La lunga estate calda di Salvini. La crisi di governo è ai box, la prova del 9 ora è settembre

La lunga estate calda di Salvini. La crisi di governo è ai box, la prova del 9 ora è settembre

4 Agosto 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

Salvini torna a evocare le urne, Di Maio si spaventa 

Matteo Salvini a Cervia

Matteo Salvini a Cervia

O la squadra di governo è compatta o è meglio ridare la parola agli italiani”, il che vuol dire andare a elezioni anticipate, dice il leader della Lega, Matteo Salvini, in un comizio tenuto ieri sera a Cervia, comizio in cui attacca il Pd (“Ha sulla coscienza Banca Etruria”) ma anche i 5Stelle mentre il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, ‘avverte’ il ministro alle Infrastrutture, Danilo Toninelli: “O si fa anche la Gronda, oppure è meglio che vada a casa”. Un avviso di sfratto in piena regola.

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Il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari

Già in un’intervista alla Stampa, Salvini si era detto “stufo, ma ora inizia a stufarsi anche la gente”. Un avvertimento. Di Maio, invece, intervistato dal Corsera, assai impaurito, aveva provato a tendere una mano all’alleato, dicendosi “stanco di litigare”, ma aggiungendo che “con Salvini e Conte abbiamo lavorato bene, dobbiamo andare avanti così”. Parole finite nel vuoto pneumatico spinto.

Luigi Di Maio

Luigi Di Maio

Infatti, il ministro dell’Interno fa capire che sta fiutando l’aria: l’elettorato si fa insofferente per il continuo tira e molla tra gialli e verdi. E’ il momento del divorzio? Forse non ancora. “La spina si stacca se si litiga soltanto – aveva detto Salvini di mattina – Noi facciamo anche delle cose buone”. Da Cervia, a sera, però, arriva l’ultimatum: “O c’è una squadra compatta che ha la forza di fare le cose o la forza la chiederemo agli italiani perché il Paese merita tutto”. Comprese le urne anticipate?

Salvini in consolle al Papeete a Milano Marittima

Salvini in consolle al Papeete a Milano Marittima (Ansa)

Dipende da tanti fattori, a partire dalla manovra economica, su cui, come su tutto il resto, Lega e M5S non riescono proprio a trovare la ‘quadra’. Salvini dice che “Stiamo preparando una manovra economica che tagli le tasse a tanti italiani: se all’Europa va bene son contento, sennò la facciamo lo stesso”, sempre comiziando a Cervia, ma Di Maio lo avverte: “Ci dica da dove prende i soldi”.

38 giorni di ferie

38 giorni di ferie

Eppure, dato che sono tutti “stufi” (Salvini di Conte e di Di Maio, Di Maio di Salvini e di litigare, Conte di entrambi, etc.), compresi i cronisti parlamentari di lungo corso che già non credevano più a una crisi di governo a luglio, figurarsi in piena estate, i deputati della Repubblica italiana hanno pensato bene di andarsene in ferie (38 giorni, un semi-record) e l’onore della prova spetta solo ai senatori della Repubblica che, la prossima settimana, dovranno affrontare una intensa due giorni che deciderà delle sorti del governo e della legislatura. Infatti, il 6 agosto palazzo Madama voterà, in via definitiva, il decreto Sicurezza bis e, il 7 agosto, si voteranno le mozioni dei partiti sulla Tav.

 

Le infinite vacanze dei deputati (e quelle dei senatori…)

Le infinite vacanze dei deputati

Le infinite vacanze dei deputati

Sarà in quei due voti, dunque, che “si parrà la nobilitade” del governo e la conseguente tenuta della sua maggioranza. Infatti, nell’ultimo cdm previsto prima della pausa estiva, che dovrebbe tenersi mercoledì o giovedì prossimo, non accadrà un bel nulla. La riforma della Giustizia, approvata “salvo intese” (il che non vuol dire nulla, se non che non c’è alcun accordo tra Lega e M5S), è stata rimandata a settembre e anche per quanto riguarda l’Autonomia differenziata meglio soprassedere, se ne parlerà, anche in questo caso, sempre in autunno, quando però Salvini e Di Maio, più Conte Tria, dovranno mettere in campo una manovra economica che si preannuncia ‘monstre’. 

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Giovanni Tria, titolare del dicastero dell’Economia

Intanto, i deputati (e, presto, anche i senatori) si godono le loro tanto meritate, e agognate, ferie. Per i deputati trattasi di 38 (trentotto, dal I agosto all’8 settembre) giorni di vacanza, per i senatori saranno ‘solo’ 30 (dal 7 agosto all’8 settembre), ma insomma, niente male, ecco. Le commissioni, si capisce, riprenderanno a lavorare un po’ prima (dal 2 settembre), ma  gli italiani ‘normali’ le ferie se le godono assai meno. Vero è che la media delle ferie dei parlamentari è ‘in linea’ con questi numeri da molti anni.

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Enrico Letta, ex premier del Pd

Nel 2014 i giorni di ferie furono ‘solo’ trenta, ma già ne 2015 si arrivò a 35 giorni di ferie, nel 2016 a 38 (come ora) e nel 2017 e 2018 più o meno lo stesso. Solo nel 2013 ci si limitò a 27 giorni di ferie (poveri!) ma solo perché l’allora premier, Enrico Letta, chiese “uno sforzo di sobrietà” ai parlamentari (accolto). 

Vero è anche che i consigli regionali, a partire da quello siciliano – parametrato, per legge, al Parlamento nazionale, con tanto di commessi in livrea, si chiude per ferie dal 31 luglio al 10 settembre, di solito, e che i parlamenti dei Paesi membri della Ue lavorano anche meno del nostro.

Bundestag Berlino

Il Bundestag

In Germania, il Bundestag si ferma dal 28 giugno al 10 settembre, in Francia l’Assemblea nazionale dal 26 luglio ai primi di settembre e la House of commons britannica chiude per ferie dal 26 luglio al 5 di settembre. Infine, il Parlamento Ue raggiunge un vero record da ‘scansafatiche’: l’ultima riunione si tiene il 25 luglio e la prima delle nuove si apre il 2 settembre. Due mesi di ferie, un bel vivere…

 

Le differenze, tra Lega e M5S, restano abissali su tutto

Salvini (Lega) e Di Maio (M5S)

Salvini (Lega) e Di Maio (M5S)

Tornando ai problemi che attanagliano la maggioranza, le differenze sono, e restano, abissali, a partire dalla Tav che mercoledì, invece, sarà all’esame del Senato, con il voto delle mozioni pro e contro un’opera cui, in realtà, il governo ha già dato il suo via libera. Da quel voto uscirà la fotografia di un M5s in netta minoranza tra le forze parlamentari: la Lega voterà le mozioni di FI, FdI e pure del Pd, quindi i 5Stelle finiranno in minoranza e amen. Un epilogo annunciato, quindi, almeno sulla Tav.

Decreto di sicurezza Bis

Decreto di sicurezza Bis

Mentre, invece, sull’esito del voto sul decreto Sicurezza-bis, in programma a partire da lunedì al Senato, nessuno è pronto a scommettere un euro. Sarà quello, infatti, il vero banco di prova dell’alleanza gialloverde. I numeri della maggioranza, infatti, sono più che precari e neppure il molto probabile ricorso alla questione di fiducia, già chiesto dalla Lega, metterà al sicuro il dl cui Salvini tiene in massimo grado. A meno di una – assai probabile – uscita strategica dall’Aula di una pattuglia di senatori azzurri e meloniani per far abbassare il quorum (meno senatori votano, più bassa diventa l’asticella). Di qui, il ritorno in circolazione di voci su un’imminente crisi, che tuttavia avrebbe conseguenze dirette sull’avvio di una sessione di bilancio già gravata da pesanti incognite.

 

Governo in stallo, ma al Senato saranno giorni di fuoco

giorni di fuoco

Giorni di fuoco

Certo è che lo stallo in cui è sprofondata l’azione di governo, che non riesce neppure a indicare un commissario per la Ue, è imbarazzante. La riforma della Giustizia è stata, appunto, rinviata a tempi migliori e, sulle Autonomie, persino le audizioni in commissione sono state rinviate. A catalizzare lo scontro tra M5s e Lega resta, però, il passaggio decisivo, quello del Senato, sul dl Sicurezza-bis.

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La facciata principale di Palazzo Montecitorio, a Roma, sede della Camera dei Deputati

Alla Camera il testo è passato senza problemi, ma anche senza i voti di 17 pentastellati, a riprova di un dissenso crescente. La Lega vorrebbe neutralizzare i malesseri dell’alleato di governo con la fiducia al Senato. E qui bisogna, però, fare di conto. La maggioranza conta su solo 165 voti, sulla carta (107 M5S, che ne ha guadagnato uno di recente, seggio che era vacante da inizio legislatura, e 58 della Lega, ma sono 57 in realtà perché Umberto Bossi, malato da tempo, non ci sarà, in Aula), cinque in più rispetto ai 161 richiesti, in teoria, per il quorum.

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Umberto Bossi, fondatore della Lega Nord

Voti di maggioranza che salgono, in realtà, a 167 contando i due senatori del Maie, iscritti al gruppo Misto, che votano sempre con il governo. Il totale è di 321 senatori, compresi i sei senatori a vita, e la maggioranza potrebbe salire ancora con i tre senatori Svp e uno di Uv.

 

Il dl Sicurezza bis passerà, ma è ansia da ‘battiquorum’

battiquorum

Battiquorum

Il testo, dunque, sarà blindato, quindi non sarà votato da Fdi e Fi, che sarebbero pronti a sostenerlo per compensare le possibili defezioni del M5s (sono almeno cinque i senatori dissidenti tra i 5Stelle: Fattori, che ha già annunciato il suo ‘no’ alla fiducia, Mantero, La Mura, Airola, Campolillo, ma potrebbero salire fino a dieci), ma solo senza la fiducia. Morale, il governo dovrebbe arrivare a quota 165-166 voti: facendo addizioni e sottrazioni, 5 in più rispetto alla maggioranza assoluta (161). In realtà, il quorum del plenum (161 voti su 321) è un pro forma, dato che, su un qualsiasi testo che non richieda la maggioranza assoluta, basta solo che i sì battano i no e le opposizioni, se tutti votassero ‘no’, alla fiducia, oggi non arrivano che a quota 141 senatori (51 senatori del Pd, 4 di Leu, 3 ex M5S, Nencini e Bonino, che stanno tutti nel misto, 61 di FI, tolta la Casellati, 18 di FdI).

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Salvini al comizio d’agosto

Il punto, però, come sempre, è ‘politico’. Senza i 161 voti, e magari pur con le defezioni tattiche di alcuni senatori di FI e FdI, che uscendo dall’aula abbasserebbero il quorum, Salvini potrebbe gridare alla “rottura dei patti” da parte dei 5Stelle e aprire la crisi di governo, anche perché, il giorno dopo, la rottura della maggioranza sulla Tav sarà, di certo, palese.

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Sergio Mattarella, Capo dello Stato italiano

Una crisi di governo il 6 agosto, però, non l’ha mai vista proprio nessuno, senza dire del fatto che il Capo dello Stato – proprio come i parlamentari (i deputati dal 31 luglio, i senatori, poverini, solo dal 7 agosto) – saranno già andati in ferie e il Parlamento già bello che sbarrato per le sudate vacanze. Se ne riparla, dunque, a settembre e lì potrebbe cascare l’asino.

 

La cartina di tornasole sarà la riforma Fraccaro a settembre

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Fraccaro e la riforma

Infatti, a partire dal 7 settembre, va in discussione, nell’aula della Camera, l’ultimo passaggio – quello definitivo – del taglio del numero dei parlamentari (la cd. Riforma Fraccaro) e lì sì che serve la maggioranza assoluta (così vuole e recita la Costituzione) per far passare il testo.

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Il logo storico del Carroccio

In teoria, non dovrebbe esserci nessun problema: la Lega – insieme, ovviamente, all’M5S – ha sempre votato a favore, senza mai far mancare uno solo dei suoi, alla riforma che decurta di un terzo il numero dei parlamentari (da 630 a 400 i deputati e da 315 a 200 i senatori), pur avendo dimostrato, ma sempre sottotraccia, perplessità e dubbi sull’argomento.

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Nicola Zingaretti

Le votazioni inizieranno tra l’8 e il 9 di settembre e si concluderanno entro giovedì 12 (o, al massimo, venerdì 13) settembre, considerando che – sempre giovedì 12 – è in calendario, sempre alla Camera, la mozione di sfiducia al ministro Salvini che il Pd di Zingaretti – dopo un numero infinito di divisioni e mal di pancia interni – ha presentato. Solo che la mozione, che Renzi e i suoi volevano fosse discussa immediatamente, prima della pausa estiva, è stata rinviata a settembre per ragioni di calendario e, appunto, per l’eterno tergiversare di Zingaretti in guerra aperta con Renzi e i suoi…

Matteo Renzi

Matteo Renzi

Ma al di là dei soliti, paranoici, istinti del Pd che sta aggravando oltre ogni limite il suo cupio dissolvi (zingarettiani e renziani sono riusciti a dividersi anche sulla raccolta di firme che avrebbe dovuto accompagnare, sulle spiagge e nelle feste dell’Unità, la mozione di sfiducia, e non uno che abbia detto che un atto parlamentare di un partito non abbisogna di alcuna raccolta firme: un non sense), resta il punto. La Lega voterà, senza fare un plissé, il via libera definitivo alla riforma Fraccaro?

E qui nascono molti dubbi.

 

Il warning di Mattarella: “se passa la riforma non si vota”

 

Il capo dello Stato Sergio Mattarella

Il capo dello Stato Sergio Mattarella

Il Capo dello Stato avrebbe, infatti, ‘avvertito’ i due eterni duellanti del governo gialloverde, cioè i due vicepremier, che ‘se’ passa la riforma Fraccaro “non vi mando a votare”. Non solo perché, come si sa, in autunno, si apre la sessione di bilancio: entro il 27 settembre va presentata, alle Camere, e votata, la Nota di variazione al Def, cioè al bilancio dello Stato, ed entro il 15 ottobre, quando si apre la sessione di bilancio, la manovra economica va presentata alla commissione Ue (segue, di solito, tira e molla, cioè una difficile trattativa) e, infine, le Camere devono approvare la legge di Stabilità entro il 31 dicembre, pena l’esercizio provvisorio dei conti dello Stato. Scadenze improcrastinabili, rigorose, effettive. Ma, appunto, come se non bastasse, ora ci si mette di mezzo pure la Fraccaro.

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Un simbolo del referendum

Infatti, come vuole e recita la Costituzione, una volta approvata la riforma costituzionale in quarta, e definitiva, lettura (qui sì che serve la maggioranza assoluta di 316 voti alla Camera, come ne sono serviti, nella terza lettura al Senato, ben 161), inizia a decorrere il tempo in cui – pur a riforma varata – “un quinto dei membri di una Camera, 500 mila elettori o cinque consigli regionali” possono chiedere il referendum (si chiama referendum ‘confermativo’, in questo caso e la data va fissata nei 90 giorni successivi alla richiesta).

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I colori dei vari gruppi parlamentari e dove siedono a Montecitorio

E se è vero che sarà difficile trovare qualche ‘pazzo’ – in Parlamento o nei Consigli regionali o tra gli elettori – che voglia proporre il ‘no’ a un argomento così anti-Casta come la riduzione del numero dei parlamentari (ma, con mossa, per una volta, ‘furba’, il referendum potrebbero chiederlo proprio i 5Stelle, allungando, di fatto, la legislatura), i tre mesi di ‘fermo biologico’ devono passare per forza.

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Roberto Calderoli

Una volta che si esaurisce quell’intervallo temporale, peraltro, di mesi ne occorrono, dopo, altri due perché la riduzione dei seggi, e il ‘ricalcolo’ tecnico che ne consegue sulla legge elettorale attualmente in vigore, il Rosatellum, entri in vigore. Ci ha pensato, in realtà, a fare tale ‘ricalcolo’ il leghista luciferino per eccellenza, Roberto Calderoli. Il già padre del ‘Porcellum’, infatti, ha fatto approvare, a maggio scorso, una leggina che, passata nel silenzio dei più, con un banale calcolo numerico, ‘adegua’ il Rosatellum ai nuovi scranni parlamentari, dato il combinato disposto, previsto nella legge elettorale, di collegi plurinominali (per tre quarti) e uninominali (per un quarto).

 

Se nasce un governo ‘tecnico’ o ‘ minoranza’ Salvini è ‘fritto’ 

Se nasce un governo 'tecnico' o ' minoranza' Salvini è 'fritto' 

Se nasce un governo ‘tecnico’ o ‘ minoranza’ Salvini è ‘fritto’

Ma resta il punto: prima che tutte le diverse e complesse procedure costituzionali non saranno state espletate (ripetiamo: tre mesi per il referendum e si fa il 15 dicembre, e due mesi per ridisegnare i collegi, e si fa il 15 febbraio, ma del 2020), una volta che la riforma Fraccaro sarà diventata legge, Mattarella impedirà, di fatto, a Salvini – imputato numero uno della ‘tentazione ‘ – di andare al voto.

Mattarella e Salvini

Mattarella e Salvini

Morale: se il governo gialloverde cadesse, il Capo dello Stato darebbe vita a un governo ‘tecnico’, persino – forse – a un ‘governo di minoranza’, che avrebbe come compito quello di licenziare la manovra economica, controllare l’effettivo percorso del processo costituzionale referendario e, solo alla fine, portare il Paese a eventuali urne anticipate. Una di quelle cose, un governo simile, che sai quando nasce e non sai, però, quando muore. Infatti, i parlamentari – specie i grillini, ma anche i democrat e gli azzurriterrorizzati dal taglio del numero dei parlamentari e consapevoli che la drastica riduzione del loro numero, comporterebbe che solo un pugno di audaci potrebbe aspirare a tornare in Parlamento, farebbero ‘le barricate’ tra Camera e Senato pronti a votare ‘il governo della qualunque’. Un governo, cioè, che – via via, con il passare dei mesi – potrebbe trovare inaspettate convergenze, in Parlamento, e durare, in pratica, quasi fino alla scadenza naturale della legislatura, con una lunga serie di ‘Scilipoti’ pronti a sostenerlo pur di non dover tornare, banalmente, ‘a casa’.

Il ministro dell'interno Matteo Salvini visita il cantiere Tav a Chiomonte, Torino, 1 febbraio 2019. ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

Il ministro dell’interno Matteo Salvini visita il cantiere Tav a Chiomonte, Torino, 1 febbraio 2019. ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

Ergo, o Salvini apre la crisi adesso, subito subito, sui voti al Senato in merito a decreto Sicurezza bis e/o alle mozioni sulla Tav, oppure la apre ai primissimi di settembre, ma ‘prima’ che la riforma Fraccaro diventi legge, chiudendo la finestra elettorale, che sarebbe, in teoria, aperta, fino al 2020.

Sergio Leone

Sergio Leone

Cosa farà, il vicepremier, ministro dell’Interno e leader della Lega? Quien sabe?, risponderebbe Sergio Leone. Certo è che, a quel punto, ove non aprisse la crisi – subito o a settembre – dovrebbe acconciarsi a governare con l’M5S e con Di Maio, oltre che con Conte, ancora a lungo, magari strappando, al massimo, un bel rimpastone di governo. Ma si accontenterà di così poco, Salvini? Resta il mese di agosto, per scoprirlo. Quando i parlamentari, ai primi di settembre, saranno tornati dalle loro tanto sudate ferie, i giochi saran fatti e sapranno di che morte dovranno morire.

 


 

NB: Questo pezzo è stato pubblicato in forma originale per questo blog il 4 agosto 2019