Centrosinistra. I “cinque piccoli indiani” a rischio sbarramento del 4% non vogliono allearsi col Pd

Centrosinistra. I “cinque piccoli indiani” a rischio sbarramento del 4% non vogliono allearsi col Pd

14 Marzo 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

Centrosinistra ed elezioni europee. I “cinque piccoli indiani” che non supereranno lo sbarramento del 4% ma che non vogliono, almeno per ora, allearsi con il Pd

 

5 piccoli indiani

5 piccoli indiani

 

Più Europa, una sigla e un simbolo che è anche un partito neonato e che unisce gli ex radicali di Benedetto della Vedova e di Emma Bonino con il Centro democratico di Bruno Tabacci. E uno.

Articolo Uno – Mdp (gli ex scissionisti dal Pd di Renzi, cioè Bersani, D’Alema, Errani, Epifani e il giovane segretario, Roberto Speranza) insieme al piccolo Psi di Riccardo Nencini in un simbolo che potrebbe essere la (vecchia) Rosa nel Pugno più un – sicuro – riferimento al Pse. E due.

Una triade che, a prima vista, uno potrebbe dire ‘ma che c’azzeccano?’ insieme e che riunisce i Verdi, il movimento Italia in Comune, fondato dal sindaco di Parma Pizzarotti e il – redivivo – movimento di Pippo CivatiPossibile. E tre.

Una ‘bicicletta’ di sinistra-sinistra tra Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni e il piccolo, mai defunto, Prc di Maurizio Acerbo. E quattro.

La ex lista elettorale di super-sinistra/sinistra Potere al Popolo, nata da un centro sociale napoletano occupato, “Je so’ pazz’”, il cui portavoce è Viola Carofalo, che ha perso per strada proprio Rifondazione comunista. E fa cinque.

 

Una frantumazione politica mai vista prima d’ora, a sinistra

 

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Il simbolo del Pd

 

Così, a sinistra e/o a destra, del Pd e del suo ‘listone’ (che tanto ‘listone’ non sarà come vedremo), saranno ben cinque le liste che si presenteranno alle prossime elezioni europee del 26 maggio. Il che, francamente, un po’ fa sorridere e un po’ fa pensare. Infatti, se il Pd si pone come – sacrosanto – obiettivo quello di superare il 20% dei voti, superando di gran lunga il 18,7% delle ultime elezioni politiche, e magari, nelle speranze del suo nuovo segretario, Nicola Zingaretti, di superare, seppur in discesa, il risultato che farà, alle Europee, il M5S, tornando così ad essere il secondo partito italiano (dopo, ovviamente, la Lega, ma prima dell’M5S e, ovviamente, di Forza Italia), questa proliferazione di liste alla sua sinistra e/o alla sua destra di certo non lo aiuta. Eppure, nell’ultimo sondaggio sfornato da Antonio Noto per la trasmissione di Bianca Berlinguer,‘ Carta Bianca’(Rai 3), il Pd è dato in rapida salita, al 21% dei voti, quasi pareggiando i consensi dei 5Stelle, in rapida discesa (21%). Segno, anche, di candidature – le prime – che escono, già azzeccate. Giuliano Pisapia, l’ex sindaco di Milano ed ex leader di Campo Progressista, sicuro capolista al Nord-Ovest e Massimo Cacciari (forse) probabile capolista nel Nord-Est, con il Centro appannaggio di Carlo Calenda.

 

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Massimo Cacciari

 

Certo, si può contro-ribattere, chi – se non Domine Iddio – può mettere un freno alle legittime aspirazioni di ognuno di questi cinque partiti (o, meglio, cartelli elettorali) di andare in Europa a rappresentare le loro, altrettanto legittime, proposte politiche e – perché no? – pesarsi nelle urne e far sentire la loro voce chi nell’Alde (Più Europa), chi nel PSE (Mdp+Psi), chi nella Sinistra europea del GUE (Prc+SI) e chi nel gruppo dei Verdi europei (Italia in Comune e gli altri)?

 

Il problema della legge elettorale e dello sbarramento al 4%

 

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La scheda elettorale del Rosatellum

 

Nessuno, ci mancherebbe. C’è un piccolo problema, però, la legge elettorale. Quella che, dal 2009, è in vigore in Italia per le elezioni europee è un sistema proporzionale puro, con recupero nazionale dei resti, e soglia di sbarramento fissata al 4% dei voti. In una competizione elettorale ‘normale’, cioè con un’affluenza medio bassa alle urne (sul 50-55% circa) vuole dire, di solito, vuol dire che, per superarla, devi prendere almeno 900 mila/un milione di voti assoluti. In una competizione politica molto polarizzata e che già viene vista come la ‘prova del nove’ per gli equilibri dentro l’attuale maggioranza di governo (Lega e M5S) e tra questa e le opposizioni (Pd, FI; FdI), l’affluenza sarà più alta (probabilmente non minore del 60% dei votanti) e, di conseguenza, si alza anche la soglia di sbarramento: serviranno almeno 1.200.000 voti assoluti, se non di più. Il che , però, ‘è tanta roba’.

 

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Il simbolo di Fratelli d’Italia

 

Per capirsi, neppure Fratelli d’Italia, un partito ben strutturato sia sul piano locale che sul piano nazionale, che ha eletto diversi deputati e senatori ed è quotata, da mesi, proprio intorno l’asticella del 4%,si prepara a una lotta al coltello, per superarla. Cinque anni fa, per dire, non la agguantò per un soffio, prendendo il 3,9% dei voti.

Come pensano di superarla le cinque liste citate? Tranne quelli di ‘Più Europa’– che, beati loro, pensano che l’obiettivo sia a portata della loro mano – ‘non’ pensano. Nel senso che sanno benissimo che non vi arriveranno, ma si pongono tutt’altro obiettivo. Quello, cioè, di contarsi e di ‘pesarsi’ in vista di una futura trattativa – da tenersi proprio col Pd, almeno in tre casi su cinque (esclusi,, cioè, SI-Prc e PaP) – in vista delle prossime elezioni politiche che, prima o poi (forse prima che poi) arriveranno e di strappare, di conseguenza, un piccolo pacchetto di collegi ‘blindati’.

 

Il ragionamento, anche qui, non fa una grinza e, al netto delle presunte, legittime, ‘idealità’ di ognuno, sa tanto di machiavellismo politico, è anche comprensibile. Senza dire del fatto che, se ognuno di questi partiti (o, meglio, cartelli elettorali) candidasse, all’interno della lista (o ‘listone’) del Pd dei propri rappresentanti, difficilmente verrebbero eletti. Infatti, l’altra caratteristica della legge elettorale per le europee è che si basa sulle preferenze da prendere, per essere eletti, in cinque grandi circoscrizioni elettorali. Si tratta di centinaia di migliaia di voti di preferenza che partiti così piccoli difficilmente riuscirebbero ad ottenere. In buona sostanza, è il ragionamento, i candidati del Pd, più forti e riconoscibili, surclasserebbero facilmente i candidati delle liste minori, tagliandoli fuori dagli scranni del Parlamento europeo.

 

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Parlamento Europeo

 

Tutto bene, dunque? Tutto giusto? No, perché – oltre a indebolire la proposta politica del Pd – si tratta, appunto, di cartelli elettorali che mettono insieme, ad essere onesti, le rape con le fave. ‘Cose’ e soggetti politici che, normalmente, sarebbero difficilmente conciliabili tra loro. Ma esaminiamoli uno per uno, i cinque – per ora futuribili ma molto probabili – cartelli elettorali.

I liberal-radicali di ‘Più Europa’ sicuri di superare la soglia del 4%

 

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Benedetto Della Vedova, neosegretario di ‘+Europa’

 

‘Più Europa’, tra tutti, è il più giovane, ma anche il più coeso. Nato, appunto, da una ‘fusione a freddo’ tra gli ex radicali di Bonino e Della Vedova e il Centro democratico di Tabacci (transitato, senza fare un plissé, dalla Prima alla Seconda Repubblica, dalla Dc al centrodestra e al centrosinistra, dall’Udc al Pd, dall’Ulivo all’Unione, dall’alleanza con Bersani a quella con Renzi, etc.), nessuno nega che uno spazio per una lista ‘europeista’, ‘liberal-democratica’ e che, di conseguenza, s’iscriverà, se mai avrà eletti, al gruppo dell’Alde di Guy Verosthaldt, c’è.

 

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L’ex ministro Calenda, promotore dell’appello “Siamo Europei”

 

Lo ha capito, per primo, l’ex ministro Carlo Calenda, che su quel ‘mercato’ elettorale insiste, con il suo manifesto “Siamo Europei”, ma che giocherà le sue carte dentro e non fuori la lista del Pd. E lo ha capito anche Matteo Renzi che, in prospettiva futura (cioè, ormai, per le prossime Politiche) a quel ‘mercato’ elettorale punta tanto che sta già costruendo, da mesi, i suoi comitati civici ‘Ritorno al futuro’, oggi in mano a Ivan Scalfarotto e Sandro Gozi, cui andrà presto a dare una mano un altro renziano di ferro, il vicepresidente della Camera, ed ex capogruppo del Pd renziano, Ettore Rosato.

 

Il vicepresidente della Camera Ettore Rosato

l vicepresidente della Camera Ettore Rosato

 

Ma mentre i ‘sogni’ di Renzi di fondare un nuovo partito restano, per ora, nel cassetto, e le ambizioni di Calenda sembrano aver trovato, finalmente, ‘casa’ dentro il Pd (per lui è già pronto un posto di capolista nella circoscrizione Centro), quelle di ‘Più Europa’ sembrano eccessive. Il 4% è un’asticella difficile da raggiungere. Il 3% e rotti per cento sarebbe già un risultato ‘onorevole’. Valere un tot vuol dire potersi pesare e dopo contrattare, con il Pd, posti alle prossime Politiche. Certo è che l’obiettivo del 4% è alla portata, stando ai sondaggi, solo di Più Europa. Qui si dubita che possa farcela (con il 4% scattano, a seconda dei resti, tra i 3 e i 5 europarlamentari), ma mai mettere limiti alla divina Provvidenza.

Italia in Comune ha messo insieme sindaci, Verdi e i ‘civatiani’

 

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Italia  in Comune, il movimento fondato dal sindaco di Parma, Federico Pizzarotti

 

Il secondo movimento e ‘partito/non partito’ è il cartello di ‘Italia in Comune’. A dargli vita sono stati il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, alcuni amministratori locali e i Verdi, che oggi hanno due nuovi, e giovani, coordinatori, cui si è aggiunto, in calcio d’angolo, quel che resta di ‘Possibile’, il movimento fondato da Pippo Civati, che era entrato in LeU ma poi, non eletto, ha sbattuto la porta.

Il loro rifiuto di entrare nel ‘listone’ del Pd è incomprensibile. Non andranno, con le loro gambe, da nessuna parte. Il 2% sarebbe un successo, ma il 4% è davvero irraggiungibile. Pesarsi, in vista di elezioni future, resta il loro obiettivo.

 

Mdp non può rientrare per ora nel Pd e studia La Rosa nel Pugno col Psi di Nencini

 

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Roberto Speranza alla presentazione del simbolo del Movimento democratico e progressista (Mdp)

 

Per il neonato – anzi, non ancora nato – cartello elettorale tra l’Mdp di Speranza e il Psi di Nencini l’asticella è già data, dagli stessi protagonisti, come impossibile da superare. Ma qui scattano altre, diverse, considerazioni. Mdp è un partito non di “scappati di casa”, come li insulta da mesi il renziano Roberto Giachetti, ma di veri e propri “senza casa”. Il gruppo parlamentare di LeU, che ancora esiste, nella forma, si è spaccato subito dopo il voto. Molti, quelli di Sinistra italiana, sono tornati a fare ‘gruppo’ a sé. Altri (pochi) hanno fondato, capofila Stefano Fassina, “Patria e costituzione”, movimento sovranista di sinistra. Una (Laura Boldrini) ha creato un suo movimento, Futura, e un altro (Pietro Grasso) è rimasto con il cerino in mano, con una piccola pattuglia di eletti di LeU, oggi, a loro volta, senza patria. Per quelli di Mdp si potrebbero, in teoria, aprire le porte del Pd, dopo la vittoria di Zingaretti, ma loro stessi sanno bene che per farlo oggi è “troppo presto”. Zingaretti non può riaccoglierli in casa subito perché i renziani, ancora oggi nel Pd, avrebbero il destro (e il pretesto) di dire ‘o noi o loro’ e loro stessi non possono rientrare ‘alla spicciolata’ (lo ha fatto, però, la deputata toscana Elisa Simoni) e con il capo cosparso di cenere nel Pd, dicendo, in buona sostanza, “scusateci se abbiamo sbagliato tutto”. Ergo, serviva una posizione mediana.

 

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Il simbolo del Psi di Riccardo Nencini

 

Un (piccolo ma inaspettato) aiuto giunge, appunto, da Riccardo Nencini, segretario del Psi, mini-partito che resiste, a più di cento anni dalla sua gloriosa formazione, ai venti della politica. Dopo aver dato vita allo sfortunato esperimento della lista ‘Insieme’, con Verdi e prodiani, ed essere stato eletto, Nencini – che paga, nei confronti di Zingaretti, lo scotto di essere visto come “un’amico e un sodale” di Renzi– ha rilanciato l’antica sigla della Rosa nel Pugno (co-fondatore Maurizio Turco, a sua volta ex radicale, e altri laici ed ex radicali), ma per ora non era riuscito ad allargarne oltre i confini. Il prossimo 29-31 marzo, a Roma, il Psi terrà il suo congresso (in cui Nencini passerà la mano a un giovane quarantenne) mentre Mdp terrà a Bologna, il 6-7 aprile, l’Assemblea nazionale di ‘Ricostruzione’. Il patto sembra cosa fatta. Prospettive di superare il 4%? Zero. Il 2% sarebbe un miracolo in attesa di nuove politiche e soprattutto nella speranza di rientrare nella casa madre, il Pd.

 

Sinistra italiana e Prc: bicicletta dopo essersi divisi in via radicale

 

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Il simbolo di rifondazione comunista

 

Anche l’alleanza, a sua volta neonata, tra SI Prc ha molto di ‘innaturale’. Nel 2009, quando alla guida del Prc che fu di Garavini, Cossutta Bertinotti, venne eletto segretario Paolo Ferrero, dopo uno scontro all’ultimo voto con Nichi Vendola, con tanto di scontri e accuse sanguinose, quest’ultimo – con Fratoianni e molti altri – prese tutt’altra strada, quella della costruzione di SeL e poi diventata SI. Alleata nella Sinistra Arcobaleno prima e dentro LeU, dopo, con i fuoriusciti dei Ds e del Pd, Sinistra italiana ha sempre mantenuto un profilo meno ideologico e più laico rispetto ai ‘cugini’ di Rifondazione, che invece scelsero, alle Politiche, di confluire nel cartello elettorale di Potere al Popolo. Un esperimento, quest’ultimo, fallito, tra accuse e contro-accuse sulle modalità di voto per far nascere un nuovo soggetto della sinistra radicale cui SI non ha mai voluto aderire.

 

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Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris

 

Ma dato che, appunto, è la debolezza che dà il coraggio, il problema è che il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che doveva mettersi a capo della sinistra rebelde italiana, proprio in vista delle Europee, ha fatto due passi indietro e si è sfilata pure Dema, versione italica della sinistra greca. Non restava, dopo il ‘ritiro’ di De Magistris, che vuole candidarsi alle prossime regionali in Campania e data la rottura tra Rifondazione e PaP, che tornare ad accasarsi tra (antichi) consanguinei.

 

Nicola Fratoianni

Nicola Fratoianni

 

SI Prc, in una riedizione – stanca e in sedicesimi – dei fasti della Rifondazione degli anni Novanta, che veleggiava all’8%. Se a una tale bicicletta, quella tra SI Prc, arriderà l’1% o il 2% o poco più per cento dei voti sarà un vero miracolo. In ogni caso, si tratta di voti assai poco ‘spendibili’ nel campo del centrosinistra, anche se qualche timida apertura verso Zingaretti, è arrivata, in questi giorni, con un’intervista rilasciata oggi, al manifesto, da Nicola Fratoianni che annuncia “solo donne in lista”.

 

La sinistra iper-radicale di Potere al Popolo va per conto suo…

 

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Viola Carofalo, la portavoce di Potere al Popolo

 

Infine, appunto, Potere al Popolo. Nato da un esperimento sociale della sinistra-sinistra, dei centri sociali napoletani (l’ex Opg Je so’ pazz’) e dei sindacati di base, portavoce un volto giovane e nuovo, nonché donna, Viola Carofalo, ha – come si diceva prima – rotto per sempre col Prc di Acerbo e oggi si fa ‘consigliare’ da un perenne, e fuori tempo massimo, ‘ribellista’ della Fiom che fu, Giorgio Cremaschi, uscito dalla Cgil per gravitare nell’orbita dei sindacati di base. Possibilità di superare il 4% nessuna, previsione (ottimistica) l’1%, se va bene. Voti dispersi di una sinistra ribellistica priva persino di vera base sociale.

 

rifondazione comunista acerbo

Rifondazione comunista logo sullo sfondo e Maurizio Acerbo

 

Ecco, per quello che si muove (a sinistra e/o a destra) del Pd, “il catalogo è questo”, ma non è affatto incoraggiante. Nessuna di queste cinque formazioni supererà il 4% dei voti e quando il Pd perderà il ‘sorpasso’, seppur in discesa, sui 5Stelle, saprà chi dovrà ringraziare, oltre se stesso. L’eterna ossessione della Sinistra alla frantumazione, alla divisione e alla diaspora.

 


 

NB: Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2019 in forma originale per questo blog.