Abruzzo al voto, sfida a tre. I partiti guardano ai risultati in chiave nazionale, ma la sfida è tutta locale

Abruzzo al voto, sfida a tre. I partiti guardano ai risultati in chiave nazionale, ma la sfida è tutta locale

9 Febbraio 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

In Abruzzo si vota domenica. I partiti guardano ai risultati in chiave nazionale, ma la sfida è tutta locale.

“Forte e gentile”. Che tipo di regione è l’Abruzzo

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Il poeta Gabriele D’Annunzio

La terra d’Abruzzo (un tempo si chiamavano “gli Abruzzi” perché, al suo interno, convivono terre molto diverse), che lo scrittore Primo Levi definì, con geniale definizione, “forte e gentile”, domani, domenica, vota per le elezioni regionali.

Alle urne andranno poco più di un milione di cittadini per eleggere presidente della Giunta e Consiglio regionale. L’Abruzzo, che vive ‘scosceso’, tra gli Appennini e il mare Adriatico, è grande e bello, ma scarsamente popolato (1.300 mila gli abitanti, svuotati dalla forte emigrazione che ha spopolato la regione agli inizi del Novecento), ha un’economia che si basa su pochi elementi ‘forti’, e molto poco ‘industriali’, e ancora vive degli echi dell’agricoltura e della pastorizia del tempo che fu (famoso il fenomeno, tutto abruzzese, della ‘transumanza’), e una vivacità culturale ormai annacquata ma che trae ancora linfa vitale da alcuni ‘padri della patria’ abruzzesi arrivati a fama nazionale e internazionale come gli scrittori Gabriele D’Annunzio Ignazio Silone, per non dire del più grande filosofo italiano del ’900, Benedetto Croce. Si dovrebbe trattare di una ‘normale’ elezione regionale, invece è il primo test elettorale dalle Politiche del 4 marzo. Lo saranno anche le elezioni regionali in Sardegna del prossimo 24 febbraio e, ovviamente, le elezioni europee del 26 maggio, ma il primo test politico, per certificare lo stato di salute della maggioranza di governo, i rapporti di forza interni tra Lega e 5Stelle, ma anche lo stato di salute delle opposizioni, è, appunto, l’Abruzzo.

L’Abruzzo è composto da quattro province, ben diverse tra loro: L’Aquila, città di tradizione millenaria, capoluogo di regione arroccato sugli Appennini, vicina alla gran montagna del Gran Sasso e, con al suo interno, la Marsica, è una città ancora ‘scossa’ – e non ancora pienamente ricostruita – dal terribile terremoto del 2009; Pescara (la città più industrializzata e commerciale della regione, ma anche la più nuova, nata agli inizi del ’900, il nome fu scelto da D’Annunzio), che è adagiata sul mare; Teramo (media provincia abruzzese, un tempo unica isola ‘rossa’ nel ‘bianco’ Abruzzo); Chieti (veniva definita la ‘camomilla d’Abruzzo’, ma ebbe anche un sindaco di provata fede Msi).

Se si dovessero trasferire i risultati ottenuti, in Abruzzo, alle scorse elezioni politiche, non ci sarebbe partita. L’M5S parte dal 39,8%,il centrodestra dal 35,5%, il Pd (più i suoi alleati ‘minori’) dal 20,2%. Ma di acqua ne è passata, in un anno, sotto i ponti e gli abruzzesi, gente tosta e fiera, usano pensare – e, quindi, votare – con la loro testa.

Nelle dimissioni di D’Alfonso il motivo del voto anticipato

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Luciano D’Alfonso, ex governatore della regione Abruzzo

 

L’Abruzzo va al voto, peraltro, prima del tempo, perché, alle Politiche del 4 marzo 2018, il presidente della Regione uscente, Luciano D’Alfonso, è stato eletto senatore nelle fila del Pd. Dopo un lungo, tergiversare, D’Alfonso si è dimesso da presidente della regione il 9 agosto (la carica di parlamentare e di governatore sono incompatibili per legge) e quindi, dopo aver ricoperto, per circa tre mesi, il doppio – incompatibile – incarico, i poteri sono passati al vicepresidente della Regione, Giovanni Lolli (Pd), che è diventato presidente vicario al posto di D’Alfonso. Poi si è potuto finalmente procedere nell’indire nuove elezioni fissate, appunto, a domenica 10 febbraio.

Alle precedenti elezioni regionali, un’era geologica fa, politicamente, D’Alfonso era riuscito a riportare il centrosinistra alla guida della Regione, stracciando con il 46,26% dei voti il governatore uscente, di centrodestra, Giovanni Chiodi, fermo al 29,26%,mentre il M5S ottenne il 21,41% candidando la consigliere regionale Sara Marcozzi. Ma alle Politiche del 4 marzo 2018l a situazione si è del tutto rovesciata, con l’M5S che, in Abruzzo, ha preso il 39,85%. A seguire veniva poi il centrodestra, con il 35,53%, e molto dopo, e molto più staccato, il centrosinistra, con il 20,2%.

I sondaggi sono, ovviamente, vietati, in questi giorni, ma estrapolando il dato dell’Abruzzo dalla media degli ultimi sondaggi nazionali il quadro appare sul filo di lana tra il centrodestra, che è partito molto favorito, il M5S che insegue, non lontanissimo, e il centrosinistra, in forte recupero.

Quattro candidati e tante liste. Chi corre con chi

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Giovanni Legnini, ex vice presidente del Csm

I candidati alla carica di governatore sono quattro, ma solo tre sono quelli principali e ognuno con chanche di vittoria: Giovanni Legnini, ex vicepresidente del Csm, di area Pd, per il centrosinistra (ben otto le liste a sostegno: Pd, Mdp, lista per Legnini presidente, +Abruzzo, Democratici e Popolari per l’Abruzzo, Abruzzo Insieme, Abruzzo in comune, Avanti Abruzzo), abruzzese doc e verace; Marco Marsilio, senatore di FdI, per il centrodestra (cinque le liste a sostegno: Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Udc-Dc-Idea, Popolari per l’Italia), che vanta una lontana discendenza abruzzese (i nonni), ma che è romanissimo; Sara Marcozzi, consigliere regionale uscente pentastellata, per l’M5S (con, ovviamente, solo la lista dell’M5S a sostegno). Poi c’è un candidato manifestatamente ‘minore’, Stefano Flajani, per Casa Pound (unica la lista a suo sostegno). Ad oggi, le liste – 15 in totale a livello regionale ma che devono presentare, per legge, sette consiglieri ciascuno per ognuna delle quattro province abruzzesi (L’Aquila, Teramo, Chieti, Pescara) – vedono ben 440 candidati presenti in tutte le liste, di cui ben 232 solo per Legnini.

Tre coalizioni e tre campagne elettorali molto diverse tra loro

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Il senatore Marco Marsilio (FdI)

Il centrodestra ha improntato una campagna tutta di risulta rispetto ai temi nazionali: il candidato governatore è di FdI, quindi la Meloni tiene molto al suo risultato, Salvini viene in Abruzzo un giorno sì e l’altro pure da settimane, e vuole una forte affermazione per la suaLega; Berlusconi ha vinto stanchezze e dissapori e si è catapultato pure lui qui.

Ma il ‘patto dell’arrosticino’ tra i tre leader (alle elezioni regionali in Sicilia il centrodestra, candidando Nello Musumeci, che poi vinse, siglò il ‘patto dell’arancino’) non è stato siglato perché, ormai, Lega da una parte, FI e FdI dall’altra viaggiano su binari separati. Tanto che la conferenza stampa congiunta dell’altro giorno tra Salvini, Meloni Berlusconi non ha dato i risultati sperati. Ognuno dei tre leader è rimasto fermo sulle proprie posizioni, diviso sullo scenario nazionale e unito solo per le regionali, con chiari segnali di insofferenza di Salvini verso Berlusconi. Peraltro, il centrodestra abruzzese è molto litigioso: dopo molti ‘strappi’ locali, Salvini, Berlusconi e Meloni hanno deciso di puntare sul senatore Marsilio (che è di FdI), ma il deputato leghista Bellachioma è accusato di non aiutarlo (e la Lega di ‘giocare sporco’, di fatto contro Marsilio), mentre l’Udc ha creato molte tensioni mettendo in lista un paio di nomi che si erano candidati, in precedenza, con il Pd, al punto che Marsilio ha annunciato di non volerla in Giunta, se vince.

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Sara Marcozzi (M5S)

I 5 Stelle hanno individuato il loro candidato tramite il consueto metodo delle ‘regionarie’, ma si è trattato, in realtà, di un pro forma: con 1.032 voti è stata designata la consigliere regionale uscente, Sara Marcozzi, già aspirante governatrice nel 2014, ma sconfitta già una volta. La Marcozzi– compagna dell’ex deputato dell’M5S Giorgio Sorial, ancora oggi un fedelissimo di Di Maio e presente nel suo gabinetto di governo – si ‘appoggia’ molto al vicepremier e ai ministri pentastellati, che hanno compiuto un tour de force asfissiante in tutte le province abruzzesi, ma gode anche di un radicamento (e una personalità) suo, fatto di molte battaglie combattute nel precedente Consiglio. La sua debolezza è data dallo scarso traino dei candidati in lista (una sola) e dal fatto che non viene vista come competitiva.

E’ Legnini, però, la vera sorpresa.

Dopo qualche dubbio, specie perché il centrosinistra, dopo l’epoca di D’Alfonso, era in evidente rotta e, come al solito, molto litigioso, il vicepresidente uscente del Csm – oltre che ex parlamentare ed ex sottosegretario in diversi governi di centrosinistra – ha accettato la sfida. I candidati alla segreteria del Pd, per sua fortuna non si sono fatti vedere, in Abruzzo, ma soprattutto Legnini ha azzeccato la campagna elettorale, tutta giocata su temi locali, le liste (ben otto) e i tanti (232) candidati, tra cui amministratori locali e sindaci stimati quanto lui che potrebbero aiutarlo in una rincorsa fino a ieri disperata, data l’estrema debolezza in cui versa il Pd e la sinistra locale.

Come si vota in Abruzzo

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Scheda per le elezioni regionali

Quello abruzzese è un sistema elettorale proporzionale, con soglia di sbarramento al 4% per le liste non coalizzate e del 2% per quelle, invece, inserite all’interno di una coalizione. In base ai voti ottenuti, al governatore eletto sono attribuiti trail 60% e il 65% dei seggi (da 17 a un massimo di 19, ma non oltre, sui 31 totali disponibili). L’elettore vota sia per il candidato alla Presidenza della Regione che per una qualunque delle liste circoscrizionali collegata al candidato presidente. E’ possibile esprimere uno o due voti di preferenza. Nel caso di due preferenze, devono riguardare candidati di sesso diverso, ma della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza. Vietato, infime, il voto disgiunto: il voto a un candidato Presidente e per una lista diversa da quelle a lui collegate è nullo.


NB: Questo articolo è stato pubblicato il 9 febbraio 2019 sul sito di notizie spraynews.it