di dar vita alla nuova avventura.

Certo è che, nella lista elettorale (nome e simbolo sono ancora da decidere) di Renzi alle Europee ci sarà molto spazio per la fantomatica – e troppo spesso citata a sproposito da tutti i partiti – ‘società civile’. Si fanno già i nomi della giornalista Rula Jebreal, dell’immunologo Roberto Burioni, dell’olimpica Bebe Vio, e di altri vip, oltre ai ‘soliti’ imprenditori, professori, registi e, magari, attori, etc. Renzi, ovvio, sarà il candidato capolista e sarà candidato in più circoscrizioni elettorali per trainare la nuova formazione che, come prima asticella, avrà lo sbarramento del 4%.

lucio presta
A tal punto interverrà il mondo dello spettacolo, a dare man forte al nuovo progetto politico di Renzi, un Pd 4.0, leggero, tutto basato sulla Rete e che, sui territori, avrà solo la (esile) struttura dei Comitati civici che si dice che, a sobillare l’ex sindaco di Firenze alla scissione, ci sia un famoso imprenditore dello show bitz come Lucio Presta. L’uomo che ha ‘piazzato’ il docufilm di Renzi su Firenze e che è tornato a nutrire ambizioni politiche ‘grandiose’, anche se, quando si presentò come candidato sindaco della sua città, Cosenza, l’avventura finì presto e male, un flop.

Eppure, un gruppo, o meglio una falange macedone, di parlamentari a Renzi serve: dieci senatori e venti deputati, non di più, pronti a costituirsi in gruppo parlamentare per evitare la fastidiosa ma necessaria incombenza della raccolta delle firme, incombenza obbligatoria per tutti i nuovi partiti che non hanno un simbolo già presentato alle elezioni. Lo stesso ex premier potrebbe accelerare la pratica della fuoriuscita dal Pd, iscrivendosi al gruppo Misto, per ora da solo, ma facendo asse con Riccardo Nencini, segretario del piccolo Psi, che potrebbe essere interessato al suo progetto. .

Resta anche un’incertezza sul lancio della nuova creatura: subito, cioè a gennaio, per bruciare sul tempo Carlo Calenda che sta per lanciare il suo Fronte repubblicano – simile, per toni e contenuti, proprio alla proposta renziana – o dopo il congresso dem di marzo? Probabilmente dopo il congresso, una volta che Zingaretti avrà vinto. Ma anche se, per ventura, fosse Martina a spuntarla, dentro il Pd, nelle urne delle primarie, per Renzi i piani cambierebbero di poco.

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Un simbolo della Commissione Europea di Bruxelles

Alle elezioni europee, come pure alle prossime elezioni politiche, quando ci saranno, Renzi si presenterà con il suo nuovo partito. Tra i (pochi) fedelissimi che seguiranno Renzi nella sua nuova avventura c’è anche, e non a caso, Sandro Gozi.
L’ex sottosegretario agli Affari europei e nuovo segretario dell’Unione dei Federalisti Europei, associazione fondata dal padre dell’Europa unita, Altiero Spinelli, nel 1946, è da tempo la longa manus di Renzi che lavora in pianta stabile tra Parigi e Bruxelles, per accreditare il nuovo partito di Renzi presso le istituzioni e i partiti europei.

E’ stato, infatti, Gozi a procurare a Renzi gli incontri dell’altro giorno con personalità di spicco della commissione Ue (Vestager, Juncker, Timmermans) e con esponenti dei raggruppamenti politici (le famose ‘famiglie’) del Parlamento europeo che Renzi vuole prendere a modello per la sua nuova formazione (Verdi tedeschi, Liberaldemocratici, En Marche di Macron, Ciudadanos spagnola) Certo, Gozi nega, agli amici, ogni proposito di scissione e non sa ancora che cosa farà al congresso. Intanto si rammarica: “Stavo preparando incontri utili per Minniti, in Europa, dove già lo conoscono e stimano. Ci credevo, io, nella candidatura di Minniti…”. E così saranno Gozi e Scalfarotto a tenere l’assemblea fondativa dei comitati civici, già prevista per il 16 dicembre a Roma, all’Hotel Nazionale, ma senza Renzi.

Il logo dell’iniziativa si chiama “cittadini2019.it” e il modello è una via di mezzo tra En Marche (selezione delle candidature dal basso) e Ciudadanos(rete web capillare). Lì verrà lanciata un Carta europea in cinque punti con una piattaforma anti-sovranista e anti-nazionalista e che verrà sottoposta a tutti i partiti nazionali in vista delle Europee. “Il Pse – spiega Gozi a un amico – non è autosufficiente, e lo sa. Noi non avremo uno Spitzenkandidat, decideremo le alleanze dopo il voto, provando a stanare il Ppe”. E il Pd? Potrebbe essere un buon compagno di strada, nulla di più.

 

 


 

NB: Questo articolo è stato pubblicato il 7 dicembre 2018 a pagina 10 del Quotidiano nazionale in forma più succinta.