Pacchetto Pd 10. ESCLUSIVO. I primi risultati del voto tra gli iscritti dem. Zingaretti davanti, Martina insegue, Giachetti sopravanza Boccia

Pacchetto Pd 10. ESCLUSIVO. I primi risultati del voto tra gli iscritti dem. Zingaretti davanti, Martina insegue, Giachetti sopravanza Boccia

16 Gennaio 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

Pubblico qui, in forma più articolata e approfondita, un articolo scritto per Quotidiano Nazionale e uscito oggi, il 16 gennaio 2019 che continua la serie “Pacchetto Pd”, cioè articoli scritti per vari giornali e in originale per questo blog, sul congresso che attende il Pd entro il 3 marzo del 2019 . 

 

Pacchetto Pd 10. Primi risultati del voto tra gli iscritti dem. Zingaretti davanti, Martina insegue, dietro tutti gli altri, ma Giachetti è terzo, di molto sopra Boccia.

 

Gli iscritti del Pd sono 400 mila, ma solo in teoria…

gli iscritti del pd

400 mila iscritti al PD

 

Zingaretti davanti (48,6%), a un passo dalla maggioranza assoluta, Martina insegue (32, 16%), terzo Giachetti (13%), ma alla lontana. Indietro tutti gli altri, compreso Francesco Boccia (4,3%), e – con percentuali infinitesimali – i due ‘Carneadi’ delle primarie dem, la lucana Maria Saladino (1%), unica donna, e il giovane romano Dario Corallo (0,6%).

Sono questi i primi dati che vengono fuori dalle votazioni nei circoli territoriali di base (6000) di cui si compone il Pd: riguardano solo 8mila iscritti (e votanti) su un totale dei tesserati 2018 che si dovrebbe aggirare tra i 390mila e i 410 mila iscritti. Dati del tutto ufficiosi e forniti a QN dall’Organizzazione del Pd: nel 2016 gli iscritti erano 450 mila: ed esponenti dem molto attendibili sostengono, che gli iscritti ‘veri’, oggi, non superino le 200/250 mila unità, il che vorrebbe dire che il Pd, in soli due anni, ha perso almeno 100 mila – se non 200mila – iscritti, un crollo molto grave.

Si tratta, quindi, di dati molto parziali (solo oggi la commissione congressuale, presieduta da Gianni Dal Moro, fornirà i primi dati ufficiali, quelli riportati qui sono solo un’anticipazione) e che arrivano solo da alcune regioni (dal Centro e dal Nord, soprattutto), mentre le regioni del Sud sono, tanto per cambiare, molto più indietro nelle operazioni di voto. Insomma, il voto delle regioni del Mezzogiorno manca e potrebbe pesare molto, in termini di equilibri congressuali.

 

Finora i votanti sono solo 8mila ma i dati sono certi e certificati. In ogni caso, alle primarie aperte del 3 marzo, andranno solo i primi tre

matteo_renzi_pd_rimini

Renzi parla davanti all’assemblea degli amministratori dem a Rimini

 

Le votazioni si sono aperte, nei circoli, il 7 gennaio e si può votare fino al 23 gennaio, quando i dati saranno definitivi. Ma è solo alla Convenzione nazionale, dove si presenteranno tutti e cinque i candidati, e già fissata per il 3 febbraio, che si saprà chi accederà alla seconda fase. A questa seconda fase accederanno, infatti, secondo le regole dello Statuto dem – scritto nel 2007, ormai dieci anni fa, dai politologi Salvatore Vassallo e Stefano Ceccanti – solo i primi tre candidati (e non, dunque, solo i primi due, come invece sarebbe assai già logico…) che abbiano ottenuto almeno il 5% dei voti a livello nazionale o almeno il 15% ma distribuito in cinque regioni o province autonome.

Si tratta, dunque, in questa prima fase, di pesare solo il voto degli iscritti, e non il voto di tutti gli elettori del Pd, le cosiddette ‘primarie aperte’, che si terranno il prossimo 3 marzo e a cui potranno votare tutti gli elettori e simpatizzanti del Pd, dopo aver sottoscritto la ‘Carta degli intenti’ del Pd e aver versato un piccolo obolo di 2 euro.

Infine, entro l’11 febbraio, dovranno essere composte tutte le liste a sostegno dei vari candidati che andranno a comporre l’Assemblea nazionale dem (1000 i componenti con diritto di voto), unico organo che ha il potere di eleggere, nella forma ma anche nella sostanza, il segretario del Pd. Un’elezione indiretta, dunque, per Statuto, quella del segretario, che potrebbe, paradossalmente, ribaltare il risultato delle primarie aperte ,ma solo se nessuno dei tre sfidanti raggiungerà il 50,1% dei voti, e cioè la maggioranza assoluta della platea dei votanti del 3 marzo.

In ogni caso, dati i voti assoluti dei circoli finora pervenuti e di cui Qn è entrata in possesso prima ancora che, oggi, verranno formalmente divulgati, è facile notare che la prima posizione di Zingaretti sembra salda, anche dove meno se lo aspettava, mentre Martina non riesce, da nessuna parte, a scalfire la sua primazia e Giachetti sopravanza Boccia.

 

Zinga vince, inaspettatamente, anche nelle regioni del Centro-Nord 

 

zingaretti-presidente-della-provincia-roma

Nicola Zingaretti quando era presidente della Provincia di Roma

 

In Emilia-Romagna, su 2200 votanti, ben 1193 sono i voti per Zingaretti, segue Martina ma solo con 753 voti: pesa di certo la decisione – ad oggi ancora informale – del governatore Stefano Bonaccini di appoggiare la corsa di ‘Zinga’. Anche in Toscana, che pure è una storica roccaforte renziana, Zingaretti è davanti con 763 voti contro i 610 di Martina, anche se il vero exploit è quello di Giachetti, che ottiene ben 243 voti, di cui 80 (su 81!) nella sola Rignano sull’Arno, feudo di papà Renzi, Tiziano. Anche in Lombardia, dove Martina partiva molto forte ed è storicamente radicato, Zingaretti è davanti con 290 voti sui 268 di Martina, mentre qui l’exploit imprevisto lo registra Boccia con 250 voti. Troppo pochi, invece, i voti in Lazio (295) per dare un risultato significativo, ma che vedono, comunque, ‘Zinga’, presidente di regione e che quindi gioca, ‘in casa’, sempre davanti come pure in Liguria (89 a 51 per ‘Zinga’ su Martina) e in Campania (91 voti Zingaretti contro i 71 di Martina) per trarne indicazioni significative e trend generali sul voto.

 

Boccia denuncia ‘pacchetti e signori delle tessere’ in particolare quelli dei renziani

 

francesco_boccia_pd

Il candidato alle primarie del Pd Francesco Boccia

 

Certo è che Boccia – il quale, va detto in tutti i sondaggi condotti sinora, ma quelli condotti tra tutti gli elettori del Pd, e non solo tra gli iscritti è quotato molto più di Giachetti (Boccia sarebbe, secondo questi sondaggi, al 16% contro il 6% di Giachetti, mentre Zingaretti sarebbe al 38,5% e Martina lo seguirebbe a ruota con il 33,3% dei voti) – denuncia i “pacchetti di voti” e i ‘signori delle tessere’ dei “turborenziani” al Sud che starebbero già inquinando il voto, come dimostrerebbe il caso della Calabria, dove il Pd è stato ‘commissariato’ a livello regionale e il congresso non si terrà. 

 

Laura Boldrini (ex LeU) voterà alle primarie. Bersani (Mdp) per ora ci riflette…

 

laura_boldrini_LeU

L’ex presidente della Camera, Laura Boldrini

Da segnalare anche che l’ex presidente della Camera, Laura Boldrini – eletta nelle fila di LeU, progetto in cui però non si riconosce più al punto da aver fondato una sua associazione di sinistra, ‘Futura‘ – annuncia che andrà a votare, alle primarie, e lo farà per Zingaretti, notizia che ha scatenato subito un nugolo di polemiche dentro il Pd perché la Boldrini, ad oggi, sta in un altro partito. Pier Luigi Bersani come tutti i dirigenti di Mdp-Articolo 1, che orma vivono da separati in casa con Pietro Grasso, SI e un pezzo di LeU, non hanno, invece, ancora deciso per chi esprimersi, e anche se lo faranno, alle primarie aperte. Ma è ovvio che la vittoria di Zingaretti aprirebbe loro uno spazio – quel ‘campo largo’ della Sinistra di cui parla da tempo Bersani – per rientrare nel Pd o, quantomeno, per cercare un’accordo, in vista delle elezioni europee del 26 maggio, e creare un’alleanza con i dem. Anche a prescindere dal fatto se si tratterà di un ‘nuovo partito’, con un nuovo nome e un nuovo simbolo – la soluzione che, ovviamente, Bersani e i suoi preferiscono per poter rientrare – o di un Pd più ‘largo’ dell’attuale.

 

Intanto, anche la cena della Chirico scatena nuove polemiche dentro il partito. 

 

mariaelena_boschi_pd

L’ex ministro alle Riforme Maria Elena Boschi

 

Un altro caso ha creato forti malumori, ieri, in casa dem è stata la cena organizzata a Roma dalla giornalista del FoglioAnnalisa Chirico, presidente dell’associazione “Fino a prova contraria”. In un noto ristorante di Roma, la Lanterna, sotto il tetto creato dall’architetto Fuksas, si sono ritrovati, oltre a magistrati, imprenditori e varie personalità, esponenti del Pd renziano (Boschi, Bonifazi, il presidente della Fondazione ‘Open’, Alberto Bianchi, da sempre ‘cassaforte’ del renzismo, e il broker d’affari Carrai, che però ha poi annunciato che non avrebbe partecipato alla cena) e pezzi da novanta della Lega, a partire da Matteo Salvini fino a due suoi ministri (Fontana e Bongiorno), oltre che a diversi esponenti di Forza Italia. Il motivo (la giustizia giusta), come pure l’obiettivo del ‘far crescere il Pil’, è e sono nobili, ma l’assenza di commensali pentastellati (non invitati, peraltro) e le ‘prove d’intesa’ tra Pd e Lega su vari temi – dalle Grandi Opere, Tav in testa, all’autonomia regionale delle regioni del Nord, hanno fatto indispettire molti dem, non renziani, dall’ex segretario Maurizio MartinaFrancesco Boccia. Il ‘sospetto’ è che i renziani – forse su indicazione dello stesso Renzi, sempre più lontano dal Pd e dalle primarie, ma molto vicino a quei ‘Comitati civici’ che stanno nascendo in tutt’Italia e che potrebbero essere la base politica e sociale di un suo nuovo partito – si apprestino a ‘flertare’ con i leghisti per dare vita un ‘ribaltone’ al governo in funzione anti-5Stelle ma che non mandi a casa, anzitempo, la legislatura. Dai renziani doc arriva, per contrappasso, il ‘sospetto’ opposto, e cioè che molti candidati al congresso (Zingaretti e Boccia, ma anche Martina) vogliano ‘aprire’ ai 5Stelle per un ribaltone di governo anti-Salvini.


 

NB: Questo articolo è stato pubblicato, in forma molto più succinta, sul Quotidiano nazionale del 16 gennaio 2019.