“Potere al Popolo!”. La Sinistra è andata al governo, ma quanto durerà? Un’analisi tra attualità e storia

“Potere al Popolo!”. La Sinistra è andata al governo, ma quanto durerà? Un’analisi tra attualità e storia

5 Settembre 2019 0 Di Ettore Maria Colombo

Questo, più che un articolo di cronaca politica, come di solito, è un’analisi che prova ad affrontare un tema eterno, e molto sentito, soprattutto ‘a sinistra’: la sinistra – nelle sue varie accezioni, dal Pd fino a LeU, è ‘al governo’. Cui prodest?

CUI PRODEST

Cui Prodest

 

Il Pd è ‘confuso è felice’.
Oggi è al governo, ma a che prezzo?

Confuso e felice

Il PD è confuso e felice

Formalmente, e all’esterno, la felicità è massima e rotonda. Internamente, nei conciliaboli di Montecitorio, la preoccupazione è alta, dubbi si insinuano e malumori pure. Il Pd che festeggia la nascita del governo Conte 2, di cui è parte non piccola (nove dicasteri, cinque con portafoglio, quattro senza: ottimo bottino per un partito che le elezioni le ha perse e conta, in Parlamento, senatori e deputati per il 18% dei voti…), è un partito ‘confuso e felice’.

La felicità ce la mette tutta il segretario Zingaretti: ha tenuto unito il partito, ha ottenuto di giocarsi, sul fronte europeo (Gualtieri all’Economia, Amendola agli Affari Ue, Gentiloni commissario italiano) la partita grossa, quella di chi tiene ‘i cordoni della borsa’. In più, tre ministri ai renziani (due pasdaran dell’ex leader, Bellanova e Bonetti, e un renziano dialogante, Guerini) lasciano credere che la pax interna, per un po’, reggerà.

Orlando andrea

Orlando Andrea

Ma non si nasconde “le difficoltà” dell’alleanza con l’M5S, per primo, il vicesegretario Andrea Orlando, che ha rinunciato a entrare nel governo, tra i malumori dei suoi, anche se piazza un suo giovane promettente (Provenzano) al Sud. Zingaretti, dunque, è soddisfatto: “Bene la svolta, ora è tempo di cambiare l’Italia”, dice con inusitato slancio retorico, poco consono al suo Mood tipico.

Certo, Zingaretti ha dovuto cedere sul nome del premier, poi sul vicepremier e sul sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma ritiene di aver portato a casa il risultato più importante: superato lo schema del “contratto”, quello dei gialloverdi, c’è “un programma unico e una squadra nuova. Il governo è di forte cambiamento anche generazionale” assicura, ma riconosce che ora servirà “una nuova maggioranza non litigiosa, ma plurale e unita”.

Unito, all’apparenza, sembra pure il Pd.

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L’ex premier ed ex leader del Pd Matteo Renzi

Gli auguri di Renzi (“buon lavoro al nuovo governo”) arrivano a stretto giro e i renziani osservanti, da Ettore Rosato ad Andrea Marcucci, ci tengono a “ringraziare” l’impegno del segretario con cui fino a ieri hanno polemizzato, anche duramente, oltre che – si capisce – “fino all’ultimo militante del  Pd“. 

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L’ex ministro Carlo Calenda

Ma, al netto della voce scoperta e solitaria di Carlo Calenda (“incomprensibile” il matrimonio tra Pd e M5s) e del fatto che tutti, ora, da Graziano Delrio ad Alberto Losacco, parlano di “una nuova fase”, tutta da costruire, ma con molte opportunità per il Pd (la scommessa, non facile, è ‘costituzionalizzare’ un movimento populista come l’M5s), le difficoltà si mischiano alle paure e alle insoddisfazioni, spesso malcelate ma sottese a molti ragionamenti ‘da Transatlantico‘.

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Il Transatlantico di Montecitorio detto “il Corridoio dei Passi Perduti”

Opportunità vere, certo, si aprono per le imminenti elezioni regionali in Umbria e Calabria: i dem umbri (Verini) e calabresi (Magorno) parlano di possibili accordi con M5s anche lì, il che vuol dire ‘riaprire la partita’ in regioni che, fino a ieri, venivano date per perse (in Emilia, invece, si vedrà…).

Lorenzo Guerini

Lorenzo Guerini

Ma proprio dai territori si levano le voci più critiche: troppi “ministri del Sud” (tranne Guerini e la De Micheli), “troppi due pugliesi” (Bellanova e Boccia), “troppo inesperti alcuni”, etc.

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Francesco Boccia

Fino alla critica, forse, più ingenerosa: “Il governo andava fatto, ma non così, servivano tanti Cantone, i nostri sono troppi inesperti, molti non hanno mai fatto i ministri”. Il segretario, inoltre, non è al governo e non controlla i gruppi parlamentari, Delrio avrebbe sicuramente meritato un ministero (e, pare, lo avesse desiderato), Orlando pure, i ministri ‘produttivi’ (Lavoro, Welfare, e la Salute l’ha in mano Speranza, che è di LeU) sono tutti in mano ai 5Stelle, il Pd è fuori da palazzo Chigi, etc. “I soliti cacadubbi – ribatte un deputato – siamo tornati al governo dopo una batosta elettorale, ma quando ci ricapita?”.

 

D’Alema e Bersani dixit: “I 5Stelle sono l’alleato naturale”

DAlema Bersani

D’Alema e Bersani dixit: “I 5Stelle sono l’alleato naturale”

Massimo D’Alema, ultimo segretario del Pds e primo dei Ds, ma soprattutto storico dirigente dell’ultimo Pci, invece, esulta e sentenzia: “l’alleanza Pd-M5S è un’alleanza naturale”

Poi, al Corsera, si fa lirico e, insieme, machiavellico e spiega: “Nell’alleanza e nel governo col M5S la sinistra deve ritrovare le coordinate che aveva perso. Dobbiamo riuscire a risintonizzare il realismo politico con l’utopia, rimetterci in contatto con quel popolo che avevamo smarrito”.

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Pierluigi Bersani

Insomma, per D’Alema, ‘la Sinistra’ è tornata, superata la parentesi renziana. Pierluigi Bersani – meno apodittico e più concreto – sospira di sollievo e, insieme, rimpiange quello che poteva essere, il suo – mai nato – ‘governo del cambiamento’: “Nel 2013 ci credevo. Credo ancora che questa cosa che tutti vedono come uno stato di necessità possa essere un progetto difficile ma dall’orizzonte democratico”.

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Emanuele Macaluso

Insomma, se si esclude un ‘grande vecchio’ come il senatore Emanuele Macaluso, che avrebbe di gran lunga preferito le elezioni, l’intero spettro dei leader dell’ex Pci-Pds-Pds-Pd sprizza felicità.

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L’ineffabile D’Alema

Ho letto – continua a scandire, ineffabile, D’Alema, sempre nell’intervista al Corriere della Sera in cui benedice il nascente governo giallorosso (“il bacio della morte” dicono, perfidi, i renziani, ndr.) – sull’ultimo numero di Quaderni di Rassegna Sindacale (rivista samizdat – cioè per pochi intimi -della sinistra sindacale, ndr.) che oltre il 50% degli operai e degli impiegati iscritti al sindacato votano per il M5S. Parliamo di un pezzo significativo del nostro mondo che, non trovandole nella sinistra, ha cercato nel M5S le risposte alle esigenze di giustizia sociale, di lotta alle diseguaglianze e ai privilegi. Cosa c’è di innaturale nel tentare di riannodare quel filo che, per colpa del centrosinistra, si era spezzato?”. Ecco, cosa c’è di ‘innaturale’ nel considerare il Conte due il governo “più di sinistra” della storia repubblicana dal secondo dopoguerra?

 

Dal 1947, mai più comunisti al governo per oltre 50 anni…

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Il premier italiano che firmò il trattato di pace di Parigi, Alcide de Gasperi (Dc)

Meglio mettere in fila qualche dato storico per circoscrivere il tema e comprenderlo meglio. Dal 1947 in poi, quando De Gasperi ‘sbarcò’ le sinistre di Pietro Nenni, leader del Psi, che ne era ministro degli Esteri, e Palmiro Togliatti, leader del Pci, che ne era ministro alla Giustizia, dai governi di CNL (cioè ‘di liberazione nazionale’ nati dopo quelli ‘badogliani’, nel 1945-1947), mai la sinistra comunista ebbe posti, compresi quelli di sottogoverno e tantomeno ministeri, per quasi cinquantanni di storia patria.

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Pietro Nenni

Infatti, durante i governi di solidarietà nazionale del 1976-’79, il Pci si limitava all’astensione (e, poi, al voto favorevole), in quelli che vennero detti ‘governi di solidarietà nazionale’, ma senza mai avere un dicastero (erano dei monocolori Dc) e limitandosi a ‘governare’, con la Dc, dentro il Parlamento (Pietro Ingrao, nel 1976, fu il primo presidente comunista della Camera, seguito poi, a lungo, da Nilde Jotti).

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S’intende, però, che il Psi – sia quello di Nenni degli anni Sessanta che, poi, quello di Craxi – governarono insieme alla Dc nei lunghi periodi e stagioni del centrosinistra.

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Bettino Craxi, segretario e leader del Psi

Ma, per dirne una, vi fu sempre, anche durante il periodo della ‘solidarietà nazionale’, una opposizione ‘di sinistra’, in Parlamento, rappresentata dai vari Pdup, Dp, indipendenti. Presto, poi, si rotolò al 1989-1991 quando il Pci si sciolse.

 

Seconda Repubblica, tra il Prc di Bertinotti e Diliberto ministro

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Roma, 1985 – Bettino Craxi, Presidente del Consiglio, con Achille Occhetto, politico del PCI

Nella Seconda Repubblica, dopo i pochi, sfortunati, giorni in cui ministri del Pds entrarono e uscirono dal governo Ciampi (Occhetto li ritirò per il voto che aveva salvato Craxi dall’autorizzazione a procedere) nel 1993, bisognerà attendere il 1996, e il primo governo dell’Ulivo, per vedere un ex comunista (nella fattispecie, Walter Veltroni) vicepremier e diversi ministri dell’allora Pds in ruoli chiave.

Oliviero Diliberto

Oliviero Diliberto

Ma ‘a sinistra’ c’era la robusta presenza del Prc, nato per scissione proprio dal Pds, che appoggiava il governo Prodi, ma dall’esterno, senza contare su ministri, e che quel governo, poi, nel 1998, decise di fare cadere. Proprio D’Alema divenne il primo presidente del Consiglio ‘post-comunista’ della storia repubblicana, nel 1998, anche se con una coalizione che andava dall’Udr al Pdci, nato per scissione, a sua volta, dal Prc, e che piazzò, nel governo D’AlemaOliviero Diliberto nel ruolo di guardasigilli. Ancora oggi la carica di governo più alta per un comunista, dai tempi di Palmiro Togliatti.

fausto bertinotti

Fausto Bertinotti

E anche quando il Prc, sempre guidato da Bertinotti, partecipò al governo Prodi II (2006-2008) con l’Unione, il comunista Paolo Ferrero ebbe un dicastero minore e di risulta, la Solidarietà sociale. Inoltre, in Parlamento – e, soprattutto, al Senato – ben due senatori, eletti con il Prc, Franco Turigliatto e tale Rossi, votavano costantemente contro il governo, contribuendo, di fatto, a minarne la maggioranza e, alla fine, a farlo cadere, con la complicità attiva, s’intende, dell’Udeur di Mastella.

 

“Una vita da opposizione”. Le micro-scissioni a sinistra

Nichi Vendola

Nichi Vendola

Da allora in poi, la sinistra-sinistra – sia nella fattispecie del Prc che di SeL, la formazione guidata da Nichi Vendola, fu sempre all’opposizione dei vari governi Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, sia che fosse in Parlamento sia che fosse fuori.

Matteo Renzi

Matteo Renzi

Come si sa, poi, in particolare contro la ‘gestione’ Renzi del Pd, cioè dell’erede, seppur alla lontana, del Pci-Pds-Ds, la sinistra-sinistra si è sempre messa d’impegno e buona lena. Il Pd ha pagato caro ‘l’epoca Renzi’ con tre micro-scissioni.

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L’ex Rottamatore Pippo Civati parla all’Assemblea nazionale del Pd

Prima se ne va Pippo Civati, che fonda il suo ‘Possibile’ (oggi non più rieletto in Parlamento, ahilui), poi la scissione più pesante, quella di Mdp (Bersani, D’Alema, Speranza, ma anche Errani, Laforgia, Migliavacca, Stumpo, etc. etc.), che si porta via un intero pezzo di Pd orientato a sinistra, infine se ne vanno anche prestigiosi nomi della penultima legislatura, gli ex presidenti di Camera, Laura Boldrini, e Senato, Pietro Grasso.

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Boldrini e Grasso

Confluiscono tutti dentro una sorta di cartello elettorale (LeU, Liberi ed Uguali), che – con l’apporto di Sinistra italiana di Nicola Fratoianni e di pezzi di ambientalisti e società civile – si presenta alle elezioni politiche, ma raccogliendo un misero 3,3% ed eleggendo un piccolo pugno di parlamentari (14 deputati e 4 senatori).

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Nicola Fratoianni, leader di Sinistra italiana

LeU, come il Pd, era andata all’opposizione del governo gialloverde, ma ora si ritrova, improvvisamente, al governo. Eppure LeU, dopo pochi mesi, era riuscita a dividersi in tre: l’area di Mdp (oggi Articolo 1) riprende la sua autonomia e inizia a guardare speranzosa, dopo le dimissioni di Renzi, al nuovo corso del Pd che elegge nuovo segretario Zingaretti: alle ultime europee presenta ed elegge propri nomi nel Pd. Sinistra italiana resta, invece, testardamente ‘a sinistra’ e cerca uno, sfortunato, esperimento elettorale con altre sigle (La Sinistra, appunto) che non supera lo sbarramento (4%).

Stefano Fassina

Stefano Fassina

Altre piccole sigle nascono, come il partito one man show di Stefano Fassina che fonda un suo movimento, ‘Patria e Costituzione’ (l’idea è lanciare un ‘sovranismo di sinistra’), oppure si confondono, e si perdono, nell’indeterminatezza, come l’associazione ‘E’ Viva – la Sinistra’ (sic), fondata da Francesco La Forgia e ispirata proprio da Pietro Grasso. Insomma, sembra proprio che la sinistra-sinistra resti preda del suo più antico demone, quello della ‘scissionite’ acuta.

 

“I precursori” dell’incontro con la ‘costola della sinistra’

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L’incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II, o incontro di Teano, avvenne il 26 ottobre del 1860

Invece, come per un incantamento, ecco arrivare la crisi del governo gialloverde e la nascita del governo giallorosso. Va detto, a onor del vero, che non solo Bersani e D’Alema, ma anche Fratoianni e Fassina hanno sempre ‘predicato’, al Pd, la necessità di un ‘incontro’, una “neo-Teano” con i 5Stelle. Insomma, per dirla sempre con D’Alema – anche se questi, all’epoca, parlava della Lega di Bossi – il Movimento 5Stelle sarebbe, né più che meno, che “una costola della sinistra”, una “tigre da domare”, un “ateo da redimere”, “pecorelle smarrite” da riportare sulla “retta via” (la loro).

Goffredo Bettini

Goffredo Bettini

Quindi, si può capire l’entusiasmo e anche l’orgoglio per esserci, oggi, arrivati, anche se solo l’insipienza di Salvini, i tormenti di Di Maio e lo ‘scarto di lato’ di Matteo Renzi (oltre che di Dario Franceschini, aperturista ante litteram) hanno prodotto il risultato di un governo sull’asse M5S-Pd, governo sul quale, alla fine, Zingaretti – un altro che, con i 5Stelle ci voleva dialogare in modo serio già da tempo, come aveva già indicato il suo mentore, Goffredo Bettini – alla fine ha messo il cappello, evitando al Paese le urne.

 

Gioia e felicità dilagano. Risultato, Speranza ora è ministro

La gioia e la felicità, improvvisa e incontrollabile, dilagano, dunque, anche giustamente, nella sinistra-sinistra che fu: dopo una vita all’opposizione, oggi è l’ora del ‘governo’.

Roberto Speranza

Roberto Speranza

Felice lo è pure, comprensibilmente, Roberto Speranza: il segretario di Articolo 1 (l’ex Mdp, scissionisti da sinistra dal Pd) è diventato ministro della Salute, dicastero di peso, quasi quanto, se non quanto, lo fu la Giustizia a Diliberto. Insomma, la sinistra-sinistra è al governo, e ci è entrata pure dalla porta principale. Arriveranno anche, s’immagina, viceministri e sottosegretari di una qualche rilevanza. Ma certo è che, in Parlamento, per la prima volta nell’intera storia repubblicana, non vi sarà un solo parlamentare della sinistra che voterà ‘contro’ un governo, ma tutti a favore.  Compreso, ovviamente, l’ultimo rappresentante in terra di quello che fu il glorioso Psi, il senatore Riccardo Nencini.

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Riccardo Nencini

Persino fuori dal Parlamento la situazione è variegata, fluida, articolata.

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Il segretario di Rifondazione comunista, Maurizio Acerbo

Il piccolo Prc, oggi guidato da Maurizio Acerbo, vede ‘bene’ il governo al grido di “fuori i Barbari!” (la Lega), pur chiedendo a Conte “una vera svolta sociale”.

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Marco Rizzo, leader del Partito comunista

Fuori dal Parlamento, invece, restano “all’opposizione” i Verdi di Angelo Bonelli, il Partito comunista di Marco Rizzo e qualche spaura pattuglia trotzkista o i centri sociali, ma dentro il Parlamento la Sinistra voterà compatta Conte.

 

Ma sarà ‘di sinistra’ il governo? Dubbi insiti e ‘di programma’

Conte Bis

Giuseppe Conte al Quirinale per il Conte Bis

Ma quanto il governo ‘BisConte’ sarà davvero ‘di sinistra’? Lo si potrà misurare, ovviamente, solo dalle scelte concrete e dai provvedimenti che prenderà. Via i decreti Sicurezza? Probabile, ma non ancora certo. Via la vecchia Bossi-Fini? E’ scritto nel programma, ma si vedrà. Norme a tutela di giovani, disoccupati, fasce deboli della popolazione? Certo, ma se i 5Stelle saranno d’accordo, visto che tutti, ma tutti, i ministeri di Welfare (Lavoro, Istruzione, Politiche sociali) sono in mano a loro, e non al Pd, con l’eccezione, appunto, della Sanità, su cui ‘si parrà la nobilitade’ di Speranza. Politiche monetarie e fiscali espansive?

Roberto GuRoberto Gualtierialtieri

Roberto Gualtieri

Dipendere dai ‘paletti’ che fisserà, al governo italiano, in sede di manovra economica, la Ue, e dalle scelte del neo ministro al Mef, Roberto Gualtieri (Pd).

la luna nel pozzo

Non si può pretendere la luna nel pozzo

Salario minimo e/o salari dignitosi? Sono il cavallo di battaglia di M5S, dipende molto da loro. Legge sul conflitto d’interesse? E’ scritto nel programma, ma se ne parla da decenni, meglio attendere fatti concreti. Green economy e digitale per tutti? Belle parole, a loro volta scritte nel programma, ma molto dipende dai soldi. Insomma, nei governi di coalizione – e in un governo così – non si può pretendere la luna nel pozzo, ma siamo certi che la Sinistra-sinistra vigilerà sui provvedimenti fatti e da fare. Per il ‘Socialismo’, invece, conviene aspettare tempi migliori. Per ora c’è la Salute, intesa come ministero, ma si sa che, anche in Politica, ‘quando c’è la salute c’è tutto’…

Quando c'è la salute c'è tutto

Quando c’è la salute c’è tutto

 


 

Nb: questa analisi è frutto di due articoli scritti uno per Quotidiano nazionale e uno per Tiscali.it usciti il 5 settembre 2019