Basilicata al centrodestra, il fortino rosso è caduto. Tonfo M5S, renziani contro Zingaretti

Basilicata al centrodestra, il fortino rosso è caduto. Tonfo M5S, renziani contro Zingaretti

25 Marzo 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

Salvini rivendica il “sette a zero” sul centrosinistra. E, rispetto a cinque anni fa, c’è anche il ‘sorpasso’: il borsino dice che diventano da 3 a 16 a 10 a 9 le regioni governate dal centrodestra

 

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Il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini

 

E sette. Il centrodestra vince anche il settimo test elettorale dell’era del governo gialloverde. Dopo Molise (22 aprile 2018, governatore Toma, Forza Italia, eletto con il 43,5% dei voti) e Friuli Venezia Giulia (29 aprile, Fedriga della Lega governatore, eletto con il 57,1%), dopo le due province autonome di Trento (21 ottobre 2018, Fugatti della Lega governatore con il 46,7% dei voti) e Bolzano (21 ottobre 2018, governatore della Svp, eletto con il 41,9%, Lega per la prima volta al governo) e soprattutto dopo l’Abruzzo (10 febbraio 2019, Marsilio di Fratelli d’Italia eletto governatore con il 48% dei voti) e la Sardegna (24 febbraio, governatore Solinas, Partito sardo d’Azione, partito gemellato con la Lega, eletto con il 47,8% dei voti), ecco, ieri, arrivare il turno della Basilicata.

Sono diventate, a questo punto, undici le regioni a guida centrodestra contro le nove che ancora restano al centrosinistra, un “sorpasso” che nei fatti segna una svolta nazionale e che potrebbe preludere a risultati schiaccianti alle Europee e alle amministrative – che si terranno, insieme alle Regionali in Piemonte, il prossimo 26 maggio – ma anche alle future Politiche, se e quando ma si dovesse tornare a votare. Per molti, tra pochi mesi, al massimo nei primi mesi del 2020.

Il centrosinistra, nel 2014, cioè cinque anni fa, governava 16 regioni contro solo tre in mano al centrodestra (Lombardia, Veneto e Campania) e  tre in mano a forze autonomiste (le due province di Trento e Bolzano e la Valle d’Aosta). Ora, nel 2019, le proporzioni si sono ribaltate in modo quasi impressionante: al netto della provincia di Bolzano (ancora in mano all’Svp, ma stavolta con l’apporto della Lega) e della Valle d’Aosta (Union Valdotaine), al centrosinistra ne restano in mano solo nove (Piemonte, che va al voto il 26 maggio, Emilia-Romagna, dove si vota a novembre, Toscana, Marche, Umbria, Lazio – dove si è votato lo stesso giorno delle Politiche, il 4 marzo 2018 e dove ha vinto ZingarettiCampania, Puglia e Calabria, dove pure si rivoterà a novembre). Sono cadute, come birilli, prima la Sicilia (2017), poi Molise e Friuli, dopo ancora Abruzzo e Sardegna. Ora, appunto, è toccato alla Basilicata.

 

L’M5S dimezza i consensi. E’ la terza volta in soli due mesi

 

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Marcello De Vito, presidente del Consiglio comunale di Roma, arrestato, con Luigi Du Maio (Foto LaPresse)

 

Infine, per la terza volta, in soli due mesi – dopo Abruzzo, Sardegna e Basilicata – il Movimento 5 Stelle dimezza il proprio consenso rispetto alle Politiche di un anno fa, e tutto a vantaggio dell’alleato di governo, la Lega di Salvini. L’M5S aveva il 32,7% alle Politiche, lo stesso giorno in cui prese il 27,0% alle Regionali in Lazio, arrivando terzo, e alle Regionali in Lombardia (17,4%, terzo). Ha preso il 17,4% in Molise, il 23 aprile 2018, piazzandosi terzo come in Friuli, dove ha preso l’11,7%, il 30 aprile 2018. Poi, altri tre tracolli: il 19,7% in Abruzzo, il 10 febbraio 2019 (terzo), solo il 9,4% in Sardegna (terzo) il 24 febbraio 2019 e, ora, il 20,31% in Basilicata, sempre e solo terzo.

“Ha vinto il peggior centrodestra di sempre” è il primo commento del candidato lucano Antonio Mattia, che punta il dito sul nodo alleanze: “Restiamo il primo partito, ma gli altri vincono perché fanno cartelli di cinque (centrodestra, ndr.) e sette liste (centrosinistra, ndr.). Così è impossibile”.

E se quello del 2018 è stato un voto politico, anche da parte dei lucani, un voto sulla fiducia, con quel 44% tributato al M5S alle scorse elezioni politiche, ieri – come già in Sardegna e Abruzzo – il Movimento dimezza i consensi rispetto alle Politiche del 2018 (20,3% al candidato, 20,3% alla lista M5S) e deve accontentarsi del terzo posto. Il candidato M5S Mattia si è, non a caso, candidato anche come consigliere regionale per poter entrare in consiglio: la legge elettorale regionale permette l’elezione da consigliere solo ai primi due candidati presidenti, vincente e miglior perdente.

 

Certo, l’M5S ‘frena’ la sua caduta. La Basilicata poteva segnarne il crollo, dopo gli arresti e le indagini che stanno travolgendo la giunta Raggi a Roma, ma il voto lucano doveva essere il primo incasso del dividendo politico legato al Reddito di cittadinanza e, magari anche al memorandum Italia-Cina e alle promesse di miliardi  cui Di Maio e Conte hanno affidato la ripresa del Paese. Non è andata così. Il voto in Basilicata conferma, per la terza volta di fila, che l’M5S non incanta più. Perde il 24% dei consensi in un anno. Il candidato Mattia si sofferma sul 7% in più preso rispetto alle regionali 2013, ma la sola notizia positiva è che l’M5S tiene, intorno al 20% (20,3%), e che è il primo partito della regione. In prospettiva nazionale, è ancora sopra la Lega. E Salvini e Di Maio, insieme, hanno ancora il 40% del consenso nazionale. Un ‘tesoretto’ superiore a quello del centrodestra unito.

 

Bardi gioisce, ma deve tutto a Berlusconi (e a Salvini)

 

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Il neo-governatore della Basilicata Vito Bardi festeggia

 

La Lucania è una terra dove il centrodestra non aveva mai conquistato il governo della Regione per tutta la Seconda Repubblica e dove ha governato, per 25 anni, il centrosinistra. Un ‘fortino rosso’ che è caduto. Vince il candidato di Forza Italia, l’ex generale della guardia di Finanza Vito Bardi, (42,2% il suo risultato, 42,3% alla coalizione) sostenuto da cinque liste e dal carisma di Salvini, che nelle ultime settimane è stato onnipresente in regione, paesino dopo paesino, palco dopo palco.

Il candidato del centrodestra, Bardi, alle 2 del mattino, con appena 7 sezioni scrutinate, già dichiara la vittoria: “La Lucania ha scelto il riscatto, dopo decenni di centrosinistra arriva finalmente la svolta e gli elettori hanno scritto la Storia” dice tra l’emozionato e il preoccupato, prima di ripetere i punti del suo programma: “Lavoro, giovani, opportunità nella nostra regione, trasparenza, meritocrazia e legalità”. La Basilicata, si diceva, nelle ultime due settimane è stata battuta, paese dopo paese, dai leader nazionali: Salvini più tutti, a seguire Berlusconi e Meloni, Di Maio è andato e tornato più volte. Anche il neo-segretario del Pd, Nicola Zingaretti, è stato in Lucania due volte in pochi giorni.

Il neo-governatore è stato scelto da Berlusconi e da Forza Italia: il generale in pensione Bardi è un “vecchio” amico del Cavaliere e, ai tempi delle indagini sul barese Tarantini e il suo giro di escort, fu sospettato di aver anticipato alcune informazioni, coperte da segreto, che gli arrivavano dall’Arma e che avrebbe ‘passato’ a Berlusconi. Sospetto da cui Bardi fu poi, però, totalmente scagionato.

 

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Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia

 

A Berlusconi è andato il primo pensiero del generale appena avuta certezza della vittoria. Ma la scelta del governatore non è bastata per “frenare” la corsa di Salvini e della Lega che arriva al 19,1% mentre nel 2013 non c’era e alle Politiche, un anno fa, si era fermata al 6,2%. Tredici punti percentuali in più in dodici mesi e solo lo 1,2% in meno di differenza rispetto all’M5S (20,3%). Un salto mai visto prima che dà ragione al vicepremier e alla sua scommessa sul Sud “perché è lì, nelle Regioni più in difficoltà che si conquista il Paese” e che consegna al centrodestra, ma soprattutto a Salvini, la guida della prima regione del Sud. Forza Italia “tiene” (9,1%) e non crolla mentre Fratelli d’Italia ha un vero boom (5,9%). Completano l’elenco del centrodestra due liste locali: Idea per un’altra Basilicata e Avanti con Bardi Presidente che prendono rispettivamente il 4,2% e il 4,0%.

E’ una buona notizia per il Cavaliere, che dimostra e conferma di avere uno zoccolo duro di affezionati non disposti a cedere del tutto alle sirene di Salvini. Il voto in Basilicata è anche l’ultimo appuntamento elettorale prima delle Europee e delle regionali in Piemonte. In base agli accordi, il candidato dovrebbe essere scelto da Forza Italia che punta sull’eurodeputato uscente, Alberto Cirio, ma il risultato potrebbe spingere la Lega a pretendere di imporre anche in Piemonte un proprio nome. Ma sarebbe uno strappo troppo grosso per una coalizione che unita vince e che deve affrontare anche il voto in circa quattromila comuni, sempre il 26 maggio. Non vale la pena, neppure per Salvini strappare adesso. In fondo è il centrodestra l’unica alternativa, in caso di voto anticipato.

Con il traino di Salvini, dunque, il centrodestra – storicamente debolissimo in Basilicata – spodesta il centrosinistra dalla guida della Regione. Grazie anche ad alcuni ex fedelissimi di Pittella che si sono spostati, come altrove, sul carro ora vincente in Italia e cioè dal centrosinistra al centrodestra. 

 

Il centrosinistra va male, ma non è colpa di Zingaretti

 

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Nicola Zingaretti, neo segretario del Pd, in mezzo ai giovani

 

Al secondo posto arriva il centrosinistra con Carlo Trerotola (33,1% il candidato, 33,3% alla coalizione), il farmacista candidato presidente, simpatie di destra ormai note e conclamate e in passato anche una tessera del Msi, fattori che forse lo hanno azzoppato nella corsa al voto.

Mai quanto lo ha azzoppato Marcello Pittella, l’ex governatore targato Pd, coinvolto in un’inchiesta giudiziaria per raccomandazioni nel mondo della sanità, finito agli arresti domiciliari, ma a lungo determinato a ricandidarsi in uno sfibrante braccio di ferro con il Pd nazionale. Non ci è riuscito, ma si è ricandidato a consigliere (ed è stato eletto) a capo di una lista ‘personale’ (Avanti Basilicata) che ha surclassato quella del Pd (8,6% contro il 7,8% del Pd, presente in lista sotto le mentite spoglie di “Comunità democratiche-Pd”). La troppo recente vittoria di Nicola Zingaretti alle primarie segna un cambiamento, non rispecchiato in nulla da Trerotola, candidato debolissimo e con gravi problemi persino di dizione. Né il centrosinistra è riuscito a farcela con il solito metodo delle liste ramificate nel territorio, famiglia per famiglia. Erano ben sette, infatti, le liste a sostegno di Trerotola. A completare il quadro c’erano, oltre al Pd e alla lista Pittella, i Progressisti (4,5%), il Psi (3,8%), i Verdi (1,9%) e altre due liste locali: Basilicata Prima (3,4%) e lista Trerotola (3,3%).

 

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Il candidato del centrosinistra in Basilicata Carlo Trerotola

 

Il centrosinistra cede, dunque, una sua roccaforte storica, anche se tutto sommato tiene con il 33,3% dei consensi. Poteva andare anche molto peggio, ma l’analisi del voto conferma la grande crisi del Pd che si ferma ben sotto il 10% (7,8%) quando un anno fa, alle Politiche, era al 16,3%. Anche lo schema dell’allargamento a sinistra non paga più di tanto: tra le sette liste in supporto al farmacista Trerotola c’era anche quella di Articolo1-Mdp, con il nome di Progressisti, che si ferma al 4,5%, mentre, alle Politiche, aveva raggiunto il 6,4%, nonostante Roberto Speranza sia lucano.

A dimostrazione, poi, di quanto in Basilicata il voto sia ancora molto clientelare e risponda alle logiche dei pacchetti di voti che si spostano in blocco, è il dato della lista Pittella: il governatore uscente, che capeggiava una delle  liste del centrosinistra (8,6%), surclassa la lista del Pd (7,8%).

Una regione così particolare come la Basilicata è, ovviamente, un campione troppo piccolo per indicare una strada nazionale, ma certo è che se Zingaretti pensa di poter tornare vincitore ‘solo’ allargando a sinistra, magari mettendo dentro anche quella più radicale (in Basilicata vale il 4,6%), si sbaglia. “il voto lucano – sottolinea la giornalista Claudia Fusani in un articolo per Tiscali.it  – dimostra che questa formula non è ancora vincente. La Ditta, nel vecchio formato, non ha più una vocazione maggioritaria. Può, forse, tornare ad essere il secondo polo, ma non vince”.

Per Zingaretti è stato, di fatto, quello lucano, anche il primo vero test elettorale. E se una settimana è troppo poco (Zingaretti è stato proclamato segretario il 17 marzo), va detto che la promessa del centrosinistra unito e allargato, il “campo largo” promesso, per ora ha trascinato meno del previsto.

 

Neppure la sinistra-sinistra di Tramutoli brilla, anzi…

 

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Il simbolo di La Basilicata Possibile, lista in appoggio a Tramutoli

 

Ultimo arriva Valerio Tramutoli (4,4% il candidato presidente, 4,2% la sua lista), professore di fisica, ambientalista, a capo della lista “Basilicata possibile”, un mix di movimenti e sigle di sinistra, ambientalisti e di ex M5S delusi. Segno che il dato nazionale vince anche sulle battaglie ambientali, da cui esce azzoppato il M5S. “La regione del petrolio e dei problemi di inquinamento connesse ai fossili – scrive la giornalista lucana Angela Mauro sull’Huffington Post – vota Salvini che si presenta in regione con la maglia dell’Eni che qui in Regione spadroneggia” come pure fa l’altra società Total.

 

Spoglio lentissimo, ma affluenza in crescita

 

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Le schede delle elezioni regionali

 

Le urne hanno chiuso alle 23 di ieri ma – nonostante si tratti di una piccola regione (564.247 abitanti, 574 mila gli aventi diritto al voto) è stato necessario aspettare l’alba per avere dati certi con un’affluenza fissata, in modo definitivo, al 53,6% contro il 47,6% (+6%, ma allora si votava su due giorni) del 2013 e un siderale 71,1% di affluenza delle Politiche. Alle 2 di notte, per dire, erano state scrutinate solo 7 sezioni su 681. Un tempo lunghissimo figlio, probabilmente, di una legge elettorale nuova, al suo primo test, ma è stato abolito il voto disgiunto e i candidati governatori erano quattro.

 

Vince l’oro nero e vincono, soprattutto, le clientele…

 

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Barili di petrolio

 

Nelle dinamiche locali lucane paga la promessa, di tutto il centrodestra e che Salvini ha rappresentato indossando il caschetto dell’Eni in quasi ogni comizio, di un migliore e più efficace sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas, soprattutto per le ricadute sul territorio. La Basilicata potrebbe essere la regione più ricca d’Italia grazie all’oro nero, ma il reddito pro-capite la inchioda invece nella fascia più povera del Paese. Non convince, invece, il Reddito di cittadinanza: quello lucano doveva essere il primo test per la misura chiave del Movimento, a tre settimane dall’inizio della raccolta delle domande, ma il 20% scarso, contro il 44% delle Politiche, dimostra che la misura non fa crescere il consenso per Di Maio. L’M5S paga anche la delusione dei comitati No-Triv contro l’estrazione del petrolio e che oggi accusano il Movimento di non aver saputo fermare le concessioni come aveva promesso. Ma il voto lucano si conferma, soprattutto, un voto di clientele.

Una regione piccola, da 25 anni nelle mani degli stessi gruppi di potere costretti ad abdicare causa inchieste giudiziarie (Pittella, indagato per abuso e falso sarebbe, per il gip, il “deus ex machina di un sistema di favori intorno alla Sanità), ha visto in questi mesi i signori dei voti fiutare l’aria e trasferire i loro tesoretti di consenso verso il centrodestra. E’ facile, quindi, che poco possa cambiare veramente nella gestione della cosa pubblica lucana, nonostante il ‘generale’ vincente.

 

Il confronto con le precedenti elezioni (Politiche e regionali)

 

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I risultati definitivi delle elezioni regionali in Basilicata

 

Per l’esattezza alle Politiche del 2018, in Basilicata (alla Camera) il M5S aveva ottenuto il 44,3% dei voti. Il centrodestra, nel suo insieme, aveva preso il 25,4%, con Forza Italia al 12,4%, che doppiava la Lega, al 6,3%, seguiti da Fd’I al 3,7% e Noi con l’Italia-Udc al 3%. Il centrosinistra era crollato sotto il 20%, con il Pd fermo al 16,1%. Nel 2013, invece, alle precedenti elezioni regionali, il centrosinistra aveva trionfato con il 60% dei voti: il Pd era al 25% e la lista Pittella al 16%. Il Pdl era al 12,2% (tutto il centrodestra ottenne il 19% e la Lega nemmeno si presentò) mentre il M5S si era fermato al 9%.

 

Le prime reazioni politiche e i possibili effetti sul governo

 

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Antonio Tajani e Silvio Berlusconi leader di Forza Italia

 

Il centrodestra chiede subito, ovviamente, a Salvini di mettere una pietra sopra all’esperienza del governo gialloverde. Lo fa Antonio Tajani: “Mi auguro che la Lega stacchi la spina” a questo governo – afferma – “se non vuole essere considerata corresponsabile della pessima azione di governo” con il M5S, dice il presidente del Parlamento europeo ed esponente di Forza Italia.

 

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Il premier italiano Giuseppe Conte al XIII congresso Mcl

 

Anche per questo, sulle colonne della Stampa, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è chiamato ancora una volta a buttare acqua sul fuoco e a rassicurare sulla tenuta della maggioranza che sostiene il suo governo: “Il voto nelle Regioni non mette a rischio il governo” afferma il premier.

Sminuire e allentare la tensione è la missione che si dà in questa fase Conte, che derubrica a “fisiologico” anche lo scontro tra i due vice-premier: “La dialettica verbale serve anche a rimarcare uno spazio politico. Ma Salvini e Di Maio sono uomini responsabili…”, si augura il premier.

Il momento è complicato anche dall’arrivo della scadenza del Def – il Documento quadro che va presentato, da parte del governo, entro il 10 aprile – e quindi della strategia futura sulla politica economica. “Di sicuro non ci sarà una manovra correttiva” – dice Conte – punteremo su misure per la crescita e sullo sbloccacantieri”, ma il premier non escludere di rivedere il famoso Contratto.

 

I 5Stelle provano a consolarsi con il loro “primo posto”…

 

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Il vicepremier Luigi Di Maio (M5S)

 

Per i 5Stelle, la sconfitta, in Basilicata, era in qualche modo già prevista, ma davanti alla delusione per aver più che dimezzato i voti rispetto alle politiche, Luigi Di Maio fa prevalere la ‘gioia’ per il fatto che il Movimento 5 Stelle è diventato il primo partito nella Regione: “L’M5S è la prima forza politica in Basilicata. Gran parte della stampa parla di ‘voti dimezzati in un anno’ e di ‘crollo’, ma la verità è che abbiamo battuto tutte le liste, anche quelle con gli impresentabili dentro, anche quelle con i porta-voti di Pittella. A Matera siamo oltre il 30% (ma l’M5S era oltre il 50% alle Politiche, ndr.) ed è un risultato che conserviamo con grande senso di responsabilità verso il Paese, senza esultanze da stadio. Noi abbiamo un simbolo, una lista. E andiamo avanti così!” scrive su Facebook Di Maio.

Per Di Maio, “considerando il vero tracollo del Pd (che perde ben 16 punti rispetto al 2013) e Forza Italia, se andassimo al voto alle elezioni politiche domani potremmo anche rivincere in quella Regione, visto che non esisterebbero le miriadi di liste civetta che hanno assorbito centinaia di voti”.

 

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Il simbolo elettorale dell’M5S

 

Stefano Patuanelli, capogruppo dell’M5S in Senato, la mette così: in Basilicata, “dopo i risultati delle elezioni in Sardegna e in Abruzzo era logico attendersi risultati in linea”, ma poi ammette che “stiamo già lavorando alla nuova organizzazione, presto potremo avere nuove regole”. È infatti in corso il processo di riorganizzazione del Movimento, in raccordo con la piattaforma Rousseau, che potrebbe portare a un cambio di paradigma finora mai messo in dubbio, con alleanze locali con liste civiche, finora viste come la peste, ma fondamentali per imporsi a livello locale.

C’è però una parte dei 5 Stelle che cerca di capire le ragioni profonde del consenso ormai dimezzato. “L’ho detto al Corriere così come lo dico in piazza: il Movimento non può fare a meno di Di Battista” scrive su Facebook Gianluigi Paragone, senatore M5S. Il riferimento è all’ex deputato, scomparso dalla scena politica dopo la sconfitta in Abruzzo e ‘silente’ addirittura dal 13 febbraio.

 

Nel Pd parte subito l’attacco dei renziani a Zingaretti

 

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L’esponente del Pd Marco Miccoli

 

Il centrosinistra si conferma seconda forza nazionale anche alle regionali in Basilicata, ma per il Pd c’è poco da gioire: perde una roccaforte rossa da 25 anni e il partito si attesta al 7,8%. Fonti della segreteria dem provano a vedere il bicchiere mezzo pieno: “Le quattro liste civiche di ispirazione democratica a sostegno di Trerotola, dentro cui si sono candidati esponenti del Pd e civici, ottengono complessivamente oltre 63.000 voti validi con una percentuale complessiva del 23,1%, battendo in maniera inequivocabile il M5S, fermo al 20,40%, e la Lega, al 19,19%. Complessivamente il centrosinistra, relativamente alle politiche del 2018, fa un balzo in avanti di 7 punti percentuali”.

Il nuovo coordinatore della comunicazione del Pd, Marco Miccoli, analizza il voto dicendo che si è assistito alla “vittoria di un centrodestra sempre più spostato a destra e a una ripresa evidente di un centrosinistra largo, plurale ed inclusivo. Uno scenario che, oltre la ripresa del centrosinistra rispetto alle politiche dello scorso anno, ci consegna un altro dato politico: il tracollo del M5S. Tracollo che, di fatto – sostiene Miccoli – segna il riproporsi di un nuovo bipolarismo”.

 

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Luciano Nobili, deputato del Pd

 

Ma i renziani si scatenano subito nel fuoco ‘amico’ e partono all’attacco del nuovo corso del Pd. Anna Ascani, esponente dell’ala renziana e neo-vicepresidente del Pd, accosta il Pd a Toto Cutugno, eterno secondo del Festival di Sanremo: “Friuli, Trento, Molise, Abruzzo, Sardegna e Basilicata. Alla sesta volta credo che persino il grande Toto Cutugno abbia smesso di esultare per il secondo posto. Noi abbiamo intenzione di andare avanti parecchio?” scrive su Twitter la deputata.

Una critica del fronte renziano che trova conferma nel tweet di un altro deputato, Luciano Nobili: “Da quando Matteo Renzi si è dimesso abbiamo perso Friuli, Molise, Abruzzo, Sardegna, Basilicata, Trento e Bolzano. Ma il problema era il carattere di Renzi, ovvio. E oggi, senza di lui, tutti felici per il secondo posto in Basilicata: felici e perdenti”.

Il segretario dem Nicola Zingaretti evita la polemica diretta e risponde così: “La Basilicata conferma che l’alternativa a Salvini e al centrodestra siamo noi. Neanche questo era scontato”, afferma il segretario Pd, “Il Pd e il nuovo centrosinistra devono diventare più forte. Può sembrare strano ma panche questo non era scontato, visto che a il tema finora era la marginalità del centrosinistra”.

 


 

Riepilogo di voti e percentuali in Basilicata: liste e candidati

 

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I risultati definitivi delle elezioni regionali in Basilicata

ELEZIONI BASILICATA – RISULTATI – RIEPILOGO REGIONALE

681 sezioni su 681 – Ultimo aggiornamento: 25 marzo 2019 ore 11:58:

Vito Bardi (centrodestra – eletto) : 124.716 voti (42,2%)

LISTA VOTI SEGGI PERCENTUALE
Lega Salvini Basilicata 55.393 6 19,1
Forza Italia Berlusconi per Bardi 26.457 3 9,1
Fratelli d’Italia 17.112 1 5,9
Idea – un’Altra Basilicata 12.094 1 4,2
Basilicata Positiva Bardi Presidente 11.492 1 4,0

Carlo Trerotola (centrosinistra): 97.866 voti (33,1%)

LISTA VOTI SEGGI PERCENTUALE
Avanti Basilicata 24.957 2 8,6
Comunità Democratiche – Partito Democratico 22.423 2 7,8
Progressisti per la Basilicata [*] 12.908 4,5
Partito socialista italiano (Psi) 10.913 3,8
Basilicataprima Riscatto 9.748 3,4
Lista del Presidente Trerotola 9.559 3,3
Verdi Realtà Italia 5.492 1,9

Antonio Mattia (M5S): 60.070 voti (20,3%)

LISTA VOTI SEGGI PERCENTUALE
Movimento 5 Stelle 58.658 3 20,3

Valerio Tramutoli (sinistra): 12.912 voti (4,4%) 

LISTA VOTI SEGGI PERCENTUALE
La Basilicata Possibile Tramutoli Presidente 12.124 4,2

*: alla lista contrassegnata con (*) e’ stato detratto un seggio a favore del candidato presidente


 

NB: Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2019 in forma originale per questo blog.