Speciale primarie Pd/1. Chi è Nicola Zingaretti, da dove viene, chi lo appoggia e un’intervista

Speciale primarie Pd/1. Chi è Nicola Zingaretti, da dove viene, chi lo appoggia e un’intervista

1 Marzo 2019 1 Di Ettore Maria Colombo

Una ‘guida all’uso’ dello “speciale Primarie del Pd”

 

Ecco una serie di  tre articoli sulla competizione che si terrà domenica 3 marzo all’interno del Pd, le primarie ‘aperte’. Inizio con un ritratto di Zingaretti, seguito da un’intervista che mi ha rilasciato per Quotidiano Nazionale. Poi sarà la volta di Martina e, ancora dopo, di Giachetti, secondo lo stesso schema. Infine, domenica, pubblicherò uno ‘speciale primarie’ su come si vota, numeri, regolamento, Statuto, storia, curiosità etc. Gli articoli saranno pubblicati da oggi fino a domenica.

Qui trovate, invece, un ritratto di Maurizio MartinaSpeciale primarie Pd/2. Chi è Maurizio Martina, da dove viene, chi lo appoggia e un’intervista

E qui trovate, invece, un ritratto di Roberto GiachettiSpeciale Primarie Pd/3. Chi è Roberto Giachetti, da dove viene, chi lo sostiene e un’intervista

 

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Il logo delle primarie del Pd

Una breve introduzione generale. Cosa sono le primarie del Pd

 

Domenica prossima, 3 marzo, si terranno in tutt’Italia (principalmente nei 7000 circoli del Pd, ma anche in gazebo messi nelle varie città per l’occasione) le primarie. Vuol dire che potranno parteciparvi, oltre agli iscritti, anche i semplici elettori e simpatizzanti del Pd e del centrosinistra a patto di versare un piccolo obolo (5 euro) e sottoscrivere la ‘Carta degli intenti’ del Pd, come si è sempre fatto. Il nuovo segretario, in realtà, non verrà proclamato immediatamente, cioè la sera stessa del voto, ma dovrà attendere la convocazione della nuova Assemblea nazionale (1000 delegati la platea) che decreterà l’elezione del nuovo leader del Pd, come prevede lo Statuto dem (si tratta, cioè, di un’elezione ‘indiretta’, come quella del presidente Usa, e non di un ‘elezione diretta’). Quindi, il vero obiettivo di ogni candidato non è avere più voti popolari degli altri ma più ‘Grandi elettori‘ (i delegati in Assemblea): la maggioranza di sicurezza è fissata, dunque, a 501 delegati, ma questa cifra non corrisponde al 51% dei voti assoluti. Per un complicato meccanismo di calcolo che riguarda l’elezione dei delegati in Assemblea, infatti, solo chi si assicura il 53-54% dei voti reali ha la certezza di avere, in Assemblea nazionale, la maggioranza assoluta dei delegati (501 su 1000). 

 

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Zingaretti, Martina e Giachetti, i tre candidati alle primarie del Pd

 

Pertanto, se uno dei candidati finirà sotto o poco sopra del 50% dei voti reali nei gazebo il voto dell’Assemblea nazionale diventerà dirimente, nel senso che potrebbe verificarsi di tutto, lì dentro.

Ma su questo e su altri aspetti delle primarie (storia, numeri, regolamento, modalità di elezione, poteri, etc.) torneremo più avanti, cioè nei prossimi giorni. Presentiamo, invece, qui, in tre diversi articoli, i tre candidati che si contendono l’investitura a segretario del Pd del futuro. Partiamo, per ordine di grandezza, dal candidato che ha preso più voti nel primo step delle primarie democratiche (il voto nei circoli), che è diventato ufficiale lo scorso 3 febbraio, quando sono stati resi noti i risultati definitivi del voto nei circoli che si sono tenuti per l’intero mese di gennaio, e cioè Nicola Zingaretti. Domani sarà il turno di Maurizio Martina, segretario uscente, poi di Roberto Giachetti.

Da tenere a mente, in ogni caso, che uno dei problemi principali delle primarie di domenica sarà di certo la partecipazione. L’asticella è fissata, da tutti, a un milione di voti, per non sfigurare: se  i votanti fossero di meno, l‘affluenza verrebbe indicata come un flop, dal milione in su un successo.

 

Chi è Nicola Zingaretti, una vita in politica e tutta ‘a sinistra’

 

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Nicola Zingaretti, governatore del Lazio e candidato alle primarie del Pd

 

“Sai quando cammini sul bagnasciuga, tu non te l’aspetti, lei arriva, e ti ritrovi tutto bagnato” chiede retoricamente Zingaretti. “Ecco”, spiega, “per me la politica è stata una cosa così. Non l’ho mai scelta, mi ci sono trovato in mezzo, zuppo”. Non potrebbe essere altrimenti, in effetti, per lui.

Classe 1965 (è nato l’11 ottobre), romano ‘de Roma’, Nicola Zingaretti – detto, persino dagli amici, ‘Sor Tentenna’ o ‘Er saponetta‘ – non ha fatto in tempo neppure a laurearsi, ma solo a concludere la scuola dell’obbligo, quando già ha mosso i suoi primi passi in politica, nell’orbita del Pci. Infatti, ha solo 17 anni quando sceglie di fondare “ Nero e non solo”, associazione di volontariato anti-razzista. Per quanto riguarda gli studi, dopo due anni di ginnasio, si trasferisce al liceo per odontotecnici “Kennedy”, dove prende il diploma, mentre non ha mai intrapreso gli studi per prendere la laurea

Alla fine degli anni ’80 Zingaretti è già diventato segretario provinciale della Fgci e, tra il 1985 e il 1989, segretario regionale del Lazio del Pci, ma nel 1991 diviene segretario nazionale della Sinistra giovanile, il movimento giovanile nato dalle ceneri della Fgci e che ne rappresenta la continuazione pratica dentro il  Pds prima e i Ds dopo, un ruolo che ricopre fino al 1995. In quegli anni si impegna attivamente per tematiche sociali importanti come la difesa dell’ambiente, e la lotta alla criminalità organizzata. Nel 1992 è diventato già consigliere comunale a Roma: si occupa di difesa dell’ambiente e legalità (numerose le iniziative che patrocina in memoria dei magistrati Borsellino e Falcone). Ma fa anche vari viaggi umanitari in Bosnia come in Israele per portare aiuti e solidarietà. 

 

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Enrico Berlinguer, storico leader del Pci

 

Dal 1995 al 1997 è presidente dell’Unione Internazionale della Gioventù Socialista e nel 1998 entra a far parte della commissione del Pse che elabora la piattaforma ‘Progresso Globale‘, presieduta da Felipe Gonzales, leader del Psoe. Si impegna molto per il processo di pace tra Israele e Palestina, organizzando iniziative per favorire il dialogo tra giovani laburisti israeliani e la gioventù di Al Fatah.

 

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Walter Veltroni

 

Dal 1998 al 2000, Zingaretti è responsabile delle Relazioni Internazionali nella Direzione Nazionale dei Ds e nel 1998 organizza, a Milano, il congresso dei Socialisti Europei. Nel 2000 viene eletto segretario dei Ds di Roma e nel 2001 è uno dei promotori della candidatura di Walter Veltroni a sindaco, contribuendo alla vittoria dell’Ulivo romano. È anche tra i protagonisti di una stagione di risultati importanti per il centrosinistra e i Ds romani che nel 2003, dopo otto anni, tornano a essere il primo partito della Capitale, sconfiggendo il centrodestra in tutta la provincia di Roma.

 

I primi passi: dal Parlamento europeo alla… Provincia di Roma

 

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Gli scranni dove siedono i parlamentari europei a Bruxelles

 

Il primo incarico politico importante arriva nel 2004 quando viene eletto, a marzo, parlamentare europeo, nella lista Uniti nell’Ulivo grazie a 213 mila preferenze. Diventa subito capogruppo della delegazione dei eurodeputati dei Ds nel Parlamento europeo e si fa carico delle battaglie del Pse.

Nel frattempo, nel 2006, viene eletto segretario dell’Unione regionale del Lazio dei Ds e, il 14 ottobre 2007, alle elezioni primarie del neonato Pd viene eletto con 282.000 voti (85,31%segretario regionale del Lazio.

Il 28 aprile 2008 Zingaretti decide di candidarsi, e viene eletto, presidente della Provincia di Roma. Vince il ballottaggio sul candidato del centrodestra con più di un milione di voti (1.001.490), pari al 51,48% dei consensi, mentre – lo stesso giorno – Rutelli perde il ballottaggio contro Alemanno (An) e Veltroni perde, seppur in modo molto onorevole, le elezioni politiche contro Berlusconi.  

Nel 2010 è protagonista di un primo scontro, tutto interno al Pd, proprio con Matteo Renzi che gli rimprovera lo “scarso coraggio” per non essersi voluto impegnare nella candidatura alle regionali del Lazio del 2010, dove è caduta la giunta guidata da Piero Marrazzo per un brutto scandalo a sfondo sessuale e il centrodestra prepara la rivincita candidato la segretaria dell’Ugl Renata Polverini.

La replica di Zingaretti è di “non voler ridurre la politica a carrierismo”, ma i suoi dubbi fanno pensare e gli affibbiano l’appellativo di ‘Sor Tentenna‘: prima dice ‘no’, poi ‘in’, infine lascia il campo all’auto-candidatura di Emma Bonino, che perderà – e male – la corsa per la Regione. 

 

La ‘finta’ corsa per Roma (abbandonata) e quella ‘vera’ in Regione (vinta)

 

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Nicola Zingaretti quando era presidente della Provincia di Roma

 

Il 7 dicembre del 2012 Zingaretti si dimette da presidente della Provincia di Roma, ponendo fine alla sua amministrazione con 5 mesi d’anticipo rispetto alla scadenza naturale, per candidarsi alla presidenza della regione Lazio per le elezioni che si svolgeranno nel 2013. Però, prima accade che, il 28 giugno 2012, Zingaretti annuncia di volersi candidare alle primarie in vista delle prossime elezioni comunali di Roma per sfidare il sindaco uscente, Gianni Alemanno (An), che si riprenseta, ma la sua mossa trova la contrarietà di una parte del partito. La candidatura ufficiale avviene il 16 luglio durante una manifestazione in piazza San Cosimato a Trastevere, ma il 4 ottobre 2012, Zinga fa dietrofront e annuncia di volersi candidare alle elezioni regionali del Lazio.

Infatti, arrivano le dimissioni anticipate della giunta guidata fino al 27 settembre da Renata Polverini (An), dimessasi a seguito dello scandalo che ha portato alla luce un sistema di fondi pubblici elargiti ai membri del Consiglio regionale di cui avevano usufruito irregolarmente consiglieri del Pdl, a partire da tal Franco Fiorito. Il centrosinistra è alla disperata ricerca di un candidato perché, dopo aver già perso due volte la Regione (prima con Badaloni e poi con Marrazzo, peraltro due ex giornalisti Rai), ha bisogno di trovare un candidato ‘forte’ ma anche che sia un ‘politico’. Lui beve il calice, non più amaro: “C’è un’emergenza democratica che sarebbe un crimine sottovalutare e questa è una priorità assoluta” spiega Zingaretti per motivare la sua nuova candidatura in Regione.

Appoggiato da una coalizione che va dal Pd a SeL, dal Psi a Centro democratico (lo schema è lo stesso di quello usato in Provincia: alleanze ampie, da destra fino al centro, molte liste civiche), il 24-25 febbraio 2103 Zingaretti batte il candidato del centrodestra, Storace (29,32%), e viene eletto presidente della Regione con 1.329.643 voti (40,65%). Quello stesso giorno il Pd ‘non vince’ le elezioni Politiche. Zingaretti è tentato (e richiesto) di candidarsi alla guida del Pd per aiutarlo a ripartire dopo le dimissioni di Bersani: lui ci pensa, tentenna, ma poi non lo fa e resta in Regione.

Passano cinque anni, Zingaretti sembra essere stato dimenticato da tutti, ma la stagione del renzismo, dopo i primi anni di successi, inizia a perdere colpi e Zingaretti è sempre lì che aspetta.

Il 4 marzo del 2018, in concomitanza con le elezioni politiche, dove il Pd frana e collassa, sostenuto da una coalizione di centrosinistra (Pd, Lista Civica Zingaretti, LeU, +Europa, Insieme, Centro solidale), Zingaretti si ricandida e viene rieletto per il secondo mandato alla guida della Regione Lazio, prendendo il 32,92% dei voti contro il 31,17% dello sfidante del centro-destra, Stefano Parisi. 

E’ il primo presidente della Regione Lazio rieletto per un secondo mandato, ma la navigazione si fa subito difficile. Infatti, dentro il consiglio regionale, i voti di cui gode la maggioranza di centrosinistra all’inizio non ci sono e poi diventano solo due e solo grazie a due ex transfughi del centrodestra che appoggiano, di volta in volta, i provvedimenti varati dalla Giunta Zingaretti.

I 5Stelle, guidati in Consiglio Regionale dalla pasionaria e grillina della prima ora, Roberta Lombardi, un po’ fanno opposizione e un po’ no. Di fatto, Zingaretti governa con il suo beneplacito e lei lo rivendica anche in questi giorni: “Su ambiente, lavoro, trasparenza lavoriamo bene insieme”. 

 

La ‘filiera’ Pci-Pds-Ds, l’epoca Renzi  e, poi, la ‘scalata’ del Pd

 

Matteo Renzi ex Premier del Pd

Matteo Renzi ex Premier del Pd

 

Politicamente vicino alla ‘filiera’ Pds-Ds-Pd che candida ed elegge alla guida del partito prima Fassino, poi, quando nasce il Pd, Veltroni (con cui mantiene ottimi rapporti personali, anche se politicamente sono lontani), poi ancora Bersani (cui Zingaretti è legato storicamente e che appoggia con grande convinzione), quando il Pd finisce nelle mani di Renzi ‘Zinga’ va all’opposizione interna, nel partito, anche se mantiene, con Renzi, rapporti istituzionali formalmente corretti.

Ma due anni prima, quando Renzi si era dimesso prima da premier e poi da segretario, dopo la sconfitta al referendum istituzionale del 4 dicembre 2016, ci si aspettava che – contro la ricandidatura di Renzi alle primarie del 2017 – sarebbe sceso in campo proprio lui, Zingaretti. Cosa che, come abbiamo visto, già ‘non’ aveva fatto dopo le dimissioni di Bersani, durante il 2013. 

Invece, dopo vari dubbi e tentennamenti, il governatore rinuncia e lascia il campo al rappresentante della sinistra interna al Pd, Andrea Orlando, che Zingaretti appoggia, ma che non può nulla contro il ritorno di Renzi che stravince le primarie e torna in sella come segretario del Pd, in vista delle elezioni politiche, poi fissate al 4 marzo del 2018.

Subito dopo la sconfitta del Pd alle Politiche del 4 marzo e le dimissioni di Renzi da segretario, Zingaretti chiede subito, a gran voce, che si tengano al più presto le primarie, ma poi accetta la ‘transizione’ affidata a Maurizio Martina, purché sia ‘breve, come in effetti alla fine sarà. 

Infine, il 13 e 14 ottobre del 2018, durante la sua manifestazione Piazza Grande organizzata all’ex Dogana – Scalo di San Lorenzo di Roma, Zingaretti lancia ufficialmente la sua candidatura a segretario del Pd in vista delle primarie. Nel voto tra gli iscritti, tenutosi a gennaio, ottiene 88.918 voti, pari al 47,38%, diventando quindi il primo tra i candidati per le primarie aperte del 3 marzo 2019. Zingaretti, nei sondaggi, è accreditato di un buon 55%-60% di voti sui suoi avversari.

 

Il fratello più famoso, l’attore Luca Zingaretti, e la famiglia

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Nicola Zingaretti ed il fratello Luca, attore

 

Prima che Nicola Zingaretti diventasse presidente della Regione Lazio per la prima volta, quando cioè arriva a una fama nazionale, di Zingaretti in Italia si conosceva solamente il fratello Luca, divenuto famoso per aver interpretato il ruolo del commissario Salvo Montalbano nella fortunata serie Rai ‘Il Commissario Montalbano’ tratta dagli omonimi romanzi di Andrea Camilleri.

I due fratelli, Nicola e Luca, e la sorella Angela, sono molto uniti e sono soliti riunire le rispettive famiglie le domeniche nella casa materna, impegni permettendo: è lì che nel si ritrovano a pranzo nipoti e figli. La loro madre, impiegata all’inali, di religione ebraica, è miracolosamente scampata alle deportazioni razziali del 1943-’44 per puro caso: non era in casa quando l’abitazione dei bisnonni fu passata al setaccio dai nazifascisti che condannarono ai campi di sterminio la bisnonna di Luca e Nicola.

Terzogenito di un’impiegata dell’Inail e di un direttore di banca che “non ha mai fatto un giorno d’assenza in 40 anno di lavoro”, dell’infanzia alla Montagnola, quartiere semi-periferico e semi-borghese, Zinga ricorda le liturgie quotidiane di una famiglia unita che la sera d’estate andava in centro per vedere i film di Massenzio o sulla spiaggia di Castelporziano per la Rassegna dei Poeti.

Nicola Zingaretti ha due figlie, Flavia Agnese, di 13 e 17 anni, avuti con la moglie Cristina Berliri che ha conosciuto nel lontanissimo 1981, durante la sua prima manifestazione studentesca, sconvolta dall’arrivo della notizia dell’attentato di Alì Agca a papa Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. 

Cristina non frequentava il suo stesso liceo, ma l’incontro, quando avvenne, fu indimenticabile, per il timido Nicola. Da quel giorno, trent’anni e due figlie adolescenti dopo, non si sono più lasciati e si sono sposati, con rito civile, officiato da Rutelli, nel 1999. Le loro figlie sono Flavia (17 anni) e Agnese (14 anni), il cui nome viene dal titolo del libro omonimo di Roberta Viganò (L’Agnese va a morire) sulla Resistenza di una donna che da ragazzo, dice Zingaretti, “mi ha cambiato la vita”. Le due ragazze frequentano, attualmente, il liceo classico Mamiani, lo stesso frequentato dalla madre.

Zingaretti ama il mare e le isole, proprio come il fratello, preferisce villeggiare al lido Frigidaire, tra Ansedonia e Capalbio, dove ha una casa al mare, e sfoggia una fastidiosa ‘zeppola’ nella voce che un po’ fa simpatia, un po’ non lo aiuta, in tempi di sovraesposizione mediatica. Di carattere, è un timido che dispensa toni morbidi e larghi sorrisi da una vita, ma ha un carattere introverso.

Veste casual raffinato (camicie bianche botton down, di solito senza cravatta, scarpe Clark). 

 

La maledizione di essere definito ‘sor Tentenna’…

 

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Il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti (Pd)

 

I maligni – ma anche gli amici – gli attribuiscono il nome di “sor Tentenna” o di ‘er Saponetta‘ proprio perché, come abbiamo visto, ha rinunciato ben tre volte prima a candidarsi a sindaco di Roma e poi (altre due) a segretario del Pd. Nicola Zingaretti, romano come pochi, ha invece, più che un difetto, una caratteristica ‘localistica’: è molto attaccato alle sue terre, la città di Roma e il Lazio.

“Se oltrepassa i Castelli (romani, ndr.) se pija d’ansia”, lo sfottono i suoi detrattori. Certo è che Zingaretti non si era mai cimentato, finora, con la politica nazionale. Nonostante l’impegno da europarlamentare europeo, ha costruito tutte le sue fortune dentro il territorio capitolino e nella Regione Lazio. Lui ribatte che tutte le volte che, però, si è presentato, non ha mai perso un’elezione. 

Eppure, si tratta di un uomo che ha fatto della politica la sua ragione di vita, ma che ha anche interpretato la politica come necessità di un’amministrazione seria e rigorosa. Alla Provincia di Roma ha inaugurato, primo tra tutti, il wi-fi gratuito, alla Regione ha curato in modo spasmodico l’ambiente, le strade e, ovviamente, la sanità locale. 

Zingaretti non ha mai disdegnato, da figlio della ‘miglior scuola’ del Pci, l’impegno ‘globale’. Da giovane comunista e poi leader della Sinistra giovanile organizzava battaglie per la pace e il dialogo tra i popoli, ma anche battaglie anti-razziste e di aiuto per gli immigrati. Per non dire dei tanti campi di legalità e delle tante iniziative cui diede vita in ricordo dei due eroi dell’Antimafia Falcone e Borsellino di cui tiene sempre una foto sulla scrivania (o almeno teneva). Da timido, e un po’ scontroso che era, è diventato tignoso e, a tratti, aggressivo. Attacca e polemizza gli avversari, dopo aver passato una vita a cercare di smussare i contrasti e addolcire i toni. Va anche in palestra.

 

Chi lo appoggia, nel Pd e fuori dal Pd (praticamente quasi tutti…)

 

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L’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando (Pd)

 

Zingaretti gode, ovviamente, del massiccio appoggio dell’intera sinistra interna dem: l’area che fa capo all’ex ministro Andrea Orlando (Dems) e quella che ha per leader Gianni Cuperlo (Sinistra dem). Ha allargato, però, la sua mozione prendendo esponenti dell’ex area Letta come Paola De Micheli, che ne è diventata la coordinatrice nazionale, come pure qualche ex-renziano del Centro-Nord, e si è schierata al suo fianco Area dem, la componente che fa capo all’ex ministro Dario Franceschini, tra cui spiccano gli ex ministri Marianna Madia, Roberta Pinotti, Giuliano Poletti. 

Per quanto riguarda le filiere locali del Pd, si sono schierati con Zingaretti i governatori dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, dell’Umbria, Catiuscia Marini, della Calabria, Mario Oliviero, mentre molti sindaci – capitanati da quello di Pesaro, Matteo Ricci e fino a ieri renziani – ora tifano per lui.

 

FRANCESCO BOCCIA

Francesco Boccia

 

Zingaretti gode anche dell’appoggio del quarto candidato arrivato tra gli iscritti, il pugliese Francesco Boccia, e di una ‘rete’ di associazioni e personalità del mondo del lavoro e sociale (l’ex ministro Cesare Damiano) come del mondo cattolico (gli eurodeputato Enrico Gasbarra e David Sassoli). Tra le personalità del Pd e del centrosinistra che si sono già espresse in suo favore vi sono due ex premier, Paolo Gentiloni ed Enrico Letta, ma anche quello che doveva essere il candidato di Renzi a questo congresso per poi, all’ultimo, ritirarsi, l’ex ministro Marco Minniti.

 

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Romano Prodi

 

Solo Romano Prodi, pur invitando tutti ad andare a votare alle primarie, non si è espresso ufficialmente, ma il suo cuore batte per Zingaretti, che ha ospitato a pranzo a Bologna, facendogli mangiare i bolognesi ‘tortelli’, uno di quei segnali che Prodi ama mandare quando vuole benedire qualcuno senza strafareAnche Walter Veltroni si è limitato a un appello agli iscritti e ai militanti del Pd per “andare tutti a votare”, ma tutti dicono che anche lui veda con favore la vittoria di Zingaretti.

Fuori dal Pd, vedono di buon occhio una sua affermazione dentro Mdp (cioè i fuoriusciti del Pd contro Renzi che poi diedero vita a LeU), da Roberto Speranza Pierluigi Bersani, da Guglielmo Epifani Vasco Errani, mentre l’appoggio, pure arrivato, di Massimo D’Alema ha creato, a Zingaretti, più problemi di quanti non gliene abbia risolti.

Sempre fuori dal recinto del Pd si sono espressi, in modo netto, a favore di una sua vittoria, l’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, leader dello (sfortunato) esperimento di Campo progressista, e la ex presidente della Camera, Laura Boldrini (LeU) con il suo movimento, ‘Italia Futura’, ma anche altri esponenti del mondo ex centrista oggi alleati con il Pd.

 

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Emblema della Santa Sede, Il logo ufficiale dello Stato della Città del Vaticano

 

Zingaretti ha sempre coltivato buoni, anzi ottimi, rapporti con il mondo cattolico, romano e non, a partire dalla comunità di Sant’Egidio, e gode anche di un forte appoggio di un certo mondo cattolico ‘progressista’ e ‘solidale’ tanto che è nato un gruppo di cattolici impegnati, sotto la dicitura ‘Italia solidale’, che si è schierato con lui al congresso.

Apprezzato persino dagli ambienti della Destra romana, in buoni rapporti con i poteri locali (costruttori romani in testa) che contano, Zingaretti porta la croce di volersi ‘accordare’ con i 5Stelle (che ha “battuto due volte”, come ricorda sempre lui), che pure gli fanno opposizione dentro il consiglio regionale, in vista di un futuro governo del Paese.

 

Tre figure chiave nella ‘squadra’ di Zingaretti:
Goffredo Bettini, Massimiliano Smeriglio e Andrea Cappelli

 

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Goffredo Bettini, europarlamentare del Pd

 

Oltre alla coordinatrice della mozione, Paola De Micheli, e a una lunga filiera di amministratori locali, laziali e non, nella squadra di Zingaretti stanno, praticamente da sempre, tre personalità diverse ma per lui egualmente importanti. Sono tre maschi, ma di generazioni, età, indole e carattere diversi. 

La prima è quella del suo ‘vero’ padre politico e intellettuale, l’ex senatore e oggi europarlamentare  del Pd Goffredo Bettini. Solida scuola Pci, berlingueriano storico, attento al dialogo coi cattolici ma anche con i ‘poteri forti’, inventore di quello che, ancora oggi, viene definito ‘il modello Roma’, si deve a Bettini l’elezione al Campidoglio prima di Rutelli e poi di Veltroni, con un insieme di liste e di sigle a loro sostegno che spaziavano dalla sinistra al centro, passando per le civiche. Il modello sempre usato da Zingaretti. Ma il ‘peso’ di Bettini su Zingaretti è diventato, ormai, un po’ troppo i ingombrante: il figlio si è emancipato. Teorico di una profonda ‘de-renzizzazione’ del partito, Bettini punta al dialogo con i 5Stelle come pure a far diventare Pd una ‘nuova’ sinistra socialdemocratica.

 

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Massimiliano Smeriglio Vice Presidente Regione Lazio

 

L’altro uomo di Zingaretti è il suo vicepresidente (per la seconda volta) in Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio. Definito “il Lotti di Zinga”, Smeriglio viene direttamente da Rifondazione comunista. Passato armi e bagagli (gode di un forte consenso in alcuni dei più periferici quartieri della Capitale, a partire dalla Garbatella, storica ex roccaforte rossa romana) in SeL di Vendola prima e in Campo progressista di Pisapia dopo, Smeriglio non fa parte del Pd, si muove ‘al confine’ con il Pd, partito di cui non ha mai preso la tessera, in una sorta di ‘terra di nessuno’ a cavallo tra Mdp, più che LeU, Campo progressista, il movimento ‘Futura’ di Laura Boldrini e alcune esperienze di ex centri sociali romani non proprio fortunate e di certo assai ambigue.

Il terzo, ma fondamentale, uomo di Zingaretti si chiama Andrea Cappelli: è il suo portavoce, ma soprattutto un suo vero braccio destro. Coriaceo e sbrigativo quanto acuto, Cappelli non si limita a consigliare Zingaretti sul rapporto con i media (giornali, tv, social), a dare o a negare interviste, ma lo consiglia, più in generale, anche sui temi della politica. Questi i tre principali nomi da tenere a mente e che avranno un ruolo centrale, nel Pd, se Zingaretti ne diventerà il leader.

 

Le parole d’ordine di Zingaretti e il suo programma

 

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Greta Thunberg, la giovane pasionaria dei Verdi svedesi

Il “Pd è malato”, ripete spesso Zingaretti, “e va curato”. Parole che fanno pensare, appunto, a una sua ‘rigenerazione’. Il simbolo e il nome del Pd? “Non è una priorità”, ripete spesso, ma le sue parole sono state attaccate dai suoi avversari. Insomma, prima o poi, il Pd potrebbe cambiarli entrambi. Renzi? “Con lui ho un ottimo rapporto. Non l’ho mai votato, ma l’ho sempre rispettato. Mi auguro che non se ne vada, penso a un partito aperto e pluralista”. Considerare Renzi ‘una risorsa’ e parlare di voler cambiare, se non ‘rifondare’ il Pd, sono quelle cose che i renziani mettono mano alla pistola. “Non c’è la giustizia a orologeria, non ci sono complotti, ma le persone vanno difese se perseguitate” è un modo per prendere le distanze dall’attacco di Renzi e dei renziani ai giudici, ma non troppo. Zingaretti è contrario al reddito di cittadinanza, che chiama “reddito di sudditanza”, ma anche al Jobs Act di epoca renziana, che pure assicura di non voler cancellare, e parla di “riforma del mercato del lavoro”. E’ fortemente contrario al decreto Sicurezza di Salvini, ma difende Minniti (che si è schierato con lui) e la sua politica di respingimenti. Crede nell’integrazione e nelle politiche di accoglienza come in quelle di sussidiarietà e di solidarietà verso le fasce più indigenti del Paese.

Non impazzisce per le Grandi Opere, Tav in testa, ma sostiene che “vanno fatte”, ha il pallino dell’ambiente e dell‘ambientalismo (è un ‘rosso-verde’ si potrebbe dire), come è un pacifista storico. Non ha un Pantheon di grandi figure storiche, preferisce citare “la ragazza verde tedesca che si è messa in testa di mettersi a capo di un movimento mondiale per salvare e curare il nostro Pianeta”.  

 

Il progetto di Zingaretti per una nuova Sinistra ‘socialdemocratica’

 

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Uno striscione inneggiante la Sinistra

 

Stabilito che i programmi, quando sei in corsa per una gara come le primarie, lasciano il tempo che trovano, e al netto di parole d’ordine un po’ logore e molto già sentite (il “partito comunità”, il “fare squadra”, i “percorsi comuni”), è chiaro che il cuore di Zingaretti batte a sinistra molto più di quanto non dica. ‘Aprire’ o meno al dialogo con i 5Stelle è un problema che si porrà solo in un secondo momento. Invece, rivedere alcuni dei totem del renzismo (il Jobs Act, il partito ‘leggero’, le politiche liberiste sui temi del lavoro) sarà di sicuro uno dei primi compiti che Zingaretti si porrà.

Come pure la necessità di rimettere mano alla struttura (la famosa ‘Organizzazione’ del Pci-Pds-Ds) del partito. Potrebbe finire, e per sempre, ad esempio, l’attuale coincidenza tra segretario e candidato premier, prevista dallo Statuto, e anche l’elezione diretta dei segretari regionali (che oggi viene fatta contestualmente alle primarie per il segretario), e di certo verrebbero rinforzati, o riportati in vita, divisioni e aree del partito che sono state trascurate o abbandonate (i Dipartimenti e la Segreteria, la Direzione, a livello centrale, e le sezioni, cioè i circoli, a livello territoriale).

 

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L’ex ministro Carlo Calenda

 

Insomma, il Pd di Zingaretti potrebbe rappresentare una sorta di ‘ritorno al Passato’. Un partito di sinistra ‘classica’, che come riferimenti esteri ha più il Labour di Corbyn e i Democratici di Sanders (ma anche l’Spd vecchio stile) che i movimenti democratici e liberal cui guardava il Pd di Renzi. Per le elezioni europee Zingaretti aprirà di certo le porte del Pd a molti soggetti esterni (l’idea è quella di un ‘listone’ che raccolga diverse esperienze oggi fuori dal Pd), ma il rapporto con un personaggio come Carlo Calenda, che ha raccolto 200 mila firme sul suo manifesto ‘Siamo europei’ resta molto conflittuale e a tratti ambiguo. Anche perché Calenda ‘pretende’ molto e vuol dettar legge. Ad esempio che, nelle alleanze future del Pd, non vi sia spazio né per la sinistra-sinistra (Mdp in testa) né per personalità come Michele Emiliano, che a nome del Pd appoggia la Puglia, si è schierato con Zingaretti e incarna l’anima più ‘barricadera’, oltre che favorevole al dialogo con i 5Stelle.

 

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L’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani

 

In politica interna, il Pd di Zingaretti resterebbe oggi all’opposizione del governo gialloverde ma per riuscire a ‘scomporlo’ un domani e riaprirebbe il ‘cantiere’ a sinistra. Come direbbe l’ultimo segretario del Pd cui Zingaretti guardava con favore e speranza, Pierluigi Bersani, “il problema di questo Paese è la destra, che va battuta, non i 5Stelle, che vanno incalzati sui temi sociali”. Dal 4 marzo in poi si vedrà, se davvero vincerà, cosa vorrà fare per davvero, per il Pd, Nicola Zingaretti.

 

Gli account social di Nicola Zingaretti:

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Intervista a Zingaretti rilasciata il 28 febbraio 2019 a ‘Qn’: “Alle Europee pronto a rinunciare a nome e simbolo del Pd, se serve”

 

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Nicola Zingaretti, governatore del Lazio e candidato alla segreteria del Pd

 

D. Zingaretti, Il buon risultato di Zedda in Sardegna dice che il centrosinistra, unito e con buoni candidati, è in gara?

R. “La Sardegna, l’Abruzzo, la mia vittoria nel Lazio: quando il Pd è il perno di un’alleanza larga, aperta alla società e alle forze civiche, è più forte e competitivo. La strada è lunga, ma la prospettiva comincia a schiudersi. La destra si sta ‘salvinizzando’. Penso che tante componenti moderate e perfino conservatrici dell’elettorato soffrano questo processo estremo e per molti aspetti inquietante”.

D. Alle europee, il Pd pensa a un listone ampio che vada da Calenda a Pisapia, anche senza nome né simbolo?

R. “Sono stato uno dei primi a indicare la necessità di presentarci alle europee con una lista unitaria. Ho anche proposto, se necessario, di rinunciare al simbolo del Pd. In questo senso dispiace, anche se ne rispetto la scelta, che +Europa con la Bonino, i Verdi, Pizzarotti abbiano deciso di candidarsi con le loro bandiere. Se sarò segretario chiederò di incontrarli. Non voglio far cadere questa aspirazione unitaria”.

D. Intende riaprire anche all’Mdp di Speranza e Bersani?

R. Il problema del Pd e del centrosinistra è ricostruire un radicamento sociale tra le persone sulla base di un lavoro e di battaglie politiche che probabilmente i cittadini non hanno più avvertito. Basta con l’idea di ricostruzione della politica come le figurine Panini, la politica non è solo questo. Io non credo che il tema sia quello di ricomporre un album delle figurine di una storia, il tema casomai è non rimanere prigionieri del presente e costruire un nuovo radicamento. Gli stessi leader di LeU dicono che non hanno alcuna intenzione di rientrare nel Pd e quindi è un problema che si inventa chi sta correndo contro di me al congresso”.

D. Primarie, domenica si vota. Teme l’affluenza bassa?

R. “Sono fiducioso. Faccio un appello: aiutatemi a cambiare il Pd perché se cambia è l’unica forza intorno alla quale si può ricostruire un’alternativa all’attuale degrado. Se saremo in tanti ai gazebo non solo sceglieremo il segretario del Pd, ma daremo un segnale di riscossa democratica”.

D. In cosa il suo programma è diverso da quello degli altri?

R. “Noi abbiamo subito la più grave sconfitta elettorale dal dopoguerra e quindi serve capire le ragioni e voltare pagina. Il nuovo Pd dovrà essere percepito dalle persone come la forza che lotta contro le disuguaglianze, così aumentate in questi anni, che si prende cura della vita delle persone e determina una svolta verde in tutti i campi dello sviluppo”.

D. C’è chi dice che lei vuole fare un’alleanza con i 5Stelle.

R. “Non ho mai pensato a un’alleanza con il M5S; su questo c’è stata solo un’odiosa campagna di bugie. Io dico e confermo che tante persone hanno votato quel movimento perché deluse dal Pd. Abbiamo il dovere di andarci a riprendere il popolo che ci ha abbandonato, soprattutto a fronte dello sfarinamento del movimento di Grillo”.

D, Quale il modo migliore per fare opposizione al governo?

R, “Bisogna fare opposizione, ma anche mettere in campo le soluzioni per sollevare l’Italia. I dati economici che il governo nasconde sono drammatici. Il lavoro non c’è o è sottopagato. C’è un assoluto bisogno di far ripartire gli investimenti. Ho proposto due grandi azioni: un piano per sbloccare in tempi brevi le opere già programmate e finanziate. Solo per le grandi opere, parliamo di un investimento di circa 25 miliardi di euro che secondo l’Ance sarebbe in grado di attivare 380mila posti di lavoro. Poi, un grande investimento sui giovani, rafforzando i vari strumenti a tutela del diritto allo studio e le opportunità di accesso al mondo del lavoro, impegnando l’1% del Pil”.

D. La figura di Renzi continua a dividere il Pd. La solidarietà umana va bene, ma c’è stato un ‘complotto’ dei giudici?

R. “Ho espresso la mia solidarietà a Renzi, che con l’inchiesta sui genitori non c’entra nulla. Ho anche ribadito che non credo ai complotti. Per quanto riguarda il futuro, ribadisco il mio impegno per un partito aperto e plurale. Spero quindi che Renzi metta la sua energia a servizio del nuovo Pd”.

D. Se lei diventerà segretario cosa farà per prima cosa?

R. “Il primo atto del mio Pd sarà la convocazione di Stati Generali su tre grandi temi (lavoro, sostenibilità ambientale e scuola) e tre grandi iniziative, luoghi aperti che coinvolgano non solo esponenti e militanti del Pd, ma anche cittadini, professionisti, studiosi per una discussione aperta e concreta sul futuro di queste questioni nazionali”.

 


 

NB: Questo articolo è stato pubblicato in forma originale per questo blog il I marzo 2019, tranne l’intervista a Zingaretti che è stata pubblicata sul Quotidiano Nazionale il 28 febbraio 2019 a pagina 8.